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Il processo tributario - Sezione prima - Le commissioni e le parti -

diritto



Il processo tributario


Sezione prima - Le commissioni e le parti -


Cenno storico.

Con la legge del 1865 furono aboliti i tribunali del contenzioso amministrativo e la tutela dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione, anche in materia tributaria, fu affidata al giudice ordinario. Non furono abolite, però, le commissioni tributarie, che in seguito assunsero veste di organi contenziosi, articolati in tre gradi. Si aveva così un sistema di tutela molto complesso, che si componeva di tre gradi di giudizio dinanzi alle commissioni, e di tre gradi dinanzi al giudice ordinario. Il d.p.r. n° 636 del 72 è stato sostituito con la riforma dal d.lgs. n° 546 del 92. Con tale riforma vi erano due gradi di giudizio dinanzi a commissioni di primo e secondo grado; vi era poi un terzo grado di giudizio, che poteva svolgersi, alternativamente, dinanzi alla commissione tributaria centrale o dinanzi alla corte d'appello. La sentenza di terzo grado poteva essere impugnata per cassazione. La disciplina del processo tributario contenuta nel d.p.r. 636 presentava difetti e lacune, sia per quanto riguardava la composizione delle commissioni, sia per quanto riguardava il processo.




La riforma del 1991-1992: luci ed ombre.

La riforma del 92 ha come base la l. N° 413 del 1991, con cui il parlamento delegò il governo a riformare le commissioni ed il processo tributario. Da tale delega sono scaturiti i decreti legislativi 545 e 546 del 1992, concernenti rispettivamente, l'ordinamento delle commissioni ed il processo tributario. Con tale riforma sono state istituite commissioni tributarie provinciali e regionali; si ha così un giudizio su due gradi di merito, cui segue il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione. Vi è un adeguamento del processo tributario alle norme del processo civile. Inoltre vi è una norma generale di rinvio al c.p.c.. Il rinvio opera: a) quando nessuna norma del decreto lgs. 546 del 92 disciplina una certa fattispecie; b) se la norma del codice di p.c. risulta compatibile con i caratteri del processo tributario. Aspetti positivi sono la riduzione dei gradi di giudizio e l'istituzione della tutela cautelare; aspetti criticabili:

la mancata introduzione di strumenti idonei a ridurre la massa contenziosa

la mancata istituzione dei giudici tributari e la scarsa preparazione professionale di alcune categorie di membri delle commissioni

il c.d. adeguamento al c.p.c. cioè ad un testo ideologicamente superato.


L'ordinamento delle commissioni e i giudici tributari.

Le commissioni tributarie si articolano in commissioni provinciali e regionali. La commissione tributaria provinciale è formata da 2 o più sezioni, a ciascuna delle quali è assegnato un presidente, un vicepresidente e 4 membri; il collegio giudicante è formato da 3 componenti: due membri e il presidente. Il presidente della commissione è sempre un magistrato. I giudici delle commissioni tributarie sono nominati con decreto del P. Della Repubblica, su proposta del Ministro delle Finanze, a seguito di deliberazione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. A proposito dei requisiti: La delega imponeva la qualificazione professionale dei giudici tributari in modo che venga assicurata adeguata preparazione nelle discipline giuridiche o economiche, acquisita con l'esercizio di almeno 10 anni di attività professionali; ma le norme delegate non sono conformi alla delega. Il decreto delegato non richiede per alcune categorie i 10 anni di attività, e possono far parte delle commissioni anche ingegneri, architetti, geometri, periti edili.


Competenza territoriale.

Nel processo tributario non vi è una distribuzione delle competenze per materia o valore: il ricorso introduttivo della lite è da proporre sempre ad una commissione tributaria provinciale. Unico criterio da seguire è quello territoriale; lo stesso criterio si segue per individuare la commissione tributaria regionale competente per l'appello. Se il ricorso è presentato ad una commissione non competente, il ricorrente può riassumere la causa dinanzi a quella competente.


Le parti e la difesa tecnica.

Il ricorso può essere proposto solo da chi è legittimato a farlo, ossia dal destinatario dell'atto che viene impugnato. Per le azioni di rimborso è legittimato colui che ha presentato istanza di rimborso. Il ricorrente deve farsi assistere in giudizio da un difensore tecnico. Il difensore non è necessario quando:

controversie di valore inferiore a 5 ml.

ricorsi contro i ruoli formati dai centri di servizio

controversie promosse da soggetti che sono abilitati all'assistenza tecnica.

Difensori tecnici possono essere: avvocati, procuratori legali, commercialisti, ragionieri. La difesa può essere svolta anche da altri soggetti, ma con capacità limitata:

i consulenti del lavoro, per cause concernenti le 444g66e ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati

ingegneri, architetti, geometri, per le cause in materia catastale

i dipendenti delle associazioni di categoria, per le cause riguardanti gli associati.


4.1. La parte resistente.

E' parte necessaria al processo tributario il soggetto che ha emesso l'atto che si impugna. Tenuto conto degli atti che possono essere impugnati, si constata che la legittimazione passiva è attribuita a tre categorie di soggetti:

- uffici del ministero delle finanze

enti locali

concessionari della riscossione.

Le prime due categorie stanno in giudizio senza difensore tecnico.


