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1.1 Alla ricerca del significato autentico
Il termine italiano <<democrazia>> deriva dalla parola greca δημοκρατία, che letteralmente significa "potere del popolo". Ovviamente questa espressione risulta vaga.
Per evitare questa ambiguità Domenico Musti ricorre al termine greco Demokratìa, per intitolare il suo libro, in cui si parla dell'apogeo di questo governo durante il regime di Pericle. Edward H. Carr denunciava l'abitudine degli storici dell'antichità di usare i termini nella lingua originale, per indicare che non sono caduti nella trappola, ma si tratta di un espediente che non serve a nulla.
Questa osservazione è solo il corollario di un importantissimo principio generale, da lui enunciato poco prima, cioè che noi <<possiamo guardare al passat 222e49c o e comprenderlo soltanto con gli occhi del presente>>.
Per affrontare la riflessione sulla democrazia degli antichi, dovremo in primo luogo evitare ogni attualizzazione forzata e cercare di cogliere la differenza tra passato e presente, ed in secondo luogo il concetto stesso della democrazia degli antichi va scomposto nelle sue stratificazioni, cioè di isolare le componenti che caratterizzeranno una determinata fase del regime democratico, che consentono di scomporre le istituzioni in elementi minimi, sulla cui base si può istituire il confronto.
La
democrazia è nata in Grecia, ma
La fine della monarchia è certa solo dopo l'anno 683, quando ha inizio la lista degli arconti annuali, cioè un collegio di nove membri che esercitavano le magistrature supreme. Accanto ad essi L'Aeropago, costituito dagli arconti usciti di carica e chiamato così perché si riuniva sul colle Ares, svolgeva le funzioni di consiglio, corte suprema e tribunale per i reati di sangue. Esisteva inoltre un'Assemblea del popolo (Έκκλεσία), ma priva di rilevanza politica. Atene era ormai provvisoriamente una repubblica aristocratica.
Per passare da questa fase alla democrazia, dovevano intervenire due elementi nonchè i legislatori e la tirannide. Ma si può già parlare dei primordi della democrazia.
1.2 Origini e nascita della democrazia attica
A seconda dei punti di vista si possono indicare varie date come l'inizio della democrazia attica. La fondazione "tecnica" del regime democratico risale alla riforma di Clistene (507), ma l'attuazione vera e propria della democrazia data solo a partire dalla riforma dell'Aeropago per opera di Efialte nel 462. Questi punti fermi sono però preceduti da tappe di avvicinamento.
All'instaurazione della democrazia non si arriva attraverso atti rivoluzionari, ma esclusivamente attraverso riforme, cioè attraverso misure di adeguamento delle strutture politiche a un mutato assetto della società.
La tradizione parla di due riformatori Dracone e Solone, che cercano di arginare la conflittualità sociale ponendo mano a un corpus di leggi scritte.
A Dracone viene attribuita la legislazione sui delitti di sangue, che intorno al 624 sottrasse la punizione dei delitti all'iniziativa familiare, e rappresentò un primo importante stacco dalle consuetudini dell'antica società tribale verso lo stato di diritto.
Solone è la prima figura di statista che presenta una dimensione storica reale. Arconte nel 594, Solone si trovò al centro dei contrasti tra la nobiltà terriera e i contadini poveri e coperti do debiti. Intervenne con due importanti riforme. La prima è la cosiddetta σεισάχθεια (sgravio di pesi), con la quale stabilì che il cittadino non poteva esser fatto schiavo per debiti.
Il secondo provvedimento che gli viene attribuito è l'introduzione di un regime timocratico, cioè fondato sulla τιμή, il censo, secondo il quale i cittadini furono distribuiti in quattro gruppi, in base al reddito annuale, dal cui censo dipendevano doveri e diritti:
-Pentacosiodemmi e cavalieri, prestavano servizio militare nella cavalleria, ed erano obbligati a pubbliche prestazioni dette liturgie, in cambio avevano accesso all'arcontato;
-Zeugiti
che erano tenuti al servizio militare in fanteria come opliti e potevano accedere alle cariche subalterne;
-Teti, che , in quanto cittadini, avevano accesso all'Assemblea, ma
avevano solo il diritto elettorale attivo, cioè potevano votare ma non essere
eletti.
La riforma di Solone aveva un carattere sostanzialmente conservatore, ma egli non riuscì ad impedire la conflittualità civile innescando una situazione di conflitto destinata a durare più di un trentennio.
