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Il colonialismo - STORIA DEL COLONIALISMO

storia






STORIA DEL COLONIALISMO

Politica estera di potenza adottata soprattutto nella seconda metà del XIX sec. dagli Stati europei, i quali occuparono militarmente terre d'oltremare ricche delle materie prime necessarie alla nascente industria europea. La Spagna e il Portogallo furono i primi due imperi colonialisti a formarsi con precise caratteristiche. Il Portogallo aveva occupato alcuni capisaldi in Africa, in Oriente, stabilendo contatti commerciali addirittura con l'impero giapponese. Ebbe  la sovranità sull'immenso Brasile, verso il quale si avviò una notevole corrente migratoria. Ma in generale, con l'eccezione del Brasile, il colonialismo portoghese mirò a stabi 919h79j lire una rete di stabilimenti commerciali lungo le coste (specialmente su quelle africane), per garantire la sicurezza delle vie di navigazione e dei commerci; in tale modo si assicurò per lungo tempo una posizione di forza nell'odioso traffico degli schiavi assai richiesti per le miniere e per le piantagioni americane.



La Spagna, invece, puntò le proprie mire di espansione territoriale quasi esclusivamente verso le Americhe, distruggendovi gli imperi degli Aztechi e degli Incas fiorenti in Messico e in Perù. Ciò avvenne per opera dei conquistadores, avventurieri senza scrupoli e bramosi di oro e di dominio, che si consideravano padroni assoluti delle terre conquistate e riducevano gli indigeni in servitù imponendo il lavoro obbligatorio. Gli Inglesi, navigando, avevano toccato la costa atlantica degli odierni USA  spingendosi più a sud sino alle Antille. Il colonialismo inglese in America Settentrionale ben presto diede vita a un'intensa opera di popolamento, riversando nelle nuove terre massicce ondate migratorie di gente allontanata dalla madrepatria per povertà o per ragioni religiose.

In questa prima fase, il colonialismo dei vari Paesi europei presenta ovunque significativi caratteri comuni. Le colonie erano sfruttate per la produzione di quelle derrate (caffè, tè, cacao, cotone, tabacco, zucchero, ecc.) di cui le metropoli avevano crescente bisogno. In secondo luogo, tali produzioni erano basate sulla monocoltura praticata in grandi aziende latifondiste che sopperivano alla scarsità di manodopera locale importando schiavi dall'Africa e alimentando così la piaga storica della tratta dei neri. Da ultimo, le condizioni di duro monopolio commerciale praticato dalle compagnie colonialiste generò malcontento e insofferenza nei coloni che si ribellarono invocando piena indipendenza. Sorsero così gli USA (1776), mentre poco più tardi anche le colonie americane della Spagna (1810-24) e il Brasile (1822) si emanciparono.


COLONIALISMO MODERNO

Gli ultimi decenni del secolo vedono la capacità espansiva del colonialismo contemporaneo. Allora, sull'onda del tumultuoso sviluppo del capitalismo e dell'industrializzazione, i Paesi europei puntarono alla ricerca spasmodica di materie prime e di mercati di sbocco per i propri prodotti finiti. È questa l'età dell'imperialismo, durante la quale gran parte dell'area asiatica e l'intero continente africano furono spartiti fra le tradizionali potenze colonialiste europee e alcuni Stati di recente formazione (Belgio, Italia, impero germanico) e anche extra-europei (USA e Giappone). È ovvio che un'espansione di tale ampiezza e rapidità non poteva avvenire senza forti rivalità, talvolta esplose in scontri armati, così si idearono forme nuove di colonialismo più duttili e articolate, con accordi tra le varie compagnie europee. Nello stesso periodo, gli Stati colonialisti si valsero dell'opera di missionari, esploratori e società geografiche per realizzare i loro piani di penetrazione nel continente nero.

Alla vigilia della prima guerra mondiale l'Africa era ormai lottizzata per intero. L'Inghilterra possedeva tra l'altro le colonie di Nigeria, Sudafrica, Kenya, Somalia e occupava militarmente l'Egitto.

La Francia si era impadronita dell'Algeria, della Tunisia, metà del Marocco, il Senegal, la Guinea, il Ciad, il Madagascar.

Il Portogallo aveva conservato la Guinea e le isole atlantiche.

La Spagna si era garantita il protettorato sull'altra metà del Marocco.

Il Belgio sfruttava le immense ricchezze del Congo.

La Germania si era impadronita del Camerun, dell'Africa del Sudovest e del Tanganica.

L'Italia si era espansa in Eritrea e in Somalia; aveva anche occupato la Libia, ma era stata duramente sconfitta nel tentativo di conquistare l'Abissinia.

Alla fine della prima guerra mondiale la sconfitta degli imperi ottomano e tedesco portò a un'ulteriore spartizione del bottino coloniale da parte della Società delle Nazioni fra i vincitori.


LA DECOLONIZZAZIONE

I tempi comunque erano ormai mutati e in molti Paesi colonizzati cominciarono a manifestarsi forti sentimenti di coscienza nazionale reclamanti l'indipendenza. L'Inghilterra cercò di adeguarsi al nuovo corso della storia: concesse l'indipendenza all'Egitto e abbandonò le forme classiche di colonialismo riconoscendo alle sue colonie più evolute lo statuto di dominion membro del Commonwealth Britannico delle Nazioni.

A determinare, comunque, il definitivo superamento del colonialismo fu lo scoppio della seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto l'Europa stremata non fu più in grado di contenere o reprimere le aspirazioni indipendentistiche delle popolazioni dominate. D'altra parte, il processo di decolonizzazione, non sempre pacifico, più spesso contrastato e sanguinoso ha trovato un alimento ideale nell'ONU, che nella sua Carta costitutiva ha definito "sacro" il compito di promuovere il progressivo avviamento all'indipendenza dei territori non liberi.

Con lo sviluppo vorticoso della decolonizzazione negli anni Sessanta oggi il fenomeno storico del colonialismo può affermarsi virtualmente concluso. Ma nei tempi attuali una forma più subdola di colonialismo si è venuta sviluppando: il neocolonialismo.

Le ex colonie, infatti, si sono formalmente emancipate, raggiungendo l'indipendenza, ma restano ancora esposte alle pesanti forme di sfruttamento economico e persino di condizionamento politico che alcuni potenti gruppi industriali e finanziari (operanti a livello internazionale) riescono a esercitare sui loro sistemi economici, più arretrati e deboli.

Queste grandi holdings internazionali tendono a conservare il loro potere economico monopolistico a danno degli Stati di recente indipendenza, praticando un rigido controllo dei prezzi (fissandoli molto bassi per le materie prime prodotte dalle ex colonie e molto alti per i prodotti finiti industriali). Inoltre cercano di condizionare le forze politiche interne appoggiando oligarchie locali o addirittura organizzando colpi di Stato, guerre civili e secessioni, al fine di avere a disposizione governi malleabili e arrendevoli.

In tale modo, i principi di libertà e autodeterminazione dei popoli, pur formalmente e solennemente difesi, rimangono ancora lontani dalla loro completa realizzazione pratica.




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