Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

NUCLEO - GENERALITÀ - nucleo atomico - STRUTTURA E CARATTERISTICHE

ricerche



NUCLEO



GENERALITÀ



DEFINIZIONE


In un ipotetico viaggio all'interno dell'atomo, dopo aver oltrepassato i gusci che ospitano gli elettroni ci si troverebbe ad attraversare una zona di spazio completamente vuoto. Dopo un tragitto relativamente lungo, ci si imbatterebbe infine nel nucleo. Il nucleo occupa infatti il centro dell'atomo e le sue dimensioni sono decine di migliaia di volte inferiori rispetto a quelle che lo separano dagli elettroni più vicini.  Il suo ruolo può essere paragonato a quello del Sole nel nostro sistema planetario: come i pianeti orbitano intorno alla nostra stella per attrazione gravitazionale, così gli elettroni, carichi di elettricità negativa, "orbitano" intorno al nucleo perché attratti dalla sua carica positiva.

All'interno del nucleo atomico si trovano due tipi di particelle: i protoni e i neutroni. Sono particelle che si assomigliano molto (tanto da venir indicate entrambe con il nome di "nucleoni") ma che presentano alcune differenze importanti. La più importante riguarda la carica elettrica: mentre il neutrone è elettricamente neutro, il protone ha una carica che vale esattamente quanto quella, di segno opposto, trasportata dall'elettrone. Il numero di protoni presenti in un nucleo è detto numero atomico ed è indicato con Z; quindi la carica elettrica nucleare è pari a Z volte la carica di un protone. Ricordiamo che normalmente gli atomi sono neutri e che questo si deve al pari numero, Z appunto, di protoni e elettroni che li compongono. Tutti gli atomi che hanno uguale Z, anche se differiscono per il numero di neutroni, danno origine allo stesso elemento chimico, hanno cioè le stesse proprietà e occupano lo stesso posto nella tavola periodica degli elementi. Per questo motivo atomi con lo stesso numero atomico Z vengono detti isotopi (stesso posto).



Nel nucleo è concentrata quasi tutta la massa dell'atomo. Infatti neutroni e protoni hanno masse molto più grandi (circa 1800 volte) di quella degli elettroni. Per valutare la massa di un nucleo è fondamentale conoscere il numero di neutroni che vi compaiono; tale numero si indica in genere con N. Se si trascura la piccolissima differenza esistente tra le masse del protone e del neutrone, si può concludere che la massa di un nucleo vale Z + N volte la massa del protone. La quantità Z + N si indica con la lettera A e si chiama numero di massa. Come termine di paragone per le masse atomiche (e nucleari) si è scelto un particolare isotopo del carbonio molto abbondante in natura: il carbonio-12. Nel suo nucleo sono presenti 6 protoni e 6 neutroni; il suo numero di massa A vale dunque 12. Come unità di misura delle masse atomiche si è scelta la dodicesima parte della massa del carbonio-12.

Non sempre però la massa di un atomo è pari a un numero intero di volte questa unità di misura; spesso è un numero decimale. La ragione di ciò risiede nell'esistenza, per uno stesso elemento chimico, di isotopi di peso diverso. Essi contribuiscono alla massa dell'elemento in modo più o meno accentuato a seconda della loro abbondanza in natura. Per esempio, il cloro naturale è costituito per il 75,4% da un isotopo che pesa circa 34 unità di massa atomica e per il 24,6% da un isotopo che pesa 37 unità di massa atomica. Il peso atomico della miscela di cloro risulta perciò pari a 35,5 unità di massa atomica.

La valutazione della massa degli atomi, e quindi dei nuclei, ha una grande importanza nella fisica nucleare. La famosa formula E = mc , scritta per la prima volta da Albert Einstein nel 1905, stabilisce che esiste una equivalenza tra massa ed energia, come se fossero due forme sotto cui si presenta la stessa entità fisica. L'interpretazione della formula è semplice: essa permette di calcolare a quanta energia (E) corrisponde una certa massa (m); basta moltiplicare la massa per la velocità della luce (c) elevata al quadrato. In alcuni processi nucleari (fissione nucleare, fusione) frazioni, anche molto piccole, della massa del nucleo si trasformano in energia. Se allora si conosce con precisione la massa di un nucleo atomico e dei suoi costituenti, usando la formula di Einstein si può valutare l'energia che esso emette nel corso di reazioni nucleari come quelle che avvengono nelle stelle, nei reattori nucleari o nelle micidiali bombe atomiche.



SCOPERTA


La fisica nucleare è nata con la scoperta della radioattività. Nel 1896 Henri Becquerel notò che una lastra fotografica si anneriva se posta nelle vicinanze di un minerale contenente composti dell'uranio. Questi composti dovevano emettere perciò radiazioni capaci di rilasciare energia all'interno delle lastre impressionandole. Nel 1899 Pierre Curie e sua moglie Marie Curie riuscirono a estrarre dal misterioso minerale la sostanza radioattiva responsabile dello strano fenomeno, che fu battezzata radio. Un anno dopo Ernest Ruth 525f54f erford classificò le radiazioni emesse dalle sostanze radioattive in tre gruppi: radiazioni a, b e g. Rutherford osservò inoltre che gli atomi che emettono radiazioni si trasformano in atomi diversi, cioè dotati di proprietà chimiche diverse da quelle caratteristiche degli atomi di partenza. Molti esperimenti furono svolti negli anni successivi allo scopo di individuare la composizione dei tre tipi di radiazione. I loro risultati hanno portato a concludere che la radiazione a è costituita da nuclei di elio (due protoni e due neutroni), la radiazione b da elettroni (o dalle loro antiparticelle, i positroni) mentre la radiazione g è una radiazione elettromagnetica (e quindi composta da fotoni) particolarmente energetica.

