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Il Duomo di
Milano venne iniziato nel 1386 molto probabilmente per iniziativa di Gian
Galeazzo Visconti che intendeva affermare il suo potere economico-politico.
Per la costruzione di questo imponente edificio, che diverrà il baricentro e il
punto di riferimento dell'intera struttura urbana, vennero operate numerose
demolizioni: alcune case arcivescovili, il battistero di San Giovanni, la
basilica di Santa Tecla e numerose botteghe.
Non si conosce il nome dell'autore del progetto ma probabilmente l'impianto
planimetrico venne tracciato da maestri italiani per una serie di
caratteristiche che appartengono alla tradizione italiana: lo schema a croce
latina, i muri perimetrali con funzione portante, l'abside semiottagonale senza
cappelle radiali, il tiburio.
Si iniziò a lavorare alle fondazioni, alle murature perimetrali, all'abside e
alle sacrestie prima di aver definitivamente deciso lo sviluppo e la forma
dell'alzato. Per questo motivo a partire dal 1391 nacquero le prime discussioni
su come doveva svilupparsi l'edificio; tra le proposte di matematici e
architetti venne scelto lo schema del triangolo egizio, che portò il duomo ad
assumere alcuni caratteri estranei al gotico internazionale: la modesta
differenza di altezza tra le navate, la scarsa pendenza delle coperture e il
ruolo staticamente secondario degli archi rampanti.
I primi 50 anni del cantiere non furono particolarmente importanti ma un
decisivo rilancio si ebbe con l'avvento della dinastia sforzesca e, in
particolare
con l'assunzione nel 1452 degli ingegneri ducali Giovanni Solari e Filarete.
Questo evento testimonia la volontà di Francesco Sforza di trovare una
soluzione tecnica per il tiburio. Il Filarete lasciò però la fabbrica solo due
anni più tardi e il posto di Giovanni Solari venne preso dal figlio Guiniforte,
vero ideatore della soluzione per il tiburio dal punto di vista statico.
La sua intuizione più importante fu quella di costruire al di sopra dei quattro
archi ogivali già edificati, ma insufficienti a sostenere il peso del tiburio,
altri quattro archi a tutto sesto con funzione statica e in posizione arretrata
rispetto alle strutture sottostanti così da poter essere mascherati dal
rivestimento in marmo di Candoglia.
Guiniforte Solari lavorò al tiburio ininterrottamente dal 1459 al 1481, anno
della morte; a completare le opere iniziate furono nominati Pietro Antonio
Solari e l'Amadeo.
Alcuni cedimenti misero però in allarme il Consiglio della fabbrica che, dal
1483, iniziò a consultare vari specialisti e Luca Fancelli chiamato a giudicare
i modelli presentati al Consiglio da alcuni architetti tr 434f53e a i quali il tedesco
Giovanni Nexemperger, Leonardo e Bramante.
Nessuno dei modelli presentati fu considerato soddisfacente e il Consiglio, nel
1490, diede l'incarico all'Amadeo e al Dolcebuono di scegliere e perfezionare
uno dei modelli presentati dimostrando di aver definitivamente deciso per
l'impianto ottagonale.
Determinante fu la presenza a Milano dal 1490 di Francesco di Giorgio, il quale
elaborò un suo modello che venne presentato insieme ad altri tre ad una seduta
definitiva tenutasi al Castello alla presenza di Ludovico il Moro; in quella
sede si decise che l'Amadeo e il Dolcebuono avrebbero fatto un altro modello
insieme a Francesco di Giogio e si stabilirono modalità esecutive e misure del
tiburio sostanzialmente riproponendo una soluzione analoga a quella che
Guiniforte Solari aveva proposto vent'anni prima.
Poche chiese, in Italia, hanno avuto una costruzione così lenta e complessa
come la ebbe il Duomo di Milano; la sua elaborazione comprese un arco
lunghissimo di ben cinque secoli durante il quale molte personalità di spicco
ruotarono attorno al cantiere chiamate da tutta Italia per dare consigli e
pareri.
