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Il canto del gallo

latino



Il canto del gallo

L'intero episodio della cena di Trimalcione è concepito come una "ultima cena", ma non si comprende la necessità per l'ospite di celebrarla : Trimalcione stesso, infatti, afferma di aver consultato un astrologo che gli ha predetto che gli restano da vivere ancora trent'anni ed il tono usato dal padrone di casa non lascia dubitare che il ricco liberto sia davvero persuaso della veridicità di tale previsione. Questa considerazione conferma il fatto che tutta la scena del convito sia improntata ad un deciso intento parodistico nei confronti del racconto di Marco.

Alla luce di questa interpretazione, diviene particolarmente significativo un altro passo della Cena, in cui improvvisamente si avverte il 919f58j canto di un gallo; esso suscita un forte timore in Trimalcione, che, superstiziosamente, fa versare del vino sotto la tavola e sulla lanterna, per stornare ciò che egli suppone essere un funesto presagio annunciato dal gallo. Trimalcione crede che accadrà un disastro quale un incendio, oppure che morirà certo qualcuno nelle vicinanze:

"Mentre diceva queste cose, un gallo domestico cantò. Turbato da quella voce, Trimalcione comandò che fosse versato del vino sotto la tavola e che anche la lucerna ne venisse cosparsa. Poi passò l'anello nella mano destra e disse: "Non senza ragione questo trombettiere ha dato il segnale; infatti o dovrà scoppiare un incendio, o qualcuno dei vicini dovrà morire. Lungi da noi! Per cui, chi mi porterà questo accusatore riceverà un premio". In men che non si dica venne portato un gallo da una casa vicina, che Trimalcione ordinò venisse cotto in pentola" (Sat. LXXIV, 1-4).



Il canto del gallo, dunque, è presentato come presagio di sciagura e di morte : è interessante osservare che nella tradizione greca e romana il canto del gallo era sentito come preannunzio del giorno o di una vittoria, e mai come presagio di morte. Nel Vangelo, invece, il canto del gallo, oltre ad essere denuncia di una colpa, preannuncia anche un giorno di dolore e di morte. E' importante rilevare inoltre che la versione di Marco è quella che più delle altre insiste su questo particolare del gallo, sia per il numero di passi in cui il suo canto è menzionato, sia per la precisazione che esso canta due volte. Infatti, troviamo la predizione del tradimento di Pietro "prima che il gallo canti due volte; negli altri Vangeli, invece, il gallo canta una sola volta e ci si sofferma meno su questo particolare. Decisiva per la dipendenza da Marco appare soprattutto la definizione data in Petronio del gallo come index (Trimalcione afferma : "quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet") : il termine ha un significato tecnico derivato dall'ambito giuridico, con il valore di "denunciatore" o "accusatore". Non appare affatto casuale che Petronio abbia scelto proprio questo vocabolo, se si tiene conto la funzione rivestita dal gallo nel Vangelo, che è appunto quella di "denunciare" il rinnegamento di Pietro. La volontà parodistica di Petronio si esplicita sicuramente nella conclusione dell'episodio, in cui il funesto nunzio viene immediatamente catturato e messo in pentola.  






L'unzione con il nardo

Circa un secolo fa uno studio che suscitò molte reazioni aveva poi evidenziato profonde somiglianze fra l'unzione di Betania, sempre nel vangelo di Marco, e l'ultima parte del passo della cena di Trimalcione. In esso si narra del padrone di casa che, terminato il banchetto, procede all'unzione dei convitati con il nardo, prefigurando tramite gesti simbolici le proprie esequie. In Petronio, durante la cena, Trimalcione si fa recare le vesti preparate per la sua sepoltura, del vino con cui saranno lavate le sue ossa e dell'unguento; aperta un'ampolla di Nardo, unge i convitati in prefigurazione della sua unzione funebre e li invita a considerare il pasto come il suo banchetto funebre. Nel vangelo di Marco, mentre Gesù si trova a mensa, arriva una donna con un vaso di alabastro pieno di nardo genuino prezioso, lo rompe e unge Gesù sul capo. Il Cristo dice a suo riguardo che ella sta ungendo in anticipo il suo corpo per la sepoltura.


