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I POETI ELEGIACI
L'elegia è un tipo di poesia formata dal "distico" (un'insieme di versi alternati tra esametri e pentametri) e si diffonde nell'età augustea tra i rappresentanti della poesia latina. L'elegia è di origine greca.
TIBULLO
Gli studiosi hanno attribuito a Tibullo una raccolta di poesie distribuite in tre libri. Questa antologia, chiamata "Corpus Tibullianum", include nel III libro opere incerte e altre che non si possono attribuire a lui.
Le
notizie sulla vita dell'autore è possibile ricavarle dalle sue opere: egli era
in buoni rapporti con Messala, un uomo politico. Quest'ultimo era il
rappresentante di un circolo di cui Tibullo 222b15c era l'esponente principale. Tibullo
fece parte anche del "cohors amicorum" (ideato sempre da Messala) durante la spedizione
nelle Gallie (
Per
quanto riguarda la cronologia dei libri possiamo affermare che il primo libro è
stato pubblicato poco dopo il
Il I libro comprende 10 elegie: cinque (le prime 3, la 5 e la 6) fanno riferimento alla danna amata che egli chiama Delia; tre (la 4, la 8 e la 9) si riferiscono ad un altro amore per un giovane di nome Marato; le due rimanenti (la 7 e la 10) non affrontano temi amorosi. Tibullo, prendendo ad esempio molti poeti greci e Catullo, scrive poesie anche per uomini. I tre carmi dedicati al ragazzo sono molto curati, ma convenzionali; quelli per Delia riprendono la poesia d'amore precedente (l'epigramma greco) e contemporanea (le elegie properziane), in particolare affronta il tema della gelosia e della sofferenza a causa dei tradimenti dell'amata. Nel carme 1 del libro I, Tibullo fa un confronto tra la sua vita (semplice e modesta, politicamente disimpegnata e occupata dall'amore) e la vita militare che egli critica in quanto è portatrice di ricchezze che non possono essere conciliate con l'amore e la tranquillità. Tibullo vorrebbe vivere serenamente in campagna venerando gli dei rurali e godendo dell'amore di Delia prima che la morte lo raggiunga.
Il II libro comprende 6 carmi. Il primo contiene la descrizione rurale di una fesat rurale con preghiere agli dei rurali ed elogi alla vita agreste. Il secondo è rivolto all'amico Cornuto per il suo compleanno. La 5 è una lunga elegia (122 versi) di argomento e toni più elevati, composta in occasione dell'ingresso di Messalino, figlio di Messala, in un collegio sacerdotale; dopo un'invocazione ad Apollo Palatino, Tibullo rievoca l'arrivo di Enea nel Lazio e descrive le Palilie. Cioè le feste dei pastori. Poi parla di Nemesi, la nuova donna di Messalino, di cui poi si innamorerà anche Tibullo. Anche questo amore sarà fonte di sofferenza, tanto che Tibullo parla di "servitium amoris" cioè lui si raffigura come schiavo dell'amore.
Il
III libro è formato da 20 componimenti di cui solo gli ultimi due sono
attribuiti a Tibullo. Nelle elegie 1-6 un poeta di nome Ligamo (che potrebbe essere
Tibullo oppure Ovidio nato nel
TITO LIVIO
Tito
Livio nacque nel
Nella
sua opera Livio tornò al modello annalistico e narrò tutta l'intera storia di
Roma a partire dalle origini. Dei 142
libri di cui era composta l'opera però a noi ne sono pervenuti solo 35: i primi
10 (dalle origini al
IL CONTESTO CULTURALE
L'età di Augusto segna un cambiamento netto non solo nella storia politica ma anche nella storia della letteratura. Infatti, in seguito all'instaurazione del principato, la vita intellettuale diventa sempre più condizionata dal potere politico. La necessità dei letterati di protettori era stata rilevante anche in età repubblicana, ma sotto l'impero divenne molto più forte a causa dell'accentramento di tutte le attività nelle mani dell'imperatore. Mentre durante la repubblica molti uomini politici, oltre ad essere scrittori erano anche promotori di cultura, animatori di circoli letterari e protettori di poeti; sotto l'impero questa funzione spettava solo ai principi che controllavano tutta la vita intellettuale limitandone ancora di più la libertà e aumentandone il condizionamento. Già all'età di Augusto quando venne a mancare Mecenate, si ruppero un po' i rapporti tra il principe e gli intellettuali; poi negli ultimi anni del principato di Augusto tutto ciò si manifestò: Ovidio venne condannato con l'accusa di aver ostacolato con la sua opera il programma di restaurazione morale voluto dal principe. Sotto il successore di Augusto, Tiberio, si verificarono altri conflitti tra intellettuali e principe: furono condannate al rogo le opere di due uomini appartenenti all'aristocrazia senatoria uno perché nella sua opera aveva esaltato i cesaricidi e l'altro perchè nella sua opera vi erano allusioni antitiranniche. Lo stesso avvenne durante il regno di Calligola: egli condannò all'esilio un uomo perché era contro i tiranni e un altro perché conteneva un verso con un doppio senso. Questo però non deve essere inteso come un disprezzo nei confronti dell'attività letteraria, ma come una preoccupazione per impedire che essa divenisse stimolo, tramite o strumento di dissenso e di opposizione. Infatti, Tiberio, Calligola e Claudio furono tutti amanti della letteratura: Tiberio amava gli arcaismi e il purismo; Calligola fu un oratore facondo ed efficace; Claudio fu sempre portato per gli studi liberali.
