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Orazio
Biografia
Quinto Orazio Flacco nasce l'8 dicembre del
Opere
Premessa. L'attività poetica di O. si svolge su piani diversi e paralleli, coagulandosi essenzialmente su tre generi: satira esametrica, poesia giambica e poesia lirica. A tal proposito, si usa generalmente distinguere 3 fasi, in prospettiva con l'evoluzione culturale dell'uomo e con la condizione politica di Roma:
1.
2.
3.
Gli Epodi
La composizione degli Epodi ha inizio intorno
al 42-41 e si conclude dopo la battaglia di Azio,quando il poeta è ormai
integrato nell'ambiente culturale augusteo. Il libro pubblicato nel
Le satire o Sermones
Parallelamente alla poesia degli Epodi, Orazio
coltiva negli stessi anni un altro genere poetico, la satura, sorta in Roma con
Ennio e codificata alla fine del secolo precedente a Lucilio. Nei manoscritti a
noi pervenuti le Satire di Orazio vengo designate con il termine di Sermones.
Esse sono divise in 2 libri: il I (35-
Entrambi i libri sono dedicati a Mecenate. Tre Satire richiamano esplicitamente il nome di Lucilio, al quale Orazio riconosce il primato nell'invenzione satirica e un indiscutibile magistero. Di Lucilio Orazio apprezza la componente autobiografica,l'osservazione dei costumi e la piacevolezza della narrazione;rifiuta invece lo spirito aggressivo e lo stile. In Orazio prevale l'approfondimento morale; invece di attaccare le persone nei loro vizi, Orazio attacca i vizi,gli eccesso nelle persone.
Le Satire di Orazio possono essere suddivise in due tipologie diverse:
-satire di carattere narrativo e rappresentativo,centrate sul racconto di un episodio
-satire di carattere discorsivo e dialogiche, centrate sul momento riflessivo e argomentativi, spesso sviluppato attraverso dialoghi, discussioni
Nelle satire di primo tipo prevalgono gli aspetti autobiografici e descrittivi; nelle satire di secondo gruppo gli aspetti filosofici.
Nel I libro Il poeta insomma ricerca una morale di autosufficienza e di libertà interiore, valendosi di uno straordinario senso critico e autocritico, oltre che del suo tatto e della sua conoscenza del mondo: il ragionamento si mantiene sempre sul piano psicologico-umano, e la polemica non è tanto contro i vizi in sé, quanto contro la loro vera radice, ovvero l'eccesso: come dire che egli si propone non certo di cambiare la società romana ed il modello etico di riferimento, ma almeno di fornire qualche utile elemento di riflessione per intervenire sulla coscienza dei singoli. L'uomo è felice quando sa appagarsi di ciò che ha senza pretendere altro dal proprio destino;l'infelicità è frutto dell'ignoranza.
Ironia e autoironia sono una componente essenziale di questa poesia:Orazio è disposto a prendersi amenamente in giro e a divertire i suoi lettori.
Nel II
libro,il poeta fa prevalere la forma dialogica,mentre
si riduce decisamente lo spazio
riservato alla voce del poeta e di conseguenza il momento autobiografico.
Orazio mostra di aver perso la fiducia nella funzione della satira, nella
possibilità cioè di tracciare empiricamente una linea di condotta morale a
partire dall'osservazione della multiforme e contraddittoria realtà sociale
contemporanea. Adeguandosi ai dettami delle poetiche alessandrine, la satura
oraziana acquista una misura e un rigore formale sconosciuti a quella luciliana.
Raffinatezza ellenistica, naturalezza colloquiale e tono medio sono i caratteri
di questa poesia che si avvicina alla prosa pur conservando le movenze eleganti
del verso.
Orazio non ha l'ambizione di rivolgersi a un vasto pubblico;egli destina il frutto della propria ricerca poetica e morale in primo luogo a se stesso e poi a coloro ai quali si sente legato da un'affinità umana e intellettuale.