4.2. Il litisconsorzio necessario.

Al processo tributario possono partecipare, oltre al ricorrente e al resistente, anche altri soggetti: si parla di litisconsorzio. Si ritiene che si ha litisconsorzio necessario quando l'oggetto del contendere è una situazione giuridica plurilaterale, tale per cui la decisione deve essere pronunciata nei confronti di tutti, ossia quando sarebbe inefficace se fosse pronunciata nei confronti di uno soltanto. Il caso più ricorrente è l'atto di accertamento di obbligazioni solidali. Non si ha, però una situazione di inscindibilità; la sentenza che dovesse accogliere l'impugnazione proposta  da uno soltanto dei coobbligati non sarebbe inutiliter data, perché comunque essa produrrebbe effetti tra creditore e ricorrente. La giurisprudenza, in materia di liti per il rimborso di ritenute, esige, che al processo partecipino sostituto e sostituito; il sostituito non può agire dinanzi al giudice ordinario contro il sostituto, ma deve agire dinanzi alle commissioni, in contraddittorio sia del sostituto, sia dell'amministrazione. Se vi è litisconsorzio necessario, il ricorso deve essere proposto congiuntamente dai colegittimati necessari; se ciò non avviene il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio e il ricorrente deve chiamare in causa il litisconsorte. Altrimenti il processo si estingue.


4.3. L'intervento.

Il litisconsorzio può essere anche facoltativo. Esso può sorgere dal fatto che altri soggetti intervengono in un processo già instaurato, o sono chiamati in giudizio. Il d. lgs. 546 limita fortemente la possibilità di intervento a due categorie di soggetti: a) a chi è destinatario dell'atto impugnato; b) a chi è parte del rapporto controverso. Infatti, l'intervento c.d. principale non è configurabile nei processi d'impugnazione, ma soltanto nei processi di rimborso, nei quali si può ammettere l'intervento di chi assume essere titolare del diritto di rimborso, in luogo di chi ha già instaurato il processo, contrapponendosi all'originario ricorrente. L'intervento nei processi d'impugnazione è limitato a chi assume come titolo di legittimazione di essere destinatario dell'atto impugnato. Se è già avvenuta la notifica dell'atto, il destinatario che lo ha già impugnato non ha motivo di intervenire nel processo instaurato dal co- destinatario; duplicherebbe il processo avviato come ricorrente; inoltre non ha motivo di intervenire invece che proporre ricorso. Resta possibile l'intervento del destinatario di un atto, che non ha ricevuto la notifica (il condebitore in solido che interviene nel processo instaurato da altro coobbligato); egli può intervenire per sostenere le ragioni del ricorrente, ove si ritenga che sia legittimato da un interesse, non meramente di fatto, ma giuridicamente rilevante. 






Sezione seconda - Il giudizio di primo grado -


5. Contenuto del ricorso.

L'atto iniziale del processo tributario è il ricorso, che un atto il cui contenuto è una domanda motivata rivolta al giudice. Il ricorso deve contenere l'indicazione:

della commissione adita

del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza, e del codice fiscale

dell'ufficio del ministero o dell'ente locale o concessionario contro cui il ricorso è proposto

dell'atto impugnato e dell'oggetto della domanda

dei motivi

Tranne l'indicazione del codice fiscale, tutte le altre indicazioni previste dalle legge sono prescritte a pena di inammissibilità.


5.1. La notificazione del ricorso: modi e termini.

Il ricorso deve essere innanzitutto notificato al soggetto contro cui è proposto. La notifica può essere fatta in tre modi: la prima modalità è quella prevista dal c.p.c. ( ufficiale giudiziario). Gli altri due modi sono: la spedizione postale e la consegna dell'atto alla controparte. La notificazione del ricorso deve essere fatta entro 60 gg. dalla notificazione dell'atto contro cui si ricorre. Per i ricorsi proposti contro il rifiuto tacito non è previsto alcun termine decadenziale. Il termine per impugnare è sospeso quando il contribuente, che riceve avviso di accertamento, presenta all'ufficio istanza di concordato. Tale periodo di sospensione è di 90 gg..


5.2. Il ricorso contro il ruolo formato dai Centri di Servizio.

Il ricorso è indirizzato anche qui alla commissione, ma va presentato al centro di servizio, che può accoglierlo prevenendo così la lite. Decorsi 6 mesi (non oltre i 2 anni) dalla presentazione del ricorso al C.d.S., se non vi è stata accoglimento da parte del Centro, il ricorrente, deve presentare copia del ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale. Tale segreteria richiede l'originale del ricorso al C.d.S..


5.3. Gli atti impugnabili.

Il processo tributario può essere instaurato solo con la impugnazione di uno degli atti indicati dal legislatore. Tali atti si dividono in: autonomamente impugnabili e non autonomamente impugnabili. I primi sono i seguenti:

avviso di accertamento

avviso di liquidazione

provvedimento che irroga sanzioni

iscrizione a ruolo e cartella di pagamento

avviso di mora

rifiuto espresso o tacito di restituzione

atti delle operazioni catastali

Gli atti non inclusi nell'elenco sono impugnabili non autonomamente ma insieme con quelli impugnabili.


5.4. I motivi del ricorso.

Ogni atto può essere impugnato per i vizi che lo concernono (vizi propri) e non per i vizi che riguardano altri atti; un atto non può essere impugnato per vizi di atti precedenti. Per i ricorsi contro l'avviso di accertamento non vi sono limitazioni; tutti i vizi dell'avviso, di forma o di sostanza, che possono determinare l'annullamento, sono deducibili come motivi del ricorso. Nell'impugnazione dell'avviso di liquidazione, può essere fatto valere ogni vizio che attenga alla liquidazione. L'iscrizione a ruolo con la cartella di pagamento, presuppone un avviso di accertamento o una dichiarazione; i vizi dell'accertamento debbono essere fatti valere impugnando tale atto, e quindi non possono essere fatti valere impugnando il ruolo. L'avviso di mora è atto del Concessionario della riscossione e non dell'ufficio delle entrate. Se l'avviso di mora non è stato preceduto dalla cartella di pagamento, lo si potrà impugnare per tale motivo. Se invece è stato preceduto dalla notificazione della cartella potrà essere impugnato contestando che vi sia mora. Circa il provvedimento sanzionatorio, è da ricordare che la applicazione delle sanzioni amministrative, nelle imposte le cui controversie sono attribuite alle commissioni, è di competenza dello stesso ufficio che amministra l'imposta. Pertanto l'impugnazione dell'atto amministrativo che applica una sanzione, è diretta all'annullamento dell'atto sanzionatorio.