Intorno al 1500 venne eretta la prima delle quattro guglie contigue e, su
disegno di Pellegrino Pellegrini detto Tibaldi, vennero eseguiti il pavimento e
gli stalli del coro.
Nel XVIII secolo non erano ancora terminati i lavori.
La guglia maggiore fu eretta dal 1765 al 1769 e la facciata, seguendo il
progetto del Pellegrini, fu compiuta negli anni fra il 1805 e il 1813.
I lavori continuarono per tutto l'Ottocento con il completamento delle guglie e
l'edificazione delle torri scalari intorno al tiburio.
Due sono le grandi opere di restauro eseguite sulla costruzione: la prima nel
1935 e la seconda, più complessa, dopo i bombardamenti aerei del 1943.
Infine, l'8 dicembre 1966, fu inaugurato il nuovo sagrato.
Notizie utili
Zona archeologica paleocristiana
Si scende dalla scala interna alla facciata, sul fianco destro del portale
principale.
Orari: tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00
alle 17.00 .
Battistero paleocristiano di S.Stefano
Si accede dall'ingresso per la salita con l'ascensore (lato nord).
Orari: da marzo a ottobre dalle 9.00 alle 17.00; da novembre a febbraio dalle
9.00 alle 16.00.
Tesoro del Duomo
Si accede attraverso una breve scala a destra dell'altare maggiore.
Orari: tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 dalle 14.30 alle 18.00.
Terrazzi
Salita a piedi dall'esterno sul fianco settentrionale; ascensori sui fianchi
dell'abside, dall'esterno.
Orari: da marzo a ottobre dalle 9.00 alle 17.00; da novembre a febbraio dalle
9.00 alle 16.00.
Museo del Duomo
Si accede dal portale sul fianco del Palazzo Reale, di fronte all'ingresso
laterale del duomo.
Orari: tutti i giorni, escluso il lunedì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00
alle 18.00.
Archivio della Fabbrica del Duomo
Via Arcivescovado,1.
Orari: tutti i giorni feriali, escluso il sabato, dalle 14.30 alle 17.00
La
piazza del Duomo è un vasto rettangolo dominato dalla mole marmorea del Duomo
che ne chiude uno dei lati minori con la sua fronte, sulla quale emerge, tra la
fioritura delle guglie, quella altissima che porta la "Madonnina".
Il Duomo di Milano è il cuore della città. Edificio complesso,
iniziato forse nel 1386 e concluso sul finire del secolo scorso, esso rivela
evidenti, in particolare sulla facciata, alcune dissonanze stilistiche che non
lo privano di quella esaltante scenograficità, accentuata dalla ricca
decorazione statuaria, che ne fa il centro di attrazione visiva di tutta la
piazza.
Sul lato di fronte, al di là del monumento a Vittorio Emanuele II, di Ercole
Rosa, prospetta il palazzo dell'Orologio, caratterizzato da grandi insegne
pubblicitarie che si accendono la sera di luci e colori.
Sui lati maggiori si allungano gli edifici porticati che vi costruì, a partire
dal 1865, alternando quel rapporto spaziale da cui la cattedrale attingeva i
suoi valori ascensionali, il Mengoni secondo un progetto di sistemazione che
esemplifica la retorica, retriva monumentalità dell'eclettismo ottocentesco.
Il lato Nord è aperto dal grande arco trionfale di ingresso alla galleria
Vittorio Emanuele II; quello di fronte, incompiuto, si conclude con i Propilei,
due edifici simmetrici a loggiati che documentano la spoglia freddezza
dell'architettura del ventennio e che contrastano con la classica linearità
dell'attigua piazzetta di palazzo Reale.
Tra i due edifici si apre una breve via che conduce alla moderna e degradata
piazza Diaz.
