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Il cuore della buona novella consiste in una serie di eventi storici ( nascita di Gesù, morte e resurrezione) tramite i quali si è compiuta la rivelazione salvifica. Il cristianesimo è dunque una religione storica perché si basa sul riconoscimento di avvenimenti storici. Per molto tempo, fino al XIX secolo, la storia dell'interpretazione si è mantenuta su un unico terreno dogmatico, dal 1800 in poi, si sviluppa la critica esterna ed interna del Nuovo Testamento. Si ritiene che l'analisi puramente letteraria non può rispondere in maniera adeguata a molte domande, si devono affinare i metodi di ricerca e inserire il testo nell'ambiente originario in cui esso nasce. Oggetto di ricerca diventano allora : la conoscenza storica del contesto ambientale, la genesi del testo e la fisionomia dell'autore.Oggi non si nega l'esistenza storica di Gesù e l'attenzione della critica si è spostata su altri punti, essenzialmente tre. Una corrente pensa di poter separare nei documenti le parole e i fatti autentici di Gesù dalla presentazione che ne ha fatto la Chiesa nascente. La seconda corrente ritiene che ogni ricerca su Gesù storico è vana perché fede e narrazione, storia e fede sono strettamente intrecciati. La terza ritiene che i Vangeli, essendo il rigetto del mito, non solo permettono ma esigono la ricerca di Gesù storico. Il problema è quindi nel rapporto tra Vangeli e storico e non tra Vangeli e la storia.
La diffusione del cristianesimo in epoca imperiale si realizza per il concorrere di vari fattori :la facilità delle comunicazioni, l'affermarsi della borghesia, la decentralizzazione che recava con sé una più equilibrata rete di commerci e di scambi.
I romani, fin dai primordi della loro storia furono coscienti dell'importanza delle comunicazioni e particolarmente delle strade.Nel II secolo la rete delle comunicazioni e del traffico raggiunge il massimo grado di estensione ed efficienza. Nel secolo successivo e nel Medioevo essa si restringe ed arretra.
L'operosità dei porti, la sicurezza dei viaggiatori, l'intensità dei traffici dalle terre più lontane, permisero e facilitarono la missione cristiana che si estese gradualmente da un capo all'altro dell'impero e in direzione dell'Oriente.
Gli spostamenti avvenivano più facilmente per mare, più lenta era la navigazione fluviale. Per terra la rapidità degli spostamenti o dei trasporti dipendeva dai mezzi usati: il cavallo permetteva di percorrere 150-200 Km al giorno, a piedi si percorrevano 30-40 km. Un tale stato di cose rappresentava una condizione ideale per lo sviluppo universale degli scambi e delle relazioni umane; si connetteva con la vita 757g66h politica, sociale, economica e religiosa dell'impero.
CAP II L'IMPERO ROMANO E LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO
Dopo le crisi che avevano scosso il principato nella seconda metà del I secolo, Nerva introdusse un nuovo sistema di successione al vertice dell'impero : l'imperatore sceglieva il successore nell'ambito del senato e lo adottava come figlio. Ciò soddisfaceva le ambizioni dei senatori, le pretese dell'esercito e rispondeva meglio alle molteplici esigenze dei tempi. Da quel momento gli imperatori non furono solo d'origine italiana, né nobile o borghese, ma ebbe spazio anche l'aristocrazia provinciale. Inoltre era preservata la possibilità che fossero veramente i migliori uomini a governare, secondo i principi indicati dai filosofi. La lingua greca divenne un vincolo che legava le élites della società e dava uno slancio nuovo. Questo programma umanistico urtò però contro crescenti difficoltà interne ed esterne e non poté prevalere. Sulle frontiere a nord-est l'esercito romano dovette impegnarsi in aspri conflitti contro i Marcomanni, non più contenibili dalla metà del III secolo. Inoltre si fecero presenti nuovi fenomeni sociali ed economici : l'affermarsi della borghesia si accompagnò al processo di romanizzazione delle province e di conseguenza ad un rapida decentralizzazione.
Roma, centro del mondo e del commercio, durante il II secolo, perse importanza; le province si resero autonome; gli scambi cominciarono ad avvenire in tutte le direzioni. Molte furono le conseguenze : la riduzione delle distanze a cui furono inviati i prodotti, la crescente importanza dei mercati locali. Nel III secolo poi inizia il lento disgregarsi dell'unità dell'impero.
La religione cristiana si proclamava sopranazionale ed universale, quindi si spingeva sulle vie del mondo per evangelizzare le nazioni, e la induceva a rivolgersi a tutti gli uomini e ad ogni uomo. Le religioni pagane a quel tempo erano un conglomerato di culti locali e regionali, divinità romane, riti indigeni. Nell'intrico di tanti fenomeni religiosi si facevano luce tendenze sincretistiche che associavano o fondevano culti indigeni con culti stranieri o con speculazioni filosofiche. Il giudaismo si chiuse in se stesso, non si preoccupò di fare proseliti ma di custodire e rafforzare internamente le proprie tradizioni.
Il cristianesimo rifiutava invece ogni forma di sincretismo, coniugando con il vangelo le culture diverse, impregnando del suo messaggio le civiltà con cui viene a contatto.
Le vie del traffico e del commercio costituirono un tramite efficace per far conoscere il cristianesimo ma fu necessario scegliere dei centri abitati come basi e punti di irraggiamento. In molte città commerciali, a causa della diaspora, viveva un grandi numero di Giudei; grazie a loro si diffuse l'Antico Testamento in ampie zone. Le aree cittadine sono quindi le prime ad essere evangelizzate, anche perché, secondo alcuni storici, concorreva a soddisfare il " bisogno di appartenere" di abitanti soli, sradicati : membri di tribù, contadini venuti in città alla ricerca di lavoro, soldati smobilitati, schiavi liberati.
Per altri storici la claustrofobia e le tensioni di una vita condotta in una cerchia troppo ristretta e soffocante furono i motivi che resero l'uomo infelice e alla ricerca di nuove vie di carattere religioso, rispondenti alle sue esigenze più profonde.
Il Vangelo è recato alle nazioni partendo da Gerusalemme, dalla Palestina e dalle regioni limitrofe.Una delle prime vie , la " via del mare "collegava la Palestina con l'Egitto; cominciava ad Alessandria D'Egitto e raggiungeva l'Ellesponto, transitava per molte città, toccava il Bosforo, incrociava la via Egnatia che portava a Durazzo sull'Adriatico. Da Tessalonica un'altra via si dirigeva verso Atene, oltre il Canale d'Otranto a Brindisi finiva la Via Appia che conduceva a Roma. Proprio lungo questo grande itinerario terrestre e marino si prova l'esistenza della stragarande maggioranza delle comunità cristiane. Si possono individuare tre grandi direzioni verso cui si espande il cristianesimo, coincidenti con strade di traffici e di viaggi.
La prima ad est raggiunge la Mesopotamia e prosegue verso l'Estremo Oriente : la grande pista che collega l'Occidente con l'Oriente. La seconda direzione punta a sud-ovest : la navigazione marittima verso l'Africa del Nord si affianca ad una via terrestre da Alessandria alle Colonne d'Ercole. La terza direzione si volge a nord-ovest : via marittima che tocca varie isole, l'Italia centromeridionale, la Spagna, la Gallia, Lione.
Tra la fine del II secolo e l'inizio del III, avvengono molti fatti che contribuiscono a mutare l'assetto dell'impero e si ripercuotono sulle vicende del cristianesimo. Nell'Europa centrale ed orientale riprendono più insistenti i movimenti migratori verso Ovest e Sud dei barbari. Scoppia una rivolta in Egitto; in Africa le tribù maure mettono a prova i contingenti militari romani; riprende il brigantaggio, riappaiono sul mare i pirati. A Roma le guerre intestine provocano la guerra civile. Si delineano gravi mutamenti. Sul piano politico l'esercito accresce il suo potere: la carriera diventa ereditaria e può nominare l'imperatore.
La figura del capo della civitas si riveste di sacralità, l'appellativo dominus si trasforma in deus. Si rafforzano le strutture centrali e la corte acquista un posto di rilievo, diminuiscono le prerogative del senato.
Scoppiano difficoltà sul piano economico : le entrate fiscali non riescono a coprire le uscite. Il denaro perde valore, aumentano le imposte. Ne consegue un forte impoverimento, una disastrosa inflazione. Le crescenti difficoltà spingono i contadini in città in cerca di lavoro e ciò aumenta il fenomeno del parassitismo. La concessione della cittadinanza romana universale nel 212 appare come una contropartita per contrastare le molteplici tendenze disgregatrici, l'indebolimento delle credenze religiose tradizionali.
La rete di comunicazioni rivelò tutta la sua debolezza , costituiva infatti un grave peso per il denaro pubblico; così le meravigliose vie commerciali rimasero deserte, i trasporti si ridussero, il volume d'affari si contrasse e molte aziende commerciali andarono in rovina.
La diffusione in questo periodo del cristianesimo si fa da estensivo ad intensivo ed accelera. La religione non è pi favorita dal prosperare degli scambi ma dal loro contrasti. Le stesse condizioni storiche privilegiano ed agevolano l'azione evangelizzatrice. Le vie secondarie diventano i tramiti usuali.Per molte chiese si opera un processo di consolidamento. Un orizzonte più limitato sembra spingere i cristiani ad irraggiare il loro credo presso aggruppamenti più piccoli e dispersi, a partire dai centri costituiti in precedenza.
CAP III IL MONDO ELLENISTICO-ROMANO DI FRONTE AL CRISTIANESIMO
Prima della fine del II secolo i cristiani permeavano interamente la società del loro tempo : frequentavano il foro, il mercato,le terme, le officine, gli ostelli, le fiere e altri luoghi di commercio: navigavano, prestavano servizio militare, si dedicavano all'agricoltura o alla commercio.
Plinio il Giovane indirizza a Traiano una lettera in cui si chiedono direttive sul modo di trattare i cristiani. Un numero preoccupante di procedimenti giudiziari contro i cristiani erano infatti in atto nella provincia del Ponto e della Bitinia.
