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Il nuovo Guggenheim di Venezia di Vittorio Gregotti

architettura



Il nuovo Guggenheim di Venezia


di Vittorio Gregotti


Entro tre anni Venezia avrà un nuovo museo a Punta della Dogana. E' il Museo Guggenheim Venezia d'Arte Moderna e Contemporanea. Affiancherà la collezione Peggy Guggenheim ospitata a palazzo Venier dei Leoni e di cui sarà un'ideale prosecuzione: i capannoni dell'antica Dogana da Mar, dove troverà posto la nuova sede, distano poche centinaia di metri. Lo Stato Italiano ha dato gli edifici in concessione al comune di Venezia che a sua volta ha stipulato una convenzione con la Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, diretta da Thomas Krens, che provvederà anche ai restauri e alla ristrutturazione, già progettata dall'architetto Vittorio Gregotti.
Il volto del nuovo museo viene descritto, nell'articolo che pubblichiamo, dallo stesso Gregotti che farà nascere un museo "veneziano", agli
antipodi, per concezione, del Guggenheim di Bilbao.

A Venezia bisognerebbe arrivare dal mare come avveniva un tempo. Un grande numero di letterati ne ha descritto l'emozionante entrata: peraltro il bacino di San Marco è certo il porto più nobile al mondo: porto e cuore della città su cui non solo si affacciano i suoi poteri pubblici più importanti ma in cui appare la struttura stessa di Venezia: isole, canali, tracciati urbani che si affacciano sull'acqua, fronti monumentali ed il senso dell'essenziale relazione fra essi. Al centro di questo miracoloso sistema urbano si affaccia strategicamente la punta triangolare dell'isola di Dorsoduro conosciuta sin dal XIII secolo come la punta della Dogana da Mar e dei suoi magazzini.
Nell'iconografia storica della città di Venezia dalla veduta aerea della "Peregrinatio" di Bernard van Breydenbach del 1486 o dell'Ardenzi (che suggerisce l'idea di una costruzione in tempi diversi della sequenza dei magazzini) attraverso la celeberrima incisione di Jacopo de Barbari del 1500 sino alle "Vedute della dogana di Mare" di Carlevaris e di Vicentini nel XVIII secolo, per non parlare dei numerosi grandi pittori che l'hanno ritratta, la punta della Dogana è presente in moltissime rappresentazioni che ne documentano la presenza anche attraverso le sue trasformazioni. Prima severa serie di 10 magazzini paralleli e trasversali con in testa una poderosa torre a base quadrata, in mattoni a vista, poi nella seconda metà del XVII secolo, il complesso della punta della punta della Dogana, a seguito di un concorso bandito dalla Serenissima e vinto da Giuseppe Benoni, subisce una prima trasformazione che consiste nella riedificazione della torre difensiva sulla testata, alla quale viene aggiunta la scultura in bronzo dorato di Bernardo Falcone che rappresenta due Atlanti che sorreggono il mondo. Le fronti diventano meno chiuse e massicce delle preesistenti. Dall'esterno la punta conserva il suo assetto seicentesco, la sua importanza urbana aumenta con la costruzione accanto della Chiesa della Salute alla metà del XVII secolo e con l'apertura del campo sul Canal Grande. Nel 1853-88, ad opera di Giovanni Pigazzi ed a causa del grande stato di degrado in cui versava l'intero complesso, si opera una ulteriore e più radicale trasformazione che riprende i motivi longheniani della fronte che compare già nel disegno attribuito a Giuseppe Heinz il Giovane datato intorno al 1677. Dall'inizio del XX secolo si operano man mano manomissioni che coinvolgono anche la divisione planimetrica del complesso, modificandone impianto e tipologia insediativa. Vengono aperte le due corti interne e creati una serie di muri trasversali e solette intermedie che interrompono la continuità degli spazi a navata degli antichi depositi, nascondendo l'altezza originaria dei vani, suddivisi in tale modo in locali di più ridotte dimensioni.