SENECA
Seneca apparteneva ad una ricca famiglia provinciale. Nacque a Cordoba, in Spagna e fu condotto poco dopo a Roma dove ebbe un'istruzione retorica e filosofica. Qui conobbe il neopitagorico Sozione da cui apprese queste abitudini: la rinuncia al vino, ai profumi, ai funghi, alle ostriche, ai materassi morbidi, ai bagni caldi. Pur avendo fatto la scelta della vita contemplativa a cui lo indirizzavano i maestri di filosofia, egli abbandonò per non dispiacere il padre: intraprese il "cursus honorum" (la carriera politica) e rivestì la questura. Le sue eccezionali qualità oratorie lo destinavano ad una brillante carriera ma i suoi rapporti con gli imperatori furono difficili: Calligola fu convinto da una donna che Seneca era gravemente malato e sarebbe morto in breve tempo per questo progettò di ucciderlo; Claudio lo accusò di adulterio con Giulia Livella e lo condannò all'esilio in Corsica. Qui Seneca rimase fino al 49, data in cui fu richiamato a Roma per il matrimonio di Claudio con la nuova moglie Agrippina. Tornò a Roma quando aveva più di cinquant'anni e probabilmente non voleva più riprendere la carriera politica, tuttavia dovette accettare l'incarico di precettore di Nerone. Successivamente Seneca fu consigliere imperiale di un giovane non ancora diciottenne ed ebbe l'intero controllo dell'impero. La sua speranza però era quella di fare del giovane principe un sovrano esemplare ma fu una grande delusione. Nel 59 Nerone fece uccidere la madre con l'aiuto di Seneca. La sua posizione si fece sempre più debole per l'insofferenza da parte del principe e divenne insostenibile quando nel 62 Burro morì. A questo punto Seneca per ragioni di età e di salute chiese a Nerone il permesso di abbandonare ogni attività pubblica e ritirarsi a vita privata dedicandosi ai suoi studi. Morì nel 65 realizzando finalmente quella vita contemplativa a cui aspirava fin da giovane e si dedicò totalmente alla riflessione, allo studio, alla lettura e alla composizione delle sue opera. Tuttavia non riuscì a mettersi a riparo dalle ostilità di Nerone, infatti nel 65 fu scoperta la congiura contro l'imperatore e il filosofo fu considerato tra i complici e fu costretto a togliersi la vita. Oltre le opere conservate Seneca ne scrisse altre che purtroppo sono andate perdute.
FEDRO
Fedro è il principale rappresentante latino di un genere minore, che egli introdusse nella letteratura romana: la favola. Egli non solo non fu apprezzato dai contemporanei ma fu addirittura ignorato da Seneca. Dal corpus delle sue favole furono raccolte in prosa e pubblicate anonime alcune delle sue favole ed ebbero un grandissimo successo. Solo nel XVI secolo si ebbe la versione originale in versi. Le notizie biografiche dell'autore si ricavano dalle sue opere: nacque in Macedonia, giunse a Roma da bambino come schiavo infatti veniva chiamato libertus Augusti. E' probabile che si sia dedicato all'insegnamento come molti liberti di quel tempo e la sua poetica è nata proprio dalla sua professione: le favole infatti erano usate come libri di testo nella scuole. Fedro sperava molto nelle ricompense dei suoi lavori ma fu perseguitato da Seiano, che urtato dal carattere satirico di alcuni componimenti lo fece processare e condannare. Di Fedro ci sono pervenuti 5 libri di favole in versi (senari giambici) per un totale di 100 componimenti. Altre 30 favole si ricavano dall'Appendix Perottina che l'umanista Niccolò Perotti, trascritte da un codice oggi perduto. Nonostante questo Fedro si ispira a Esopo, uno scrittore Greco. Secondo una tradizione che intreccia storia e leggenda Esopo, uno schiavo originario della Frigia vissuto nel VI secolo per primo avrebbe raccontato una favola. La favola divenne un vero e proprio genere costituito da brevi racconti di fantasia dotati di un significato pedagogico e morale ed essi proponevano infatti modelli di comportamento positivi o negativi. La forma più caratteristica assunta dalla favola Esotica è quella dell'apologo animalesco che ha per protagonisti gli animali parlanti. Tuttavia la tradizione esotica comprendeva però anche storielle di altro tipo tra cui una serie di aneddoti e di battute relativi allo stesso Esopo, l'umile schiavo assai più intelligente e saggio del suo padrone, intorno alla cui figura leggendaria era nata una sorta di biografia romanzata.
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