TRIMALCHIONE:

"Porta anche dell'unguento e un assaggio da quell'anfora, con cui voglio siano lavate le mie ossa" [.] Subito aprì l'ampolla del nardo, unse tutti noi e disse "Spero che possa piacermi da morto quanto da vivo". Poi comandò che fosse infuso del vino in una brocca e disse "Fate come se foste stati invitati ai miei funerali"


VANGELO:

Essendo [Gesù] a Betania in casa di Simone il lebbroso, mentre giaceva, venne una donna che aveva un vaso di alabastro di unguento di puro nardo prezioso; rotto l'alabastro, lo versò sul capo di lui [.] "Ciò che ebbe, ella lo fece: anticipò di ungere il mio corpo per la sepoltura".












L'Eucaristia e la Resurrezione

Dal raffronto, dunque, tra le narrazioni evangeliche ed il testo di Petronio  emerge una somiglianza che si può correttamente considerare non fortuita e che, come tale, merita un'interpretazione. Dal tono che si può riscontrare nel romanzo petroniano è possibile cogliere un intento ironico e parodistico da parte dell'autore del Satyricon nei confronti degli episodi del Vangelo. Se si ammette da parte di Petronio la conoscenza del Vangelo di Marco e la volontà di parodiarlo, diventa interessante l'analisi di altri passi del romanzo da considerare sotto questa luce : in particolare, in Eumolpo, compagno di avventure del protagonista, durante il soggiorno a Crotone dichiara di possedere una favolosa eredità e manifesta la sua intenzione di lasciare tutte le sue sostanze a coloro che mangeranno delle sue carni una volta. In un quadro di ripresa parodistica del messaggio cristiano, questa strana pretesa di Eumolpo si rivelerebbe un'allusione abbastanza chiara all'Eucarestia.


Un rimando beffardo alla Resurrezione si potrebbe poi ritrovare nel celeberrimo episodio della matrona di Efeso, che narra del trafugamento del corpo di un crocefisso e dell'apparente miracolo di un'animazione dopo la morte. Oltre ad alcune evidenti somiglianze con il Vangelo, è opportuno notare che al tempo di Nerone vigeva nei confronti dei Cristiani l'accusa di aver trafugato la salma di Gesù. Infine, fa sicuramente riflettere un passo in cui Circe, ancella della matrona che si è innamorata del protagonista Encolpio, mostra di disprezzare profondamente le persone che finiscono in croce ed afferma di volerle lasciare alle matrone che "flagellorum signa osculantur", che amano baciare le cicatrici lasciate dai flagelli.

"Una matrona di Efeso, [.] avendo perso il marito, [.] seguì il defunto persino nel sepolcro. [.] Nello stesso tempo il governatore della provincia comandò che fossero crocifissi dei ladroni proprio accanto al sepolcro nel quale la matrona piangeva il recente cadavere. La notte seguente, quando il soldato che sorvegliava le croci affinché nessuno togliesse i corpi per seppellirli, notò un lume splendere tra le tombe e udì il gemito di qualcuno che piangeva [.] volle sapere chi fosse e che cosa facesse. Scese quindi nella tomba. [.] Dunque giacquero assieme non solo quella notte nella quale fu consumato il loro imene, ma anche il seguente ed il terzo giorno, tenendo certamente chiuse le porte del sepolcro. [.] Ma i parenti di un crocifisso, come videro diminuita la sorveglianza, tirarono giù di notte l'appeso e gli resero l'estremo ufficio. E quando il giorno successivo il soldato [.] vide una croce senza cadavere, atterrito dal supplizio raccontò alla donna quello che era successo. [.] Ella disse allora di togliere il corpo del proprio marito dall'arca e di attaccarlo a quella croce che era vuota. Il soldato approfittò dell'ingegno dell'avvedutissima donna, ed il giorno dopo il popolo si meravigliava di come quel morto avesse potuto salire sulla croce" (Sat. CXI-CXII).

La citazione di un governatore provinciale (Pilato?), dei ladroni crocifissi, della guardia sepolcrale e dei tre giorni nel sepolcro, e infine il tema del trafugamento del cadavere, un'accusa rivolta ai cristiani già da tempo, ci farebbero pensare ad una parodia del racconto della morte e risurrezione del Cristo.








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