I cristiani si rifiutano di venerare l'immagine dell'imperatore e i simulacri degli dei pagani, si riuniscono in giorni stabiliti per compiere pratiche religiose e comunitarie contro l'osservanza che proibisce associazioni e sodalizi, ma hanno un comportamento irreprensibile : non compiono alcun crimine, furto, ladrocinio, adulterio, non mancano alla parola data. La risposta di Traiano è inequivocabile : se il cristiano ritratta e invoca le divinità romane sarà perdonato. Solo cento anni dopo Tertulliano metterà in rilievo l'incongruenza di tale rescritto imperiale, il fatto di punire il solo nome cristiano si oppone ai principi del diritto penale romano, come contrasta la procedura della tortura non per strappare una confessione ma per ritrattare la professione di una fede. Sia Tacito che Marco Aurelio considerano i cristiani dei fanatici; Luciano rimprovera i cristiani di essere creduloni e superstiziosi. La polemica si amplia e si affina con Celso che rivendica l'indiscutibile superiorità del pensiero filosofico e religioso dei greci, accusa i cristiani di abbracciare una fede irrazionale ed incontrollata, di essere nemici del logos, oppositori accaniti della paideia. Gesù è considerato un ciarlato e un imbroglione. Sul piano civile i cristiani sono accusati di abbandonare una tradizione antica e gloriosa, rinnegano il nomos, termine che designa non solo la legge, ma i principi riconosciuti, i costumi sociali, le pratiche religiose stabilite. La condanna si volge al cristianesimo non perché introduce novità inaudite, ma perché non è antica.
I cristiani non seguono i veterum instituta, il mos maiorum e quindi, secondo i pagani, si isolano politicamente e religiosamente. Disconoscere le antiche istituzioni era disconoscere il carattere sacro della civitas, sede degli dei che ne sono i protettori; è rifiutare di prestare il culto dovuto sia nel senso religioso che civile. Per la mentalità pagana il cristianesimo negava un elemento centrale su cui l'impero aveva fondato la sua costruzione : l'identificazione tra la sfera politico-civile e la sfera religiosa; elemento a cui l'impero pretendeva il consenso dei cittadini. L'imperatore che è anche pontefice massimo è la chiave di volta dell'unità di un popolo costituito da gruppi umani diversi. La missione dei cristiani mette in pericolo le tradizioni religiose dei vari popoli dell'impero e della patria romana. Rifiutare il nomos vuol dire respingere la parte più significativa della tradizione degli antenati, andare contro una norma giuridica intoccabile, espressione della loro collettività. L'urto è essenzialmente politico anche perché la religione interessa ai responsabili della cosa pubblica solo per i suoi riflessi politici e sociali. I cristiani sono accusati di essere atei ed empi; le due incriminazioni loro rivolte sono il crimen religionis e il crimen maiestatis.
Uno degli atti più significativi dei pagani era l'offerta di incenso all'immagine dell'imperatore, l'atto di una cerimonia puramente formale. Ciò che importa è compiere i riti minuziosamente indicati secondo le norme imposte. Al cittadino non era richiesta un'adesione interiore, non si chiedeva di rinunciare alle proprie convinzioni religiose, purché non si negasse l'omaggio richiesto alle divinità e non si respingesse le formalità ufficiali. I cristiani consideravano gli dei falsi e respingevano tali omaggi. Nelle culture pagane, sia quelle orientali che quella greco-romana, lo stretto le game tra regole e costumi della società e religione, ossia tra la sfera della vita civile e la sfera religiosa non lasciava spazio ad una visione soggettiva del giudizio morale. Anzi, rinnegare una norma o un dovere, la cui osservanza è considerata necessaria per la sopravvivenza e la coesione della società, è ritenuto una grave frattura del tessuto sociale, da sanare con una grave punizione.
E' con il cristianesimo che si afferma invece l'autonomia della coscienza, la libertà che riconosce il valore di ogni singolo, il riconoscimento che nell'uomo vi è qualcosa che si sottrae ad ogni ingerenza umana, anche a quella della res pubblica. La visione politica e la prassi dell'impero romano non ha tollerato e riconosciuto alcun diritto alla coscienza individuale di manifestare convinzioni diverse da quelle ufficiali.
In un primo tempo, quando la religione non era molto nota, si diffondono maldicenze, calunnie e poi vere e proprie accuse, a causa di fraintendimenti di parole e di gesti di culto. Si accusano di adorare una testa d'asino e i genitali dei sacerdoti, di praticare magie di essere ignoranti ed incolti, di credere in assurde dottrine concernenti la fine del mondo e la resurrezione.Le risposte degli scrittori cristiani e la conoscenza più approfondita da parte dell'ambiente, mostrano l'inconsistenza di una parte delle accuse e delle critiche dell'opinione pubblica; altre rimangono e si rinvigoriscono : si pensa che i cristiani siano la causa delle sciagure dell'impero, gli dei traditi manifesterebbero sdegno e vendetta. L'immagine che i pagani hanno dei cristiani è univoca : la loro presenza nell'ambito della società è talmente negativa che meritano di esserne esclusi. La superstizione, la credulità, l'ignoranza, l'ostinazione, la cocciutaggine non sono che i frutti di una fede considerata sorda alle esigenze e ai risultati della ragione, al logos
CAP IV LA REAZIONI DEL POTERE POLITICO E LA RISPOSTA DEI CRISTIANI
Le autorità romane cercarono in tutte le maniere di riportare all'ordine e alla religiosità ufficiale i cristiani: dapprima si sforzarono di farlo in maniera non-violente attraverso la legge e la persuasione e poi ricorrendo alla violenza e alla tortura (ad es:lettera di Plinio G. ma anche le "passioni" dei martiri).
Tuttavia l'autorità percorse anche un'altra via: quella dell'indulgenza.Nel III sec infatti, sotto Alessandro Severo, Filippo l'Arabo e Gallieno la missione cristiana non fu per nulla ostacolata.
Resta difficile individuare i motivi che indussero l'autorità a comportarsi così: forse il risultato non soddisfacente e in certi casi controproducente dell'azione intrapresa, giacché, se una parte i fedeli sotto l'urgere delle minacce e dei supplizi ritornava sulle sue decisioni, se altri erano fisicamente eliminati, ciò nonostante moltissimi perseveravano nel loro proposito.Se il III sec fu tutto sommato favorevole, il II alternò periodi di tolleranza e periodi in cui l'opinione pubblica chiese a gran voce persecuzioni.Questo accade soprattutto sotto Antonino Pio, per poi cambiare radicalmente nel periodo di regno di Comodo, almeno al vertice.
Infatti se alla base le popolazione ei governatori delle provinciali sentono il peso di un ostilità crescente e spesso violenta, l'imperatore dà sfoggio di tolleranza e favore assegnando cariche importanti a cristiani.(vd Eusebio di Cesarea).
Molto si è anche discusso quali basi giuridiche i giudici applicavano per la condanna dei cristiani; ci sono 3 teorie
1)la prima evoca l'esistenza di una legge speciale anticristiana
2) secondo questa i magistrati avrebbero applicato leggi per la tutela dell'ordine pubblico( ius coercitionis)
3) i cristiani sarebbero stati processati e condannati come rei di delitti comuni(lesa maestà)
Anche se comunque il tutto riconduce al rifiuto opposto dai cristiani di tornare al mos maiorum romana.
Tuttavia dopo i regni di Adriano e Comodo, il III sec la situazione si fece travagliata e pericolosa:Settimio Severo promulgò un editto generale (202) avrebbe vietato il proselitismo giudaico e quello cristiano e colpito l'attività missionaria. E' sempre Eusebio di Cesarea che ci informa di qualche episodio isolata e non troppo importante nei regni di Caracolla e Eliogabalo si apre un periodo di pace e tolleranza che da Alessandro Severo arriva fino a Filippo.
Un nuovo edito generale di Decio tendeva poi a esercitare un rigido e accurato controllo politico e religioso su tutta la popolazione. L'accuratezza delle disposizioni e la loro estensione universale non permetteva alcuna scappatoia. L'intento di Decio dovette probabilmente essere quello di far rientrare ogni movimento capace di minare la coesione dell'organismo romano.
Il periodo successivo, e fino ai primi anni del IV secolo, fu segnato da due momenti di repressione: il primo, limitato a Roma, fu quando Treboniano Gallo (253) ordinò l'arresto e l'esilio del vescovo della città.
Il secondo momento di persecuzione, più grave ed esteso, ebbe luogo a cominciare dal quarto anno di Valeriano (257) : l'imperatore, dopo un periodo di tolleranza, spinto da un consigliere, emanò una serie di provvedimenti per colpire i responsabili delle chiese, chierici, vescovi, presbiteri,etc.
Nel 258 un nuovo editto aggravò le disposizioni anticristiane: oltre alla gerarchia ecclesiastica, furono presi di mira i fedeli appartenenti alla classe dirigente e facoltosi della società
Successivamente l'opera di restaurazione, iniziata da Gallieno, Aureliano, Probo trovò in Diocleziano un geniale continuatore. Egli intendeva rilanciare la concezione tradizionale e quindi scontrarsi con il cristianesimo.
Alcuni fatti di tolleranza e di insuccesso dovettero convincere Diocleziano che il cristianesimo fosse di impedimento alle riforme tradizionaliste che egli aveva in mente, per cui operò alcuni provveddimenti repressivi.
Dal 3030 al 304 si susseguirono 4 editti:
1)è proibito il culto cristiano, sequestro dei libri e degli oggetti sacri, distruzione degli edifici sacri, perdita di alcuni fondamentali diritti giuridici
2) il secondo editto ingiungeva che tutti i responsabili di chiese fossero imprigionati e con ogni mezzo costretti a partecipare ai riti pagani
3)il terzo prevedeva la libertà per tutti quelli che sacrificassero agli dei, e se si rifiutavano tortura e morte
4)il quarto infine colpiva l'intera plebs Dei, prescrivendo a tutti di offrire sacrifici agli dei, sotto pena di morte.
Pur dovendo osservare che la persecuzione non dappertutto e non sempre in quel periodo ebbe la medesima intensità ( in tono molto minore in occidente), essa nondimeno mise a dura prova la chiesa, nei suoi membri e nella sua organizzazione.
Come abbiamo visto l'atteggiamento del cristiano dinanzi alla persecuzione è innanzitutto quello di docilità e di ubbidienza a ciò che gli appare un momento del piano misterioso di Dio.In una visuale ignota all'uomo antico, la vera alternativa era tra la fede in Cristo e l'idolatria, tra l'accettazione della signoria dell'unico Dio vivente e l'accettazione del servizio di altri signori che si ponevano come veri e propri idoli.La lezione dell'Antico Testamento, ribadita dal Nuovo, era ben presente nell'animo del cristiano antico: non si doveva invertire il rapporto Dio-creatura e , negando Dio, popolare l'universo di sue immagini sfigurate.
Il punto principale è rappresentato da Cristo: egli viene proclamato kyrios e maestro; e da ciò derivano due conseguenze:la prima consistenza nella necessità il proprio servizio elusivamente al vero e unico Signore.La seconda nella esigenza di riporre ancora nel signore la piena fiducia e di seguirne la via.
