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L'ANTISEMITISMO - CONCETTO E DEFINIZIONE

storia



- L'ANTISEMITISMO -


I. CONCETTO E DEFINIZIONE


Il concetto di A. può sembrare sufficientemente chiaro per rendere superflua una sua ulteriore definizione. In realtà, se in senso puramente linguistico non possono suss 242b13c istere dubbi sul significato della parola ("ostilità nei confronti degli Ebrei"), in campo storico il termine è stato applicato a fenomeni sostanzialmente diversi. Non si possono considerare in modo unitario l'A. antico e medioevale e l'A. moderno, sviluppatosi nella seconda metà del sec. XIX in relazione al sorgere del nazionalismo; e ancora a parte vanno collocate le correnti antisemite sorte nel seconde dopoguerra in alcuni paesi, come l'URSS e gli Stati arabi, legati ad Israele da relazioni di ostilità. Sarebbe più corretto parlare più che di A., di antisemitismi. Il tentativo di considerare l'A., come un fenomeno unitario, non può infatti portare che a conclusioni astoriche ed aberranti: quasi che nel carattere stesso degli Ebrei sia insito qualche fattore che ne determini la persecuzione, o che pesi su di loro come una "maledizione" o simili. Se diverse comunità in diverse regioni, epoche e circostanze socio-economiche hanno sviluppato movimenti di ostilità nei confronti di uno stesso popolo, deve essere esistito un fattore unificante. Oggi questo fattore viene individuato nella collocazione economica e sociale degli Ebrei nel corso della storia. Pur essendo ormai decaduti i motivi di reale conflitto economico, la posizione degli Ebrei come componente storicamente "non assimilata" della società si prestasse bene ad un loro utilizzo come obiettivo sviante per tensioni sociali derivate da ben altri e più complessi fattori. Si deve intendere per A. l'ostilità diretta contro gli Ebrei intesi come comunità complessiva, nelle sue connotazioni etniche di popolo o di religione.




II. L'ANTISEMITISMO FINO AL SEC. XIX


La dispersine degli Ebrei ha inizio molto prima della caduta di Gerusalemme (70 d.C.). Nel I sec. d.C. all'epoca della distruzione del Tempio, fiorenti comunità si trovavano in città come Roma e Alessandria; atteggiamenti di antipatia o disprezzo verso gli Ebrei compaiono talvolta tra le classi superiori e i ceti intellettuali. Nel IV sec. gli Ebrei vengono posti in condizioni di assoluta inferiorità giuridica, e privati di ogni diritto civile; l'A. assume in quest'epoca una delle sue componenti ideologiche fondamentali: quella religiosa. Tuttavia i secoli della decadenza dell'impero romano e dell'alto Medioevo sono per gli Ebrei un'epoca di sviluppo e prosperità. Infatti la quasi totale scomparsa dell'economia di mercato e il ripiegamento verso l'autoconsumo rendono nel feudalesimo la funzione commerciale degli israeliti di grandissima importanza. Col sec. XII in tutta Europa le attività commerciali rifioriscono, non più indispensabili alla società, la loro posizione subisce un brusco peggioramento. Allontanati progressivamente dai grandi traffici, gli Ebrei devono ripiegare sul piccolo commercio e soprattutto sull'usura; ciò porta al rapido deterioramento dei rapporti fra gli Ebrei e il popolo, che vede erroneamente in essi la causa della propria miseria (specialmente in Germania). Condannati come infedeli dal IV Concilio Lateranense del 1215, gli Ebrei vedono peggiorare la loro situazione con lo sviluppo delle attività bancarie; la loro presenza non appare più giustificata agli occhi dei regnanti, che decretano l'espulsione da molti paesi d'Europa, solo in Germania e in Italia settentrionale possono rimanere nuclei cospicui di Ebrei. Essi sono quindi costretti a lasciare l'Europa occidentale emigrando in paesi dominati ancora dal sistema feudale, dove possono riprendere le loro antiche funzioni mercantili e finanziarie raggiungendo sicurezza e prosperità. La situazione comincia a peggiorare nel sec. XVII, quando il capitalismo inizia la sua penetrazione nell'Europa orientale: l'A. riacquista nuova forza e virulenza, mentre le condizioni economiche degli Ebrei diventano sempre più precarie.