Nel 1911 Rutherford concepì il modello di atomo che porta il suo nome: un "nucleo" contenente la maggior parte della massa dell'atomo, carico di elettricità positiva e avente un raggio molto più piccolo di quello atomico; attorno al nucleo un certo numero di elettroni su orbite circolari. Due anni dopo Niels Bohr presentò la sua teoria sulla struttura dell'atomo. Essa completava il modello di Rutherford e, soprattutto, spiegava i processi di emissione e di assorbimento di fotoni da parte degli atomi di idrogeno. Questo risultato stimolò gli studi di fisica atomica e  condusse, intorno al 1920, alla formulazione della meccanica quantistica da parte di Louis de Broglie, Werner Heisenberg, Erwin Schrödinger, Paul Dirac, Wolfgang Pauli e altri. La nuova teoria, sperimentata con successo nella descrizione dell'atomo, fu ben presto applicata allo studio dei nuclei atomici. Si compresero così le leggi, stabilite nei primi decenni del XX secolo, relative ai decadimenti nucleari accompagnati dall'emissione di particelle a e b

La struttura del nucleo divenne più chiara quando, nel 1932, James Chadwick scoprì il neutrone, una particella avente circa la stessa massa del protone ma con carica elettrica nulla. Si arrivò così all'ipotesi di Heisenberg che i nuclei atomici consistessero di protoni e di neutroni. Furono invece escluse altre spiegazioni alternative, come quella secondo la quale i nuclei erano composti da protoni e elettroni.

La conoscenza delle proprietà nucleari progredì notevolmente grazie a esperimenti nel corso dei quali i nuclei venivano bombardati con particelle leggere (protoni, elettroni, particelle a, ...). Grande importanza assunse anche lo studio della trasmutazione artificiale di una specie chimica in un'altra.

In questa fase della ricerca iniziò anche lo studio delle forze nucleari, quelle che tengono insieme protoni e neutroni. Si comprese subito che le forze nucleari sono molto più forti di quelle elettromagnetiche e gravitazionali e che agiscono solo su distanze molto corte, comparabili con il raggio del nucleo. Nel 1939 Hideki Yukawa, seguendo un suggerimento di Heisenberg, ipotizzò che le forze che si esercitano tra i costituenti del nucleo fossero dovute a particelle pesanti (300 volte più degli elettroni). Queste particelle, chiamate mesoni p, furono effettivamente scoperte nella radiazione cosmica nel 1946.



SVILUPPO DELLE TEORIE


Ipotesi protone-elettrone


Il fatto che alcuni nuclei atomici radioattivi emettano raggi a e b, entrambi di natura corpuscolare, suggerisce l'idea che essi siano costituiti da particelle. Nel 1816 Prout aveva notato che tutti gli atomi allora conosciuti avevano un peso approssimativamente uguale a un numero intero di volte il peso atomico dell'idrogeno. Questo fatto suggerì l'ipotesi che tutti i nuclei fossero aggregati di nuclei di idrogeno. Ipotesi che venne scartata quando ci si accorse che esistevano pesi atomici frazionari, come quello del cloro (35,48) e del boro (10,81).

All'inizio del XX secolo si riprese in considerazione l'idea che i nuclei contenessero costituenti più piccoli. Si capì che esistono atomi con le stesse proprietà chimiche ma di massa diversa. Questi atomi, che appartengono alla stessa specie chimica e si trovano quindi nella stessa casella della tavola periodica di Mendeleev, sono detti isotopi. In realtà la maggior parte degli elementi chimici esistenti in natura è costituita da miscele di isotopi. Si spiegò così la presenza di pesi atomici frazionari.

Intorno al 1920 fu possibile accertare che non esisteva alcun componente nucleare di carica positiva che fosse più leggero del nucleo dell'idrogeno. Si arrivò allora alla conclusione che il costituente fondamentale dei nuclei atomici fosse il nucleo dell'idrogeno, che fu detto "protone" (dalla parola greca proton che significa "primo").

Per giustificare la neutralità elettrica degli atomi si suppose che in un atomo dotato di Z protoni dovessero esserci anche Z elettroni. La sola presenza degli Z protoni nel nucleo non era sufficiente però a dare ragione del peso del nucleo stesso. Questo infatti pesa in genere più di quanto pesano Z protoni. Si pensò allora che nel nucleo ci fossero tanti protoni da raggiungere il peso esatto e, inoltre, un certo numero di elettroni il cui compito era quello di neutralizzare la carica dei protoni eccedenti il valore Z. Questa ipotesi, oltre alla struttura del nucleo, spiegava molto bene anche l'emissione di elettroni da parte del nucleo (il decadimento beta scoperto da Enrico Fermi).

Il fallimento della ipotesi protone-elettrone fu dovuto alla scoperta di una proprietà del nucleo fino ad allora sconosciuta, lo spin. Lo spin è una caratteristica intrinseca delle particelle. Per una comprensione intuitiva si può far ricorso all'immagine dell'elettrone quale sferetta carica in rotazione su se stessa. La rotazione (spin) della carica elettrica genera un momento magnetico. Anche il nucleo, come l'elettrone, è dotato di spin. Ma il nucleo non è una particella elementare; è un aggregato di particelle e quindi il suo spin risulta essere la somma degli spin e dei momenti angolari orbitali dei suoi costituenti. Ebbene se davvero i nuclei fossero fatti di protoni e di elettroni i loro spin dovrebbero essere ben diversi da quelli che si misurano. Contro l'esistenza di elettroni nel nucleo intervengono anche considerazioni di meccanica quantistica relativistica che si ispirano al principio di indeterminazione di Heisenberg. Si può dimostrare infatti, in base a tale principio, che è impossibile costringere un elettrone a rimanere in una regione di spazio grande quanto il nucleo di un atomo.



Ipotesi neutrone-protone


Nel 1920 Rutherford suggerì che, all'interno del nucleo, un protone potesse fondersi con un elettrone in modo da formare un'unica particella neutra che egli chiamò neutrone. Questa idea forniva una soluzione al problema rappresentato dalla presenza di elettroni nel nucleo. Tuttavia fu subito chiaro che il neutrone non poteva essere considerato il prodotto dell'aggregazione di un protone e di un elettrone. Nel 1930, Walter Bothe e Becker osservarono che un campione di berillio o boro, se bombardato con particelle a, emette una radiazione elettricamente neutra e capace di penetrare attraverso grandi spessori di materia. Si pensò che la radiazione fosse costituita da fotoni particolarmente energetici (raggi g). Questa spiegazione però era incompatibile con altri risultati sperimentali. Chadwick suppose allora che la radiazione emessa dal boro e dal berillio fosse composta da particelle neutre mai osservate in precedenza, i neutroni. Studiando gli urti tra i proiettili (le particelle alfa) e i bersagli (gli atomi del materiale), Chadwick dedusse anche che le nuove particelle dovevano avere massa quasi uguale a quella del protone.