Il martire infatti cerca di conformarsi interamente alla figura del Maestro, sia nella testimonianza della sua fede dinanzi alle autorità costituite, sia nelle tribolazioni che, nella maggior parte dei casi, conduce alla morte. E ciò che è utile notare che l'affermazione positiva della sovranità di Cristo è la radice da cui nasce il rifiuto del potere umano idolatrico. E da qui nel suo martirio afferma pubblicamente la sua fede davanti al magistrato e davanti al pubblico pagano che assiste. (vd Eusebio).Molto importante è comunque l'effetto che il martire provoca all'interno della Chiesa.Innanzitutto la sua stessa vicenda ricorda che la sofferenza è un momento essenziale della vita ecclesiale."Il martirio è perfezione (Teleiotès) non perché fine (telos) della vita dell'uomo, ma perché mostra l'opera perfetta dell'agape. (Clemente di Aless.)L'atto del martire ha una sua consistenza e un suo significato non solamente rispetto al mondo e alla Chiesa, ma anche rispetto all'uomo nella sua individualità. E il martire testimonia la propria fede e afferma una dimensione di libertà non tanto a parole, quanto con la vita e il convincimento che lo porta al sacrificio estremo.Occorre sottolineare come la concezione cristiana di libertà è aprirsi a Cristo e liberarsi dal male e dalla corruzione di esso. Ci sono varie interpretazioni sul concetto di libertà (Tertulliano, Minucio Felice, etc), ma dinanzi all'oppressione della storia, che si incarna in mentalità e ordinamenti totalizzanti, nascono forme di resistenza nel nome di Dio.
Altrettanto significativo per comprendere il loro comportamento è considerare la riflessione cristiana sull'origine e la natura del potere politico. Già Pietro espone una concezione che forse vuol opporsi all'avversione giudaica ( e giudeo-cristiana) verso l'impero romano o , più probabilmente, a tendenze anarchiche non estranee nelle comunità di gentili convertiti.Il significato è chiaro "ubbidire all'autorità politica, in quanto è munita di un autorità divina, perché essa esiste per difendere la giustizia.E' il fine giusto dello stato civile che gli dà un carattere sacro." .
Questo ritorna anche in autori successivi: la potestas a seguito del peccato dell'uomo e il terrenum regnum è stato stabilito da Dio perché i gentiles, temendone l'autorità, frenassero la loro ingiustizia.
Tuttavia si è visto come, fina dai tempi di Gesù, si adotti un atteggiamento neutro, se non positivo, verso l'autorità e verso i diritti che essa esercita su chi vi è sottoposto, svolgendo il suo compito.IL riconoscimento di tali diritti sembra costituire la base stessa del consorzio in cui l'uomo, secondo il disegno divino, si trova ad essere; un atteggiamento che tende a distinguere il "politico" dal "religioso", pur non generando alcun contrasto nell'uno e nell'altro e ,tanto meno, alcuna incompatibilità."Il dovere di ogni cittadino è partecipare alla società " (Tertulliano).
Ne deriva una concezione originale del potere imperiale, considerato legittimo nel suo ordine, ma privo di valore propriamente religioso, concezione che si differenzia, non solo dal carattere sacro della città antica, ma anche dall'idea teocratico di quei giudei che identificavano il regno messianico con sistemi politici terreni ritenuti in grado di liberare Israele.
CAP V LE COMUNITA' ECCLESIALI
Sicuramente uno degli elementi sociali più importanti dei primi secoli furono le comunità ecclesiali.Fin dal I-II secolo le comunità cristiane presentavano una composizione assai variata, che elimina qualsiasi frattura o separazione di ordine sociale o economica.Il messaggio trasmesso è quello di unità, fondata su un elemento religioso, la fede in Cristo
A cominciare dal III secolo la Chiesa delle origini e quella dei primi martiri sono considerate dei modelli ideali, se non perfette.Le comunità cristiane antiche sembrano essere un segno per il mondo circostante (non un progetto sociale) innanzitutto a motivo della loro stessa composizione, la quale rompe la stratificazione consolidata di una società in certo modo irrigidita.Insieme ad una variazione di tipo sociologico, le comunità cristiane fin dal termine del II secolo e poi lungo il corso del III erano state interessate da un altro profondo mutamento.Mentre in un primo tempo ciò che, nell'opinione e nell'accusa dei pagani colti, divide la loro concezione della vita da quella cristiana è la differenza tra loghismos e pistis, tra convinzione ragionata e fede cieca; successivamente i credenti avvertono lo stacco, risalgono la china, attrezzandosi a difendere la loro causa con il ricorrere alla ragione e alla filosofia.(vd Atenagora, Origene).
Il "Corpo di Cristo", in altre parole, il "sociale ecclesiastico" rivela per il cristiano in modo anticipativi e profetico, nella storia, l'utopia, diviene il luogo per un dialogo con Dio-persona e con gli altri-persona. Ora anche Agostino rende manifesto che l'Unitrinità è una dichiarazione del molteplice, il quale trova la sua espressione misteriosa, nei modi però della storia della Chiesa.In tale prospettiva come la stessa composizione sociale della comunità così la qualità della sua vita ha significato e risalto.Lo spirito della varie Chiese locali può essere riassunto: la radice dalla quale scaturiscono le molteplici manifestazioni della vita ecclesiale è l'amore; l'essenziale consiste pertanto in un rapporto relazionale con Dio, in quanto Padre, Figlio, Spirito Santo, e con gli altri , in quanto fratelli. E da qui si vede come i cristiani non aprono un nuovo stile di vita per abitudini,etc ma instaurano rapporti umani profondamente rinnovati con il mondo esteriore ed entro la Chiesa.
Altro fenomeno interessante della vita di quel tempo è la differenza tra evergetismo e carità.
L'evergetismo era un fenomeno di elargizioni in cambio di servizi vari o giochi.Si è cercato di spiegarlo considerandolo nei suoi aspetti economici come un processo di ridistribuzioni del "reddito nazionale" e da qui il nascere dell'evergeta, l'homo oeconomicus; il benefattore per il prestigio sociale.Notevole differenza invece distanzia questo fenomeno tipicamente romano dalla carità cristiana.Infatti ciò verso cui è attratta l'attenzione dei cristiani non è un oggetto ma un soggetto: l'uomo stesso.Da qui la gerarchia dei valori, su cui si fondava la possibilità e l'ambizione di distinguersi dagli altri tramite il denaro, è capovolta, perché il punto di riferimento è Dio.
Un tale tipo di visione delle cose, per il fatto stesso di tendere ad attuarsi nel seno delle comunità ecclesiali, mi risulti quale esplicita proposta di nuovi valori, centrati sul perfezionamento religioso e morale dell'uomo e tacita protesta rispetto ai valori condivisi generalmente dalla società del tempo, come è stato scritto, sia nella forma che nella sostanza . Una congregazione cristiana era una comunità in un senso molto più pieno di quanto lo fosse qualsiasi gruppo religioso corrispondente: i suoi membri partecipavano agli stessi riti, sapevano di trovare un appoggio premuroso nel momento del bisogno e soprattutto sentivano d'essere membra dello stesso corpo, in un senso ben più che formale. Questo doveva esercitare una forte attrattiva soprattutto per gli abitanti delle grandi metropoli.Infatti il senso di appartenenza che le comunità cristiane manifestavano mediante la fusione di elementi diversi che prima di entrarvi erano stati estranei o in lotta tra loro, doveva esercitare un'attrattiva grandissima anche tra i non sradicati, che pur pativano d'altri mali.
Il punto di partenza delle formule più antiche che compendiano la catechesi morale è l'adesione a Cristo; il centro è costituito da un programma di vita fondata sulla "regola d'oro", vale a dire sul duplice comandamento dell'amore di Dio e del prossimo.Tuttavia nella discussione che si apre nei secoli tra Cipriano e Origene ,lo scarto non è tanto costituito dal passaggio tra il regime della comunione dei beni e il regime del dono quale strumento idoneo a ristabilire una partecipazione delle sostanze e quindi una certa giustizia; ma consiste nella caduta della tensione spirituale e umana, nella rinuncia a concepire e a vivere la socialità come apertura verso tutti e pertanto i una dimensione "profetica".
CAP VI MODI E LIMITI DI UNA PRESENZA CRISTIANA NELLA SOCIETA' TARDOANTICA
Il punto focale pare non risedere nel valutare i modi in cui paganesimo e cristianesimo si confrontarono e i risultati di esso, ma nel considerare se, in qual misura e in qual forma l'esperienza cristiana, che è di natura religiosa, si sia riflessa e abbia inciso sul tessuto della società.
La chiesa non mette in questione l'ordine dato, ma cerca in primo luogo una soluzione interna dei problemi sociali, cioè entro la sfera di sua influenza: là si tende a creare un effettivo cambiamento della forma mentis.Segno evidente che il cristianesimo non si propone come sistema politico alternativo a quello costituito. E ormai nel III secolo anche gli storici considerano come i cristiani ormai non sono più estranei alla civitas.
Secondo un a anonimo l'essere dei cristiani si può riassumere in 3 ragioni.
1)il testo manifesta in tutta evidenza il profondo legame dell'autore con il complesso culturale e psicologiche della società in cui vive( il motivo corpo-anima, soma-psichè).
gli elementi religiosi richiamati, che caratterizzano la vita dei cristiani e il loro rapporto con il mondo, introducono una visione nuova che tende a porre in evidenza la logica evangelica, diversa da quella del saeculum.
3)Infine il messaggio comunicato agli uomini non è frutto di elucubrazioni e di considerazioni umane ma è un messaggio assolutamente trascendente, è un misterìon che deriva da Dio stesso.
Ora poniamo l'accento su un'altra caratteristica principale del mondo antico e del suo accostarsi al cristianesimo: la schiavitù.Essa è risolta come caratteristica di alcuni uomini che sono ridotti in questa condizione per via del peccato.La vita delle comunità cristiane indica poi come effettivamente alla schiavitù-istituto fosse applicata la legge della carità e dei principi dell'uguaglianza.Nella Chiesa si cominciano pertanto a modificare i rapporti: lo schiavo non ha padroni e il padrone non ha schiavi, perché Dio volle che l'uomo dominasse gli animali e non i propri simili (Agostino). E non è, infine, senza significato che tutto ciò venga delineato fin dai primissimi tempi della Chiesa.
Molto rilievo è dato alla verginità, in particolare quella femminile, visto che era considerata virtù eccellente .E anche al matrimonio.
