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LA CONCEZIONE DELLO SPAZIO NEL MONDO MODERNO - FILARETE, CESARE CESARIANO, LEONARDO, SEBASTIANO SERLIO

architettura



LA CONCEZIONE DELLO SPAZIO NEL MONDO MODERNO

Ci occupiamo di un periodo centrale, perché è l'ultimo in cui la cultura architettonica ha ancora un approccio sintetico complessivo, organico, verso le arti in generale e l'architettura in particolare. Per spiegare il concetto di rapporto organico è necessario tener presente la definizione di concinnitas, data da L.B.Alberti, nulla può essere aggiunto o tolto ad un'opera senza che ne venga turbata la sua perfezione formale. Il mondo organico è quindi un qualcosa che prevede una relazione tra le parti appunto organiche, non meccaniche, dove le cose non si aggiungono in serie ma, sottraendo o aggiungendo, si cambia questo equilibrio. Questo periodo straordinario va dal XV al XVIII secolo, nasce con l'invenzione della prospettiva brunelleschiana. Tutto il discorso teorico, che avviene in questi 4 secoli, ha un suo punto di riferimento: Vitruvio. Quello di Vitruvio è l'unico trattato che ci è pervenuto dall'antichità e noi assistiamo ad una reinterpretazione di Vitruvio da parte delle nuove generazioni. Assistiamo quindi ad un rifiorire di trattati teorici, quali poi non ci saranno più dal 1800 in poi.

Fino al 600 l'apporto più importante è dato dagli italiani, dal 600 in poi il primato passa da Roma a Parigi. Incomincia così la supremazia del mondo francese, in concomitanza alla nascita degli Stati Unitari e quindi alla nascita dell'Accademia Reale di Architettura ad opera di Luigi XIV.



Il primo che raccoglie le idee di L.B.Alberti, che scrive un trattato che viene dopo 20 anni dalla scomparsa di Brunelleschi, quindi un trattato già fortemente intriso di una prospettiva storica, è FILARETE (Antonio Avellino). Filarete deriva dal greco filos-aretès: amico della virtù.

Filarete esercita la sua professione per il duca di Milano Francesco Sforza. L'opera più importante di cui si occupa è l'Ospedale Maggiore di Milano, tuttavia egli è noto soprattutto per il suo trattato dedicato a Sforzinda. Questo è il primo trattato dedicato ad una città immaginaria. Le nuove architetture,come quelle di Brunelleschi, nel tessuto medioevale cambiano senso al testo medioevale, tuttavia gli architetti non si limitano a immaginare nuove architetture che cambino il senso ma immaginano proprio nuove città. Partendo da istanze importantissime, quali quelle dell'igiene, essi correggono la invivibilità di questi agglomerati, di queste idee di città medioevali.

Sulla cerchia milanese ebbe un'influenza enorme Bramante, CESARE CESARIANO, un altro commentatore di Vitruvio. Accanto a queste teorie del mondo antico si cominciano ad affiancare le istanze proprie della società moderna, che si lasciava alle spalle tutta l'organizzazione civica medioevale. Si esaltano quindi categorie come quella della necessitas, le cose pratiche incominciano ad assumere grande importanza.

Filarete riprende ancora le questioni della casa originaria, pensa che Adamo sia stato il primo a costruire un'abitazione (il mito della capanna primitiva). Anche Filerete affronta il problema dei rapporti organici e quindi di una teoria delle proporzioni basata sul corpo umano come fa Vitruvio. Egli, riprendendo un concetto albertiano, affermerà: io dimostrerò l'edificio proprio essere un uomo vivo e vedrai che così bisogna lui di mangiare per vivere come fa proprio l'uomo. E così si ammala e muore e così anche nello ammalare guarisce molte volte per lo buono medico e tu potresti dire l'edificio non si ammala e non muore come l'uomo e io ti dico che fa così proprio l'edificio. Esso si ammala quando non mangia_cioè quando non è mantenuto_e viene scadendo a poco a poco proprio come fa l'uomo senza cibo e poi si casca morto. Così fa proprio l'edificio e se ha il medico quando si ammala, cioè il maestro che lo guarisca, sta in buono stato (queste sono modernissime considerazioni sulla ma 616b16g nutenzione). Se noi vogliamo mantenere sana un'architettura essa deve essere sempre abitata da persone, una casa che non è abitata finisce per deperire.