In seguito alla scoperta dei neutroni, Heisenberg (nel 1932) ipotizzò che il nucleo fosse costituito da Z protoni e da N neutroni. Un'ipotesi, quella di Heisenberg, confermata da numerosi esperimenti. Anche se rimangono tuttora da sviluppare alcuni aspetti della teoria, le tecniche sperimentali sono così raffinate da aver fornito una grande quantità di informazioni sulla struttura dei nuclei.



STRUTTURA E CARATTERISTICHE



DIMENSIONI


Il nucleo atomico si può immaginare come una sferetta carica di elettricità positiva il cui raggio vale circa un decimillesimo di miliardesimo di centimetro (10 cm). Non è facile però immaginare come possano coesistere in uno spazio così piccolo Z protoni e N neutroni. Tuttavia molti esperimenti, condotti dall'inizio del XX secolo, hanno fatto luce sulla struttura interna dei nuclei. In particolare si è compreso come sia distribuita nel nucleo la carica elettrica associata ai protoni.

Le informazioni di cui si dispone sulle dimensioni nucleari si devono al bombardamento di nuclei per mezzo di elettroni di alta energia. Studiando il comportamento dei proiettili in seguito all'urto contro un nucleo, i fisici hanno ricostruito la distribuzione della carica elettrica nei nuclei. Ci sono ottime ragioni per ritenere che il volume che contiene la carica elettrica coincida effettivamente con quello occupato dal nucleo. I risultati di questi esperimenti hanno mostrato che la densità elettrica è costante dal centro del nucleo fino a un certo valore del raggio; poi comincia a decrescere fino ad annullarsi. Il punto in cui si annulla può essere considerato il limite esterno del nucleo. Tuttavia la nozione di raggio nucleare non è precisa poiché la densità di carica elettrica non si annulla bruscamente a una certa distanza dal nucleo ma tende a zero con gradualità.

Il modo in cui la densità di carica elettrica decresce all'aumentare della distanza dal centro è quasi lo stesso per i nuclei di tutti gli elementi chimici. Quello che appare evidente è la crescita dello spazio occupato dalla carica elettrica per quei nuclei che sono composti da un numero crescente di protoni e neutroni. Risulta infatti che il volume di un nucleo (definito come lo spazio occupato dalla distribuzione di carica elettrica) è proporzionale al numero di massa A. Il nucleo dell'elio, che ha numero di massa A = 4 poiché contiene due protoni e due neutroni, occupa un volume quadruplo rispetto al nucleo dell'idrogeno (A = 1); il litio (A = 7) un volume sette volte più grande e così via. Va anche detto che per alcuni nuclei la distribuzione di carica assume una forma più vicina a quella di un ellissoide che a quella di una sfera.

Assumendo comunque per il nucleo una forma sferica, è molto facile calcolare la densità di materia che lo caratterizza. Basta dividere la massa del nucleo per il suo volume. Poiché queste due grandezze sono entrambe proporzionali al numero di massa A, il risultato del rapporto non dipende da A, ovvero dal particolare nucleo preso in considerazione: quindi la densità di materia è la stessa per tutti i nuclei atomici. Inoltre essa ha un valore che stupisce per la sua grandezza. Infatti se un oggetto comune fosse denso come un nucleo, ogni suo cubetto avente i lati di un centimetro peserebbe 200 miliardi di kg.



NUCLEONI


Protoni e neutroni, i costituenti del nucleo, sono particelle molto simili. Se infatti si esclude la pur importante differenza relativa alla carica elettrica, essi hanno caratteristiche così somiglianti da indurre a pensare che si abbia a che fare con un solo tipo di particella. Ecco perché ha senso parlare di nucleoni, senza distinguere ulteriormente tra protoni e neutroni. Questa scelta è ulteriormente giustificata dalla meccanica quantistica: in questo ambito infatti si introducono delle grandezze, i numeri quantici, i cui diversi valori corrispondono a diversi stati della particella a cui si riferiscono. Così, per esempio, a ogni nucleone è stato associato il numero quantico di "spin isotopico". Esso può assumere due valori: uno corrispondente allo "stato" protone, l'altro corrispondente allo "stato" neutrone. A seconda del valore dello spin isotopico, il nucleone si comporta come un protone, dotato di carica elettrica, oppure come un neutrone privo di carica. Protone e neutrone vanno considerati cioè i due possibili "stati" di una stessa particella, il nucleone.

Anche il nucleo nel suo complesso è dotato di uno spin isotopico. Naturalmente esso tiene conto degli spin isotopici di tutti gli A nucleoni che lo compongono: questo significa che, per esempio, i nuclei del trizio (l'isotopo dell'idrogeno con due neutroni e un protone) e dell'elio-3 (l'isotopo dell'elio contenente due protoni e un neutrone) si possono pensare come due nuclei uguali aventi però valori diversi dello spin isotopico.

La somiglianza tra protoni e neutroni è particolarmente accentuata se ci si limita a considerare le forze nucleari, quelle cioè che si esercitano tra i componenti del nucleo. Risulta infatti che tali forze non dipendono dalla carica elettrica dei nucleoni coinvolti nell'interazione; vale a dire che la forza che si esercita tra un protone e un neutrone è esattamente la stessa di quella che si esercita tra due protoni o due neutroni.