Sicuramente è un dato di fatto che se l'educazione religiosa dei giovani trova l'ambiente naturale nella famiglia e il sostegno più opportuno e qualificato nell'iniziazione dottrinale impartita dalla Chiesa, l'istruzione profana è impartita nelle scuole di tipo ellenistico tradizionale.
IL cristiano può e deve rendere il servizio alla civitas e arruolarsi nell'esercito ?
Possiamo dire che , fino all'età dioclezionaea, la cosa non creò problemi.Tuttavia successivamente , dopo le persecuzioni, scaturisce l'obiezioni di coscienza non soltanto in opposizione all'idolatria, ma anche come rifiuto del servizio militare, inteso quale istituzione intrinsecamente funzionale alla violenza.
In questo periodo tuttavia, all'interno della grande chiesa, c'erano diversi movimenti di pensiero, in particolare due:lo gnosticismo (da concezioni ispirate al dualismo) e il millenarismo (forme esasperate d'attesa escatologica).
Il primo si basa su un dualismo ontologico, su un antagonismo irriducibile tra la luce e le tenebre, il bene e il male.Una siffatta visione si oppone alla concezione corrente che del mondo avevano i pagani, come pure risulta inconciliabile con i dati basilari del cristianesimo: da un lato infatti rinnega l'immanenza greca del divino nell'universo e dall'altro la dottrina biblica della creazione e del governo del mondo da parte di Dio. Gli gnostici condannano il mondo ed escludono dalla salvezza tutto ciò che appartiene alla materia, uomo compreso.
L'indifferentismo verso il cosmico impedì di opporsi alle potenze di questo mondo ma anche di non impegnarsi in qualsiasi impresa terrena. Lo gnostico è l'uomo che si pone fuori dalla civitas perché mette in sordina tutti i rapporti con le cose del mondo,mantenendo una cauta distanza da esse.
Altri movimenti che scaturiscano dalla Chiesa,per il loro radicalismo accentuato, creano molte difficoltà a livello politico alle autorità dell'impero. La radice di tali tendenze si può trovare prima di Cristo ( Daniele ), nel II secolo a.C., poi nel I secolo a.C.( Occupazione di Gerusalemme ), nel I sec. D.C.
Nel medesimo periodo si diffonde la dottrina millenaristica, caratterizzata dalla credenza giudaica nella venuta del Messia e dalla fede cristiana nel ritorno definitivo di Cristo. Consiste nella certezza di un regno glorioso e temporale ( mille anni ) retto da Cristo per il godimento materiale e spirituale di tutti i santi risuscitati. Dei manifestano una tensione spasmodica verso un regno messianico .
La profezia di Montano mette l'accento sul ritorno di Cristo, sulla discesa della Gerusalemme celeste in un punto preciso della terra : la pianura presso il centro frigio di Pepuza. L'attesa di tale evento richiedeva un digiuno rigoroso, la rinuncia al matrimonio, l'accettazione della persecuzione. Il movimento tendeva ad eliminare i compiti del presente, ad annullare gli impegni umani a motivo di una speranza.
Con il primo decennio del IV secolo finisce un'epoca e se ne apre un'altra : muta il rapporto di forze tra paganesimo e cristianesimo, si propongono e si attuano nuove soluzioni per il problema di rapporto tra Chiesa, impero e società.
PARTE SECONDA
CAP VII L'ETA' COSTANTINIANA
A questo tempo il confronto tra paganesimo e cristianesimo giunge ad un punto critico con conseguenze attuali ancora oggi. Si ritiene Costantino l'artefice esclusivo della svolta che conduce l'impero romano dalla politica di persecuzione a quella di tolleranza e poi di privilegio ( 313 ). L'inizio del mutamento si coglie nell'abdicazione dei due Augusti, Diocleziano e Massimiliano e nelle intricate e drammatiche vicende di quegli anni. Fu Massenzio il primo a riconoscere la non riuscita delle persecuzioni e la necessità di conquistarsi il favore e la collaborazione dei cristiani . Con Costantino ( 305 ) la persecuzione si era arrestata.
Il primo atto formale grazie al quale le chiese possono esistere e tenere le loro adunanze fu voluto da Galerio ( 311 ). L'editto esigeva che i cristiani pregassero il loro dio per la salute della res publica. Ne emerge il fulcro della politica religiosa degli imperatori , cioè la difesa dei veterum instituta; e accanto a questa, la considerazione realistica del fenomeno cristiano, la loro grande forza d'attrazione nei confronti di molte folle. La nuova religione ha quindi riconoscimento legale, divenne licita, alla sola condizione che non turbasse l'ordine costituito. La disposizione imperiale ebbe per lo più una favorevole ripercussione in molti territori e là dove le persecuzioni non si erano ancora spente, alcuni pagani vennero in aiuto dei cristiani.
Nel frattempo si era acuito il contrasto tra Costantino e Massenzio; quest'ultimo sconfitto morì.
Nel 313 Costantino si incontrò con Licinio a Milano, tra i due si stabilì un accordo in relazione alle questioni religiose e furono emanate disposizione in senso favorevole ai cristiani. Per alcuni fu Licinio l'effettivo sostenitore della causa cristiana e solo in seguito Costantino sarebbe apparso come l'imperatore scelto da Dio per stabilire la pace della Chiesa.
Nell'autunno del 324 termina il lungo e travagliato periodo dell'ultima grande persecuzione. Massenzio in Occidente e Galerio in Oriente, pur vivendo in contesti assai diversi, avevano preso decisioni analoghe; essi avvertivano controproducente la politica di forza e di repressione, per cui avevano dichiarata legittima la nuova fede. Erano convinti che il fatto cristiano non fosse più contenibile e l'Impero aveva estremo bisogno di conseguire l'unità politica e spirituale radicata su basi religiose.
Ma chi è Costantino? A lungo la critica ha studiato il problema della sua conversione, ma è necessario discernere ciò che è effettivamente autentico e interpretarlo alla luce dei problemi e della realtà del tempo. Molte leggi da lui emanate denunciano il suo intento di appoggiare le comunità cristiane, di concedere loro uno statuto speciale, di introdurre i membri nella vita pubblica. Nel 318 si riconosce ai vescovi una vera giurisdizione, nel 320 la domenica è dichiarata festa obbligatoria , la Chiesa è autorizzata a ricevere donazioni ed eredità.
Dal 319 viene promulgata una serie di disposizioni che introduce nel diritto esigenze d'ordine morale sulla linea del messaggio evangelico: abrogazione delle leggi augustee contro il celibato, sanzioni contro il ratto a scopo di matrimonio, contro l'adulterio della donna con uno schiavo, contro la prostituzione delle ancelle d'albergo,etc..
Per quanto riguarda il versante pagano si avverte una netta chiusura dell'imperatore verso il politeismo tradizionale e le sue manifestazioni anche più antiche e la propensione verso le correnti monoteizzanti del paganesimo.
A testimoniare ciò la costituzione del 319 verso gli aruspici (si proibisce loro di entrare nelle case anche per motivi non religiosi e di fraternizzare con tutte le genti.Tuttavia nel 321 fa una concessione e istituisce un'aruspicina pubblica).
Dalle testimonianze antiche, spesso contrastanti e/o gonfiate, si sa per certo che Constantino non procedette alla distruzione sistematicamente dei templi pagani, ma ne prese di mira alcuni (es:Siria).Ma non si deve dimenticare che così facendo il sovrano andava incontro alle esigenze più profonde non solo dei cristiani ma anche a larga parte dei pagani.
Un altro aspetto saliente della sua attività è il sempre crescente sollecito con cui intervenì anche in questioni interne alla Chiesa.La prima occasione gli fu fornita dalla controversia donanista; essa rappresenta una nuova manifestazione di quel contrasto tra carisma e gerarchia nel seno della Chiesa, che già in tempi precedenti ( metà III sec. In Africa) era emerso.
Costantino designò allora 3 vescovi della Gallia, quello di Roma più un quinto, per formare una commissione arbitrale per definire la questione( in questa e in un'altra occasione i donanisti furono condannati, ma non si arresero, e fu necessario l'intervento dello stesso imperatore ,nel 316, per una condanna definitiva. Questa vicenda sta a testimoniare come le difficoltà inaudite davanti a cui si trova l'autorità nel perseguire uno dei suoi fini con mezzi e interventi che non sempre tengono in conto l'autonomia delle parti.
Fin dall'inizio , insomma, si palesa in tutto il suo intrico la questione di un coordinamento e di una collaborazione tra istituzioni civili e istituzioni ecclesiastiche, tra realtà politica e realtà ecclesiastica. Questa distinzione, non identificazione e neppure separazione, tra l'ambito politico e quello religioso, introdotta dal mondo antico, dal cristianesimo è messa immediatamente alla prova quando la mutata situazione storica vede per la prima una potere, che nel suo vertice, comincia a muoversi e a comportarsi non escludendo la prospettiva cristiana. Un'altra occasione in cui Costantino deve intervenire è nella seconda decade del IV sec. quando un prete alessandrino (Ario) propone una dottrina trinitaria che privilegia assolutamente la trascendenza e l'unicità di Dio e risolve il rapporto Padre-Figlio in senso subordinazionista. Per lui il logos è una creazione del Padre ed è quindi escluso dall'ambito della divinità somma. A causa di ciò deve essere convocato il primo concilio ecumenico:a Nicea nel 325. Ma la crisi ariana, quando il concilio si chiude, è ben lungi dall'essere risolta; e molti altri saranno i casi per cui egli dovrà interporsi con l'obbiettivo sempre uguale di ricondurre le parti alla concordia e all'unità;donde la propensione a cogliere di problemi assai complicati e delicati solo l'aspetto esteriore o personale e a prendere di conseguenza decisioni semplificatorie.
Un insieme di disposizioni , di atti, e di atteggiamenti mostra in maniera inequivocabile il favore con cui Costantino guarda alla Chiesa (Eusebio e Lattanzio). Sembra dunque esatto affermare che l'imperatore non avrebbe acconsentito alla "parità" tra il paganesimo e il cristianesimo.Il secondo appare essere da lui il preferito. E in ciò d'altronde è consistita la sua grande intuizione politica, vista la sua continua ricerca di un grande interlocutore nella Chiesa.Con ogni verosimiglianza l'imperatore vede in questa istituzione ormai diffusa ed affermata in tutto l'orbe greco-romano una forza politica che poteva affiancarsi e servire al suo progetto rivoluzionario di politica religiosa.Il privilegiare la Chiesa ufficiale è del resto è una scelta coerente con il complesso della politica costantinea, anche quella politico-economica.