5.5. Azioni esperibili. Le azioni di impugnazione; critiche alla teoria dichiarativa.

Per una parte della dottrina, l'impugnazione mira all'annullamento dell'atto. Per un'altra parte della dottrina, invece, il giudizio avrebbe natura impugnatoria, perché avrebbe come esito una sentenza di natura dichiarativa. La giurisprudenza segue un orientamento sincretistico. Essa è infatti legata agli assunti secondo cui il rapporto tributario nasce, per legge, al verificarsi del presupposto, sicché gli atti dell'amministrazione finanziaria hanno effetti dichiarativi. Da tali premesse le conseguenze sono:

quando l'impugnazione verte su vizi formali dell'atto, e il giudice riconosce fondato il ricorso, si ha l'annullamento dell'atto impugnato; il giudice riconosce fondato il ricorso, si ha l'annullamento dell'atto impugnato; il giudizio ha quindi i caratteri del giudizio di annullamento, ed in tale annullamento si esaurisce;

quando non sono sollevate questioni di vizio formale, o queste sono superate, il giudizio verte sull'an o sul quantum dell'imposta; in tali casi il giudizio assume i caratteri di un giudizio di accertamento

infine, hanno carattere impugnatorio anche le azioni di rimborso, sia quando esercitate con ricorso avverso il provvedimento di rifiuto, sia quando esercitate a seguito di silenzio dell'amministrazione.

Critica alla teoria dichiarativa.


5.6. Le azioni di condanna.

Il ricorso può essere proposto, non solo dopo che l'amministrazione ha rifiutato il rimborso, ma anche quando si impugna un provvedimento d'imposizione, e si chiede il rimborso di ciò che sarà pagato in via provvisoria nelle more del giudizio. L'atto con cui l'amministrazione respinge un'istanza di rimborso è inserito espressamente tra gli atti impugnabili. Con il ricorso il contribuente chiede: che venga accertato il suo credito; che venga annullato il rifiuto del rimborso; che l'amministrazione venga condannata a pagare. La domanda di rimborso va presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta. Se le singole leggi non dispongono nulla, il termine è di due anni. Il termine per la presentazione del ricorso è invece collegato al rifiuto: se è espresso entro 60 gg. dalla notificazione dell'atto; se è tacito non vi è alcun termine processuale, ed opera il termine di prescrizione del diritto al rimborso.


6. La costituzione in giudizio.

Il ricorrente, dopo aver notificato il ricorso, deve costituirsi in giudizio; deve, cioè, formare un fascicolo e depositarlo presso la segreteria della commissione. La mancata costituzione del ricorrente rende inammissibile il ricorso.


7. Esame preliminare del presidente della sezione.

Alla costituzione in giudizio segue: la segreteria forma il fascicolo del processo e lo sottopone al presidente della commissione , che assegna il ricorso ad una delle sezioni. Il presidente della sezione lo esamina e può dichiararne l'inammissibilità :

se ricorre uno dei casi di inammissibilità previsti espressamente; se l'inammissibilità è manifesta.


8. Le attività preparatorie dell'udienza di trattazione.

Il passo successivo del processo è la fissazione dell'udienza di trattazione, di cui deve essere dato avviso alle parti costituite almeno 30 gg. prima.


9. L'udienza di trattazione e la decisione della controversia.

La trattazione della controversia può avvenire in pubblica udienza o in camera di consiglio. La prima deve essere chiesta da una delle parti. L'udienza si svolge nel modo seguente: le parti sono ammesse alla discussione; quindi il collegio giudicante delibera in camera di consiglio, ma la sentenza è resa pubblica con il deposito. Non sono ammesse sentenze non definitive o limitate ad alcune domande. Il deposito della sentenza avviene presso la segreteria della commissione.


10 La sospensione del processo.

Ogni giudice di regola può assolvere non solo la questione principale della lite ma ogni altra questione logicamente prioritaria. Vi sono quindi dei casi in cui il giudice deve sospendere il processo e attendere che la questione sia risolta da altro giudice. Per il giudice tributario le regole di sospensione sono diverse rispetto al giudice civile. Infatti si ha sospensione in soli due casi: quando viene presentata querela di falso e quando debba essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o sulla capacità delle persone. Il processo deve essere sospeso anche quando viene presentato regolamento preventivo di giurisdizione, e quando viene sollevata questione di costituzionalità o di interpretazione di norme comunitarie.


11. L'interruzione del processo.

Quando muore la parte privata o il suo legale rappresentante o il suo difensore. Le conseguenze dell'interruzione sono analoghe al quelle della sospensione, non possono essere compiuti atti del processo.


12. Estinzione del processo.

La conclusione naturale del processo è la sentenza, ma si può anche estinguere per:

rinuncia al ricorso

inattività delle parti

cessazione della materia del contendere

La rinuncia non ha effetto se non è accettata dalle parti costituite che abbiano effettivo interesse alla prosecuzione del processo. Per inattività delle parti il processo si può estinguere nei casi in cui l'impulso di parte è previsto come necessario per la prosecuzione del giudizio. Si ha cessazione della materia del contendere quando viene meno l'oggetto del processo: ad esempio quando vi è conciliazione.



Sezione terza - Le prove -


11. Le facoltà e poteri delle parti.

La norma cardine in tema di prove, è quella secondo cui il giudice, salvi i casi previsti dalle legge, deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti. Non sono ammesse prove orali.