Le forze nucleari sono essenziali per la stabilità del nucleo. Basta pensare al fatto che in una piccolissima porzione di spazio coesistono due o più protoni, particelle dotate di carica positiva. Se non esistesse la forza nucleare forte, la repulsione elettrostatica allontanerebbe i protoni l'uno dall'altro rendendo impossibile l'esistenza dei nuclei. Questo fa capire come mai sia necessaria la presenza dei neutroni: essi, oltre a esserne soggetti, esercitano sulle altre particelle del nucleo una interazione forte, contribuendo a frenare la tendenza dei protoni ad allontanarsi l'uno dall'altro. Ecco perché il numero di neutroni N cresce all'aumentare del numero di protoni Z. Nei nuclei leggeri, quelli con pochi protoni, Z e N coincidono. Quando invece Z cresce la repulsione elettrostatica tra i protoni diventa così intensa che, affinché esistano nuclei stabili, è necessario un elevato numero di neutroni in grado di esercitare una interazione forte sufficiente. Per esempio, mentre l'isotopo del carbonio più abbondante in natura ha un numero uguale di protoni e neutroni (Z = N = 12), il ferro ha 26 protoni e 30 neutroni. La differenza cresce man mano che si scorre la tavola periodica (sistema periodico degli elementi): l'isotopo più abbondante del piombo (Z = 82) ha ben 116 neutroni.



ENERGIA DI LEGAME E DIFETTO DI MASSA


Se si potesse mettere sul piatto di una bilancia un nucleo atomico e successivamente i suoi componenti separati, ci si troverebbe di fronte a un fatto sorprendente: la massa del nucleo è leggermente inferiore alla somma delle masse dei protoni e dei neutroni che lo costituiscono; si ha cioè un difetto di massa. Questa è una delle conseguenze della relazione di equivalenza tra massa ed energia intuita da Einstein.

Quando due o più nucleoni si uniscono a formare un nucleo, parte della loro massa viene convertita in energia di legame. Questo fenomeno si presenta in tutti i sistemi fisici in cui più componenti sono legati tra loro da forze di natura qualsiasi. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la frazione di massa sottratta ai componenti del sistema per essere convertita in energia è così piccola da poter essere trascurata. Per esempio nel sistema Terra-Sole solo una parte su diecimila miliardi della massa è stata "sacrificata"; in un cristallo, gli atomi hanno dovuto rinunciare a un centomiliardesimo della loro massa per potersi legare; in un atomo di idrogeno invece si è trasformata in energia un decimilionesimo della massa complessiva dell'elettrone e del protone. Se però si considera un nucleo atomico, ci si accorge che l'effetto è assolutamente non trascurabile: un centesimo della massa dei nucleoni si converte in energia di legame. Il confronto con i casi citati in precedenza, in cui intervengono l'interazione gravitazionale e l'interazione elettromagnetica, chiarisce perché la forza che tiene insieme i nucleoni sia stata denominata interazione "forte".

L'energia di legame è quella che si deve fornire a un nucleo per riuscire a separare uno dall'altro gli Z protoni e gli N neutroni che lo compongono. E' allora evidente che un nucleo caratterizzato da una grande energia di legame risulta particolarmente stabile. La stabilità spiega anche l'abbondanza in natura di certi isotopi: essi sono privilegiati rispetto agli altri isotopi dello stesso elemento perché hanno un'energia di legame maggiore. Lo studio sperimentale delle energie di legame ha evidenziato alcune situazioni importanti: per esempio risulta che tra i nuclei con numero di massa A pari, quelli con Z e N dispari sono molto meno stabili (cioè hanno una energia di legame inferiore) di quelli aventi Z e N pari. E' stata questa osservazione a suggerire che le forze nucleari sono forze che si esercitano tra coppie di corpi.



MODELLI NUCLEARI


Esistono numerosi modelli che tentano di descrivere il nucleo atomico. La loro proliferazione è dovuta alle difficoltà che si incontrano nel risolvere in modo matematicamente esatto il sistema nucleare. Il nucleo, oltre a essere in genere costituito da più nucleoni, non è un sistema fisico classico ma obbedisce alle leggi della meccanica quantistica. A rigore, si dovrebbe scrivere l'equazione di Schrödinger per il sistema di nucleoni e risolverla. D'altra parte, il numero di protoni e neutroni presenti nei nuclei non è neppure così elevato da giustificare l'uso di metodi statistici, che invece si applicano con successo a sistemi costituiti da molti elementi (i gas, per esempio).

Inoltre, contrariamente a quanto avviene per l'atomo, nel caso del nucleo non si conoscono i dettagli delle interazioni che intervengono (le interazioni forti), né si dispone di mezzi matematici adatti alla descrizione completa del sistema. Per questi motivi si preferisce concepire modelli che si avvicinino quanto più possibile alla realtà così come essa appare dai dati sperimentali disponibili. Un approccio che può apparire poco rigoroso ma che invece fornisce ottime interpretazioni dei fenomeni osservati.

I modelli nucleari si dividono in due categorie; la distinzione è relativa al tipo di moto che si ipotizza per i nucleoni. La prima categoria di modelli si basa sull'assunzione che i nucleoni si muovano in virtù delle reciproche interazioni che esercitano uno sull'altro. I modelli del secondo gruppo partono invece dal presupposto che ogni nucleone si muova in modo del tutto indipendente da quelli che lo circondano.



Modello a goccia


Il modello a goccia trae giustificazione dall'analogia esistente tra alcuni fenomeni nucleari e i comportamenti di una goccia di liquido: per esempio la densità costante; anche le gocce hanno una densità che non dipende dalle loro dimensioni. Altre analogie sono l'esistenza di un raggio ben definito, la somiglianza tra il moto dei nucleoni e quello delle molecole di un liquido, infine la presenza, in entrambi i casi, della tensione superficiale. In una goccia di liquido le molecole che si trovano sulla superficie sono legate alla goccia un po' meno di quelle che si trovano al suo interno; infatti le molecole di superficie non sono completamente circondate da altre molecole. Allo stesso modo i nucleoni che si trovano sulla superficie del nucleo sono molto meno legati degli altri.

La descrizione del nucleo attraverso il modello a goccia ignora i singoli nucleoni; protoni e neutroni sono trattati semplicemente come costituenti della "materia nucleare".

