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Negli articoli del giornale viene esposto lo stesso argomento da tre punti di vista differenti: una madre angosciata che lamenta la profonda ignoranza e superficialità del figlio, una giornalista esperta del mondo che parla dalla parte di chi ha già conosciuto questa questione, e infine i diretti 434c22e interessati: i giovani, spesso giudicati troppo ingiustamente.
"I giovani non hanno conoscenza del passato e non s'interessano alla storia" scrive la madre, e "sono prodotti di nicchia, soggetti decadenti senza esserne consapevoli" continua. Questa è l'immagine di sé che le dà suo figlio, un'immagine che lei vorrebbe fosse diversa.
Ma, come dice la giornalista Natalia Aspesi, forse quella mamma si è uniformata, nell'allevare il figlio, ai modelli proposti dalla pubblicità, al mondo fittizio della TV, per paura di non essere una buona madre se non teneva in casa tutti i prodotti migliori, cercando sempre di proteggerlo, evitando che piangesse, senza negargli mai nulla, e ora si ritrova sconcertata davanti ad un figlio che a quattordici anni continua sulla stessa strada, mentre lei vorrebbe che iniziasse ad ampliare da solo le proprie conoscenze, ad interessarsi all'Esterno, agli altri popoli, alla storia. Sono d'accordo con lei, e penso che se questo quattordicenne è veramente così ignorante e disinteressato a tutto ciò che non riguarda amici e musica, la responsabilità sia da ricercare nei genitori. Genitori che non gli hanno insegnato a "ragionare", e costruirsi da solo, che hanno fatto in modo che il loro bambino crescesse sempre protetto e accontentato e, nascondendosi dietro a questo obiettivo si sono rifiutati di esercitare l'autorità. Ma anche adesso che si sono accorti, contrariati, di quale sia stato il risultato, non fanno ancora niente per migliorare questo ragazzo e il rapporto con lui, rifugiandosi in un "purtroppo adesso è già tardi per costruire una condivisione del nostro mondo unico" perché probabilmente lui non accetterebbe proposte diverse dal suo modo di pensare.
Secondo me esiste da sempre un distacco generazionale, penso che sia normale un'interruzione della comunicazione tra adulti e giovani. Ci sono interessi divergenti, diversi modi di vivere. ogni età ha ai propri impegni, problemi e le proprie priorità, e oggi lo sfondo sociale è diverso da quello che c'era quando erano giovani gli adulti di oggi.
Non sono però d'accordo con la giornalista Aspesi quando afferma che i giovani sono prigionieri di ciò che è bello, in uno scenario insignificante e vuoto. Vedo ragazzi che, pur interessandosi di musica e computer, hanno acquisito valori che non consistono solo in ciò che viene detto in TV, o da celebrità, valori più profondi, che anche se spesso vengono tenuti nascosti contribuiscono ad arricchire diverse personalità.
I ragazzi intervistati si difendono dalle accuse, che arrivano soprattutto dai genitori, di chiudersi in un mondo a parte, apparentemente vuoto, sostenendo che essi dicono così proprio perché si sentono esclusi da questo mondo, formato soltanto da uno schermo e da un mouse, non capiscono quando vedono i figli estraniarsi in "qualcosa" di virtuale, con un loro nuovo linguaggio di abbreviazioni, inglesismi e "parole strane".
E' comprensibile la loro delusione di fronte ad un figlio che preferisce raccontare la sua vita ad una tastiera piuttosto che a loro, però, mi raccontano molti coetanei, la maggior parte di questi "adulti disperati" non ha mai fatto niente per cercare di cambiare questa situazione.
A volte veniamo etichettati come branco, soggetti annegati nel lusso a cui importa soltanto riuscire ad appartenere ad uno scenario vuoto, dove tutto è basato sull'apparenza. Sinceramente non mi riconosco in questo gruppo, ed essendo io una giovane d'oggi e vivendo a contatto con gli altri come me, vedo che ognuno di noi ha qualcosa di speciale, importante, e non siamo assolutamente vuoti come ci definiscono. Superficiali, dicono. Ma io penso che le persone superficiali siano proprio quelle che hanno deciso che siamo così, che ci giudicano solo per come appariamo, senza perdere un minuto del loro tempo per verificare se sia vero, per guardare un po' più in fondo alla nostra persona, spesso ricchissima.
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