Spunti autobiografici si riscontrano nelle satire: I4 (sul padre adorato); I6 (sulla presentazione a Mecenate); I5 (sull'avventuroso viaggio a Brindisi al seguito di Ottaviano); II6 (in cui esprime la gioia per la villa donatagli). Satire più propriamente etico-filosofiche sono invece: I2 (sull'adulterio; vigorosa); II3 (sulla pazzia degli uomini, eccetto il filosofo; briosa).
Le odi
Le "Odi" constano in tutto di 4 libri: i primi 3 (88 odi),
dedicati a Mecenate, furono pubblicati nel
Orazio afferma di poter essere solo un umile ape che coglie il dolce timo per i boschi lungo le rive di Tivoli con fatica. Orazio si rifà al modello pindarico soprattutto nei momenti più alti e solenni della sua poesia. Egli rappresenta agli occhi di Orazio,un esempio di vates,un poeta sacro ispirato da forze superiori,guida spirituale di una comunità:da lui deriva anche il tema dell'immortalità della poesia,sul quale si concluse la raccolta dei primi tre libri delle Odi.Il rapporto di Orazio con i modelli classici ed ellenistici si sviluppa attraverso i tradizionali procedimenti allusivi diffusi in Roma dall'esperienza della poesia alessandrina e neoterica:l'imitazione si traduce allora in emulazione,in una sfida al modello preesistente che non viene occultato bensì esibito,proprio perchè il lettore sia messo in grado di verificare la novità e l'originalità delle soluzioni adottate.
I temi maggiori delle odi.
Come già risulta evidente, all'estrema varietà metrica e ritmica di quest'opera si associa un altrettanto straordinaria e variegata sequela di motivi filosofici, personali, amorosi, conviviali, storico-politici ed ideologici, tuttavia trattati in un'espressione sempre molto misurata della propria interiorità di poeta. E' possibile, tuttavia, estrapolare alcuni temi che sono rimasti particolarmente e giustamente celebri per la profondità del loro insegnamento e per la partecipazione e la chiarezza con cui sono comunicati. Ad es., una delle intuizioni fondamentali dell'epicureismo era il valore proprio di ogni istante: Orazio se ne impadronisce e ne fa uno dei cardini privilegiati del suo lirismo. Il "carpe diem", nel quale si è pensato di poter riassumere questa sua "saggezza", è innanzitutto il nucleo di una poetica: non è tanto la ricerca, cioè, fine a se stessa, del piacere, ma il tentativo di scoprirlo nel puro e semplice fatto di vivere. Le odi svolgono temi e motivi molto vari. La preminenza che possiamo accordare agli uni piuttosto che agli altri dipende almeno in parte dal nostro gusto di lettori moderni,portati a privilegiare la poesia di ispirazione privata e autobiografica su quella di ispirazione pubblica e civile. Gli interessi filosofici continuano a prevalere nelle poesie delle odi. L'equilibrio interiore,i modi definiscono un ideale di saggezza che il poeta sente tuttavia costantemente insidiato:il dialogo esistenziale,il sentimento del tempo,e il pensiero della morte costituiscono dunque il polo più malinconico e struggente della lirica oraziana. Il senso della fugacità della vita acquista qui massimo rilievo e ispira tra le "odi" più celebrate: I11 (v'è il famoso motivo del "carpe diem"), I24 (in morte del poeta Varo), I28 (sulla tomba del pitagoreo Archita), II14 (a Postumo). Ma proprio la conoscenza del limite e la fuga del tempo determinano l'esigenza di cogliere l'attimo che fugge:carpe diem,espressione che ha goduto anch'essa di grande fama nei secoli. Sottrarsi al sentimento ansioso del tempo significa salvarsi dal domani,scacciare il pensiero del futuro,un monito che il poeta ripete spesso con accenti vigorosamente sentenziosi. Benché numerosi e di alto livello artistico i carmina erotici restano in fondo ai marginali nei quattro libri delle Odi. Orazio non canta però la passione ardente e tormentosa dei poeti elegiaci,ma nei suoi carmini l'amore si configura quasi sempre come esperienza piacevole,razionalmente controllata,un gioco eccitante e leggero sovente risolto in elementi decorativi se non addirittura in forme di elegante parodia. Situazioni ed episodi non vanno a comporre una storia,ma si esauriscono nel breve,nitido giro di versi del singolo componimento. Attinto alle correnti filosofiche dell'epoca (in special modo, l'epicureismo), ma filtrato dalla sensibilità dei lirici greci (ad es., Mimnermo), tale senso di fugacità aleggia come malinconia leggera su questa poesia, che è pure sostanzialmente limpida e serena. Di nuovo, dappertutto traspare la bonaria umanità, che si esprime soprattutto in un trepido senso dell'amicizia, nel gusto della compagnia (le cosiddette "odi conviviali"), nel controllo stesso delle passioni nelle non poche odi dedicate a donne i cui modi celano quasi certamente reali. Educato sui testi della cultura neoterica e alessandrina,Orazio si mantiene sempre fedele al precetto del labor limae:accuratezza formale,gusto delle rispondenze e delle simmetrie interne al teso e al libro,scelta dal vocabolario più appropriato. Ma contemporaneamente si volge a un gusto più sobrio e misurato dell'espressione.