Questo modello descrive con precisione il fenomeno della fissione nucleare (come una goccia d'acqua, anche il nucleo può assorbire altra materia che lo mette in vibrazione e che lo fa scindere in due o più "goccioline"); non permette però di comprendere la particolare stabilità dei nuclei contenenti certe quantità (numeri magici) di neutroni e protoni e gli stati energetici che prevede sono solo alcuni di quelli che si osservano effettivamente.



Modello a particelle indipendenti


Quello a particelle indipendenti è un modello appartenente alla seconda categoria, in quanto prevede che il moto del singolo nucleone non sia strettamente correlato con quello degli altri che costituiscono il nucleo. Il moto del nucleone risente tuttavia dell'effetto medio degli altri nucleoni. Questa schematizzazione assomiglia a quella che si usa per descrivere il moto degli elettroni in un atomo: anziché soffermarsi sulle singole interazioni cui è soggetto l'elettrone, ci si sofferma sull'effetto medio dovuto ai protoni del nucleo e agli altri elettroni che lo circondano. Come nel caso dell'atomo, anche per il nucleo questo approccio conduce alla individuazione di orbitali (o stati) di energia diversa in cui possono trovarsi i nucleoni.

Nel modello a particelle indipendenti i nucleoni si muovono all'interno del nucleo quasi liberamente; questo è reso possibile dal principio di esclusione di Pauli, il quale vieta che particelle come neutroni e protoni possano accedere a stati energetici già occupati. Se all'interno del nucleo avvenissero urti tra nucleoni essi finirebbero per cambiare stato, contrariamente a quanto imposto dal principio di esclusione di Pauli.

Il modello a particelle indipendenti dà ragione delle periodicità che si manifestano nella fisica dei nuclei; per esempio, lo studio degli stati di energia previsti dal modello spiega come mai siano privilegiati i nuclei contenenti 2, 8, 20, 28, 50, 82, o 126 (numeri magici) nucleoni. Quando sono in tal numero, i nucleoni si distribuiscono tra gli stati disponibili in configurazioni particolarmente vantaggiose dal punto di vista energetico. L'energia di legame assume valori molto grandi originando configurazioni nucleari più stabili di altre, in analogia con il caso dei gas nobili della fisica atomica (i cui elettroni sono disposti in modo da rendere gli elementi poco reattivi).



Modello unificato


Poiché il modello a goccia e il modello a particelle indipendenti descrivono entrambi alcuni dei fenomeni nucleari osservati, è naturale tentare di comporli in un modello unificato che, pur essendo più complesso, abbia maggiori capacità descrittive e predittive. Nel modello unificato, il nucleo è ancora schematizzato come una goccia, ma non è più di forma sferica in quanto il moto, approssimativamente indipendente, dei nucleoni tende ad allungarlo. L'idea di fondo di questo modello è quella di conciliare l'indipendenza del moto del singolo nucleone con i moti di natura collettiva che pure caratterizzano i nuclei. L'equazione che esprime questo tentativo di sintesi tratta perciò alla stessa maniera il moto dei singoli nucleoni e quello del nucleo nel suo complesso; le previsioni effettuate tramite questa equazione sono in ottimo accordo con i dati sperimentali.



TRASFORMAZIONI DEL NUCLEO



STABILITÀ E INSTABILITÀ NUCLEARE


Quando un nucleo è stabile lo si considera nello stato fondamentale. Come si è detto, la stabilità dipende dal valore particolarmente alto dell'energia di legame e dunque corrisponde alla difficoltà di estrarre dal nucleo qualcuno dei suoi costituenti. Se invece la configurazione del nucleo viene alterata attraverso un cambiamento di energia indotto dall'esterno, per esempio bombardandolo con particelle, il nucleo stesso viene a trovarsi in uno stato "eccitato". Le proprietà nucleari vengono in genere riferite alla situazione di stato fondamentale, ma lo studio degli stati eccitati risulta molto utile ai fini della comprensione della struttura interna dei nuclei.

Risultati molto interessanti sono stati ricavati dall'esame degli stati dei cosiddetti nuclei speculari, quei nuclei cioè con uguale numero di massa A, ma tali che il numero di protoni Z dell'uno sia uguale al numero di neutroni N dell'altro e viceversa. Dopo aver sottratto il contributo elettrostatico, questo esame dimostra una sostanziale identità, come se neutroni e protoni fossero interscambiabili: ciò è prova assai importante del fatto che le forze nucleari sono simmetriche rispetto alla sostituzione di neutroni con protoni. In sostanza, i nuclei con lo stesso A si comportano allo stesso modo per quel che concerne la loro struttura puramente nucleare, mentre differiscono per la struttura elettromagnetica.

Le osservazioni effettuate hanno anche permesso di trarre conclusioni importanti sul legame esistente tra il numero di nucleoni presenti in un nucleo e la sua stabilità. Per piccoli valori di Z e di N le configurazioni nucleari stabili corrispondono a un numero uguale di protoni e di neutroni (Z = N); al crescere di Z il numero di neutroni necessari a garantire la stabilità aumenta, superando di gran lunga il numero di protoni presenti nello stesso atomo. L'andamento appena descritto è reso molto bene dalla cosiddetta curva di stabilità, che si ottiene riportando tutti i nuclei stabili esistenti in natura su un piano cartesiano i cui assi rappresentano il numero di protoni Z e il numero di neutroni N. Più un nucleo è lontano dalla curva, vale a dire più la coppia Z-N si discosta dai valori ottimali, maggiore è l'instabilità che lo contraddistingue.

Il rapporto tra numero di protoni e numero di neutroni che si trovano in un nucleo non è dunque casuale. Se infatti volessimo costruire nuclei atomici aggregando a caso un certo numero di nucleoni, la maggior parte delle combinazioni risulterebbe instabile e darebbe origine alle reazioni di decadimento che sono descritte nel seguito.



TRASMUTAZIONE DEGLI ELEMENTI


Molti nuclei sono instabili. La loro energia di legame non è sufficiente a tenere insieme i nucleoni che li costituiscono. Insorgono allora processi spontanei di trasmutazione nel corso dei quali i nuclei instabili si trasformano in nuclei più stabili. Questi processi vengono anche chiamati decadimenti radioattivi perché sono accompagnati dall'emissione di radiazioni di diversa natura: raggi gamma (fotoni molto energetici), particelle alfa (due neutroni e due protoni) e particelle beta (elettroni o positroni).