Ad es. abbandona il denarius per il solidus aureum.Un operazione che, a livello sociale, plasmerà una società diversa dalla precedente, nella quale avranno voce e possibilità i ceti agiati e la burocrazia imperiale. Costantino quindi cerca di trovare il consenso sia tra i cristiani intorno alla grande Chiesa, di cui coglie l'elemento di stabilità e di forza, sia tra i pagani che, superate le forme deteriori del paganesimo, si riconoscevano nella summa divinitas. (ben appropriata l'espressione di Eusebio:episkopos twn ektos, per sottolineare che il suo compito si estendeva sia ai pagani).Ancora più grandiosa appare l'opera di Costantinopoli(330).
CAP VIII POLITICA, TEOLOGIA E SOCIETA'
All'inizio del IV secolo le elargizioni imperiali vengono superate dalle varie donazione.
Frequenti testimonianze indicano l'assistenza ai poveri come uno degli elementi che hanno caratterizzato la vita di comunità.Ed è per questo che, fin dal 319, Costantino si adopera per trasportare in maniera cristiana il fenomeno dell'evergetismo. Oltre che per la sussistenza dei poveri, questi soldi vengono spesi per edifici di culto,ospedali, case di riposo e altre forme di assistenza.
Da questo e dalla situazione sul piano sociale si capisce come esso dà forte impulso alla formazione di un clero che nelle figure dei suoi vescovi entra durante il corso del IV secolo a far parte della classe dirigente. I vescovi infatti aveva come compiti la guida responsabile della comunità di fedeli, il rapporto con i poteri pubblici, l'autorevolezza e il prestigio che erano in grado di conquistarsi presso la popolazione anche pagana, l'ideale che proponeva il Vangelo, faceva del vescovo un protagonista di quel tempo.Non stupisce quindi che la Chiesa fosse divenuta un polo di riferimento per le persone colte e influenti (Ilario, Ambrogio, Agostino, Basilio, Giovanni Crisostomo).
L'organizzazione della Chiesa era talmente efficiente da far concorrenza a quella imperiale.Di Nuovo il cristianesimo si presenta come il più importante cambiamento sociale che si presenta nel mondo tardo-antico;le comunità che ad esso si ispirano sono in un certo modo consapevoli di se stesse e in modo simbolico riconoscono il venir meno dell'equilibrio su cui si reggeva la comunanza pagana tradizionale e ne prendono il posto.In tal modo la Chiesa nel suo insieme diviene la levatrice, non sempre consapevole, di quei mutamenti sociali che indeboliscono il dominio di coloro che le sono rivali.
Tenendo in conto questi motivi si può capire il progresso e la diffusione che il cristianesimo ebbe dopo Costantino.Nel V secolo ormai la Chiesa era dappertutto (Portogallo,oltre Treviri,lungo i confini imperiali del Danubio, Crimea , Armenia, Persia,Arabia, Etisia, Britannia, Irlanda.
La medesima cautela che guida nel tracciare una mappa geografica della diffusione del cristianesimo deve ispirare le osservazioni concernenti i convertiti e i non convertiti, da un punto di vista sociologico.
Lo svuotarsi, anche per la cristianizzazione dell'impero, dei culti ufficiali, aveva fatto riapparire credenze e pratiche religiose ancestrali, che non erano mai del tutto dimenticate.Contro un siffatto substrato hanno a che fare i cristiani; e perciò cresce la difficoltà nel rendere accettabile un messaggio diverso.
Verso la fine del V secolo si comincia a parlare delle prime parrocchie rurali (Martino a Tours).Un po' dappertutto cominciano a spuntare chiese dove una volta c'erano luoghi di divinazione pagane.Oltre all'ambiente rurale c'erano anche la classe senatoria e intellettuale pagana a cercare di ostacolare il cristianesimo. Dopo la vittoria su Licinio (324) Costantino realizza un progetto molto ambizioso: quello di essere il signore, il dominus, il despotès di tutta l'orbe.L'aspirazione, l'esigenza profondamente sentita dell'unità, in un mondo che in maniera sempre più palese mostrava segni di frantumazione, trovava un'espressione grandiosa e da tutti percepita.Pertanto il fatto che nel cielo fosse stato concepito l'unico e vero dio quale monarca del cosmo rendeva maggiormente significativa la presenza sulla terra di un unico monarca dell'oikumhne.E il cristianesimo per la sua visione monoteistica sembra idoneo ad appoggiare questa concezione.Nel nuovo orizzonte la stessa espressione,epistkopos ton ektos, usata da Constantino per definire la sua funzione, diviene estremamente significativa e per l'interpretazione dell'atteggiamento dell'imperatore rispetto alla Chiesa e per la sua posizione di fronte al mondo e di fronte a Dio.Colui che nel seno della Chiesa interpreta e teorizza la visione constantiniana è Eusebio.
In primo luogo il rapporto tra Padre e Logos (rapporto in cui il secondo ha un carattere subordinato) è immagine del rapporto tra il Logos-Cristo e l'imperatore.Vi è quindi una sorta di parallelismo (l'opera di Cristo per il regno definitivo-imperatore).
In secondo luogo come l'impero romano-cristiano è immagine della società cristiana celeste, allo stesso modo è immagine della Chiesa, che è quanto dire l'impero, divenuto regno di Cristo sulla terra, il cristianesimo, divenuto di fatto Chiesa universale organizzata, coincidono, danno adito ad un'identità essenziale, che pure comporta una distinzione di compiti, tra vescovi, nella sfera religiosa, e magistrati, nella sfera civile.Ne consegue che l'imperatore è ornato e dotato degli stessi titoli del Logos-Cristo e soprattutto che è capo della Chiesa ed ha,in quanto vicario , gli stessi poteri dei vescovi.Da qui l'ideologia imperiale delineata da Eusebio- che risente fortemente di schemi platonici e origeniani ( immagine e imitazione- può ben definirsi teologia politica.
L'opera di Costantino contribuisce in maniera determinante a plasmare una società meno rigida di quelle del II e III sec.Anche e a una tale struttura della società corrispondeva un comando assoluto, che spesso non esitava, per raggiungere i suoi obbiettivi, a ricorrere a violenze e brutalità.
L'impero al tempo di Costantino come è assoluto e monarchico nella struttura e nel funzionamento, così è monoteistico nella sua configurazione e nel suo principio religioso.Questo però sarebbe stata la rovina dell'impero romano:abbracciare il cristianesimo, è significato togliere ai popoli il proprio culto, i loro costumi , cioè farsi nemici del genere umano (Celso).
Forse è per questa ragione che i successori di Costantino avrebbero dato appoggio ad un fenomeno come l'arianesimo: il subordinazionismo degli ariani, che riduceva Cristo a un dio di secondo rango, si sarebbe meglio adattato alla concezione che scorgeva uno stretto parallelismo tra monoteismo in campo religioso e assolutismo monarchico in campo politico.
Non altrettanto ben accetta era la questione della trinità.Infatti già nella Chiesa stessa nasceva un travaglio, un malessere, una ricerca destinata a non più spegnersi, che si poneva in continuità con atteggiamenti, gesti cristiani al tempo delle persecuzioni.Un punto in particolare era particolarmente problematico: le realtà politiche o civili erano reimpostate all'interno della Chiesa secondo strutture sacrali, incapaci di cogliere la dinamicità della storia e del vissuto, mentre l'Evangelo esigeva categorie concettuali e sociologiche estremamente dinamiche per essere compreso e attuato.Occorreva sciogliere da un punto di vista teologico il nodo del monoteismo come problema politico. Ci prova Gregorio, poi Agostino metterò di nuovo in crisi la teologia politica dell'impero romano in una prospettiva storiografica e dottrinale.Si rileva però un filone di pensiero, spesso nell'ombra: esso non cede alla tentazione di identificare l'impero con il Regno di Cristo, di vedere l'imperatore dotato degli stessi titoli del Logos-Cristo.
C'è inoltre un ulteriore tendenza, che , come le altre prende spunto da una dottrina,:essa tratta del senso con cui si comprende l'incarnazione di Cristo.Come per il docetismo la più antica delle dottrine che ha rifiutato uno dei punti basilari della fede delle comunità- anche per altre che a vario titolo lo ricusano si può dire che costituiscono tentativi di evasione dal debito dell'azione sociale, connesso con l'incarnazione e con tutta l'attività del Figlio di Dio tra gli uomini; tentativi di separare le opere della fede, la sociologia dalla mistica.Attorno alle dottrine cristologia e trinitaria si enucleano i contrasti, le tensioni della storia cristiana, ma questi vengono risolti: perché la Chiesa impara anche dalla storia a conoscere il proprio rapporto con le istituzioni dell'ordine umano.
CAP IX IMPERO E CHIESA DA COSTANZO II A TEODOSIO
Costantino muore nel 337 e divide l'impero tra i 3 figli (Costantino,Costanzo e Costante) e 2 nipoti (Dalmazio e Annibaliano).Ma ciò non successe mai per l'ondata di omicidi che sterminò la famiglia. E così Costantino II ebbe Gallia, Bretagna,Spagna; Costanzo II Asia minore,Siria, Egitto; Costante le province il liriche,Africa, Italia.
Di pari passo con la divisione dell'impero , anche l'unità e la pace vengono vanificate: oltre le lotte intestine del potere politico si aggiungono anche le lotte religiose tra l'occidente latino e l'oriente greco.
La morte di Costante arrestò un importante opera di conciliazione e riappacificazione religiosa che egli stava tentando per riavvicinare le due parti della chiesa.Rimasto solo Costanzo II , la sua politica ecclesiastica si radicalizza, volgendosi all'arianesimo e perseguitando fermamente sia l'ortodossia che il paganesimo.Vari interventi manifestano con chiarezza il disegno dell'imperatore di estendere la propria competenza anche alla sfera religiosa, quasi a voler riproporre il modello dell'antico impero in cui religione e politica erano un tutt'uno.Nel 360 Giuliano è acclamato, dalle sue truppe augusto, e quando Costanzo va per ucciderlo, muore per violente febbri. Ora l'impero è in mano agli ariani. E' facile delineare il modello politico e culturale a cui si rifà il nuovo imperatore: l'Atene del V sec.
La volontà di Giuliano tende ad abolire il monoteismo (ha abiurato il cristianesimo), con tutte le virtualità che la storia tormentata del IV secolo cominciava a far balenare di fronte all'uomo.Non è quindi strano il rovesciamento della politica imperiale, la quale si esplica in primo luogo cancellando le ingiustizie patite dai pagani, cominciate nel regno costantineo, e realizzando un programma di riforme a vantaggio del paganesimo, concepito nuovamente come religione ufficiale.In secondo luogo si esplica portando un attacco al cristianesimo, con l'intento di annullarlo.
L'imperatore muore nel 363.