Il conflitto sociale faceva capo sostanzialmente a tre formazioni legate alla particolare conformazione del territorio dell'Attica. Si trattava dei cosiddetti pedini (πεδιακοί "gente della pianura"), che erano proprietari terrieri fautori di un regime aristocratico presoloniano, dei paralii(παράλιοι "gente della costa"), che erano i piccoli agricoltori, mercanti e pescatori, e infine dei diacri (διάκριοι "gente della montagna"), che erano i contadini poveri e i minatori delle zone montuose. Dalla lotta di queste fazioni ne uscì vincitore il nobile Pisistrato, che era al capo della fazione dei diacri.
Pisistrato prese il potere nel 561, ma per varie ragioni non lo tenne con continuità.
C'è da aggiungere che Pisistrato non fu un tiranno nel senso dispotico e sanguinario che noi siamo soliti associare alla parola, ma governò con moderazione per tre periodi.
Gli si attribuisce una riforma agraria volta a favorire lo sviluppo agricolo e la piccola proprietà terriera, oltre un ruolo rilevante nello sviluppo urbano e monumentale di Atene.
Degli
avversari di Pisistrato, solo
Delfi era il noto centro religioso che tramite l'oracolo di Apollo riusciva anche a influenzare le decisioni in ambito politico. Con o senza l'appoggio di Delfi, nella storia greca l'intervento militare spartano fu sempre volto a estendere alle altre città la forma di governo di Sparta.
In seguito i tre partiti si radicalizzarono nel partito aristocratico di Isagora e nel partito moderato, difensore della riforma di Solone, che però ereditava anche l'antica base popolare della tirannide. A capo di questo ultimo schieramento si pose il nobile alcmeonide Clistene.
Egli era desideroso di scendere nell'agone politico, ma le eterie, gli avevano sbarrato la strada. Per prevalere sull'avversario, egli, eletto arconte nel 508, introdusse in Atene il governo democratico.
L'obiettivo della riforma di Clistene era quello di stroncare una volta per tutte lo stratapore dell'aristocrazia. Per conseguire questo scopo era necessaria una nuova ripartizione del popolo ateniese su base amministrativa e territoriale.
Perciò alle quattro tribù formate sulla base della parentela, furono sostituite 10 tribù, alle quali si apparteneva in base alla residenza. Oltre ad essere suddivisa in demi, dal punto di vista geografico, l' Attica era composta da tre zone, in conflitto d'interessi sociali: l'ά̉στυ <<la città>> in senso stretto, la μεσόγαια <<l'entroterra>>, e la παραλία <<zona costiera>>. Clistene suddivise ciascuna delle tre zone in dieci distretti detti τριττύες, <<trittie>>, ottenendone così 30. Con quest'ultime costituì le dieci nuove tribù, ciascuna delle quali era composta da tutti i tre tipi di trittie.
Questo provvedimento spezzava le consorterie, che non potevano più costituire blocchi gentilizi, o politico-regionali.
Ciascuna delle tribù, costituita dalle tre trittie, e i loro rispettivi interessi, rappresentava approssimatamene tutti gli interessi di tutta la popolazione, infrangendo così le vecchie alleanze e stroncando qualsiasi tentativo egemonico oligarchico.
Quanto si è detto sin qui, potrebbe dare l'impressione che il passaggio dal regime aristocratico alla democrazia, si sia sviluppato in maniera sin troppo lineare, senza grandi colpi di scena né scontri frontali.
C'è anche da osservare che , in un territorio povero di risorse agricole come l'Attica, l'aristocrazia terriera non poteva avere la stessa forza di resistenza della nobiltà latifondista romana, e quindi era più soggetta all'aggressione dei ceti in crescita, quali commercianti, marinai, e rematori.
Inoltre la soluzione monarchica, rimase sempre estranea alle πόλεις greche.
Nulla ha a che vedere con la monarchia la figura di Pisistrato, il tiranno δημοτικώτατος, che con i suoi provvedimenti favorì la crescita di Atene, e con il suo senso della legalità, accelerò il processo di formazione dei valori statali.
1.3 La democrazia realizzata
Di fronte al radicale rinnovamento costituzionale promossa da Clistene, il suo avversario di parte aristocratica Isagora, ricorse di nuovo a Sparta, chiamando in aiuto il re Cleomene. Ma i due finirono assediati sull'acropoli e si arresero in cambio dell'incolumità.
Il regime democratico riuscì a superare le guerre persiane.
Inizialmente l'intervento di Atene a sostegno delle città ioniche dell'Asia Minore, che nel 500 si erano ribellate al re di Persia, ridiede fiato al partito oligarchico, ma l'aggravarsi della minaccia persiana impose una tregua tra le parti.