L'emissione di raggi gamma


L'emissione di raggi gamma avviene in quasi tutti i nuclei instabili e di solito corrisponde all'eliminazione di energia in eccesso: un nucleone può trovarsi per esempio in uno stato di alta energia mentre è libero uno stato di energia più bassa; il nucleone passa nello stato inferiore e contemporaneamente la differenza di energia viene rilasciata sotto forma di fotone gamma (è evidente la forte analogia col processo di emissione spontanea che si verifica negli atomi).



Il decadimento beta


Il decadimento beta è uno dei fenomeni più importanti nella fisica nucleare: corrisponde alla trasformazione di un neutrone in un protone oppure, e in tal caso si parla di decadimento beta inverso, alla trasformazione di un protone in un neutrone. Quando un neutrone si trasforma in un protone, il decadimento è accompagnato dalla emissione di un elettrone e di un antineutrino (l'antiparticella del neutrino); la presenza dell'elettrone garantisce che la carica elettrica del sistema rimanga inalterata prima e dopo il processo. Quando invece si ha la trasformazione di un protone in un neutrone, vengono emessi un neutrino e un positrone (un elettrone di carica positiva).

Il decadimento beta all'interno di un nucleo atomico si verifica quando il nucleo stesso presenta un eccesso di neutroni o di protoni, eccesso che deve essere eliminato.

In precedenza si è fatto notare come il numero di protoni e neutroni sia essenziale per determinare la stabilità di una certa configurazione nucleare. Le configurazioni privilegiate sono quelle che, nel diagramma Z-N si dispongono lungo la curva di stabilità. Se un nucleo si trova al di sopra di tale curva significa che al suo interno c'è un eccesso di neutroni. Si innesca allora un decadimento beta: uno dei neutroni del nucleo diviene un protone e contemporaneamente avviene l'emissione di un elettrone e di un neutrino. Così, il nucleo ha un protone in più e un neutrone in meno rispetto al nucleo di partenza. Il trovarsi al di sotto della curva di stabilità indica invece che il nucleo contiene un eccesso di protoni. Il decadimento beta inverso provvede alla loro "eliminazione": essi vengono trasformati in neutroni mentre vengono emessi positroni e neutrini.

Dunque, quando avviene all'interno di un nucleo, il decadimento beta, processo che lascia invariato il numero di massa A, avvicina il nucleo alla curva di stabilità. Il decadimento beta è descritto dalle interazioni deboli e i protoni si trasformano in neutroni solo quando sono all'interno di nuclei: non è mai stato osservato il decadimento beta di protoni liberi. Questo comportamento dei protoni è legato alla loro massa. Quando una particella decade lo fa sempre trasformandosi in una particella più leggera. Per esempio, i neutroni decadono in protoni. I protoni però non hanno particelle più leggere in cui decadere. All'interno dei nuclei invece la presenza dell'energia di legame altera, anche se di molto poco, i valori delle masse dei nucleoni. Può accadere così che un protone si trasformi in un neutrone.



L'emissione di particelle alfa


L'emissione di particelle alfa da parte del nucleo può avvenire grazie a un processo caratteristico della fisica quantistica detto effetto tunnel: i due protoni e i due neutroni riescono cioè a sfuggire pur possedendo una quantità di energia insufficiente a rompere i legami nucleari. E' come se lanciando un sasso in aria, esso riuscisse a sfuggire all'attrazione gravitazionale terrestre e a volare nello spazio, nonostante la poca energia impressagli dal lanciatore. Questo fenomeno è perfettamente spiegato dalla meccanica quantistica ed è importante specialmente per i nuclei con numero atomico Z maggiore di 82 (piombo).



La fissione spontanea


La fissione spontanea, cioè la divisione del nucleo in due frammenti approssimativamente uguali, è un fenomeno che assume importanza soltanto per gli elementi transuranici; anche in questo caso il processo di scissione è reso possibile dal verificarsi dell'effetto tunnel, secondo le leggi della meccanica quantistica.



Trasmutazioni artificiali


Oltre a verificarsi spontaneamente, per far sì che i nuclei si avvicinino a configurazioni stabili, le trasmutazioni possono essere indotte anche artificialmente. Per esempio attraverso il bombardamento di nuclei con altri nuclei, raggi gamma, neutroni, elettroni, ecc. Un esempio significativo di trasmutazione è quello che si ha bombardando un nucleo di alluminio (numero di massa A = 27, numero atomico Z = 13) con un neutrone: il nucleo assorbe il neutrone ed espelle un protone divenendo così un nucleo di magnesio (numero di massa A = 27, numero atomico Z = 12). I proiettili usati possono essere di natura diversa; va tenuto presente però che se il proiettile è dotato di carica elettrica positiva (per esempio un protone) esso dovrà superare la repulsione elettrostatica del nucleo bersaglio e dovrà quindi essere dotato di una energia elevata. Altre reazioni sono caratterizzate da energie di soglia, avvengono cioè solo se il proiettile ha una energia che supera un certo valore; sono per esempio quelle in cui un nucleo, colpito da un neutrone, ne libera due.



FISSIONE


Uno dei processi di trasformazione dei nuclei atomici è la fissione, la scissione in due (o raramente tre) nuclei aventi massa simile. Ogni fissione è caratterizzata dalla liberazione di una quantità di energia dell'ordine dei 200 milioni di elettronvolt. Questo valore risulta 100 milioni di volte maggiore delle energie tipiche delle reazioni chimiche e spiega l'interesse tecnologico e militare che ha accompagnato la fissione nucleare sin dalla sua scoperta. L'energia liberata è dovuta alla trasformazione di parte della massa del nucleo iniziale; infatti i prodotti della reazione hanno una massa complessiva leggermente inferiore a quella del nucleo che è stato scisso. La parte mancante è liberata sotto forma di energia, secondo la relazione di Einstein E = mc

I nuclei vivono in una situazione di equilibrio dovuta alla contrapposizione tra le forze elettrostatiche repulsive che si esercitano tra i protoni e quelle (molto intense ma di breve raggio di azione) forze nucleari forti attrattive che si esercitano tra tutti i nucleoni. Se l'equilibrio è precario, come accade in alcuni nuclei pesanti, è sufficiente fornire dall'esterno una opportuna quantità di energia per alterarlo e generare la rottura del nucleo in due o tre parti.