Il vocabolario delle Odi è semplice ed essenziale. L'attenzione maggiore è indirizzata alla collocazione delle parole e cioè a quella tecnica che il poeta stesso chiama callida iunctura:risemantizzare un vocabolo di uso comune creando nuove combinazioni espressive. Il disegno sintattico è generalmente limpido e composto,lontano da ogni complicazione strutturale;e anche quando sperimenta moduli di maggiore complessità,il poeta sa sempre evitare il rischio dell'espressione involuta ed oscura. Concisione ed essenzialità,cura estrema nella disposizione delle parole,perfetta aderenza tra suono,immagine e concetto costituiscono il segreto della lirica oraziana. Se O. nei "Sermones" era apparso, così, poeta e narratore, nelle "Odi" si rivela nelle vesti di un sublime "moralista": non perché vada predicando una morale, ma perché eccelle nel cogliere e nell'esprimere in un ritmo, in un accostamento di parole, nella suggestione di un'immagine, un' "esperienza" privilegiata che illumina l'anima e la rivela a se stessa. In questa prospettiva, Orazio canta l' "otium", che è anche e soprattutto quiete dell'intelletto e dell'anima, libertà interiore: il "carmen" prolunga la strada imboccata col "sermo", trasfigurando ciò ch'era stato consiglio obiettivo in scoperta dell'anima. Il pensiero stesso della morte, anziché rivelarsi amaro, dà tutto il suo valore alla rinnovata presenza della vita. La fugacità della vita e l'invito a vivere intensamente ogni attimo non come ricerca del proprio egoistico piacere, ma per sconfiggere la precarietà della nostra esistenza e la paura della morte, abbandonandosi alle gioie semplici della vita. L'aspirazione a una vita semplice e serena, vissuta secondo gli ideali del controllo e del dominio di sé, il senso della misura e dell'equilibrio propri del saggio, capace di cogliere ciò che la vita veramente offre, senza desiderare altro. L'amore e l'amicizia, conforto per l'uomo, portatori di ore serene. La celebrazione della poesia come scelta di vita, di isolamento dalla massa, che rende l'uomo partecipe di una dimensione divina. La patria e la poesia civile: le Odi romane esaltano la grandezza di Roma e il programma augusteo, realizzazione degli ideali etico-religiosi tipici del mos maiorum
Il Carmen Saeculare
Come già ricordato, Augusto nel
Le Epistole
Fra il 30 e il
L'uso della forma epistolare condiziona indubbiamente la sostanza e i toni del discorso che Orazio svolge. Il tono è più intimo: si infittiscono i momenti di riflessione e morali,mentre spariscono quasi completamente gli aspetti satirici e aggressivi e quelli mimici e drammatici.
La lettera a Mecenate che dà inizio alla raccolta registra il nuovo stato d'animo del poeta che a poco a poco si sente vecchio e ormai inadatto ai piaceri della vita.
