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FREUD, Il disagio della civiltà (1929)

filosofia



FREUD, Il disagio della civiltà (1929)


Civili sono per noi tutte le attività e i valori che sono utili all'uomo per piegare la terra al suo servizio, per proteggerlo dalla violenza delle forze naturali e così via. Cose che l'uomo, grazie alla scienza e alla tecnica, ha realizzato su questa terra dove apparve dapprima come una debole creatura animale. Tutto questo patrimonio egli può proclamarlo 434g67e un'acquisizione della civiltà. Da lungo tempo egli si era fatto una rappresentazione ideale della onnipotenza e dell'onniscienza, ci diede corpo nei suoi dèi. Ad essi assegnò tutto quello che pareva irraggiungibile ai suoi desideri o era proibito. Possiamo dunque dire che questi dèi erano ideali di civiltà. Oggi egli si è avvicinato molto al raggiungimento di questi ideali, è diventato egli stesso quasi un dio. Le età future riservano nuovi e forse inimmaginabili passi avanti in questo campo che appartiene alla civiltà e accresceranno ancora la somiglianza dell'uomo con Dio. Pure non dimentichiamo che l'uomo d'oggi, nella sua somiglianza con Dio, non si sente felice.

L'incivilimento è un processo al servizio dell'Eros che mira a raccogliere prima individui sporadici, poi famiglie, poi stirpi, popoli, nazioni, in una grande unità: il genere umano. Perché ciò debba accadere, non lo sappiamo; è appunto opera dell'Eros. Queste moltitudini devono esser legate una all'altra libidicamente; la sola necessità, i vantaggi del lavoro in comune non basterebbero a tenerle insieme. Ma a questo programma della civiltà si oppone la naturale pulsione aggressiva dell'uomo, l'ostilità di ciascuno contro tutti e di tutti contro ciascuno. Questa pulsione aggressiva è figlia e massima rappresentante della pulsione di Morte che, accanto a Eros, si spartisce il dominio del mondo. L'evoluzione civile appare dunque come la lotta tra Eros e Morte, come la lotta per la vita della specie umana.



Che cosa avviene nell'individuo a rendere innocuo il suo desiderio di aggressione? L'aggressività viene introiettata, interiorizzata, ossi è volta contro il proprio Io. Chiamiamo coscienza della colpa la tensione tra il rigido Super-Io e l'Io a esso soggetto; essa si manifesta come bisogno di punizione. Il senso di colpa è dunque l'espressione del conflitto tra Eros e Morte, conflitto che si accende appena gli uomini sono posti nella necessità di vivere insieme. Tale senso di colpa resta in gran parte inconscio o viene alla luce come disagio.

Nel processo evolutivo dell'uomo singolo il programma del principio del piacere, cioè trovare soddisfacimento e felicità, è costantemente assunto come meta principale, mentre l'inserirsi o adattarsi in una comunità umana pare una condizione cui a stento ci si può sottrarre e che dev'essere adempiuta lungo il cammino individuale verso la felicità. In altre parole: lo sviluppo individuale pare il prodotto dell'interferenza tra due tendenze: una "egoistica" che ambisce alla felicità e l'altre "altruistica" che ambisce all'unione con i membri della comunità. Nel processo d'incivilimento pare che la meta più importante sia foggiare un'unità di individui umani, mentre la meta della felicità sussiste ancora, ma relegata sullo sfondo. La comunità sviluppa come un Super-Io sotto il cui influsso si compie l'evoluzione civile. Il Super-Io della civiltà, al pari di quello individuale, affaccia severe esigenze ideali il cui mancato compimento viene punito con l'"angoscia morale". Le esigenze del Super-Io che riguardano le relazioni degli uomini tra loro vengono comprese sotto il nome di etica, cui si attribuisce maggior valore rispetto ai piani di vita e ai bisogni di felicità individuali.

Il problema fondamentale del destino della specie umana a me sembra questo: se, e fino a che punto, l'evoluzione civile riuscirà a padroneggiare i turbamenti della vita collettiva provocati dalla pulsione aggressiva e auto-distruttrice degli uomini. In questo aspetto proprio il tempo presente merita particolare interesse. Gli uomini adesso hanno esteso talmente il loro potere sulle forze naturali che giovandosi di esse sarebbe facile sterminarsi a vicenda, fino all'ultimo uomo. Lo sanno, donde buona parte della loro presente inquietudine, infelicità, apprensione. E ora c'è da aspettarsi che l'altra delle due "potenze celesti", l'Eros eterno, farà uno sforzo per affermarsi nella lotta con il suo avversario parimenti immortale. Ma chi può prevedere se avrà successo e quale sarà l'esito?


Riduzione e adattamento da Il disagio della civiltà, trad. di E. Sagittario, in Opere, Boringhieri, Torino 1978, vol. 10, pp. 580-582, 608-611, 618-630. 




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