MILANO, CITTA' NEOCLASSICA COME CAPITALE NAPOLEONICA
Urbanistica del primo ottocento
Il 15 maggio
1796, con l'ingresso in Milano delle truppe napoleoniche. con la fondazione
della Repubblica Cisalpina prima e del Regno d'Italia poi, inizia un periodo
favorevole di concrete possibilità per il riassetto edilizio e urbanistico
della città.
Fermentata dalle nuove istanze, re-pubblicane e rivoluzionarie, la cultura
architettonica milanese vuole inci-dere in modo radicale sulla realtà urbana.
Nel clima favorevole di una relativa autonomia, concessa dai francesi nella
gestione della cosa pubblica, e di una rinnovata collaborazione tra tecnici e
politici, gli architetti posso-no sperimentare varie iniziative: da-gli
allestimenti più effimeri, legati a celebrazioni e commemorazioni qua-li
animatori della scena urbana, alla pianificazione della città e del suo
territorio. È importante oEservare, in questo clima, come muti il rapporto tra
diritto privato e diritto pubblico, nell'organizzazione spaziale della città.
Lo spazio pubblico, perdendo la ge-nericità infrastrutturale, diventa ele-mento
primario della scena urbana, divenendo sede di importanti funzio-ni collettive.
Si vogliono rifondare, attraverso gli spazi pubblici, le funzioni vitali della
città: sia nelle attività pratiche sia nei rapporti della vita civile dei
cittadini.
Nella Milano tardo settecentesca due erano i poli decisionali dove tutto si
sviluppava nel rapporto tra autorità e l'architetto di stato, Giuseppe
Pier-marini che, anche se detentore unico del sistema dei servizi
amministrati-vi, sotto il potere di Maria Teresa e Giuseppe II, spesso svolgeva
un ruolo più esecutivo che propositivo. Il sistema dei servizi, quale trama
strut-turale dei rapporti fra potere e citta-dino, nasceva perciò estraneo ai
biso-gni della città.
Se nella città settecentesca emergeva-no alcuni poli che erano i luoghi del
rapporto tra autorità e cittadino: la piazza del Capitano di Giustizia e quella
dell'Arcivescovado.quella delle corporazioni dei Mercanti, la piazza davanti
alla Corte del Reale Arciduca e al Duomo, il resto della città, comprese le
strade e le piazze, era un susseguirsi di proprietà pub-bliche e private.
E interessante osservare più che i progetti, per altro notissimi, di Pi-stocchi
(la piazza del Duomo e l'area del Castello) e dell'Antolini (il Foro
Bonaparte), come tra il 1806 e il 1810, si pensasse ad un programma globale di
riassetto della città. Sul finire del 1806, Napoleone, decide l'attuazione di
un programma per "un piano di abbellimento della capitale del Regno".
Poco dopo, nel dicembre 1806, è nominata una "Commissione di Architettura
e Belle Arti", delegata a indicare le direttrici generali per la
sistemazione degli spazi pubblici della citta.
La Commissione, composta dal Bossi, Canonica, Appiani, il Podestà Brivio,
Cagnola e Zanoja; imposta un grande programma di ristrutturazione urbana, con
riferimenti alla tradizione francese dell"'embellissement".
Inserendo, tuttavia, aspetti innovativi, sia nella visione complessiva
dell'insediamento, sia nella variazione della struttura nel tessuto urbano. I
modelli, a cui riferirsi, sono naturalmente il "Plan des artistes"
del 1793 e il "Plan d'embellissement" del 1798 per Parigi.
Tra gli interventi suggeriti dalla Commissione vi erano, tra gli altri, un arco
da erigersi alla barriera del Sempione e il completamento della Porta Orientale
(Cagnola), la sistemazione della Porta Vercellina, la decorazione della Caserma
del Forc t la decorazione completa dell'Anfi teatro e l'edificazione di un
ponte tra la contrada di S. Andrea coi Boschet ti e il Collegio Elvetico
(Canonica) z Ia decorazione del palazzo dei Giar dini Pubblici (Zanoja).