12. I poteri del giudice.

Lo stesso giudice può assume iniziative istruttorie. Le commissioni tributarie ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferiti agli uffici tributari e all'ente locale da ciascuna legge d'imposta. Pertanto il giudice può: 1) disporre accessi e ispezioni; 2) richiedere dati, informazioni e chiarimenti; 3) ordinare l'esibizione di documenti; 4) richiedere relazioni tecniche ad organi dello Stato; 5) disporre lo svolgimento di una consulenza tecnica. Il giudice non può indagare su fatti che non siano stati indicati dalle parti.


12.1. I singoli poteri istruttori: accesso, richiesta di dati e di documenti.

A)    Il potere di accesso è previsto sia ai fini iva, sia ai fini delle imposte sui redditi; esso viene effettuato per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche.

B)    Tali poteri sono disciplinati mediante il rinvio alle singole leggi d'imposta. Ai fini delle indagini tributarie non esiste più il segreto bancario.

C)   Le commissioni hanno la facoltà di ordinare alla parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia; tale ordine non può invece coinvolgere i terzi.


13. Le relazioni e le consulenze tecniche.

Le commissioni possono nominare un consulente tecnico. Quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, la commissione tributaria può richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici, compreso il corpo della g.d.f..


13.1. Regole in tema di giuramento, testimonianza e confessione.

Sono innanzitutto esclusi il giuramento e la prova testimoniale. Il divieto della prova testimoniale ha come unica ratio la speditezza del processo. La confessione non è né ammessa né esclusa. Può comunque accadere che il contribuente dichiari, nel processo, fatti a se sfavorevoli, e non vi è ragione per ritenere che il giudice non ne debba tenere alcun conto. Sono escluse le prove non esibite in sede di ispezioni e verifiche.


13.2. Le prove assunte nel processo penale e il giudicato penale.

Nel corso di indagini di polizia giudiziaria, siano rinvenuti documenti, o assunte dichiarazioni, che potrebbero essere rilevanti in ambito tributario. In linea di principio , tali prove e notizie non sono utilizzabili, perché coperte dal segreto previsto dall'art. 329 c.p.p.. In deroga a tale principio, il giudice penale, se ritiene che non vi sia pregiudizio per il processo penale, può autorizzarne l'utilizzazione ai fini fiscali. Dal punto di vista dell'efficacia soggettiva, è da notare che il vincolo derivante dal giudicato penale vale soltanto nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale. Dal punto di vista oggettivo, è da precisare che il giudicato penale è circoscritto da numerosi limiti oggettivi:

a) efficacia limitata ai fatti materiali, che siano stati accertati come fatti rilevanti per il giudizio penale

b) deve trattarsi degli stessi fatti materiali, da cui dipende il riconoscimento del diritto o dell'interesse su cui si controverte

c) infine deve trattarsi di fatti rispetto a cui la legge civile non ponga limitazioni di prova.


13.3. Le prove vincolanti; in particolare, i processi verbali.

Di regola il giudice valuta liberamente le prove. Va ricordato che valgono anche per il giudice tributario le norme sull'efficacia probatoria dell'atto pubblico e della scrittura privata. L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.


13.4. Le presunzioni legali, assolute e relative. Le presunzioni del redditometro.

Il diritto tributario è ricco di presunzioni legali. Abbiamo presunzione legale, quando, da un fatto noto, il giudice in base ad un vincolo di legge, ne deve inferire un fatto ignoto. In materia di IVA, si presumono venduti i beni acquistati, quando non si rinvengono presso l'azienda dell'imprenditore; e che si presumono acquistati senza fattura i beni rinvenuti presso un imprenditore, di cui non sia giustificato il possesso. Se non è ammessa alcuna prova contraria la presunzione è assoluta, altrimenti è relativa. Un caso di presunzioni incerte tra l'assoluto e il relativo riguarda quelle contenute nel redditometro. Il decreto ministeriale contenente il redditometro prevede però che l'ufficio può escludere, per comprovati motivi, e per non oltre un terzo, che il valore determinato in base ai coefficienti ministeriali costituisca reddito attribuibile al contribuente; quindi le presunzione è assoluta fino a due terzi, per il resto è relativa. La giurisprudenza ritiene che siano presunzioni relative.


13.5. Presunzioni semplici e presunzioni semplicissime.

Le presunzioni semplici sono quelle formulate dal giudice e devono essere basate su elementi gravi, precisi e concordanti. Vi sono però anche dei casi in cui le presunzioni sono ammesse anche in assenza di tali requisiti. Tali norme riguardano casi in cui non si tratta di accertare un fatto ma di determinare un valore. Le presunzioni semplicissime non sono autentiche presunzioni, perché non riguardano l'accertamento di un fatto, ma ad un ragionamento di tipo induttivo ossia ad una valutazione equitativa. Non sempre le presunzioni semplici sono ammesse nel processo tributario; non lo sono quando il legislatore per certe imposte, pone un sistema chiuso di regole probatorie, imponendo determinati mezzi di prova.


14. L'onere della prova.

Il problema dell'onere della prova si presenta al giudice quando, al momento della decisione, di un fatto non esista né la prova che è avvenuto, né la prova che non si è verificato. In altri termini, in sede giudiziale, il fatto non provato equivale a fatto non avvenuto. Nel processo tributario di impugnazione la mancata prova dei fatti, se contestati dal ricorrente, equivale alla prova negativa; il che significa dire che l'amministrazione ha l'obbligo di provare i fatti sui quali si fonda l'atto impugnato. Un fatto assunto come presupposto per l'emanazione di un atto amministrativo, si aveva per processualmente provato, fino a che il ricorrente non avesse fornito la prova negativa. Questo assurdo privilegio del fisco ha cessato di operare. In conclusione l'amministrazione finanziaria, deve provare i presupposti del provvedimento che ha emesso. Quando il contribuente impugna un atto che nega una esenzione, si ritiene che il contribuente sia onerato dalla prova dei presupposti dell'esenzione. Quando il contribuente agisce invece per ottenere un rimborso, deve dimostrare i presupposti del suo diritto.