Tre epistole in particolare toccano il tema della vita malinconica e inquieta. Nella prima indirizzata a Tibullo, egli offre all'amico i conforti della saggezza epicurea, cercando di distoglierlo da un morboso stato di prostrazione interiore. Nelle altre due Orazio stesso si confessa vittima di un funesto torpore, una sorta d'insoddisfazione che lo costringe a peregrinare da un luogo all'altro.
Nel secondo gruppo di Epistole l'autore prende posizione su alcune questioni che dovettero essere particolarmente dibattute in quegli anni nell'ambiente culturale augusteo.Sul tema del teatro latino e sulla disputa fra antichi e moderni è impostata la prima epistola del II libro,indirizzato proprio ad Augusto. E qui Orazio manifesta tutta la sua indipendenza di giudizio. Si pronuncia a favore dei contemporanei, sottoponendo a durissime critiche gli antichi poeti romani; ma si mostra apertamente scettico riguardo al progetto di dar vita ad una nuova letteratura drammatica di alta qualità artistica.
La seconda epistola dedicata a Floro è di tono sostanzialmente autobiografico ed è una sorta di bilancio, venato di malinconico umorismo, della propria vita.
Ars Poetica o Epistola ai Pisoni
Un vero e proprio trattato sulla poesia è invece l'Ars poetica,in 476 versi esametri,composta presumibilmente dopo il 13. Scritta in forma epistolare e indirizzata all'illustre famiglia romana dei Pisoni, l'opera sono stata aggiunta soltanto in età moderna nel secondo libro delle epistole.La lettera ai Pisoni, nonostante il tono affabile e l'andamento discorsivo, presenta un ordinamento sistematico, ricalcato su uno schema tradizionale. L'Ars poetica oraziana risulta infatti suddivisa in tre parti:la prima riguarda il contenuto o materia dell'opera;la seconda tratta di tutto quanto concerne la forma dell'espressione poetica:gli elementi compositivi e strutturali,lo stile;la terza infine delinea i tratti caratterizzanti del perfetto poeta l' "Ars" è impostata sul problema dell'unità dell'opera d'arte e del rapporto tra contenuto e forma, esaminato prendendo come principale punto di riferimento il dramma. Molto si è discusso, e si continua a discutere, se considerare quest'opera un vero e proprio trattato sull'arte poetica oppure semplicemente un insieme di riflessioni senza un progetto unitario;il tono è quello di una conversazione dotta, ma altresì amabile e confidenziale.Comunque, sostanzialmente, essa è composta di due ben definiti nuclei concettuali, che trattano questioni relative all'arte del poetare ed alla figura del poeta. Riguardo il primo punto, due tesi, in particolare, sono rimaste celebri: la necessità di fondere la spontaneità e l'immediatezza dell'ispirazione con lo studio metodico e il paziente lavoro di lima; e il noto principio dell' "utile dulci", della fusione cioè, diremmo oggi, fra utile e dilettevole. Riguardo, invece, la seconda questione Orazio insiste molto sulla conquista della "sapientia": per lui, innanzitutto, il poeta, come uomo, deve raggiungere un alto grado di consapevolezza e di conoscenza, erudita e soprattutto interiore; è questo, infatti, essenzialmente, il presupposto l'inizio e la fonte dello scrivere bene. A ben vedere, una sorta di testamento umano e letterario che il nostro poeta ha lasciato ai posteri.Orazio rifiuta la concezione platonica della poesia come una divina follia. Egli sostiene che il poeta deve possedere in pari misura ingenium e ars,dove ingenium denota il talento naturale,ars la maestria nell'elaborazione formale,frutto di studio e di doctrina.E' indispensabile che fra le due componenti si stabilisca un perfetto equilibrio.Lo stile è regolato dal principio della convenienza;deve cioè corrispondere pienamente all'argomento affrontato.L'originalità non consiste nella novità dell'argomento,ma nel parlare di cose comuni con un'impronta nuova e personale.Infine, il poeta deve saper distribuire ogni particolare in modo appropriato e non deve mai spingersi troppo al di là delle proprie capacità.
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