Uno dei concetti principali esposto da Filarete, e che fa parte di quella contemporaneità che esploderà proprio in questo periodo è il concetto di autorialità (relativo al concetto dell'autore di un edificio), il quale vede il committente dell'opera come il padre dell'edificio, e l'architetto come la madre dello stesso. L'architetto deve partorire il suo progetto e pensarci e fantasticarci su per nove mesi. Questo è un aspetto fondamentale perché introduce il concetto della distinzione dei tipi di edificio. Filarete considera inoltre una netta separazione tra la costruzione e l'ideazione.

Brunelleschi è stato il primo ad entrare in contrasto con le maestranze che pretendevano di seguire ancora una modalità di approccio al cantiere e alla costruzione alla maniera medioevale. Egli licenzia tutte le maestranze della fabbrica del duomo, durante la costruzione della cupola, e accoglie soltanto coloro che si piegano a seguire il suo concetto di architettura. Lo stesso Alberti riprende questo concetto, si forma così quel nucleo portante che libera il concetto di autorialità, che era invece sconosciuto nel mondo antico.

Ad eccezione di Dinocrate, Apollodoro di Damasco e pochissimi altri, non si conoscevano altri nomi di architetti tra i greci. Nel Rinascimento invece, comincia a svilupparsi il ruolo dell'architetto. Questa teoria verrà poi ripresa da GIORGIO VASARI, il quale scriverà le vite dei più eccellenti artisti, pittori, scultori dell'antichità e nel proemio dirà che l'architettura, la pittura e la scultura sono figlie dell'arte del disegno. Egli pone quindi la supremazia di queste tre arti, per la prima volta il Rinascimento pone la condizione degli architetti come artisti. Questi sono legati a tutte le questioni pratiche ma, nel contempo, hanno quella marcia in più che permette loro di dare all'opera di architettura il suggello dell'opera d'arte (secondo la teoria albertiana della concinnitas).

Caratteristico è analizzare come queste teorie vengono applicate in area milanese, in un'area che non è sottoposta all'influenza della Chiesa, che ha una sua vitalità, che è molto connessa alla zona francese, la grande potenza che si va affermando.

LEONARDO non ha lasciato un trattato organico ma un'infinità di appunti, di disegni commentati. Egli ha passato l'ultimo periodo della sua vita in Francia, chiamato da Francesco I che  riconosce in lui il genio più alto d'Europa. Anche Leonardo fa riflessioni non soltanto sulle nuove architetture ma anche sulla città modello, proprio in risposta alla grande peste che, dal 1453, aveva per vent'anni flagellato il ducato di Milano facendo morire più di un terzo della popolazione (le condizioni igieniche erano drammatiche). Quindi Leonardo per la prima volta introduce cose che poi saranno riprese dall'urbanistica moderna (le separazioni dei tipi di traffico, le disposizioni sanitarie, norme sulla sezione di un edificio, che non dev'essere minore della sezione degli edifici che la limitano, ecc).

Un altro genio, la massima autorità del Rinascimento italiano è poi DONATO BRAMANTE, il quale non ci lascia un trattato organico ma riprende le idee di Leonardo, di Filerete, di Alberti. Un unico testo ci è pervenuto, ma molto sintomatico della grandezza di Bramante.

Il vero nucleo portante di S.Pietro è il dato da Bramante. Bramante ci lascia un parere sull'architettura, redatto intorno al 1488, relativo alla volta del quadrato del duomo di Milano. Qui egli mette in ordine una serie di considerazioni; prima di tutto la firmitas, cioè l'importanza statica che richiama alla fortezza, che è quella a cui bisogna dare il primato, al secondo posto dà importanza alla coerenza stilistica. C'è un saggio di Edwin Panofsky, che si chiama "Il primo libro delle dive di Giorgio Vasari", in cui egli ricostruisce come Vasari, costruendosi un frontespizio per la vita di Arnolfo, lo fa in stile gotico. Dunque la cornice che mette all'immagine di Arnolfo non può essere rinascimentale, perché Arnolfo era un gotico. La concordanza stilistica incomincia ad essere un motivo assolutamente chiaro nella mente di una molteplicità di artisti che accoglievano un lascito, una eredità "medioevale-gotica" e tentavano di cambiare il senso. Essi sentivano questa difficoltà di mettere insieme due stili, due linguaggi diversificati. Nelle varie considerazioni Bramante cita poi i criteri di leggerezza, la costruzione, la bellezza, ecc.