Sezione quarta - I provvedimenti del giudice -


15. I provvedimenti del collegio: sentenze e ordinanze.

Il giudice tributario, come il giudice civile può emettere tre tipi di atto: sentenze, ordinanza e decreto. Il collegio si pronuncia con sentenza in tutti i casi in cui definisce il giudizio; si ha sentenza quindi, non solo quando il collegio decide il ricorso al merito, ma anche quando dichiara l'estinzione del giudizio o l'inammissibilità del ricorso. La sentenza è l'unico atto di cui è disciplinato il contenuto. Sottoscritta dal presidente e dal relatore deve contenere: 1) l'indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei difensori; 2) la concisa esposizione dello svolgimento del processo; 3) le richieste delle parti; 4) la succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto; 5) il dispositivo.

Il collegio pronuncia ordinanza in tutti i casi in cui non definisce il giudizio ( non pronuncia sentenza). Es: sospensione cautelare dell'atto impugnato.


15.1. I decreti.

I decreti, per lo più, regolano lo svolgimento del processo, e sono provvedimenti del presidente. Sono dunque atti generalmente ordinatori. Il presidente della sezione dichiara con decreto l'inammissibilità manifesta del ricorso, la sospensione del processo, e l'estinzione del processo. Contro i provvedimenti del presidente è ammesso reclamo al collegio, da notificare alle altre parti entro 30 gg. dalla comunicazione del provvedimento.


16. Questioni di competenza e giurisdizione.

Prima di decidere il merito, il giudice deve verificare se la causa appartiene alla sua giurisdizione e alla sua competenza. Se la commissione si dichiara incompetente, deve altresì indicare il giudice competente.


16.1. La disapplicazione dei regolamenti e degli atti amministrativi generali.

Dinanzi al giudice tributario si possono impugnare solo provvedimenti individuali; il giudice tributario, non può quindi annullare gli atti amministrativi generali e i regolamenti, ma , se sono legittimi, può disapplicarli. Il vizio della norma generale o regolamentare è conosciuto incidenter tantum, e la norma, disapplicata nel caso singolo, conserva la sua vigenza ed efficacia erga omnes.

Anche nel processo tributario le spese della lite sono a carico del soccombente.


16.2. Le sentenze in materia di annullamento.

Le sentenze con cui sono respinte le domande di impugnazione hanno natura di sentenze di mero accertamento, in quanto esse si limitano a dichiarare l'inesistenza del diritto all'annullamento dell'atto impugnato. Quando l'amministrazione, a seguito della sentenza che respinge l'impugnazione di un avviso di accertamento, iscrive a ruolo la somma da riscuotere, non esegue la sentenza, ma segue l'avviso di accertamento; analogamente, se viene respinto un ricorso contro il ruolo, il ruolo non è sostituito dalla sentenza. Le sentenze, che accolgono le domande di impugnazione hanno come contenuto caratteristico, l'annullamento (totale o parziale) dell'atto impugnato. Con l'impugnazione che da vita al processo tributario, quindi , si mira all'annullamento, non alla sostituzione dell'atto: l'impugnazione è di tipo rescindente, non di tipo rescissorio.


16.3. Le sentenze in materia di rimborso.

Per conseguire una tutela completa, il contribuente non deve limitarsi a impugnare il provvedimento negativo o a censurare il silenzio, ma deve chiedere che venga accertato il suo diritto al rimborso e che l'amministrazione sia condannata a rimborsare. Il ricorrente, dunque, quando agisce per un rimborso, deve chiedere, ed il giudice deve emettere, una decisione dal contenuto complesso, con cui viene statuito, non solo l'annullamento del diniego, ma anche l'accertamento del credito del ricorrente e la condanna dell'amministrazione a rimborsare.


17. La cosa giudicata sostanziale.

Per cosa giudicata sostanziale si intende dunque quel particolare effetto della sentenza, che scaturisce dalla statuizione di esistenza (o di inesistenza) del diritto fatto valere in giudizio. E' invece estraneo al giudicato tutto ciò che precede la pronuncia di accertamento, come pure ciò che la segue.


17.1. La cosa giudicata formale.

Indica la stabilità che una sentenza acquisisce, quando non è più impugnabile in via ordinaria. Si dicono infatti passate in giudicato le sentenze non suscettibili di impugnazione ordinaria.


Sezione quinta - Le impugnazioni -


18. Le impugnazioni in generale; impugnazioni sostitutive vs. impugn. rescindenti.

I mezzi di impugnazione provocano un nuovo giudizio, per porre rimedio ai vizi di una sentenza: essi devono essere distinti in due tipi: impugn. rescindenti e sostitutive. Le prime conducono ad una pronuncia di mero annullamento della sentenza impugnata, le seconde ad una pronuncia che sostituisce a tutti gli effetti quella impugnata. Tipica impugnazione rescindente è il ricorso per cassazione; tipica impugnazione sostitutiva è l'appello. Si ha allora il seguente schema:

per quanto riguarda l'oggetto del giudizio di impugnazione, mentre le impugnazioni sostitutive sottopongono, al giudice ad quem, lo stesso oggetto di giudizio del grado precedente, le impugnazioni rescindenti sottopongono, al giudice ad quem, quale oggetto del giudizio, la decisione gravata;

per quanto riguarda i motivi, le impugnazioni rescindenti sono proposte solo per motivi specificamente e tassativamente previsti dal legislatore; nelle impugnazioni sostitutive, invece, i motivi non sono predeterminati;

per quanto riguarda la cognizione del giudizio di impugnazione, nell'impugnazione rescindente il giudice limita la sua cognizione ai motivi dell'impugnazione; nei giudizi sostitutivi, sono devoluti al nuovo giudice tutti i materiali già acquisiti nel processo

infine la decisione rescindente, se giudica fondati i motivi di gravame, elimina la precedente sentenza, aprendo così la strada ad una nuova decisione del merito (giudizio rescissorio); se giudica non fondati i motivi, lascia in vita la pronuncia impugnata; la decisione sostitutiva, invece, prende il posto in ogni caso, della pronuncia impugnata.


