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LA SATIRA - SATIRA POLITICA

letteratura latina



LA SATIRA


Il termine satira deriva dall'espressione satura lanx (ke rappresenta un piatto ricolmo di primizie miste, offerto agli dei all'inizio della primavera). Si tratta infatti di un rappresentazione teatrale nata dalla contaminazione di diverse manifestazioni: recitazione, danza, canto e ballo. Anche se erano presenti precedenti esempi di satira nella letteratura greca, essa trovò il suo terreno più propizio presso i romani. Secondo lo storico Tito Livio, l'origine della satira risale al 364 a.C. durante i ludi scaenici.

Ennio può essere considerato il padre della satira, anche se la sua non si trattava di satira vera e propria, ma più che altro di una mescolanza di sogge 656c27g tti e forme letterarie diverse: favole, apologhi, elogi.... Le Saturae (una raccolta di 4 o 6 libri, con metro e argomenti vari), rappresenta il modello del genere letterario satira.

Come specifico genere letterario, la satira nacque in ambito latino grazie al poeta Lucilio (II sec. a.C. età dei Gracchi), il quale, introdusse l'uso dell'esametro, e ne fece un genere personale, cioè diretta non contro il vizio in astratto, ma contro persone concrete. Nella sua scia si collocarono Orazio, che ai toni aggressivi e agli attacchi diretti preferiva toni più pacati e sorridenti e uno stile colloquiale ma sempre raffinato, questi, infatti, nega a Lucilio gusto poetico e lo paragona ad un fiume fangoso, a causa della trascuratezza della forma. Tra la fine del I e l'inizio del II secolo d.C. operò Giovenale, l'ultimo grande rappresentante della satira latina, che nelle sue sedici Satire attaccò ferocemente l'ipocrisia e la corruzione morale; particolarmente famosa la sesta, in cui la sua aggressività prese di mira le donne, considerate viziose e immorali.




SATIRA POLITICA

Lucilio, Caio (Sessa Aurunca 180 a.C. ca. - Napoli 102 a.C.), poeta latino, da molti considerato l'iniziatore del genere satirico. I suoi trenta libri di componimenti satirici, dei quali ci sono pervenuti circa 1300 versi, contenevano commenti beffardi e amari nei confronti della società romana del tempo. Lucilio si scaglia contro ogni forma di vizio e di corruzione politica e morale, ma è allo stesso tempo leale nei confronti di chi è onesto e virtuoso. In molti però l'accusarono d'incoerenza, infatti, attaccava i ricchi, ma lui stesso era ricco.

L'uso dell'aneddoto, dell'autobiografia, del dialogo e della favola era già presente nelle satire di Ennio, ma Lucilio conferì al genere un carattere nuovo: l'accento polemico, il sarcasmo aspro e pungente, il tono aggressivo e l'attacco palese a personaggi viventi, scelti spesso tra gli avversari politici dell'amico Scipione. La sua libertà impressionò molto i lettori delle età seguenti: probabilmente lo stesso Orazio dovette a Lucilio assai più di quanto oggi possiamo ricostruire.

Nelle sue Saturae, Lucilio include contenuti e temi vari, ma la sua satira è prevalentemente politica, sviluppata però in maniera originale. Essa è infatti aggressiva, ma soprattutto personale perché inserisce nella sua poesia l'autobiografismo e la soggettività. Inoltre non è al servizio di nessun potente o fazione. Accusa chiunque, sia che sia plebeo sia che sia nobile.

Tra gli altri temi troviamo anche:

-la polemica letteraria con Accio, per questioni di grammatica;

-l'amore nel libro Collyra, nel quale parla dei suoi amori, rivela la sua misoginia e critica i comportamenti troppo libertini;

-il quotidiano e il privato, come nell'Iter Siculum in cui racconta un viaggio da lui fatto in Sicilia.


SATIRA DI COSTUME (con forte contenutiìo filosofico)

Orazio Flacco, Quinto (Venosa 65 - Roma 8 a.C.), poeta lirico e satirico, tra i principali esponenti della letteratura latina di età augustea.

Orazio scrisse satire, epodi, odi ed epistole. Scrisse 18 satire in due libri, dedicate a Mecenate. Esse prendono spunto dall'opera di Lucilio, hanno forma di dialoghi in esametri e partono da un intento morale, quello di colpire, con ironia quasi sempre benevola, i più comuni vizi umani, come l'ambizione, l'avidità di ricchezza, la brama di ascesa sociale e di evidenziare il suo ideale di vita; infatti Orazio è disgustato ed indignato dal mondo che lo circonda, per questo richiama gli uomini al senso della misura(aurea mediocritas). Orazio le chiama anche "sermones", cioè conversazioni, discorsi alla buona, ed infatti il linguaggio è semplice e comune (sermo cotidianus) pur mantenendo uno stile accurato, grazie al labor limae (un lavoro di lima, esatto, minuzioso, preciso, per cui ogni verso deve essere ritoccato).

La satira di Orazio a differenza di quella di Lucilio è impersonale, cioè diretta contro il vizio in genere, contro le classi e non contro individui singoli, egli voleva deridere ma non ferire (come Lucilio).

Essa ha due intonazioni:

-satirico-morale: contro avari, usurai, cacciatori di eredità, seccatori, volgari, scrocconi, sciocchi, bellimbusti...

-autobiografica: quando ricorda teneramente il padre educatore, oppurer il viaggio a Brindisi con Mecenate...

i due libri di satire presentano svariati temi: l'icontentabilità degli uomini, la critica alle passioni e all'adulterio, la tolleranza della gente piena di vizi, il viaggo con Mecenate, il padre, i difetti di Lucilio.





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