Altro grande trattatista in terra italiana, ma che avrà anche riscontri in Europa, soprattutto in Francia e Germania è SEBASTIANO SERLIO (1475-1550/53). Egli sostiene di non aver scritto il suo trattato per gli elevati ingegni ma si pone perché ogni mediocre ancora ne possa essere capace, quindi un intento educativo, una sorta di manuale dell'arte del buon costruire. Interessante è come nel 4° libro egli affronti il tema de "La maniera per rammodernare le facciate", una questione che sposa quindi la pratica del restauro, dell'ammodernamento, con quella della nuova idea urbana. Egli scrive con un linguaggio scarno, affidandosi soprattutto alle figure. Questo è un altro segno del tempo infatti, mentre Vitruvio aveva scritto dando ad intendere che tutti conoscessero quello che diceva, col passare del tempo i trattati diventano sempre più illustrati e sempre meno scritti. Egli dedica il suo 3° libro a Francesco I re di Francia. Chiamato da quest'ultimo, passerà a Lione gli ultimi anni della sua vita, alla sua morte lo sostituirà il grande Philibert de l'Horme. I sei libri scritti da Serlio non sono scritti in ordine dal 1° al 6°. Prima compare il 4°, con le sue regole generali di architettura sopra le cinque maniere degli edifici (i 5 ordini), poi il 3°, quello sulle antichità, poi il 1°, che si occupa della geometria, quindi il 2°, sulla prospettiva, ed ancora il 5°, nel quale si tratta soprattutto dei templi, c'è poi un libro straordinario in cui ci sono 30 esempi di opera rustica (Sebastiano Serlio è quello che introduce per primo questo ordine, destinato ad avere un grande successo in tutta Europa), ed infine il 6° libro, dedicato alle abitazioni e a come esse si possano ammodernare. Questo libro ebbe un successo immenso in tutta Europa. Stampato in folio, quindi all'incirca 1m per 0,70m, tutte le edizioni successive vengono fatte perché potessero circolare in maniera comoda negli studi degli architetti, nelle botteghe, e rientrano in questa visione della teoria dell'architettura come conseguenza della rivoluzione rinascimentale di Filippo Brunelleschi.

Tuttavia il trattato che di gran lunga supera tutti gli altri, per diffusione e per utilità pratica, è quello di VIGNOLA. Vignola è un architetto che nasce vicino Modena, in una città che si chiama Vignola. Egli scrive la regola dei 5 ordini di architettura, scrive pochissime parole, ciò che conta sono le tavole in rame. Questo trattato è dedicato ad Alessandro Farnesi, per cui costruirà anche una bellissima villa a Caprarola, vicino Roma, il cui committente è Giulio III. L'opera fu più volte incisa, è il testo architettonico più stampato in assoluto, se ne contano più di 250 edizioni. Finché gli architetti hanno lavorato con gli ordini, il trattato del Vignola era il manuale più usato. Questo perché egli dà una regola facile da applicarsi, che prescinde da tutta quelle che erano le misure metriche esistenti in quell'epoca in Europa (il piede romano, il piede fiorentino, l'incis??), gli architetti vengono liberati da questi vincoli. Scrive: Il mio intento è stato di essere inteso solamente da quelli che abbiano qualche introduzione nell'arte e per questo non aveva scritto il nome a nessuno dei membri particolari dei 5 ordini, presupponendoli come noti. Vignola inventa quindi questo metodo empirico che si basa sul modulo (cioè il raggio della base della colonna). Nell'ordine antico c'è la regola delle 9 righe; nella colonna c'è una base, un fusto e un coronamento, ognuna di essa è ancora divisibile in tre parti. Prima di stabilire i rapporti che ci sono fra l'ordine e il modulo, stabilisce che in tutti gli ordini l'architrave è 1/4, mentre ??? è 1/3 dell'altezza delle colonne (questo è un postulato). Inoltre le altezze di piedistallo, colonne e architrave sono in rapporto reciproco di 3, 12 e 3. In un ordine senza piedistallo il rapporto tra colonna e architrave si riduce a 3. Quindi Vignola parte da questa divisione dell'altezza complessiva in 19 o 15 parti. I numeri ottenuti empiricamente, relativi al rapporto tra il modulo e l'altezza della colonna, sono: 14 per il toscano, 16 per il dorico, 18 per lo ionico, 20 per il corinzio, ecc. Dunque, per esempio, una volta stabilito nel proprio sistema metrico l'altezza delle colonne, ne derivava in maniera "automatica" una perfetta applicazione, la quale riusciva gradevole agli occhi. Accanto agli ordini Vignola introduce anche le parti che vengono composte con gli ordini, quindi il colonnato, l'arcata, il singolo piedistallo con la base, la forma del capitello con l'architrave. In maniera silenziosa comincia a configurarsi quella che sarà poi un'ars combinatoria.