18.1. La disciplina generale delle impugnazioni nel processo tributario.

Dal testo del D.lgs. n° 546 desumiamo che i mezzi d'impugnazione, conosciuti dal processo tributario sono: 1) l'appello alla commissione tributaria regionale, contro le sentenze della commissione tributaria provinciale; 2) il ricorso per cassazione, contro la sentenza della commissione tributaria regionale; 3) la revocazione. Sono mezzi di impugnazione ordinaria l'appello, il ricorso per cassazione, e la revocazione c.d. ordinaria, e che le sentenze passano in giudicato quando non sono più suscettibili di impugnazione con uno di tali mezzi; è invece impugnazione straordinaria la revocazione straordinaria, proponibile anche con sentenze passate in giudicato.


19. Appello principale e appello incidentale.

Le sentenze delle commissioni tributarie provinciali possono essere appellate con ricorso alla commissione tributaria regionale. L'atto di appello va proposto entro il termine di 60 gg. dalla notificazione della sentenza di primo grado. L'appello dell'ufficio delle entrate deve essere autorizzato dalla Direzione regionale, altrimenti è inammissibile. L'atto di appello deve essere notificato alla controparte; alla notificazione deve seguire la costituzione in giudizio. La parte appellata, se è anch'essa soccombente, può a sua volta appellare proponendo, nell'atto di controdeduzioni, appello incidentale.


19.1 Il contenuto dell'atto di appello e i motivi specifici dell'impugnazione.

L'oggetto del giudizio di appello è fissato dall'atto di appello; tale atto deve contenere, tra l'altro, a pena di inammissibilità l'esposizione dei fatti, l'oggetto della domanda e i motivi specifici dell'impugnazione. Occorre distinguere i motivi del ricorso di primo grado dai motivi dell'appello, che sono , invece critiche rivolte contro la sentenza di primo grado. L'appellante ha un doppio onere: riproporre i motivi di critica dei provvedimenti, dedotti nel ricorso di primo grado, e censurare la sentenza che non li ha accolti.


19.2. L'oggetto del giudizio di appello: il divieto di nuove domande e l'effetto devolutivo.

L'oggetto del giudizio di appello è delimitato dall'atto di appello, ed, in particolare, dal petitum dell'atto di appello, che, indica quali sono i capi della decisione di primo grado, su cui viene richiesto un nuovo giudizio. Se non viene richiesta la riforma integrale, si avrà una scissione della prima sentenza, perché vi sarà una parte che sarà sostituita dalla pronuncia di appello, ed una parte, non impugnata, che passa in giudicato. Si parla, in tal caso, di giudicato interno o parziale, derivante da acquiescenza impropria. Data la struttura impugnatoria del processo tributario, il divieto di nuove domande in appello riguarda soltanto il ricorrente, non l'amministrazione resistente. Quale è il significato di tale divieto?

Ricordato che la domanda si compone del petitum e della causa petendi, tale divieto, con riguardo al petitum, impedisce la richiesta di cosa diversa o più estesa di quella richiesta in primo grado. Inoltre, non può essere mutato il motivo della domanda, né possono essere introdotti nuovi motivi. A proposito del divieto di nuove eccezioni: le eccezioni sono dunque, nel processo tributario, le deduzioni che la parte resistente contrappone al ricorrente; ma va precisato che le nuove eccezioni, vietate in appello, sono soltanto le eccezioni in senso sostanziale, non le semplici difese, che si collegano a quanto già contenuto nell'atto impugnato.


19.3. Effetto devolutivo limitato ed onere di riproposizione delle questioni ed eccezioni non accolte in primo grado.

In relazione ai capi che hanno formato oggetto di impugnazione, invece, si ha il c.d. effetto devolutivo, per cui le deduzioni ed i materiali acquisiti in primo grado passano automaticamente all'esame del secondo giudice. Quindi la parte vittoriosa in primo grado, che abbia proposto più questioni, e che sia risultata vittoriosa essendo stata accolta una soltanto delle questioni dedotte, ha l'onere di riproporre le questioni non accolte.


20 Le sentenze di appello; sentenze di merito e sentenze di rito.

Anche le decisioni di appello possono avere contenuto soltanto processuale o contenuto di merito. Le decisioni di merito sostituiscono quelle di primo grado, sia quando accolgono, sia quando respingono l'appello. Le decisioni di puro rito sono così classificabili:

decisioni dichiarative della inammissibilità dell'appello

decisione di estinzione del giudizio di appello

decisioni di rimessione al primo giudice.


20.1. La rimessione alla commissione provinciale.

Si ha tale rimessione nei seguenti casi:

quando dichiara (il giudice di appello) la competenza  declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice

quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato

quando riconosce che la sentenza impugnata, erroneamente giudicando, ha dichiarato estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento presidenziale

quando riconosce che il collegio della commissione tributaria provinciale non era legittimamente composto

quando manca la sottoscrizione della sentenza da parte del giudice di primo grado.