I nuclei caratterizzati da grandi valori del numero di massa A sono costituiti da un numero N di neutroni che supera di molto il numero Z di protoni. Quando avviene la loro fissione si originano nuclei più leggeri, nei quali sono ripartiti i protoni e i neutroni dei nuclei iniziali. I nuovi nuclei però, avendo uno Z assai più basso, hanno bisogno di meno neutroni per essere stabili: contengono insomma una quantità di neutroni troppo elevata. Per questo motivo i prodotti delle fissioni risultano instabili. Tuttavia raggiungono la stabilità grazie a una serie di decadimenti beta che trasformano i neutroni in eccesso in protoni. La radioattività che si registra durante i processi di fissione deriva principalmente dalla trasformazione di neutroni in protoni e viceversa.

Può succedere che all'atto della scissione venga emesso qualcuno (2 o 3) dei neutroni in eccesso; è questo il fenomeno su cui si basano le reazioni a catena: si fa in modo che la fissione di un nucleo produca neutroni liberi, i quali a loro volta, urtando altri nuclei simili al primo, innescano ulteriori processi di fissione. Ogni fissione libera una quantità relativamente piccola di energia, ma una volta innescata la reazione a catena si sommano i contributi di miliardi di processi contemporanei.

Se i nuclei che si vogliono scindere sono quelli dell'uranio naturale, i neutroni proiettile devono avere un'energia molto elevata per riuscire nel loro compito; occorrono cioè dei neutroni veloci. L'uranio naturale è costituito per il 99,3% dall'isotopo uranio-238, il cui nucleo contiene 92 protoni e 146 neutroni. La sua struttura è relativamente stabile, anche grazie al numero pari di neutroni che si sistemano a coppie. Esiste però uno 0,7% di uranio-235 che contiene nel nucleo 92 protoni e 143 neutroni. Il fatto che contenga un numero dispari di neutroni lo rende più instabile e più disponibile ad assorbire un nuovo neutrone. Ecco perché anche un neutrone lento (cioè poco energetico) può provocare la fissione di un nucleo di uranio-235. Il nuovo neutrone provoca la deformazione del nucleo, il suo allungamento e infine la sua rottura in due parti.

Tutti i nuclei di elementi pesanti, a partire dal torio, possono subire la fissione con maggiore o minore facilità, in corrispondenza di energie più o meno elevate dei neutroni incidenti. La fissione può anche essere indotta da fotoni (fotofissione) e particelle cariche veloci (protoni o particelle alfa). I nuclei di uranio-233, uranio-235, plutonio-239 possono invece subire la fissione qualunque sia l'energia del neutrone incidente e anzi la massima probabilità che il processo si realizzi si ha in corrispondenza di neutroni molto lenti, detti "termici" perché in equilibrio termico con la temperatura ambiente.

La produzione artificiale e controllata dell'energia di fissione si basa sulle osservazioni precedenti: i neutroni termici vengono assorbiti dalla piccola quantità di uranio-235 presente nell'uranio naturale e, provocandone la fissione, creano i presupposti per una reazione a catena. Uno dei problemi consiste nel separare l'uranio-235 dall'isotopo più abbondante ma meno fissile uranio-238. E' necessario poi rallentare i neutroni; occorre cioè una sostanza (detta moderatore) che freni i neutroni della reazione a catena senza assorbirli. Questi sono i processi che avvengono normalmente all'interno dei reattori nucleari a fissione controllata.

Nei reattori avviene anche la produzione di plutonio-239, un ottimo combustibile nucleare. Quando un nucleo di uranio-238 assorbe un neutrone diventa uranio-239, un isotopo instabile. La tendenza alla stabilità innesca un decadimento beta nel corso del quale un neutrone si trasforma in un protone. Si ottiene così un nucleo di nettunio-239 (93 protoni e 146 neutroni). L'assorbimento da parte del nettunio di un nuovo neutrone e un altro decadimento beta portano alla nascita di un nucleo di plutonio-239.

Oltre alla produzione di energia per scopi civili, la fissione è alla base di armi altamente distruttive. Anzi tale uso è stato il primo che se ne è fatto e proprio gli sforzi per la costruzione della bomba nucleare hanno contribuito in modo considerevole alla comprensione della fisica nucleare. Per produrre una esplosione occorre innescare una reazione a catena molto rapida e abbastanza intensa da autosostenersi. Un requisito fondamentale è il raggiungimento della massa critica. Occorre cioè disporre di una particolare quantità di materia fissile (uranio-235 o plutonio-239) in modo che i neutroni liberati in ogni fissione riescano a raggiungere rapidamente altri nuclei da scindere. L'effetto esplosivo si ottiene avvicinando molto rapidamente due masse, per esempio di uranio, ciascuna inferiore alla massa critica.



FUSIONE


La fusione nucleare è un altro dei processi di trasformazione dei nuclei. E', tra l'altro, il processo che tiene in vita le stelle e quindi, indirettamente, tutti gli esseri viventi che benificiano dell'energia irradiata dal Sole.

Due nuclei atomici si fondono se urtano uno contro l'altro avendo velocità sufficiente a vincere la repulsione elettrostatica che si esercita tra i protoni di cui sono composti. Per questo motivo è più probabile che la fusione avvenga tra nuclei leggeri, i cui pochi protoni si respingono con una intensità relativamente bassa. Il risultato del processo è un nuovo nucleo, in genere più leggero della somma dei due nuclei di partenza. La massa mancante, anche in questo caso, si trasforma in energia e viene rilasciata sotto forma di raggi gamma e neutrini.