Fin qui ci siamo trovati di fronte a trattati in cui l'architetto si nasconde, non lo fa volontariamente, è ancora un soldato dell'architettura, sta dietro l'autorità, non parla mai in prima persona, dà regole che possono essere buone per tutti. Al contrario, quando compare il testo di PALLADIO, c'è uno sconvolgimento assoluto poiché Palladio, per la prima volta, parla in prima persona. Scrive quattro libri sull'architettura e due di questi sono interamente dedicati ad opere progettate da lui stesso. L'architetto comincia a prendere coscienza di sé, incomincia a capire di essere un artista. Ancora una volta l'importanza è data soprattutto ai disegni. Essi sono delle xilografie, delle incisioni su legno??. Goethe, arrivato a Padova, il 27 settembre 1786, compra una ristampa, dopo tre giorni arriva a Venezia, scrive a una sua amica, la signora Fhonstein? e dice: Solo a Padova ho trovato un libro, ora che lo studio mi cadono le bende dagli occhi, la nebbia si dissipa e riconosco gli oggetti, anche come libro è una grande opera. Palladio è stato quindi indispensabile poiché, senza il suo apporto, il grande tour che i tedeschi, i francesi facevano in Italia, non si sarebbe compreso, poiché accanto a quello che loro leggevano c'erano le ricostruzioni. Si passa a rilevare e a misurare gli edifici. Nel trattato di Palladio c'è inoltre il rilievo, non solo dell'architettura antica, ma addirittura di quella architettura che egli riteneva che fosse la più bella architettura del mondo e cioè il tempietto di S.Pietro in Montorio di Bramante. Siamo ad una svolta importante, ad uno snodo, in cui la cultura italiana, di natura rinascimentale, sta raggiungendo il suo apice.

Nella storia dell'arte VASARI presenta il Manierismo, egli scrive circa un evento fondamentale, circa l'anno in cui cominciò la crisi, il Sacco di Roma (1527).

Nulla rimane com'era prima, morto Raffaello nel 1523, gli artisti diventano improvvisamente orfani, finiscono le certezze. Il papa aveva fatto costruire la Cappella Sistina, aveva fatto di Roma la più grande potenza d'Europa, Roma aveva addirittura superato Firenze in bellezza, tuttavia nel '23 Roma viene saccheggiata dai Lanzichenecchi. Ci fu lo stesso stupore di quando i Persiani diedero fuoco ad Atene, distruggendo l'acropoli.

Questa generazione fu detta "generazione dell'inquietudine". In essa i michelangioleschi, la stirpe dei fedeli seguaci di Michelangelo, provarono a sistematizzare queste teorie, incominciano ad apparire delle etichette, le quale sono bende che coprono gli occhi, che impediscono di vedere la realtà così com'è. Vasari, che è uno dei massimi responsabili di questo atteggiamento, scrive però questa opera straordinaria per tutta la conoscenza delle vicende della storia dell'arte. Egli teorizza la storia del disegno e delle tre arti che sono figlie del disegno. In questo clima, che aveva perso le sue certezze, c'è l'abitudine ad ancorarsi ai maestri per pensare di proseguire ed essere grandi. Grande è però chi uccide il proprio padre.

Noi siamo dei nani sulle spalle di giganti e proprio perché saliamo su queste spalle possiamo vedere più in là degli antichi. Nel dibattito sull'arte le teorie sono importanti ed una teoria rassicurante, che dà delle formule è molto peggio di una che non dà certezze e stimola.

Essendo lo stato francese forte delle sue opere statali, gli architetti cominciano a spostarsi.