La Commissione di Ornato, nomina ta nel 1807 e, incaricata alla supervi sione
dell'intera produzione edilizie milanese, redige il "Piano dei Rettifi
li", primo piano regolatore della cit tà. Tale piano, prevedendo la
sovrapposizione di una griglia ortogonale alla struttura radiale e monocentrica
di Milano, integra i due sistemi con percorsi stradali differenziati e una
serie di piazze, disposte a cerniera fra i due tracciati urbani.
Il Piano della Commissione di Ornato va comunque considerato come un sistema
flessibile, aperto a molteplici integrazioni, in tal senso vanno viste le
proposte di E. Silva (una piazza porticata, presso la Scala, 1807) e di P.
Gilardoni (una strada nuova tra Brera e Porta Nuova). Tra i primi interventi,
che realizzano alcune idee del Piano, vi sono i progetti delle
"testate" del sistema radiale urbano, concepite come porte
monumentali della città: Porta Nuova e Porta Comasina (Cagnola), Porta Tosa e
Porta Ludovica (Canonica).
Va comunque rilevata la stretta relazione degli aspetti monumentali, dei temi
precedenti, con la ricerca tipologica delle strutture civili e dei servizi. Gli
organismi più ricorrenti sono: il teatro, nelle versioni all'aperto e diurno,
il mercato coperto, l'orfanotrofio, il museo, l'edificio per l'istruzione, la
galleria d'arte, il carcere, il campo santo e i bagni pubblici.
E propriamente nel museo che, nelI'esempio di Brera offre ancora un organismo
particolare e finalizzato (Pinacoteca e Gipsoteca per gli studenti
dell'Accademia), si evidenziano i caratteri tipologici più innovativi. Spazio
culturale, realmente pubblico, è il museo previsto dall'Antolini per il Foro
Bonaparte, quale luogo per riunire arte e natura in un insieme orgamco.
Va inoltre osservato che, saranno progetti come quello per il Museo di Storia
Naturale dell'Orto Botanico ai Bastioni di Porta Orientale del 1810, o la
proposta di una "grande" Galleria d'arte, di F. Antolini, vincitrice
del concorso indetto dall'Accademia di Brera, nello stesso anno, ad influenzare
le successive opere museografiche dell'Ottocento.
INTRODUZIONE
L' Arco
della Pace, unica vera porta monumentale di Milano, fu una tra le maggiori
realizzazioni della edilizia pubblica milanese ottocentesca.
La sua costruzione fu decisa da Napoleone e dalla municipalità quando nel 1807
si istituì la "Commissione di Ornato", composta da un gruppo di
architetti tra i più importanti del momento (Cagnola, Canonica, Zanoja,
Landriani, Albertolli), che pianificarono gli interventi urbanistici e architettonici
nella città e nel suo territorio.
Fu Luigi Cagnola a progettare il complesso monumentale dell'Arco composto da
due caselli daziari costruiti secondo una insolita tipologia
"passante", che consentiva il transito attraverso gli edifici.
Dopo la demolizione delle fortificazioni cinque-seicentesche del 1801, l'Arco
assume una notevole importanza urbanistica poiché si traccia una nuova strada
di accesso e si realizza una nuova porta sull'asse del Castello Sforzesco : da
barriera diviene passaggio e quindi punto di attrazione verso il centro della
città configurandosi, durante l'Impero Napoleonico, l'ingresso principale di
Milano.
Si tratta dell'unico esempio, a Milano, di porta monumentale commissionata e
progettata allo scopo di ingresso trionfale di celebrità e autorità politiche e
militari.
Opportunamente rivalutato l'Arco della Pace potrebbe costituire l'accesso più
idoneo a presenze monumentali quali il Castello Sforzesco, l'Arena Civica, il
Palazzo della Triennale e la Torre del Parco.