21. La cassazione.

Le sentenze delle commissioni tributarie regionali sono impugnabili dinanzi alla Corte di Cassazione che stabilisce: a) la proponibilità del ricorso per tutti i motivi previsti nell'art. 360 c.p.c. b) l'applicabilità al ricorso e al procedimento delle norme del codice di procedura civile. I motivi indicati nell'art. 360 c.p.c. sono:

per motivi attinenti alla giurisdizione;

per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza

per violazione e falsa applicazione di norme di diritto

per nullità della sentenza o del procedimento

per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio

E' da notare che non possono essere riproposte al giudice di cassazione questioni di fatto. Il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto in apposito albo (c.d. cassazionista), munito di procura speciale. Quando si ricorre contro l'amministrazione finanziaria dello Stato, il ricorso deve essere notificato a tale amministrazione, in persona del Ministro, presso l'avvocatura generale dello Stato a Roma. Il giudizio di cassazione, se viene accolto il ricorso, si conclude con una sentenza che annulla la sentenza impugnata; all'annullamento della sentenza impugnata può seguire un giudizio di rinvio, dinanzi alla commissione tributaria regionale.


22. Il giudizio di rinvio.

La Corte di Cassazione può rinviare alla commissione tributaria regionale o a quella provinciale. La Cassazione rinvia alla commissione provinciale quando accerta anomalie del giudizio svoltosi davanti alla commissione provinciale e cassa una sentenza della commissione regionale che avrebbe dovuto rinviare, ed erroneamente non ha rinviato, alla commissione provinciale. Altrimenti la Cassazione rinvia alla commissione regionale ed il rinvio si caratterizza in modo diverso a seconda del motivo del rinvio: il prototipo del giudizio di rinvio in senso proprio, o prosecutorio, si ha quando la cassazione rinvia per aver riscontrato nella sentenza impugnata i vizi del n° 3 dell'art. 360 c.p.c.; negli altri casi il rinvio all commissione regionale ha natura restitutoria.


23. La revocazione.

La revocazione è un mezzo di impugnazione che ha scarsissima applicazione pratica.

L'art. 395 del c.p.c. ammette la revocazione per i seguenti motivi:

se le sentenze sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra;

se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza

se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi, che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario

se la sentenza è l'effetto di errore di fatto risultante dagli atti della causa

se la sentenza è contraria al altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione

se la sentenza è l'effetto del dolo del giudice, accertamento con sentenza passata in giudicato

Viene definita revocazione ordinaria quella che è proposta per i vizi sub 4 e 5 ossia per i vizi che possono essere rilevati dalla stessa sentenza. La revocazione straordinaria è invece quella proposta per i motivi previsti dai numeri 1,2,3,6. L'art. 64 ammette la revocazione per le sentenze delle commissioni tributarie che involgono accertamenti di fatto e che sul punto non sono ulteriormente impugnabili o non sono state impugnate. Da ciò si deduce: - che le sentenze di primo grado non sono soggette a revocazione ordinaria ma solo a revocazione straordinaria in quanto i vizi palesi può porre rimedio l'appello

che le sentenze di secondo grado, invece, sono sempre impugnabili per revocazione, sia ordinaria che straordinaria, perché sui vizi relativi al giudizio sul fatto non può porre rimedio il ricorso per cassazione.






Sezione sesta - I procedimenti speciali -


24. La sospensione della riscossione.

Il ricorrente può chiedere nel ricorso o con atto separato, la sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato; ad es. se viene impugnato un avviso di accertamento, nel ricorso ne può essere chiesta la sospensione per impedire che l'amministrazione proceda ad iscrizioni a ruolo; se viene impugnato il ruolo, il ricorrente ne può chiedere la sospensione per impedire l'esecuzione forzata. La sospensione può riguardare qualunque contenuto dell'atto impugnato: imposta, interessi, sanzioni. Per ottenere la sospensione, debbono sussistere due presupposti: a) il fumus boni iuris (la probabile fondatezza del ricorso); b) il periculum in mora (pericolo di danno irreparabile). Circa la natura del danno, nulla è stabilito: di solito, si tratta di danno patrimoniale, ma non è da escludere che l'azione della finanza possa provocare danni morali. La sospensione è dunque accordata dal collegio, il quale decide in camera di consiglio dopo aver sentito le parti e dopo aver delibato il merito; la pronuncia ha la forma dell'ordinanza, deve essere motivata, e non è impugnabile. La sospensione può essere anche parziale; inoltre, la sospensione può essere subordinata alla prestazione di idonea garanzia. Gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della decisione di primo grado; pubblicata la sentenza, diviene operante la norma sulla riscossione collegata ad essa. Il provvedimento che respinge la domanda di sospensione non può essere appellato, ne alla commissione regionale si può chiedere di sospendere l'esecuzione del provvedimento amministrativo, dopo che si è pronunciato il giudice di primo grado. In deroga a ciò, la commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione delle sanzioni.


25. La conciliazione: natura e oggetto.

Anche nel processo tributario le parti possono trovare un accordo, per cui il processo si chiude, non con sentenza, ma con conciliazione. La conciliazione tributaria equivale ad una transazione, e, poiché la transazione non può avere ad oggetto diritti non disponibili, nella conciliazione viene ravvisata una deroga alla c.d. indisponibilità del rapporto d'imposta. La transazione disciplinata dal codice è realizzata attraverso reciproche concessioni. La conciliazione invece, nel diritto pubblico, si configura come un istituto autonomo, il cui scopo è quello di realizzare la composizione consensuale giusta della lite. Quali controversie possono essere conciliate? Il legislatore non ha esplicato alcun limite, non significa però conciliabilità illimitata. In sostanza la conciliazione deve presentarsi con contenuto accertativo, con effetti di diritto sostanziale e processuale. La conciliazione appare legittima solo nelle liti che riguardano l'avviso di accertamento, e solo per questioni di tipo quantitativo. Non sono conciliabili le questioni che riguardano le sanzioni, pur se si tratta di questione riguardante solo il quantum. Tale ultimo limite si deduce dalla norma che fa seguire alla conciliazione la riduzione delle sanzioni irrogate ad un terzo del minimo edittale.