Nasce in questo contesto una figura centrale, attraverso il quale si prepara lo scacco (sottrarre il primato dell'invenzione) all'Italia: PHILIBERT DE L'HORME. QGQqquest'architetto nasce a Lione, Francesco I lo fa architetto delle fabbriche reali dopo Sebastiano Serio. Lione è la patria delle grandi maestranze che sanno lavorare la pietra, egli dunque si pone come obbiettivo quello di insegnare alle maestranze a lavorare, non più secondo gli obsoleti metodi medioevali, di cui non si capiva più la ragione, ma attraverso pochi disegni chiari e semplici. Philibert de l'Horme inaugura quindi quella che potremmo definire la disciplina stereotomica. Egli nel primo libro del suo trattato mette in guardia da coloro che sanno fare dei bei disegni per accattivarsi il committente e dice: Per questo consiglio l'architetto e tutti coloro che lavorano nell'edilizia di studiare per riconoscere la natura dei luoghi piuttosto che fare dei bei ornamenti, che molto spesso servono solo come esche per prendere agli uomini quello che hanno nelle loro borse (per estorcere denaro). Mentre la prospettiva, che fissa l'esatta relazione fra i corpi dello spazio, fu generalmente usata come strumento di rappresentazione, tanto dai pittori tanto dagli architetti, la stereotomia, che è una partizione della geometria proiettiva, si configurò come la disciplina che indaga circa la intersezione dei corpi nello spazio. Quindi la prospettiva stabilisce la posizione dei corpi nello spazio non più empiricamente. In questa visione complessiva, ad un certo punto ci si comincia a chiedere che cosa ci sia dietro la facciata, e cioè l'intersezione dei solidi. Questa è l'istanza fondamentale da cui nasce la geometria proiettiva di GERARD DESARGUE. Perché il passaggio dall'Italia alla Franca fosse chiaramente legittimato, questo doveva avvenire sul piano della teoria, e quindi, accanto ad un gigante come Brunelleschi doveva esserci un altro gigante che portava alle estreme conseguenze l'intuizione prospettica dello spazio. Questo gigante si chiama Gerard Desargue, il quale è l'inventore della geometria proiettiva. L'unico in Italia che riprenderà le questioni poste da Desargue sarà Guarino Guarini. La regola proiettiva di Desargue è affine a quella della prospettiva, con la differenza che le rette proiettive, invece di andare in un unico punto (punto di fuga) sono parallele. Questo è quello che ha consentito di realizzare quella straordinaria partizione della proiettiva, intesa proprio come geometria costruttiva, costruttiva perché entra nelle viscere dell'edificio e stabilisce le condizioni per le quali le architetture stanno insieme attraverso la loro forma. Desargue applica per la prima volta la teoria di Apollonio sulle intersezioni coniche. Egli afferma che non c'è nessuna differenza tra la maniera di figurare e di rappresentare una qualunque cosa in prospettiva con un centro di proiezione proprio, dalla maniera di rappresentarle nel geometrico con un centro di proiezione improprio (attraverso le rette parallele). Desargue fu perseguitato per tutta la sua vita, fu sempre visto come un ciarlatano. Egli morì molto giovane perciò ha scritto pochissime cose ma, senza Desargue, non si può comprendere lo sviluppo di tutta l'architettura occidentale.

Infine GUARINO GUARINI è l'unico italiano che raccoglie questa sfida. E' un sacerdote di Modena molto colto, matematico, conosce quindi le leggi della matematica e della geometria. Nel suo trattato dice: La prospettiva, purchè inganni l'occhio e faccia apparire la superficie del corpo, ottiene il suo fine e consegue quanto intende, non ha da riportare alla solidità, alla fermezza dell'opera ma solamente a dilettare l'occhio. Nasce questa istanza etica, morale, di far sì che l'architettura non sia l'arte del ciarlatano che conquisti soltanto per le sue belle forme ma che sia essa solida in senso sia fisico che etico. E' questa una notizia che in Italia ha poco riscontro, si sposta infatti soprattutto nell'Europa del nord.

Francois Blondel è colui a cui il re di Francia dà il compito di costruire l'Accademia Reale delle Arti, e Claud De Role che è suo avversario, egli rappresenta un'altra interpretazione teorica, molto più vicina all'empirismo inglese di John Locke. Egli è l'avversario di Bernini, è colui che si dà da fare perché il progetto di Gian Lorenzo Bernini venga affossato (Louvre). Quindi attraverso la protezione de re, l' L'Académie royale incomincia a diventare il luogo dove tutti i maggiori artisti si incontrano e le teorie dell'architetture si completano.