Queste considerazioni insieme alla constatazione di una mancata manutenzione
che ne ha offuscato lo splendore originario, sono alla base della nostra scelta
di proporre un radicale restauro del Monumento per riportarlo allo stato
originario e arricchirlo di funzioni museografiche che ne esaltino il valore.
L'Arco della Pace, da monumento della magnificenza del passato, potrebbe
diventare, attraverso il recupero del suo spazio interno, un importante punto
di riferimento turistico. L'Arco della Pace può essere il simbolo e l'elemento
anticipatore di un più ampio progetto per sistemare una vasta area milanese,
così come è successo per altre zone della nostra città.
ORIGINE DELL'ARCO
L' 8 febbraio 1806, durante una seduta del Consiglio
Comunale di Milano, si decise di erigere un Arco di trionfo sul noto disegno
del Marchese Luigi Cagnola con l'intento di aprire un nuovo ingresso alla città
in corrispondenza della strada del Sempione. L'opera fu iniziata nel 1807 e nel
1813 la costruzione si elevava fino all'imposta delle arcate minori, ma venne
sospesa per qualche tempo.
Dopo la visita di Francesco I al cantiere, la Congregazione Centrale di
Lombardia chiese al monarca di poter proseguire l'opera in suo onore. Egli non
solo diede il permesso, ma accordò un credito alle Province Lombarde per far
fronte alle spese.
La direzione dei lavori venne affidata al Cagnola e dal 1833, anno della sua
morte, a C. Londonio, Presidente dell'Accademia delle Belle arti. L'Arco con
l'aggiunta dei due Caselli per i servizi di Finanza e Polizia, venne inaugurato
il 10 settembre 1838 da Ferdinando I
IDEA GENERALE DELL'ARCO
BLACKL'idea
dell'Arco discende dall'architettura antica e dai precetti indicati da
Vitruvio. Gli archi di trionfo sorsero numerosi in Roma e in tutto l'impero
romano ogni volta che, uno dei Cesari, compiuta felicemente un'impresa militare
e vinti i nemici, tornava carico di bottino a ricevere gli onori del trionfo.
I primi eretti erano in semplici mattoni; quello di Camillo era in pietra e, in
mattoni, quello di Romolo. Per molto tempo si trattò di archi a tutto sesto,
sui quali venivano collocati i trofei e la statua del trionfatore come quello
Fabiano.
In seguito, l'arco trionfale, venne ingrandito e fregiato d'ornamenti d'ogni
genere. La mole formava un quadrato con arcate coronate da un attico di altezza
considerevole che portava inscrizioni e talvolta anche bassorilievi, sul quale
si collocavano le statue equestri e i carri trionfali. Gli archivolti erano
ornati di vittorie portanti palme e corone. Al passaggio del trionfatore, piccole
figure di vittorie alate ponevano sul capo del vincitore, grazie ad un congegno
a molla, una corona. Tale è l'origine delle vittorie alate, presenti in tutti
gli archi di trionfo.
La forma degli archi trionfali variò nel tempo in base alla costruzione e alla
decorazione. A Verona ne fu costruito uno con due arcate che fungevano da
entrata ed uscita della città. Altri, composti di tre archi, ne furono
innalzati nelle diverse città dell' impero; a Roma l'arco di Tito, di Settimio
Severo, di Galliano e di Druso; di Augusto a Rimini, ad Aosta, a Fano e Susa;
di Terenzio Varrone a Canosa; sempre a Roma quello di Costantino.
Altri furono costruiti a Palmira in Siria e a Petra, in Giordania; nell'isola
di File sui confini della Nubia; nell'oasi di Elkar; a Tripoli, a Theveste in
Africa; a Maktey, ad Assur, nel territorio di Cartagine; a Merida, Barra,
Cuparra, Alcantara, in Spagna; a S.Reims, Orange, Carpentras, Cavillion, in
Francia; a Pola, in Istria.
Archi di
trionfo, a modello degli antichi, se ne costruirono nel passato, anche a
Bologna; a Napoli; a Vicenza; a Milano, e quello di San Gallo a Firenze.