Immaginare di ospitare nello spazio della punta della Dogana un museo di arte contemporanea presenta quindi una serie di vantaggi ed una doppia difficoltà. I vantaggi derivano dalla straordinaria visibilità locale ed internazionale della localizzazione, dalla facilità di accesso, dalla presenza delle fermate delle linee di trasporto pubblico, dal vasto spazio antistante del campo, dalla vicinanza non solo all'altra istituzione Guggenheim di Venezia ma soprattutto ai grandi siti museali di Venezia: dalla piattaforma Marciana con i musei Correr e archeologico, con la biblioteca, la basilica ed il Palazzo Ducale, all'Isola di San Giorgio, alle Gallerie dell'Accademia. Le difficoltà muovono dal fatto che da un lato si tratta di confrontare il restauro di un antico e stratificato complesso con la compatibilità di una nuova funzione: dall'altro trovare un equilibrio tra le necessità di immagine legate a tale nuova funzione ed il carattere eccezionale del sito e del monumento. A questo si deve aggiungere, quando si tratta di una funzione museale legata alla storia ed alle iniziative del museo Guggenheim, l'inevitabile paragone con le grandi opere architettoniche che al Guggenheim sono legate: l'edificio di New York di F.L. Wright ed il nuovo edificio di Bilbao di Frank Gehry.
Ognuno di essi possiede una forte personalità architettonica mentre questa è nel nostro caso è solo da risuscitare al presente attraverso ad un restauro ed all'interpretazione moderna del sito. Il progetto, oltre che ricostruire ed utilizzare in tutta la loro altezza i sei saloni paralleli come grandi gallerie che si affacciano ciascuno con due grandi aperture sul Canal Grande e sul Canale della Giudecca con le grandi capriate di copertura apparenti, oltre che utilizzare la ricostruzione seicentesca della punta per ospitare su due livelli la serie di servizi interni, ed il piano del campo della Salute come sistema di ingresso, deve saper insinuare in modo leggero ma ben individuato i segnali del cambiamento. Essi non si presenteranno all'esterno in modo clamoroso ma preciso: una scritta sulla fronte verso il campo, la collocazione su di esso di una grande scultura contemporanea e del segnale che evidenzierà gli eventi; l'utilizzazione verso il Canale della Giudecca del pontone galleggiante esistente anche come segno del nuovo museo. E poi il trattamento trasparente delle aperture esistenti che consenta la riapertura dei cannocchiali trasversali, la foderatura lignea interna dei saloni staccata dalle strutture murarie, il pavimento sollevato (sia per consentire le canalizzazioni impiantistiche che per ragioni di sicurezza nei confronti dell'acqua alta), l'illuminazione artificiale centrale che deve costituire un elemento architettonico dialettico rispetto all'antico. La regola dovrà essere la leggibilità di ogni intervento e l'apertura per mezzo di esso di un dialogo del nuovo proprio con il monumento restaurato.
La copertura della punta seicentesca che possiede un coronamento suo proprio potrebbe essere trattata come un grande terrazzo accessibile inserendo una scala circolare indipendente dai muri nello spazio quadrato sulla testata che regge la sfera dorata e le sculture di Bernardo Falcone.
L'ingresso principale sarà naturalmente dal campo della Salute e dall'atrio si accederà al bookshop (che potrà essere utilizzato anche con accesso indipendente) ai servizi di ingresso (informazioni, biglietterie, guardaroba, ecc.), dai quali si accederà al primo salone movendo verso il Canale della Giudecca e via via con percorso unitario verso i vari saloni. Al centro accanto al patio sarà collocato uno spazio chiuso per piccoli seminari, video proiezioni didattiche, conferenze stampa, ecc., ecc. I servizi di caffetteria e ristorante saranno accessibili anche in modo indipendente. Nella parte terminale della punta, quella ricostruita nel XVII secolo, saranno collocati i servizi per l'accoglienza delle opere nel caso di mostre temporanee, un laboratorio fotografico, gli spazi degli uffici amministrativi e gli spazi per gli impianti tecnici che occuperanno circa 600 mq contro i 2.500 della superficie espositiva ed i 1.240 di servizi.
Ci sono voluti circa otto anni di complesse trattative perché il governo decidesse di cedere a titolo gratuito al Comune di Venezia lo spazio demaniale della Punta della Dogana a fini museali mentre il Comune di Venezia si è impegnato a trovare gli spazi per lo spostamento degli uffici pubblici che attualmente vi hanno sede. A sua volta il Comune di Venezia ha firmato una convenzione con la Fondazione Guggenheim che prenderà a suo carico la gestione del museo ed il costo del restauro a fini museali dell'intero complesso
Questo programma potrà naturalmente subire modifiche secondo gli accordi che saranno presi per regolare i rapporti con le proprietà del Seminario che affaccia sullo stesso campo della Salute.









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