La
vittoria sui persiani e la fondazione della lega delio-attica, permisero
l'affermazione di Atene, nella quale si delinearono una tendenza aristocratica
di Cimone, a sostegno della continuazione della guerra contro i persiani, a
fianco di Sparta, e un'altra democratica, rappresentata da Temistocle, che
rivendicava il primato di Atene su tutta
A promuovere l'effettivo dispiegamento del governo democratico intervenne nel 462 la riforma dell'Aeropago, promossa dal capo del partito democratico Efialte.
L'Aeropago era l'antico e venerando tribunale composto da ex arconti. Oltre alle competenze giudiziarie, l'Aeropago era andato assumendo nel tempo competenze politiche, che costituivano un freno alla piena affermazione della democrazia.
La riforma
di Efialte gli sottrasse le competenze politiche, che furono trasferite tra
l'Ekklesìa e
Efialte fu assassinato, ma subentrò subito Pericle, appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi, con il quale si ebbe l'età d'oro della democrazia.
La democrazia periclea fu caratterizzata da alcuni aspetti, quali la μισθοφορία, cioè la remunerazione delle cariche pubbliche. All'arcontato furono ammessi anche i membri delle ultime due classi soloniane, cioè zeugiti e teti.
Anche i più poveri, grazie al compenso dello stato, potevano svolgere la funzione pubblica di buleuti o eliasti, che li teneva lontani un anno dalle loro attività.
L'attribuzione al popolo dell'esercizio effettivo della democrazia diretta, rimane grande merito di Pericle, del quale lo statista potè vantarsi nell'epitafio per i caduti del primo anno di guerra.
Ovviamente quando si dice che la democrazia diretta dell'età periclea attribuiva il potere politico al popolo, è doveroso precisare che per "popolo", si intendeva i maschi adulti, figli di padre e madre ateniesi e liberi di nascita; se si considera che erano privi di cittadinanza sia i meteci che gli schiavi, ci si fa idea di una comunità di cittadini estremamente ristretta.
GOVERNO DEL POPOLO IN FUNZIONE
2.1 Gli organi della democrazia
La democrazia istituita da Clistene, attivata dalla riforma di Efialte, e realizzata nell'età pericle, rappresenta lo stadio più evoluto di questa forma di governo nell'antichità.
La democrazia diretta dei Greci significava partecipazione personale, presenza fisica del cittadino all'interno dell'organo decisionale, cioè l'Ekklesia.
La democrazia indiretta, tipica del tempo moderno, è invece quella in cui il cittadino incide nella vita pubblica nominando i propri rappresentanti.
La democrazia ateniese prevedeva la sovranità della maggioranza, con l'isonomia, l'uguaglianza di fronte alla legge, l'isegoria, la libertà di parola, e l'isotimia, l'uguaglianza di partecipazione alle cariche pubbliche.
L'organizzazione e del territorio messa appunto da Clistene, implicava come prima cosa, che ogni cittadino al momento della nascita, fosse registrato in un demo al quale apparteneva per qualsiasi attività pubblica.
Ciascuna delle 50 tribù estraeva a sorte 50 dei suoi componenti per la βουλή o consiglio dei Cinquecento.
La funzione della βουλή era più che probouleutica: infatti oltre a formulare i προβουλεύμαθα, cioè le proposte da sottoporre all'Ekklesia, essa sbrigava altri affari ordinari, che non richiedevano l'approvazione dell'Assemblea dei cittadini, ed altre innumerevoli funzioni.
I pritani
riunivano ogni giorno
Il luogo invece in cui si esercitava la democrazia diretta era l'Ekklesìa. In età classica aveva sede sulla collina della Pnice, antistante l'acropoli. La presenza effettiva era scarsa.
Era del resto comprensibile che la gente di campagna, gli abitanti della costa i boscaioli e i minatori. non abbandonassero volentieri le loro occupazioni per partecipare all'assemblea.
Questa assemblea deliberava esclusivamente su proposte già vagliate dalla Boulè, e in essa ogni cittadino aveva la facoltà di prendere parola e di proporre emendamenti: la votazione era fatta per alzata di mano, o in particolari circostanze a scrutinio segreto.
Dopo le riforme democratiche di Clistene, i nove arconti rimasero regolarmente in carica, ma dal 487-86 furono sorteggiati uno per tribù: la tribù che a turno rimaneva esclusa forniva come decimo arconte, il segretario della Boulè.
L'arconte polemarco non poteva essere sorteggiato a caso, in quanto comportava il comando supremo in guerra. Fu dunque sostituito dall'unica carica non sorteggiata, quella di stratego.
Gli strateghi, venivano eletti annualmente in 10, e rivestivano non solo competenze militari, ma anche di politica estera e finanziarie, inoltre avevano accesso alla Boulè e potevano convocare il popolo in assemblea straordinaria.