Nell'ottocento, in epoca neoclassica, va ricordato l'arco dell'Etoile a Parigi,
coevo di quello della Pace a Milano,, importante anche per la mole considerevole,
progettato dall'architetto Pierre Bullet.
L'Arco della Pace di Milano venne decorato con l'ordine corinzio e costruito
tutto in marmo bianco. Le fronti e fianchi sono ornate di sculture
rappresentanti avvenimenti storici ed allegorici. Tutto l'insieme
"manifesta eleganza e sublimità di carattere". Sulla sommità è posta
una sestiga portante la statua della Libertà in trionfo volta verso la città e
quattro Vittorie poste ai quattro angoli completano l'allegoria.
COMPOSIZIONI E PROPORZIONI DELLA FRONTE DELL'ARCO
Le proporzioni dell'Arco seguono i dettami dell'architettura classica anche se il Cagnola introdusse alcune soluzioni tecniche "moderne" per conseguire la maggiore solidità della costruzione. Egli inoltre dotò l'Arco di comode scale per potere salire fino alla sommità a differenza delle piccole aperture antiche che servivano solo per la manutenzione dell'edificio.
PROPORZIONI DEL FIANCO
Il fianco misura in larghezza circa la metà della fronte.
PROPORZIONI DELLE ARCATE
L'arcata maggiore è larga m.7,13, alta dalla soglia al ciglio m.14,23, e all'imposta m.10,78; le arcate minori sono larghe m.3,11, alte m.8,67 al ciglio, e all'imposta m.7,08.
PROPORZIONI DELL' ATTICO
L'attico meno lo zoccolo superiore sta ad 1/4 dell'altezza dell'ordine col piedistallo, la cui base sta a 2/4 e la cimasa a 2/15; vi sono due pilastrini all'estremità delle fronti sopra alle ultime colonne. Nel mezzo dell'arcata maggiore è posta l'iscrizione dedicata all'Imperatore.
MATERIALI DI CUI E' COMPOSTO L'ARCO
Fino alla trabeazione dell'ordine il monumento è costruito
con marmo di Crevola proveniente dalle cave di Ornovasso in Val D'Ossola e di
Olgiasca sul Lago di Como e così anche i rosoni e le basi delle colonne.
Trabeazione, colonne, attico, bassorilievi, cornicioni e festoni sono di marmo
della cava di Silva sul Lago Maggiore.
I capitelli e alcuni bassorilievi sono di marmo apuano di Carrara.
L'utilizzo di marmi diversi fu dovuta a problemi di ordine tecnico, relativi
alle dimensioni del marmo.
COSTRUZIONE DEI CASELLI
I muri esterni dei due caselli sono in mattoni rivestiti con lastre di granito rosso, l'interno dell'atrio in pietra arenaria delle cave di Viggiù.
GLI ELEMENTI ORNAMENTALI
I dettagli degli ornamenti dell'Arco dimostrano l'attenzione
che venne rivolta al disegno e alla realizzazione anche dei minimi particolari.
Archivolti e imposte degli archi, cornici e basamenti risultano accuratamente
decorati.
Il materiale utilizzato è il marmo proveniente da cave diverse a seconda delle
dimensioni e del disegno dell'elemento da realizzare.
Vi sono ben dodici varietà di rosoni che ornano le volte delle tre arcate, ciò
sottolinea ancora una volta la cura dei particolari.
LE SERRAGLIE
Le serraglie come la maggior parte degli elementi
ornamentali dell'Arco, rispettano lo spirito allegorico dell'insieme. Il
Cagnola le utilizzò per chiudere gli archi e sono tra le opere più
"recenti" di tutto l'edificio.