Spesso si parla di fusione termonucleare in quanto per poter innescare reazioni di questo tipo occorrono temperature elevatissime, spesso esistenti solo all'interno delle stelle. Uno dei meccanismi di fusione è basato sul ciclo del carbonio: un nucleo di carbonio-12 (6 protoni e 6 neutroni) cattura quattro protoni; due di essi si trasformano in neutroni attraverso un decadimento beta e si uniscono agli altri due formando una particella alfa che viene poi espulsa. Il nucleo di carbonio resta dunque immutato e funge solo da ospite della reazione di fusione che genera una particella alfa a partire da quattro protoni. Un altro tipo di reazione è quella basata sul ciclo idrogeno-idrogeno; in tal caso i quattro protoni (nuclei di idrogeno) si fondono tra loro per formare un nucleo di elio (particella alfa) senza l'intervento di nuclei più pesanti. Ogni reazione di fusione di questo tipo rilascia una quantità di energia compresa tra i 3 e i 18 milioni di elettronvolt, una energia inferiore a quella caratteristica della fissione a uranio. Si deve considerare però che il combustibile usato (l'idrogeno) è uno degli elementi più abbondanti in natura. Inoltre, aspetto non secondario ai fini dello sfruttamento per la produzione di energia da parte dell'uomo, la fusione nucleare, al contrario della fissione, non dà luogo a scorie radioattive.

Per questi motivi la fusione nucleare è vista come la possibile e definitiva soluzione al problema dell'approvvigionamento energetico. Tuttavia le condizioni per ottenere la fusione sono assai più complesse da raggiungere rispetto a quelle caratteristiche della fissione. Mentre i nuclei che si vogliono scindere per fissione possono essere lasciati fermi, in quanto fungono da bersagli per i neutroni, i nuclei candidati alla fusione devono muoversi con velocità tali da vincere le reciproche repulsioni elettrostatiche. Imprimere velocità elevate ai nuclei significa portare la materia in cui sono contenuti a temperature elevatissime, dell'ordine dei 46 milioni di kelvin. Se poi si vuole che la fusione sia energeticamente conveniente, cioè che fornisca più energia di quanta ne occorre per sostenerla, la temperatura necessaria sale ad alcune centinaia di milioni di kelvin.

Oltre a raggiungere queste temperature, e a mantenerle per periodi di tempo adeguati, c'è anche il problema relativo al confinamento dei nuclei in regioni limitate di spazio. La loro vicinanza rappresenta una condizione che facilita l'innesco del processo di fusione. Le difficoltà tecniche connesse a queste esigenze non sono state ancora superate e dunque non si è ancora riusciti a ottenere la fusione di una gran quantità di nuclei in laboratorio. Si è invece riusciti a realizzare una bomba termonucleare in cui le condizioni necessarie alla fusione, altissima temperatura e confinamento in una zona di spazio molto ristretta, vengono create grazie all'esplosione di una bomba a fissione che comprime enormemente i nuclei di idrogeno.



RADIOATTIVITÀ


Alla base delle emissioni radioattive c'è la tendenza di alcuni nuclei a portarsi verso configurazioni sempre più stabili. Così un nucleo che si trova in uno stato eccitato, avente cioè energia superiore a quella dello stato fondamentale, si libera dell'energia in eccesso emettendo particelle alfa, beta, o fotoni gamma. La radioattività, oltre che naturale, può anche essere provocata artificialmente. Se infatti si "eccita" un nucleo bombardandolo con particelle come protoni o neutroni, esso tornerà, o si avvicinerà, allo stato fondamentale emettendo radiazioni.

La radioattività naturale si presenta in quasi tutti i nuclei aventi numero atomico Z compreso tra 81 e 92; essi si trasformano in nuclei più leggeri, le cui caratteristiche chimiche sono ben distinguibili da quelle dei nuclei iniziali.

La legge che descrive il decadimento radioattivo è di tipo esponenziale. Questa legge mostra come si riduce al passare del tempo il numero di nuclei di partenza a causa del loro decadimento. Un parametro molto importante che compare nella formula è la "vita media". Dopo che è trascorso un tempo pari alla "vita media", quasi i due terzi dei nuclei iniziali risultano aver subito il decadimento radioattivo. La "vita media" varia a seconda del nucleo considerato: può oscillare dal millesimo di miliardesimo di anno ai cento milioni di miliardi di anni. Il suo valore è un chiaro indice della stabilità del nucleo a cui si riferisce: una vita media breve è segno di instabilità e quindi di predisposizione al decadimento radioattivo; i nuclei stabili invece vantano vite medie lunghissime.

Non è detto che un nucleo radioattivo decada direttamente in un nucleo stabile; può accadere che esso decada in un nucleo instabile a sua volta soggetto a decadimento radioattivo. Il processo in cascata continua finché non si giunge a un nucleo stabile. Si parla allora di serie radioattiva.

Gli elementi naturalmente radioattivi sono stati raggruppati in tre serie che prendono nome dai tre elementi che fungono da capostipite: la serie dell'uranio, la serie del torio, la serie dell'attinio. I capostipite hanno vite medie molto lunghe (rispettivamente 6,5, 20 e 1,3 miliardi di anni) e decadono in elementi più leggeri; il processo di decadimento si arresta quando viene generato un isotopo stabile del piombo. Esiste anche la serie del nettunio che però contiene anche nuclei radioattivi non esistenti in natura ma generati in laboratorio (elementi transuranici); la serie termina in un isotopo stabile del bismuto.

I nuclei appartenenti a una stessa serie differiscono l'uno dall'altro per quattro nucleoni, poiché il decadimento che fa passare dall'uno all'altro corrisponde all'emissione di particelle alfa. In un numero limitato di casi può verificarsi anche il decadimento beta il quale, trasformando un neutrone in un protone, non comporta il cambiamento del numero di massa A.

Gli isotopi instabili che decadono emettendo particelle alfa, beta o raggi gamma, sono detti radioisotopi; se ne conoscono circa un migliaio ma le loro vite medie e le difficoltà legate alla loro produzione fanno sì che solo un centinaio siano utilizzabili per applicazioni pratiche.




Privacy




Articolo informazione


Hits: 3293
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024