25.1. Il procedimento della conciliazione.

Può avvenire solo davanti alla commissione tributaria provinciale.

A)    La conciliazione da realizzare in sede processuale può essere proposta sia da una delle parti, sia dalla commissione. La conciliazione deve avvenire alla prima udienza, ma se l'accordo non viene raggiunto, la commissione può assegnare alle parti un termine, non superiore a 60 gg., per la formazione di una proposta in via stragiudiziale.

B)    La conciliazione può essere però realizzata fuori dal processo; in tal caso, l'ufficio deve depositare in giudizio il documento che formalizza l'accordo. L'atto di conciliazione, se è depositato prima della fissazione della data dell'udienza collegiale, è esaminato dal presidente della sezione. Dopo tale data la conciliazione è esaminata dal collegio.

C)    Come accennato, la conciliazione è sottoposta al vaglio del giudice tributario, che ha il potere dovere di valutare la legittimità formale e la sua ammissibilità, in relazione al tipo di controversia.

D)    Raggiunta la conciliazione, gli importi concordati devono essere pagati mediante versamento diretto, entro 20 gg. Secondo alcuni il mancato pagamento comporterebbe la risoluzione di diritto dell'accordo conciliativo e farebbe rivivere l'avviso di accertamento, da considerare definitivo: e l'amministrazione potrebbe iscrivere a ruolo in via definitiva tutto l'importo accertato. Ciò non ha nella legge nessun fondamento.


26. Misure cautelari a tutela del credito per sanzioni amministrative.

La concessione di misure cautelari richieste dall'ufficio o ente impositore, a garanzia del credito per il pagamento delle sanzioni. L'istanza è presentata al Presidente della Commissione tributaria provinciale, ed ha per oggetto l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e degli obbligati solidali e l'autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni, ivi compresa l'azienda. L'istanza deve essere notificata alle parti interessate, le quali possono, entro 20 gg. dalla notifica, depositare memorie e documenti difensivi. La commissione decide con sentenza. In caso di eccezionale urgenza, il Presidente provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso il reclamo al collegio entro 30 gg.. I provvedimenti cautelari perdono efficacia se, nel termine di 120 gg. dalla loro adozione, non viene notificato atto di contestazione o di irrogazione, ed altresì in esito alla sentenza di primo grado che accoglie il ricorso. La sentenza costituisce titolo per la cancellazione dell'ipoteca. In caso di accoglimento parziale, su istanza di parte, il giudice d'appello riduce proporzionalmente l'entità dell'iscrizione o del sequestro.


27. Esecuzione delle sentenze tributarie e giudizio di ottemperanza.

Il concetto di esecuzione riguarda solo le sentenze di condanna: alla condanna, infatti, deve seguire l'adempimento dell'obbligazione, cui la condanna si riferisce. Le sentenze delle commissioni sono suscettibili di esecuzione nei modo propri di tutte le sentenze di condanna, a tale forma naturale di esecuzione, la legge del processo tributario affianca il giudizio di ottemperanza. Per le sentenze emesse nei processi di impugnazione, non è invece configurabile una esecuzione in senso stretto. Le sentenze che annullano un atto amministrativo non hanno bisogno di esecuzione perché si eseguono da se. Le sentenze, che invece, respingono l'impugnazione di un atto impositivo sono sentenze puramente dichiarative. L'ottemperanza a differenza dell'esecuzione, bob ha per oggetto soltanto l'adempimento dello specifico obbligo statuito dalla sentenza: ad es. obbligo di restituzione che deriva indirettamente da una sentenza, che abbia annullato un avviso di accertamento.


27.1. Rigetto dell'impugnazione ed esecuzione dell'atto impugnato.

Varie leggi tributarie prevedono che, quando è impugnato un avviso di accertamento, l'amministrazione ha diritto di riscuotere in via provvisoria, una frazione del tributo.


27.2. Esecuzione forzata delle sentenze di condanna.

Se la commissione condanna il Ministero o l'ente locale, il creditore può agire per ottenere l'esecuzione di tale sentenza dopo che è passata in giudicato.


28. Il giudizio di ottemperanza. Ambito di applicazione e procedimento.

L'esecuzione forzata di obblighi pecuniari delle pubbliche amministrazioni sovente non da risultati utili, a causa dei limiti alla pignorabilità dei beni pubblici. Il creditore dell'amministrazione finanziaria può tutelarsi promuovendo il giudizio denominato di ottemperanza, e che più efficace dell'esecuzione forzata, in quanto la commissione, adita per l'ottemperanza, può nominare un commissario ad acta, che emetta i provvedimenti necessari. Ottemperanza è concetto più ampio di esecuzione: ed infatti può riguardare non solo le sentenze di condanna, ma anche altre sentenze, che comportino degli obblighi per l'amministrazione. La competenza spetta alla commissione provinciale, quando la sentenza cui ottemperare è di tale organo, ed alla commissione regionale, in ogni altro caso. La disciplina del procedimento di ottemperanza diverge da quella ordinaria. Infatti, il ricorso non è indirizzato alla commissione ma al presidente; ed il ricorrente non deve notificarlo alla controparte, ma depositarlo in doppio originale presso la segreteria della commissione; sarà poi la segreteria a comunicarlo alla controparte, che può entro 20 gg., presentare memorie e documenti. Le sentenza è impugnabile solo per cassazione e solo per inosservanza delle norme sul procedimento.









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