Quella dell'arco maggiore rappresenta la città di Milano: è una donna coronata
di torri, opera di Claudio Monti di Roma, è rivolta verso il Castello. Quella
dell'arco minore a destra è l'Immaginazione: ha in capo veli stretti da un
diadema, ed è opera di Antonio Labus. L'altra invece incoronata di stelle è
l'Astronomia, lavoro di Giovanni Battista Comolli che scolpì anche il busto che
chiude l'arco maggiore rivolto verso Corso Sempione, e rappresenta il regno del
Lombardo Veneto col capo cinto da un ricco diadema. Le due serraglie degli
archi minori indicano la feracità di questa provincia, cioè a destra verso Corso
Sempione: Pomona di Antonio Pasquali che rappresenta la dea degli orti e dei
giardini presso i Romani; a sinistra: Cerere di Luigi Marchesi col capo cinto
di spighe.
LE ALLEGORIE
Nei bassorilievi posti sopra i piedistalli che sorreggono le
otto colonne dell'arco sono rappresentate altrettante figure allegoriche che
rendono onore alla città di Milano. Questi lavori, tra i primi dell'opera,
furono affidati ai migliori artisti presenti in quell'epoca a Milano. Le loro
dimensioni sono di poco inferiori al vero.
Minerva e Marte stanno ad indicare come Milano abbia sempre accolto i più
eletti studi delle scienze e della filosofia e come abbia saputo affrontare con
gloria le più aspre e lunghe guerre. Minerva, posta alla destra di chi guarda,
è tutta greca nel concetto e nell'esecuzione: avvolta in paludamento, porta sul
capo l'elmo e stringe nella mano sinistra l'asta, serpenti le stringono il
collo e una civetta è appollaiata ai suoi piedi. Marte invece è seminudo e
sulla spalla sinistra è posata un'asta su cui è un trofeo d'armi; la spada
nella mano destra e l'elmo in capo: appare bello e forte nei suoi movimenti.
Nella base esterna, a destra, è scolpito Apollo, modellato da Pizzi ed eseguito
da Buzzi: porta l'arco ed alza felice il capo perchè sconfisse il serpente
Pitone che giace al suo piede.
La figura sull'altro lato, indica con Ercole la forza della capitale lombarda:
è nudo, cinto solo dalla pelle del leone, tiene sulla spalla sinistra la clava;
è opera di Gaetano Monti.
Le due figure che fiancheggiano l'arcata maggiore (verso Corso Sempione) sono
opera di Luigi Acquisti, artista bolognese ma residente a Milano. Rappresentano
la Poesia e la Storia: la prima ricorda il canto dei poeti milanesi, l'altra
gli ottimi scrittori che raccolsero le memorie della patria. La prima ha nella
sinistra una tromba, stende la destra, e pare cantare; la seconda, appoggiata
all'ara col gomito sinistro, sostiene alcuni papiri, sui quali posa la destra
in cui tiene lo stilo. Le due figure sono aggraziate nei movimenti, sono
paludate e teste che risentono d'antico.
Le figure estreme rappresentano l'una la Lombardia di Gaetano Monti di Ravenna,
e l'altra la Vigilanza, prima ideata per la Francia, di Pizzi. La Lombardia è
una donna maestosamente vestita con tanto di corona regale, tiene con la mano
sinistra il corno dell'abbondanza, e con la destra il pennello ed altri
strumenti di belle arti; rappresenta la ricchezza, il commercio e l'amore per
le arti di questa parte di Italia. La Vigilanza è una donna con asta e scudo, su
cui è raffigurato il capo della temuta Gorgone.
LUIGI CAGNOLA
Milano 1762 - Inverigo 1833
Nato a
Milano da nobile famiglia, il marchese Luigi Cagnola, era destinato alla
carriera diplomatica, si era infatti laureato a Pavia in Giurisprudenza.