Entra ora in carica Valentiniano(364-375), nominato in seguito a un compromesso tra pagani e cristiani, che si mantiene neutro alle dispute teologiche.In un primo tempo fa così anche il fratello Valente(364-378) nella parte orientale, per poi accanirsi contro l'ortodossia.
Nel gennaio del 379 Graziano (375-383) nomina augusto lo spagnolo Teodosio (379-395) con l'incarico di governare l a parte orientale dell'impero più la Dacia e la Macedonia.Il problema dei barbari deve essere affrontato subito: e così l'imperatore ci provò per 3 anni, non arrivando a niente, se non a un riconoscimento legale degli stanziamenti dei visigoti.
Entrambi poi affrontano la questione religiosa, avendo sempre nel cuore l'unità religiosa, ma a differenza dei predecessori, si schierano da parte dell' ortodossia.Nel 380, sotto l'influenza di Ambrogio, Teodosio pubblica l'editto con cui proclama il cristianesimo religione ufficiale dell' impero.Nel 381 ancora Teodosio impone a chi non sia ortodosso di riunirsi nelle città e che le chiese sia date ai cattolici.In quello stesso anno si svolge il concilio ecumenico di Costantinopoli.
In una riunione di vescovi ad Aquileia viene deciso di tenere un processo contro gli ariani.La Chiesa chiede al potere politico che curi di eseguire le decisioni conciliari, ma proclama il proprio diritto di godere della libertà di fronte ad esso.
E da qui che parte una novità di portata incredibile per la concezione del mondo antico: la distinzione tra causa religionis e civilis causa.Ma allo stesso modo bisogna aver presente il travaglio e le incertezze attraverso cui passa, nella realtà concreta, quella distinzione.
Nel 382 la situazione è delicata: Ambrogio spinge sempre di più sull'imperatore Graziano per riprendere la lotta alle resistenze pagane.Ciò sfocia ad esempio nella rimozione dell'altare della Vittoria alla curia ( privare dei privilegi le vestali e i collegi sacerdotali).Ultime e più gravi di una serie di leggi nettamente orientate, tali misure allarmano enormemente i circoli pagani che trovano il loro fulcro in una parte della nobiltà senatoriale di Roma e in particolare in Simmaco.Al di là delle vicende esteriori questa controversia racchiude due diverse concezioni del rapporto religione-politica.
L'altare dinanzi alla statua della Vittoria nell'aula del senato, voluto da Augusto per celebrare la vittoria di Azio, era segno e simbolo del legame, anzi dell' unità delle due sfere su cui Roma dagli inizi aveva fondato la sua storia ed era la prova di fedeltà alla res publica. I cristiani invece, pur obbedendo alle leggi e ottemperando ai doveri di tutti, si dichiaravano sul piano religioso cittadini di un regno che superava e trascendeva ogni realtà umana.
Da qui si capisce bene la richiesta fatta da Simmaco:gli dei sono funzionali alla civitas.Il sincretismo di tutte le fedi e di tutti i riti diviene un presupposto indispensabile per mantenere quella pace che nei secoli iniziali Roma era il sostegno.
Per i cristiani, e Ambrogio lo spiega benissimo, Dio è il centro assoluto e unico da cui tutto discende per poi risalire, dopo aver passato la storia della salvezza.Il progetto di Dio ha una dimensione escatologica, per cui il tempo della storia umana, non trova dunque senso in un ripiegamento verso il passato, ma in un protendersi al futuro, nell'evoluzione continua verso il regno ultraterreno.
Nel 383 Graziano viene ucciso e poiché Valentiniano II è troppo giovane, il potere in Gallia e Britannia viene preso dal generale Massimo fino a che Teodosio non fa fuori l'usurpatore (388).
Molto importante per la storia successiva della Chiesa è che per la prima volta viene condannato a morte un eretico.
Gli anni che seguono la morte di Graziano sono per tutti molto inquieti;si avverte, in un'atmosfera piena di tensione, l'avvicinarsi di momenti decisivi per il prevalere dell'una o dell'altra parte.In oriente oltretutto Teodosio mantiene la volontà di essere neutrale.Massimo appare cristiano solo per farsi bello e per conquistare il potere;Valentiniano è un giovane in mano alla corte di ariani e pagani.
Ma in quegli anni la situazione è incerta anche per un altro fattore.Come è stato osservato, tra il 383 e il 390 l'aristocrazia pagana, socialmente, culturalmente ed economicamente assai agguerrita, combatte la propria battaglia, nella speranza di consolidarsi al potere, con armi apologetiche che scopre in buona parte comuni con quelle usate dagli ariani e dagli ebrei.
Di questo nuovo frangente, provocato dalla lotta intorno alla basilica milanese, dà occasione ad Ambrogio, di esprimere il suo pensiero circa i diritti della Chiesa e quelli della civitas romana.Il vescovo di Milano afferma chiaramente che nelle cose della fede sono gli episcopi a dover giudicare gli imperatori e non viceversa e che la Chiesa non può sottomettersi al sovrano.Una linea questa che intendeva rivendicare la libertà e l'indipendenza della Chiesa nell' esercizio delle proprie funzioni.
Tornando al IV secolo, non si può ignorare anche che anche in Occidente, accanto all'atteggiamento di libertà e di indipendenza che la Chiesa rivendica nelle persone di molti vescovi, se ne profila un altro, meno rappresentato, tendente ad ammettere la supremazia della giurisdizione imperiale negli affari ecclesiastici.
Morti Massimo e Giustina (la madre di Valentiniano II) dal 388 al 391 Teodosio risiede nel palazzo di Milano, riprendendo il contatto il contatto con il vescovo.
Tuttavia succedono due episodi che incrinano il rapporto tra due: i disordini di Callinico e il massacro di Tessalonica.In entrambi i casi il vescovo milanese protesta con veemenza. Teodosio si sottomette:è il primo esempio di un sovrano che riconosce la sudditanza dell' eleggi a più alte che non le sue e di un vescovo che rivendica il potere di giudicare e di assolvere i sovrani non solo per la loro condotta privata, ma anche per i loro atti ufficiali.
Nel 391 l'imperatore proibisce con un decreto ogni forma di culto esteriore pagano nella città di Roma e poco dopo (giugno 391) ordina la chiusura dei templi pagani ad Alessandria e , in ambito cristiano, emana una legge contro gli apostati dalla fede, stabilendo la loro incapacità a fare testamento e a ereditare.
Nel 392 muore Valentiniano e Teodosio proibisce ogni atto di culto pagano, provocando il malcontento della parte pagana ed elegge Eugenio, cristiano, per avere concessioni che il retore, dopo qualche tentennamento concede.Pur cercando di non inimicarsi i vescovi, il nuovo augusto sta misurando le forze in campo e gradualmente si induce a prendere posizione per la parte pagana (ripristino dell'altare della Vittoria).Il momento è politicamente e religiosamente molto teso.
La situazione degenera in modo preoccupante e ci si avvicina allo scontro.Nel 394 c'è lo scontro. Teodosio è il vincitore non solo nell'aspro combattimento, la cui sorte è stata a lungo indecisa, ,a anche e soprattutto del partito pagana.Si chiude un secolo che ha visto capovolgersi la posizione del cristianesimo di fronte alla res publica e alla società. L'alba del sabato santo del 397 muore Ambrogio.
Il primo cinquantennio di questo secolo fu dominato dalla figura di Costantino,dei 50 anni successivi ci furono vari personaggi. Costanzo II sceglie l'arianesimo, in cui il monoteismo neoplatonico ha prevalenza su quello trinitario.Giuliano è pagano. Teodosio e Graziano si adoperano per una società che riconosca una duplice autorità , civile ed ecclesiastica. Per tentare di cogliere il difficile e mutevole rapporto tra fede e società nel tempo che ci concerne è necessario certamente considerare le teologie e le ideologie che ispirano i grandi movimenti. In esse si viene gradualmente a dichiarare come vera solamente la fede della Grande Chiesa.Senza dubbio le vicende degli anni esaminati rendono palesi il travaglio e le difficoltà dei cristiani nel trovare un punto di equilibrio tra l'inserirsi nel mondo senza essere del mondo.
CAP X CRISTIANI E PAGANI DEL IV-V SECOLO TRA ORIENTE E OCCIDENTE
Per quanto riguarda il poter, da Teodosio in poi, è univocamente schierato dalla parte cristiana, ma in modi con cui persegue i fini rimangono inalterati:l' imperatore vuole convertire tutto e tutti con la costrizione e non con la persuasione tanto cara ai vescovi.
I figli di Teodosio, dopo il 395, promulgano un editto che vieta a chiunque di entrare nei templi, di distruggere le arae, di togliere i sussidi ai sacerdoti. Disposizioni queste che sono applicate (specialmente nella pars Orientiis) e che spesso recano seco violenze. Il fatto poi di voler riciclare i vecchi templi pagani per le esigenze cristiane crea gravi tensioni, scontri, episodi crudeli da entrambe le parti.
E' interessante rilevare due dati concernenti la legislazione che dà avvio alla serie degli eventi di cui si sta discorrendo: in primo luogo il fatto che siano emanate e poi applicate leggi di tal genere deriva dal riconoscimento, dato dalla somma autorità, della funzione sociale della nuova religione; perciò l'impero si riserva di usare i propri mezzi perché la fede sia diffusa e sia rimosso ciò che la ostacola. Per la medesima ragione sono concessi sono concessi privilegi alle chiese. Inoltre il legislatore non mira a una conversione interiore delle coscienze, ma a un'adesione formale degli individui, che in tal modo dimostrano la loro sottomissione alla legge.Gli imperatori cristiani percepiscono così pienamente in tema di religione la linea di tendenza tipica del diritto romano anteriore alla cristianizzazione dell'impero.Il diritto e la dottrina si impongono rapidamente nel confronto con il mondo e la cultura tardoantica e non diversamente fanno sentire il loro peso e il loro influsso sui popoli barbari. Ma la trasformazione si compie più lentamente e con esiti mai acquisiti in maniera definitiva per quanto tocca la mentalità e lo stile di vita:la storia inaudita di Cristo penetra nella coscienza dei popoli a poco a poco e a poco a poco trasforma le concezioni della sorte e della storia dell'uomo.