Dopo la morte di Blondel e di De Role, Philippe De Laiuux?? prende la direzione dell'Accademia. Egli è attentissimo al dato costruttivo, è colui che incrementa la conoscenza della stereotomia e che la fa diventare la base della formazione di giovani architetti ed ingegneri. Questa tradizione resterà in Francia anche dopo la fine della monarchia e per esempio nell' Ecole Polytechnique francese la stereotomia era la materia principale per abituare gli allievi a progettare e a vedere lo spazio.

Il problema teorico si afferma, trova la sua definizione nella pianta centrale, questo è il tipo simbolico intorno al quale si scontrano tutti gli architetti del Rinascimento.

Primo esempio a questo proposito è quello di Bramante_Chiesa della Consolazione di Todi (1508). Altro esempio è la tavola del libro 3° dei quattro libri di Palladio, dedicata al ridisegno del tempietto di S.Pietro in Montorio (Bramante) con i relativi tormenti del più grande progetto del secolo.

Fino alla costruzione della basilica di S.Pietro a Roma, la basilica di S.Sofia era il tempio più importante della cristianità. Tra i vari progettisti (Sangallo, Bramante, Raffaello, Peruzzi, Michelangelo) quello più "estremista" è Bramante, il suo progetto è però anche il più perfetto dal punto di vista dell'idea di centralità.

Sebastiano Serlio (nato a Bologna) riprende poi il libro 4° di Palladio, circa i templi, e analizza le varie possibilità di declinare una pianta centrale. Quindi, secondo la geometria euclidea, le figure principali erano il cerchio e i poligoni inscritti ma anche un'interessante figura ellittica. Serlio espone poi i metodi per incominciare a calcolare il modulo e determinare la proporzione delle colonne.

Filerete illustra una sequenza connessa alla definizione del tracciato, si analizza prima un reticolo di base del Duomo, poi la compartizione successiva in nove quadrati, la pianta delle fondazioni con l'indicazione del reticolo e la pianta con in tratteggio il reticolo di base.

Ad un certo punto la pianta centrale passa a deformarsi e quindi è sempre centrale, ma non presenta più un unico centro, bensì un doppio fuoco, così da costituire un'ellisse. E' una pianta centrale che introduce una complessa interpretazione dello spazio.

Prendendo in considerazione l'arte figurativa, è necessario ricordare l'arte dell'anamorfosi, (artificio pittorico per inserire in una composizione immagini non percepibili se non osservate di scorcio o da un dato punto di vista) la quale permette di vedere, in epoca barocca, le figure deformate, esse rilette con uno specchio collocato in maniera opportuna ritornavano corrette. Questa è l'arte di analizzare le forme, di deformarle, per esplorarle fino all'estremo limite (in realtà non sono proprio ellissi ma ovali, tracciati attraverso tre circonferenze poi raccordate).

Dopo la drammatica parentesi manierista si possono analizzare le varie declinazioni della pianta centrale in epoca barocca (per esempio, una pianta con un asse maggiore e un asse minore, mette in crisi quello che era il rapporto perfetto stabilito da L.B.Alberti nel S.Andrea di Mantova, dove la facciata è la proiezione perfetta della sezione interna.

Qui come nel S.Carlino la facciata tende a staccarsi dall'interno e avere solo un punto di contatto. Nell'Ariccia (S.Maria dell'Assunzione) di Bernini la facciata sembra proprio staccarsi progressivamente dal corpo di fabbrica.

Anche Borromini in S.Ivo alla Sapienza prosegue la sua ricerca. All'interno un coronamento che esprime bene il senso dello spazio, del punto all'infinito, che si avvita su se stesso, c'è quindi il tema della spirale e il tema dello sfondamento prospettico.