III. L'ANTISEMITISMO MODERNO


Nella seconda metà del sec. XIX gli Ebrei godono degli stessi diritti degli altri cittadini, non adempiono più ad alcuna funzione specifica ed esclusiva ma proprio la mancanza di una specifica funzione economica li rende non più assolutamente necessari alla società. L'A. moderno nasce e si sviluppa come fenomeno piccolo-borghese. In queste circostanze l'immissione sul mercato del lavoro degli Ebrei e' sentita dalla piccola borghesia come un nuovo pericoloso attacco al proprio status; si crea cosi' un terreno fertile per lo sviluppo di nuove teorie, nell'età del progresso tecnico e del positivismo. L'A. si ammanta di panni "scientifici" con le teorie del razzismo elaborate da Gobineau, Chamberlain (v. scheda), che bene si prestano ad essere utilizzate come sostegno teorico. Negli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale, l'A. ha ormai perso molta della sua importanza sulla scena politica dell'Europa occidentale; diversa è la situazione nei paesi dell'Europa orientale, ove l'A. popolare era ancora largamente diffuso e addirittura incoraggiato dal governo zarista come strumento di diversione delle masse popolari dai loro reali problemi.

Dopo il 1918 una gravissima crisi si abbatte sulla Germania. Milioni di persone non possono ancora convincersi della sconfitta: si fa strada così l'idea che il vero artefice della sconfitta sia stato il "capitalismo ebraico internazionale". In queste circostanze il partito nazionalsocialista, guidato dal 1921 da Hitler, capisce l'importanza di legare le proprie fortune all'ascesa del movimento antisemita. Hitler incoraggia i sentimenti antisemiti delle masse tedesche rivolgendosi sia ai ceti superiori sia al proletariato e alla piccola borghesia. Con la salita al potere del partito l'A. diventa norma di legge in Germania e le condizioni degli Ebrei si aggravano sempre di più, fino ad arrivare allo sterminio sistematico delle comunità ebraiche d'Europa durante la seconda guerra mondiale. Al di fuori della Germania l'A. non raggiunge in alcun paese europeo dimensioni di massa. Nella stessa Italia, l'A. acquista importanza soltanto con le leggi razziali del 1938, infatti non riesce a diffondersi fra la popolazione, che rimane del tutto estranea alle teorie razziste. Negli Stati Uniti, invece, una massiccia immigrazione crea la maggiore comunità ebraica del mondo; come reazione a tale immigrazione, si diffondono fra la popolazione sentimenti antisemiti. Pur senza raggiungere le punte di drammaticità della situazione tedesca, l'A. esercita una certa influenza sul mercato del lavoro, ove gli ebrei sono frequentemente discriminati. I periodi di maggior virulenza sono gli anni 1920-24 (quando lo stesso Ku Klux Klan include la lotta antiebraica nei suoi programmi, ed Henry Ford scatena sui suoi organi di stampa una violenta campagna antisemita) e quelli successivi alla grande crisi del 1929. Un duro colpo all'A. sarà però dato dall'accentuarsi delle persecuzioni in Germania, che sposta verso gli ebrei la simpatia di larga parte dell'opinione pubblica americana.


IV. L'ANTISEMITISMO OGGI


L'A. è oggi in Italia un fenomeno socialmente poco rilevante (vedi scheda R.Balbi): lo scarso numero degli ebrei, la loro perfetta assimilazione nella struttura economica nazionale, nonché il ricordo delle persecuzioni hitleriane, fa si che anche nelle zone ove sono più diffusi pregiudizi di tipo razzista, l'A. sia pressochè assente, e anzi gli Ebrei e lo stato d'Israele godano di una certa simpatia. Fra i paesi dell'Europa occidentale, le maggiori comunità ebraiche si trovano in Francia e in Gran Bretagna. In Unione Sovietica la tradizionale mentalità antisemita non è ancora completamente estirpata a causa delle sue profonde radici storiche. Nei paesi arabi il conflitto con Israele ha determinato il sorgere di atteggiamenti antisemiti, di tipo generalmente non razziale. La situazione di estrema tensione politica e la scarsa informazione delle masse fa si che la distinzione fra Ebrei ed Israele sia scarsamente avvertita. Nel Sud Africa, paese razzista per eccellenza la situazione degli Ebrei è abbastanza soddisfacente, malgrado le simpatie filo-tedesche di molti Afrikaners.



(Riduzione da BOBBIO-PASQUINO-MATTEUCCI, Grandi Dizionari, TEA di UTET, Milano, Aprile 1996, p. 27-33)




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