In ambito cristiano esso sorge quando le persecuzioni stanno per terminare e hanno sviluppo incredibile quando la nuova religione diviene ufficiale.La perfezione cristiana si costruisce sulle nuove condizioni storiche non più contro una storia non-cristiana, ma dentro un mondo segnato dalle mediazioni della fede.Il problema è di come la perfezione possa darsi entro quella che è stata la chiamata la cristianità.Il modello monastico è il modello della perfezione possibile entro la cristianità . I monaci abbandonano la vita attiva del mondo per dedicarsi a quella ascetica e contemplativa. (in Egitto nel IV sec c'erano 3 categorie di monaci: cenobiti, anacoreti, girovaghi).L'ideale monastico conquista sia uomini che donne ( all'inizio del V sec sembra ci siano 7000 monaci).Il monaco-contemplativo non è opposto al vescovo-attivo: ambedue gli aspetti sono presenti.La perfezione raggiunta per dono di Dio tramite la contemplazione deve manifestarsi nell'azione e quindi rivelarsi alla storia, combattendo il male. All' interno di questo orizzonte minor rilievo hanno i modi d'azione:in un figura può prevalere la solitudine assoluta e la preghiera continua, in un'altra può essere presente la missione antipagana o la disputa antieretica., un'altra figura ancora può dar spazio alle attività sociali.La vittoria su mondo che il monaco, con l'aiuto di Dio, ottiene non vuol dire presa di potere politico, ma significa affermazione delle esigenze di Dio e dell'uomo nella storia. L'"amico di Dio" perfettamente rappresentato in quel tempo dall'asceta, acquisita un ruolo importante nella società, perché l a società gli concede spazio e soprattutto gli attribuisce lo studium deificum, la sapienza derivata dall' esercizio ascetico.Un sapienza che pare consistere soprattutto nella capacità di conoscere l' uomo, nel sapere guardare fin nell' intimo del cuore e perciò aiutarlo.
In ogni modo, provengano o no dall' esperienza monastica, i vescovi, compagine della società civile e presto in diretto contatto con le autorità statali, sono i nuovi protagonisti. I privilegi di cui presto vengono a godere e le funzioni che svolgono aumentano ulteriormente il loro prestigio. I compiti dei vescovi possono essere quelli di arbitrato in cause civili e talvolta persino penale, ma non si esauriscono qua;ed egli diviene il difensore degli umili, protettore degli oppressi riscattando i prigionieri, aiutando gli orfani e le vedove mancanti di personalità giuridica , ospitando i fuggitivi.
E al prestigio acquisito dai vescovi ne ricavano altrettanto anche le persone del clero locale. Le risorse economiche di cui in misura sempre più larga hanno disponibilità le varie chiese confermano la fitta trama di legami ormai saldamente instaurata con l'ambito civile ; e buona parte dei proventi sono destinati ai poveri. ( nella diocesi di Ravenna nel 530 le entrate erano 12.000 solidi.Molto ricche erano Antiochia e Ippona.Molto povere molte altre.
Contemporaneamente a questo suo progressivo inserirsi nel tessuto della società, la Chiesa vive al suo interno un seguito di dispute gravi per le lotte che provocano e le divisioni a cui conducono attraverso scismi ed eresie. Il movimento donatista interessa specificamente l'Africa del Nord e ha origine dopo la grande persecuzione dioclezianea.Una delle prerogative del donatismo è di provocare manifestamente il confronto tra impero e movimenti cristiani.
Dal costante visione donatista dell' impero e dei suoi rappresentanti come demoni o comunque forze del male, alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che esso possa essere stato una delle espressioni del sentimento antiromano della popolazione povera di lingua punica e berbera.
Con il passare del tempo avviene anche una cambiamento che cambierà la storia dell' 'impero e della storia occidentale: Costantinopoli diventa la nuova città imperiale.Di pari passo cresce anche l' importanza della sua chiesa e del suo pastore. Il concilio di Costantinopoli che si svolse nel 381, oltre a confermare il credo niceno e a condannare tutte le eresie che gli si erano opposte, stabili la no intromissione in affari d'un'altra diocesi, e che il vescovo di Costantinopoli avesse il primato d'onore inferiore solo a quello di Roma.Concetto riaffermato nel concilio del 451 nel canone 28.A ciò si opposero fermamente i vescovi occidentali perché in esso scorgevano il tentativo di instaurare un nuovo ordine gerarchico delle sedi vescovili in cui avesse rilievo l'importanza politica delle città e non l'origine apostolica delle chiese.Verso la fine del VI secolo il metropolita di Costantinopoli assunse il titolo di "patriarca ecumenico".Nel 691 il secondo concilio trullano confermò il canone 28, stabilendo che la sede costantinopolitana godesse di privilegi uguali alla sede romana. Spingendosi oltre, su questa linea, nella seconda metà del IX secolo Fozio, proclamatosi difensore dell' ortodossia, impugnò il primato e fece scomunicare e dichiarare deposto il pontefice romano al sinodo di Costantinopoli dell' 867.
Ormai le due metà del grande organismo non sono solo separate, sono ormai rivali. E' proprio grazie alle politiche interne e esterne verso i barbari e mercenari che la parte orientale si con salda sempre di più a sfavore dell' occidente e le due metà si allontanano sempre di più. Tuttavia, pur nell'emergere di elementi nuovi e rivoluzionari rispetto al quadro precedente, non si possono trascurare elementi di continuità. Essi, a mio credere, risiedono nell' ideale universale del cristianesimo, che estende il sistema sopranazionale romano, trasfigurandone il modello, e trovando in Oriente, nella creazione e nello sviluppo di un secondo centro universale, la "seconda Roma", la "nuova Roma", il luogo per una sintesi tra situazioni nuove e tradizioni antiche.
In Occidente il cristianesimo, che mutua dalla romanità uno spirito più pragmatico e giuridicamente attento, si presenta dinanzi al mondo barbarico, vi si confronta e faticosamente lo permea.In questi anni si danno le basi per ciò che sarà il passaggio dall' evo antico al medioevo.
CAP XI L'OCCIDENTE E I BARBARI
I barbari, considerati dai romani politicamente come estranei, moralmente rozzi e incivili, da tempo premevano ai confini dei territori periferici, si andavano infiltrando sempre più all' interno, riprendendo lena nella loro spinta minacciosa.
Il primo scontro ci fu sotto Comodo nel 184 contro i Goti.Comincia a questo punto il difficile rapporto tra l 'impero e i barbari, solcato sempre da due tendenze tra loro opposte:l'una che si prometteva di combatterli per respingerli, e se possibile, annientarli, ma che spesso nella sua radicalità era resa impossibile dalla debolezza dell' esercito romano o dalle lotte intestine con cui i suoi capi si contendevano il potere. L'altra tendenza, più realistica, si prefiggeva di negoziare con i barbari, di concludere trattati di volta in volta più o meno favorevoli o dignitosi per entrambi.( Ad es:Caracolla con un po' d'oro calma i goti e ne ottiene truppe). Spesso però questi patti non erano rispettati: nel 238 i goti passano il Danubio;nel 248 occupano la Mesia e successivamente saccheggiano anche la penisola ellenica.
Gli juti nel 269 invadono la Rezia e il Norico arrivando fino in Italia.Ci riprovano e ci riescono: ancora una volta la loro ritirata è pagata a peso d'oro.In questo quadro altre popolazioni barbariche vengono alla ribalta, tra i quali si impongono gli unni.Questi dopo la metà del IV secolo fanno secchi gli alni, gli eruli e gli ostrogoti e poi i visigoti; quindi battono i romani a Adrianapoli, e quindi vengono inseriti come federati nel 382.Dal 395 continua a far saccheggio nell'Il lirico,Grecia, Tracia.In Europa centrale gli alani con i vandali e gli svevi passano il Reno nel 406.E quindi passano nella penisola iberica spartendosela:la lusitania agli alani,gli svevi la Galizia.Ma in Italia si spinge i goti contro i vandali per riconquistare la regione, e la cosa riesce fino alla VI secolo.
Nel 402 i goti entrano in Italia, ma Stilicone lo vince a Verona. Nel 405 gli ostrogoti invadono L'Italia, ma ancora Stilicone scongiura il pericolo. In questo periodo di gran casino Stilicone cerca un accordo con Alarico il goto per riunire l'impero ma viene ucciso.Nel 410 in barba a tutti Alarico saccheggia Roma.
Dopo secoli dunque Roma è mano a un nemico, che tuttavia è cristiano, di fede ariana, limita il saccheggio a 3 giorni, proibisce di uccidere, incendiare, depredare chiese.
E' indubbio che quel delicato e complesso momento storico rischia di rimanere depauperato se accanto e dietro gli avvenimenti politici non si tengano in conto di quelli religiosi.Innanzitutto si pone lo scontro tra paganesimo e cristianesimo. Onorio favorisce apertamente con i suoi atti politici e con la sua legislazione i cattolici. Editti contro gli ebrei(404), contro gli eretici (405), contro pagani (407),
Dall'altra parte la figura di Stilicone: è un tacito, ma pertinace difensore del paganesimo delle tradizione. Da qui l'opinione pubblica è schierata da parte pagana, e anche di fronte ai pericoli e ai saccheggi dei barbari la colpa viene attribuita ai cristiani, perché avevano offeso gli dei.
Vediamo ora la questione della cristianizzazione di una parte dei barbari, soprattutto quelli stanziati fuori dall' impero.In un primo tempo l'opera di evangelizzazione dovette essere affidata a termini casuali, quindi la diffusione è causata dai contatti che questi popoli hanno con commercianti, missionari, prigionieri. Poiché i primi contatti dei barbari furono con le popolazione dell' impero d'oriente si capisce perché essi fossero ariani. Fu questa una situazione che fece sentire il suo peso nel seno della romanità cattolica quando le grandi migrazioni barbariche investirono l'Europa Occidentale per via delle persecuzioni da parte dei vandali in Africa.
In secondo luogo l'irrompere travolgente entro i confini provocò una scossa profonda in tutto l'impero che in parte favorì una reminescenza pagana.
In terzo luogo un'altra e più profonda inquietudine percorse la Chiesa nei suoi pastori e nei suoi fedeli; ora infatti i fedeli si sentivano cristiani e romani allo stesso tempo ed è naturale lo stesso spirito di disprezzo che permeava la visione dei barbari, soprattutto dopo la sconfitta di Adrianopoli.
Ma al tempo stesso questi fatti potevano essere interpretati come una volontà di Dio per mettere alla prova il coraggio e la fermezza della fede di ognuno (ad es se ne fa interprete Agostino) .Egli mette in rilievo 3 aspetti: 1) la concezione stessa delle cose terrene le quali sono destinate alla morte. 2) la storia dell'uomo è sempre stata segnata dal bene e dal male. 3) il terzo aspetto è relativo all'escatologia; tutto passa e solo alla fine il senso di quella grande opera d'arte che è il dramma storico sarà svelato. Una tale visione permette di liberare interamente la Chiesa dai vincoli troppo stretti dell' impero romano e di prefigurare la continuità della sua azione e funzione verso chiunque, anche in circostanze nuove.
