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Medea di Euripide

greco



Medea

di Euripide


1) Alla conclusione della Medea, la Corifea fa una riflessione sugli dèi e il destino : partendo da questa riflessione,   considera l'importanza del destino nella tragedia e le differenze con l'Antigone.

Con questa conclusione, la corifea svela una concezione del destino totalmente diversa da quella presente nell'A 737e46h ntigone. A dire il vero non mi sembra che nella Medea il destino abbia una funzione molto importante, anzi è citato molto poco e ancor meno chiamato in causa. Nella Medea le azioni e le reazioni dei personaggi sono dettate dai sentimenti, dalle passioni, da interessi economico-sociali (Giasone che vuole sposare la figlia di Creonte)  ma molto poco sono influenzati da una volontà superiore, da una sorte già scritta, dal destino. Euripide è di molto più moderno di Sofocle e di questa modernità si ritrovano chiarissimi i tratti nel tema stesso della sua tragedia. Tuttavia anche in Antigone il destino non è un aspetto fondamentale della trama. Forse la religiosità, le leggi non scritte degli dèi ma non il destino. In fondo nell'Antigone l'unico riferimento al destino è l'origine della vicenda narrata delle tragedie precedenti Edipo re e Edipo a Colono dove sono Edipo e la sua discendenza a essere condannati alla sofferenza dal fato. Già nell'Antigone infatti prevale la tendenza a lasciare sempre più spazio alle vicende umane e ai sentimenti. Molto tempo è passato da quando Atena tirava per i capelli Achille e adesso i personaggi della letteratura greca sono molto più indipendenti, molto più liberi, molto meno idealizzati, e quindi, molto più umani. In Euripide questa tendenza è ancora più accentuata e il destino è ormai visto come i "...molti casi (dei quali) è dispensatore Zeus in Olimpo..." è quindi una certa fatalità nella quale si afferma che dei molti avvenimenti che Zeus manda agli uomini molti avvengono, inaspettatamente per il volere degli dèi, e molti no. Questo però che la Corifea cita non è più il destino, il fato che decreta la morte di Ettore. E' ormai piuttosto una sorta di consapevolezza umana della imprevedibilità del futuro. Con il suo discorso, la corifea, secondo una formula pressoché identica anche in altre opere tragiche di Euripide afferma solamente che tutto quello che è stato narrato è appunto l'esito della scelta casuale degli eventi che Zeus ha mandato agli uomini, ma non di più. Il discorso della Corifea è forse l'ultimo tributo a un tema che un tempo era stato il grande tema centrale della letteratura greca e che ora, per l'evolversi della società, va via via scomparendo.



2) Le tue impressioni su Medea.

Medea non è una figura indiscutibilmente negativa. Medea è la personificazione dello scontro tra la cultura Greca e le diverse e molteplici culture "barbare" secondo una definizione piuttosto semplicistica e riduttiva utilizzata dagli stessi greci. Medea è una donna che si trova all'improvviso in conflitto con un mondo, una cultura, usi e costumi diversi che non capisce e che non può accettare. Questa donna non riesce a comprendere le consuetudini greche riguardo ai doveri coniugali e alla concezione delle donne. Medea si aspetterebbe di ricevere eterna riconoscenza da Giasone per averlo aiutato nelle sue imprese alla conquista del vello d'oro e invece ne ricava di essere abbandonata dall'uomo che ama dopo averlo seguito sola in terra straniera. Giasone a sua volta è nell'impossibilità di comprendere lo sdegno di Medea perché per una donna greca sarebbe probabilmente stato impensabile ribellarsi al marito e quindi non accettare le sue decisioni in ambito coniugale. Per la reazione di violenta vendetta che ha davanti alla sventura di essere abbandonata dal marito per un'altra donna, Medea non merita giustificazioni né potrebbe riceverne da qualsiasi altra cultura o civiltà. Tuttavia da noi, a mio avviso, merita perlomeno una conclusione critica più ampia della vicenda nel suo insieme ossia come la tragedia non nasca da una malvagità unilaterale ma da una reciproca e, forse inevitabile, in un mondo così pieno di sé come quello greco, incomprensione tra due diverse scale di valori.




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