Sempre per sorteggio erano nominati i 6000 membri dell'Elièa, cioè del tribunale popolare.
Era diviso in sezioni, che comprendevano di media 500 membri, ed in casi particolari potevano essere riunite anche più sezioni.
Ovviamente il processo si riduceva ad un agone oratorio nel quale aveva la meglio chi sapeva essere più persuasivo.
2.2 Le procedure di autotutela
La democrazia è per natura un sistema fondato su equilibri molto fragili.
Il mostro che si agitò sempre davanti agli occhi degli ateniesi fu quello della tirannide.
Infiniti abusi erano collegati con la prassi delle libertà democratiche: il sorteggio poteva attribuire magistrature a persone incompetenti e disoneste; la libertà di parola autorizzava forme di ostruzionismo; i tribunali popolari esercitavano una giustizia approssimativa e così via.
Per ovviare a questi inconvenienti, erano state introdotte procedure apposite: in genere le magistrature erano annuali e non potevano essere iterate; era vietato il cumulo delle cariche; la retribuzione delle magistrature consentiva di ricoprirle anche a persone di ceti umili. Inoltre il magistrato prima di assumere la carica si sottoponeva ad un esame detto δοκιμασία, cioè un controllo mensile e un rendiconto allo scadere del mandato.
L'ostracismo era il sistema preventivo di autodifesa, escogitato forse da Clistene, per impedire che qualsiasi cittadino potesse costituire un pericolo per la democrazia.
La procedura voleva che in un'Assemblea popolare, convocata nell'agorà, ogni cittadino potesse incidere su un ó̉στρακον, un coccio, il nomadi un uomo che avrebbe voluto allontanare: chi totalizzava 6000 voti era costretto a dieci anni di esilio.
L'ostracismo poteva essere da un punto di vista una punizione, ma anche un riconoscimento dell'importanza del personaggio che veniva colpito.
Dopo il 417 la procedura fu messa da parte.
Se come abbiamo precedentemente detto il processo era un agone oratorio, l'Assemblea era il luogo in cui la παρρησία, cioè la libertà di parola, invogliava a sfruttare la forza della parola, a proprio vantaggio più che per il bene della comunità.
Per prevenire questi abuso fu istituita la terribile γραφή παρανόμων, cioè l'accusa di illegalità, in base alla quale il cittadino che avanzava proposte illegali o contrarie all'interesse del popolo, e se il tribunale lo riconosceva colpevole doveva pagare la sua colpa con un'ammenda, con l'esilio o addirittura con la morte.
IL MANIFESTO DELLA DEMOCRAZIA ATTICA
Il discorso detto Epitafio, pronunciato da Pericle nell'inverno del 431 e riportato da Tucidide nel II libro della sua opera storica, è introdotto dal capitolo 34. che descrive le pubbliche esequie, con cui viene data sepoltura ai caduti del primo anno di guerra.
Nei capitoli 35-36 Pericle esordisce richiamandosi agli antenati, a cui va il merito di aver mantenuto libero il paese e di averlo accresciuto con le imprese militari, ma alla fine del capitolo 36 il discorso prende quota nel proposito di presentare le opere di pace di Atene.
Pericle elogia Atene e i suoi valori, attraverso l'immagine dei caduti in guerra.
Il primo di questi valori è la πολιτεία, la forma di governo, che si chiama δημοκρατία.
Il capitolo 37 è dedicato alla definizione di questa forma di governo e dei principi su cui essa si regge, tra i quali abbiamo l'uguaglianza (τò ΐσον), sia di fronte alla legge, che alla possibilità di partecipare alla vita pubblica, e la libertà, cioè il rispetto reciproco , soprattutto dei magistrati e delle leggi.
37,1: Abbiamo una forma di governo, che non emula le leggi dei vicini, essendo noi stessi un
modello per qualcuno, piuttosto che imitare gli altri.
E quanto al nome, per il fatto di non esser amministrata a vantaggio di pochi, ma della
maggioranza, è chiamata democrazia; in realtà, secondo le leggi, spetta a tutti la parità nelle
controversie private, per quanto invece riguarda il pubblico apprezzamento, a seconda della
buona fama che ciascuno gode in qualcosa, non in base a un partito politico più per il suo
valore, viene prescelto alle cariche pubbliche.
Pericle rivendica il diritto del singolo di operare nel governo, solo se ne possiede le capacità.
Sul piano economico raccomanda il progresso verso posizioni più altre. Sul piano sociale valorizza l'α̉ξίωσις piuttosto che l'α̉ξίωμα.
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