In Italia c'è un casino incredibile tra stranieri e lotte interne. Alla fine esce Ezio nel 434 ammazza Bonifacio e diventa unico generale.Sempre lui nel 451 con Teodorico I dei visigoti fa secchi gli unni.Nel resto dell' 'Occidente la situazione precipita con un ritmo incredibile.Nel 474 intanto è proclamato imperatore Giulio Nipote, persona gradita all' 'Oriente.La non riuscita campagna contro i visigoti in Alvernia, l'opposizione dell'Italia del nord e gli screzi con il patricius Oreste lo fanno fuggire in Dalmazia. Nel 476 Oreste proclama imperatore il figlio Romolo Augostolo. Nello stesso anno le milizie barbare che costituivano la maggior parte dell' esercito romano, si rivolsero ad Oreste, per ottenere un terzo delle terre d'Italia;al rifiuto di questi gli si rivolsero contro ,lo uccisero e deposero Romolo. DA quel momento non dovevano esser nominati altri imperatori per la parte occidentale, ormai suddivisa tra gli stati romano-barbarici.
Si può cogliere alcuni aspetti dell' 'evolversi attraverso l a testimonianza dei suoi uomini di Dio.Di alcuni abbiamo l'angiografia, di altri le opere, di qualcuno entrambi; tutto questo materiale deve però essere preso con cautela.Si suole dire che in Occidente dopo Agostino viene meno il vigore creativo che aveva dato luogo ad opere grandi di pensiero e di arte.La cosa risponde al vero ove si consideri la cultura letteraria e si tenga in conto dei modelli classici e cristiani da essa elaborati. Il carattere dei tempi sembra aver catalizzando le energie umane verso altre direzioni.Soprattutto per la Chiesa d' Occidente: essa si trova davanti ad una situazione talmente nuova che è costretta a riprendere da capo la sua opera.Per almeno due motivi.Sul continente tra la fine del IV e il VI secolo la missione si svolge con successo più di quanto non fosse avvenuto in precedenza nelle zone rurali, nei borghi.Questo significò venire a contatto più largamente con tradizioni, riti e usanze pagane radicate e vive, in particolare con credenze ereditarie dalla mitologia o dall' adorazione di forze naturali. Un'altra causa forza la Chiesa d'Occidente a riprendere da capo il suo cammino per una necessità che gli eventi storici creano dinanzi ad essa:le migrazioni e poi gli stanziamenti dei nuovi popoli all'interno dell'impero.
Rimane scardinato il quadro precedente che, dopo le persecuzioni, aveva visto svilupparsi il cristianesimo entro una "cornice" cristiana.Il contatto a lungo preparato con la paganità greco-romana, con tutto ciò che a livello culturale ed esistenziale aveva comportato, passa d'improvviso in secondo piano, mentre si impongono con urgenza le questioni relative alla conversione dei germani pagani o alla piena ortodossia di quelli ariani.In questo momento così vario e travagliato campeggia l'opera degli "uomini di Dio", lungo 150 anni.La loro originalità non sta tanto in tentativi di elaborazione dottrinale, ma consiste piuttosto nell' azione che svolgono presso i barbari e nella incidenza spirituale e pastorale nel mondo difficile in cui si trovano.( es. Severino nel Norico, Patrizio in Irlanda).L'elenco di queste figure è sicuramente carente o dubbio, ma basti osservare come, nella maggior parte dei casi, gli "uomini di Dio" nel V-Vi secolo è per i cristiani colui che contemporaneamente evangelizza e si fa guida del gregge, protettore del corpus sociale che gli è affidato. E questo nuovo modo di porsi di fronte alla nuova realtà fa scaturire un risultato già riscontrato, in altro contesto, nell'antichità: la cultura dei vinti vince i vincitori e si iniziano a delineare da un punto di vista politico e culturale i regni romano-barbarici.
CAP XII LA CHIESA E L 'IMPERO D'ORIENTE
In un primo tempo Costantinopoli ebbe una politica filobarbarica. Nell'arco di un breve periodo si delineano con nettezza alcuni fatti che indicano ormai chiaramente le direzioni diverse a cui si volsero le due parti dell' impero:in primo luogo era ormai tramontata la speranza di un sua effettiva unità.Inoltre il prevalere di una tendenza antibarbarica e la politica che ne conseguì preservò la pars Orientis da infedeltà e intrighi, che si aggiungessero ai molti già orditi all'interno. Costantinopoli però aveva un sistema di difesa ottimo ed un esercito preparato e non costituito da mercenari ; così facendo respinse sempre gli attacchi dei barbari.(In special modo si curò le difese la capitale, famosa per aver resistito ai goti, unni, arabi, bulgari, russi, magiari, normanni, serbi.fu violata nel 1204 dai veneziani e espugnata solo nel 1453 dai turchi.)
Molto interessante in questo periodo è l'antagonismo che si va, via via, creando tra Costantinopoli e Alessandria; esso aveva molte facce, assurgendo a conflitto teologico, manifestando in questioni disciplinari, dando luogo a impostazioni interpretative divergenti riguardo alle Sacre Scritture.Ma in realtà tutto risale al canone 28 di Calcedonia con la supremazia di Costantinopoli.Ogni verosimiglianza ci si trova di fronte non solo a un fatto "filosofico" ma anche a un fatto etnico: come in secoli precedenti le popolazioni berbere, così in Egitto il proletariato copto aveva avuto probabilmente un a parte non trascurabile nel tener viva la tensione con la capitale. (la contesa ad es si ha già al tempo di Teodosio II.)
Si comprende da questi fatti che una delle massime preoccupazioni degli imperatori da Leone(457-474) fino a Giustiniano, fu quella di favorire l'unità religiosa, fattore importante per la vita e la stabilità dell' 'impero.Un tentativo in questo senso fu la promulgazione nel 482, sotto Zenone, di un editto di unione, L'enotico.Scomparsi poi intorno al 490 i maggiori protagonisti di questa aspra questione cristiana salì al trono Anastasio I che, prendendo atto della nuova situazione, si volse ai regni barbarici da poco costituiti in Occidente con una linea ambigua che ebbe ripercussioni anche in ambito religioso. Aveva varie iniziative tendenti a stabilire relazioni con regni che avrebbero potuto opporsi ai goti di Teodorico. Movendosi in questa direzione la politica orientale aveva un'altra ripercussione: essa promuoveva l'intesa con popoli barbari di confessione cattolica, e questo portò, indubbiamente, un certo riavvicinamento tra Oriente e Occidente.
Ad Anastasio successe Giustino I (518-527), il quale fin dall'inizio si adoperò per ristabilire l'ortodossia nella parte da lui governata dell'impero, e per favorirla in Occidente. E pubblicò immediatamente un editto con cui imponeva di riconoscere il concilio di Calcedonia e un altro con cui vietata l a vita pubblica agli eretici.Nel medesimo anno della sua nomina cominciarono le trattative tra Costantinopoli e Roma per ristabilire la comunione, le quali posero fine allo scisma iniziato con Acacio.Poi nel 524 l'imperatore promulgò un altro editto che recò con sé molte conseguenze: esso escludeva gli ariani da ogni carica civile e militare e imponeva la chiusura delle loro chiese nella capitale.Saputa la cosa Teodorico promosse una vera e propria reazione di chi ormai aveva la certezza dell'ostilità dei "romani" d'Oriente verso il suo regno e la sua politica tesa a comporre esigenze e compiti di società distinte, ma conviventi in Italia.
Già negli anni precedenti più profonda si era fatta la frattura tra i due partiti esistenti a Roma: quello filobarbaro e quello filoorientale e ne erano scaturiti tragici effetti.
Viene allo storico da domandarsi se ci fosse un effettiva partecipazione delle dispute teologiche da parte del popolo cristiano. E da quanto sappiamo sì.
La vitalità del cristianesimo in Oriente è provata anche dall' efficacia della missione entro e oltre i confini dell'impero. Esso si muove in due direzioni principale: verso Est (Siria, Cappadocia) e verso Sud (dall'Egitto). Ambedue procedono in parte da confessioni costituitesi a lato dell'ortodossia , il nestorianesimo e il monosofismo, e danno principio a chiese di carattere nazionale.
Con Giustiniano (527-565) l'impero d'Oriente politicamente e culturalmente tocca uno dei momenti più significativi della sua storia, religiosamente rivela più che mai i principi e la prassi convergenti nel realizzare un'unione saldissima tra politeia e Chiesa.Il suo programma mira da una parte a ripristinare l'integrità e l'unità dell' impero con la conquista delle province occidentali e dall'altra restaurare l'integrità e l'unità della fede con ripetuti interventi contro chi la minacciava.Il riordinamento dell' ecumene orientale nei principali aspetti della sua vita, così come è concepito da Giustiniano, conduce a realizzare gradualmente quel grandioso progetto tendente a ricostruire tutto il sistema del diritto per dare incontro ad esso certezza alla vita civile e, mediante l'unificazione legislativa, per porre freno a correnti centrifughe che andavano accentuandosi.Dal 525 anche la politica estera si sviluppa in modo straordinariamente favorevole: fa la pace con la Persia e scaccia i vandali dall'Africa.Nel 535 è la volta della campagna d'Italia. E ancora una volta il generale Bellissario vince e i goti sono cacciati.Quegli stessi anni furono assai intensi anche sul versante della lotta al paganesimo (chiusura dell'accademia di Atene nel 529).Gli anni che seguirono la morte di Giustiniano furono critici per l'impero. Nel 540 i persiani attaccarono e saccheggiarono Antiochia; dalla parte opposta lo stesso fecero i barbari.( 544-45 campagna dei goti in Italia), Fino al decennio successivo Costantinopoli sopportò militarmente un peso gravissimo e solo una serie di provvedimenti di Giustiniano permisero di uscire da quell'emergenza.Ciò nonostante l'impero era riuscito a riprendersi la Dalmazia,L'italia, la Spagna meridionale e l'Africa.
Ben più negativo risultava invece intorno al 565 l'esito delle sue iniziative teologiche.In quello stesso anno l'imperatore moriva e non era riuscito nel suo intento di unificazione della Chiesa.Nel perseguire il sogno che lo anima, quello di dar vita a un solo impero, a una sola Chiesa sotto la guida di un solo imperatore il cui pensiero dominante è il bene della Chiesa, Giustiniano si fa erede di una concezione politica precisamente delineata in precedenza: la Basilea terrena è immagine del regno celeste e quindi il sovrano è immagine del Padre e vicario del Logos-Cristo re.
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