Un passaggio fondamentale, un'interpretazione, riguarda una teoria che vede sempre più legate architettura e città. Il Rinascimento, avendo definito con la prospettiva il modo di relazionare gli elementi nello spazio, si deve necessariamente occupare dello spazio urbano, ossia dello spazio vuoto tra gli edifici e quindi della città. La facciata, concava o convessa, del barocco esprime questo problema dell'architettura urbana. Queste teorie che legano l'edificio alla città sono talmente andate avanti da giustificare casi come quello della facciata di Ermafrodite (non si capisce se è un palazzo, una chiesa, quasi non ha un genere), che rispetto alla chiesa, all'Oratorio dei Filippini (Borromini), è posta sul fianco laterale, perché essa doveva rispondere a un criterio di decoro urbano, doveva riprendere l'ordine dei Filippini al meglio sul palcoscenico della città, che è quello su cui sorge la facciata stessa.

Il trattato di Philibert de l'Horme, il trait géométrique (1567), descrive come sia possibile costruire liberandosi delle concezioni medioevali, entrando nelle viscere dell'architettura, oltre la facciata, dove tutti i pezzi devono essere tagliati in maniera perfetta affinché essi stiano in piedi.

Il teorema architettonico che ha reso importante Desargues è la descente blaise??? ("Discesa obliqua"), la curva voltata in discesa obliqua.

Per Guarino Guarini invece "Le sezioni cilindriche" (1671), esse rappresentano l'apice di questa concezione prospettica che poi sarà spazzata via da Gaspare Monge, in quanto ormai non più comprensibile. Guarino Guarini vive in area piemontese, quindi a contatto con la Francia da cui assorbe la lezione di Desargues, la comprende e la rilancia. Le sue opere assoggettano alla disciplina stereotomica il mattone, perché la pietra non abbonda in Piemonte, quindi sono tutte opere realizzate in mattoni e poi stuccate e intonacate.

Cabinet du Roi_ Castello di Anet_Philibert de l'Horme_La trompe è una volta sospesa in un punto solo, consente di estroflettere un corpo facendolo appoggiare in un unico punto. La Cappella di Anet è ancora in piedi, non fu attaccata dai rivoluzionari che in quel periodo abbattevano le chiese per rubarne le opere d'arte. Al disegno del pavimento corrisponde perfettamente tutta la decorazione del rilievo della cupola.

Man mano che la scienza si sviluppa, che nascono i trattati sulla stereotomia, il linguaggio diventa sempre più complesso e la realtà del cantiere non riesce a seguire, dunque la frequenza di opere realizzate in maniera stereotomica tende a diminuire.

Gaspare Monge_L'opera di questo artista in architettura è accompagnata da tutta la teoria che si oppone al Barocco. Oggi definiremmo questa come una tendenza razionalista, che in Italia è rappresentata da Francesco Milizia ma che ha il suo vero padre nel saggio sull'architettura di Marc-Antonie Laugier. Mentre tutti gli architetti hanno più volte cercato l'origine dell'architettura (capanna primitiva), Laugier nel frontespizio del suo trattato rappresenta l'architettura nelle vesti di una donna, la quale siede su delle rovine o su dei pezzi nuovi?, e indica il futuro o il passato dell'architettura?. Non si sa sia il bambino (che rappresenta la sapienza perché ha la fiamma sulla testa) ad indicare la donna o il contrario. Tutto è fortemente simbolico, lo scopo era rappresentare la tensione fra tradizione e innovazione che caratterizzava gli architetti che avevano scoperto Vitruvio. (vedi saggio sull'Architettura di Laugier dal pdf). Quelle intuizioni viste in Filerete, in questa parabola lunga 3 secoli, hanno questo suggello pieno, passando attraverso Vasari, sull'architetto come artista, sulla concezione dell'architettura parlante, la quale dice che l'architettura, oltre la firmitas e la utilitas, deve suscitare emozioni, sensazioni. Eupalino: L'architettura è quella che ti viene incontro, che ti chiede che cosa pretende di essere. L'architettura si è spostata in una sfera creativa.

Ritornando al rapporto tra città e architettura, ormai un punto di conquista stabile del pensiero architettonico, non si parla più solo di architettura ma sempre di architettura  e città, Laugier dice: Una città è come una foresta, grande ordine nel dettaglio, gran tumulto nell'insieme. Questo esprime il sentimento di un'Europa complessa, con architetti e scuole (Roma, Parigi, Madrid e in parte la nascente Berlino). In una complessità di linguaggi, nasce quella che per la prima volta si può chiamare architettura europea, si rinuncia a controllare l'incontrollabile (città). Tutto perché si possa mettere in relazione linguaggio e visione di insieme.




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