Durante il soggiorno a Roma, nel 1776, frequentando il Collegio Pio Clementino,
venne attratto dagli studi di archeologia e architettura e, a Milano, in
concorso col Piermarini, aveva presentato una soluzione per la barriera di
Porta Orientale come "architetto dilettante". Il progetto venne
respinto in quanto l'imponente mole dell'arco impediva la veduta oltre la
porta; fu invece accettata la proposta del Piermarini che avanzava una
soluzione più leggera e prospetticamente più interessante. Come architetto dilettante
aveva redatto diversi progetti di ville e chiese in stile neoclassico, allora
molto diffuso in Europa. progetti senza subire alcun ostracismo politico, anzi
continuò a collaborare alla realizzazione di importanti apparati celebrativi,
come l'ingresso di Francesco I a Porta Orientale.
Tra i riconoscimenti fu insignito dell'Ordine della Corona di Ferro e fu fatto
Ciambellano di S.M.I.R.A.
Il mondo aristocratico, di cui era parte, non gli consentiva di costruire per i
privati: unica eccezione la Villa Zurla, a Vaiano, edificio di impianto
colossale e monumentale. Per suo uso costruì la Rotonda d'Inverigo.
A Brescia eresse la Cupola del Duomo. Su incarico curiale realizzò il campanile
di Urgnano e le chiese di Ghisalba e Concorezzo.
Del Cagnola rimane un patrimonio imponente di disegni e materiali diversi:
varie centinaia di progetti esecutivi, vedute ad acquarello di progetti mai
eseguiti, schizzi e abbozzi, rilievi e stampe.
L'Archivio Cagnola, conservato prima nella sua villa di Inverigo, è ora
proprietà dello Stato, depositato prima a Brera, ora invece alla Civica
Raccolta Bertarelli al Castello Sforzesco in Milano.
Riparato convenientemente a Verona, dopo l'arrivo dei Francesi, ritorna a
Milano e, rinunciando alle cariche ottenute dal Governo Austriaco, collabora
agli allestimenti degli apparati celebrativi della Repubblica Cisalpina e del
Regno Italico.
Il prestigio e l'attività di architetto aumentavano gradualmente fino a farlo
diventare, dopo la vittoria di Marengo, come il più famoso e rappresentativo tra
gli architetti celebratori dei fasti napoleonici.
Il suo stile è rigoroso e nulla concede alla trasgressione: archi, colonne e
bugnati sono risolutamente inscritti nella partitura neoclassica che ben si
presta alla magniloquenza celebrativa. I propilei di Porta Ticinese, costruiti
quale monumento per celebrare la vittoria di Marengo sono considerati, in
questo senso, l'opera più emblematica; anche se, rappresentano solo la parte
terminale di un progetto grandioso, che prevedeva l'intera sistemazione del Corso
di Porta Ticinese con palazzi imponenti e colonnati di memoria palladiana.
Tra i molti progetti rimasti irrealizzati l'altra sua opera, tra le maggiori, è
l'Arco della Pace o del Sempione che, nel lungo e travagliato iter esecutivo,
cambiò addirittura le iniziali finalità celebrative con le opposte tendenze
politiche della Casa d'Austria; inoltre, fu talmente variato nel disegno da
risultare, alla fine, profondamente diverso dal progetto originario.
Tra i progetti non realizzati ci furono la trasformazione, in stile
neoclassico, di monumenti urbani come la Rotonda della Besana o la erezione di
ciclopici edifici nuovi: un Tempio dei Fasti napoleonici, e un Ospizio Caserma
del Cenisio.
Successivamente si occupò dell'ampliamento del Palazzo Imperiale di Vienna e
della Cappella Sepolcrale del Principe Metternich.
Istituita la Commissione d'Ornato per normalizzare la produzione edilizia e la
preparazione di un piano regolatore della città di Milano, il Cagnola, fu
nominato a farne parte con il Canonica, lo Zanoja, il Landriani e l'Albertolli.
Le aree di sua competenza furono i quartieri di Porta Romana, Ludovica e
Vigentina; mentre la concezione del piano regolatore fu redatta collettivamente
dalla Commissione. In seguito gli fu dato incarico di progettare un fabbricato
da collocarsi nei giardini disegnati dal Piermarini.
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