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MENANDRO - Le commedie di Menandro: specchio di un mondo nuovo

greco



MENANDRO


Grazie ad una recente scoperta di papiri, abbiamo alcune commedie di Menandro, ("Il misantropo" è quasi intatta; di altre abbiamo solo pochi versi), comunque una minima parte rispetto all'intera sua produzione. È l'unico ad Atene che si dedica a qualcosa che non sia filosofia. Non si spostò mai da Atene. Secondo la tradizione rimase legato ad un'etera, Glicero (il nome è d'arte: significa dolce amore!) per tutta la vita.

I caratteri di Teofrasto sono la somma di derivati dalla commedia potrebbe essere un amico di Teofrasto.

In questo momento Atene è una "metropoli di provincia", è guidata da due uomini entrambi di nome Demetrio:

Demetrio Falereo, uomo di cultura, aristocratico moderato, amico di Menandro; fu una specie di tiranno.

Demetrio Poliorcete: appoggiava le classi non aristocratiche, in senso moderato.




Le commedie di Menandro: specchio di un mondo nuovo

C'erano ancora concorsi tragici e comici: pare che abbia riportato alcune vittorie.

Nelle sue commedie, riflette un mondo nuovo rispetto ad Aristofane: non hanno uno sfondo politico, e sono quindi trasferibili ovunque. In una dice che si svolge in Attica, non ad Atene, ma ha poca importanza perché anch 121i86b e se non fosse lì la commedia funzionerebbe lo stesso. Non c'è più il cittadino che partecipa alla vita politica: protagonista delle sue commedie è un uomo singolo, isolato, che vive per i fatti suoi. Atene era guidata da due personaggi, ma non aveva più autonomia politica, era una città in cui si cercava di sopravvivere, l'interesse non era più politico ma economico. Nasce l'interesse per la vita privata, del singolo, si guarda solo l'uomo in quanto tale. È stato notato che spesso l'attore sulla scena chiama qualcuno nella casa, oppure esce dalla casa e dice cos'è successo dentro: non esiste più l'uomo che ha la vita privata staccata da quella pubblica, ma tra l'esterno e l'interno della casa non c'è più differenza, un personaggio fuori può parlare con/di un altro che è dentro.


Struttura delle commedie

La commedia di Menandro non ha parabasi: non c'è un messaggio, se lo vuole lanciare, lo lancia con la commedia, non parlando direttamente con il pubblico. Il coro non ha più la funzione di dare un messaggio diretto al pubblico. È divisa in 5 atti: questa divisione grazie a lui diventa canonica. Fra un atto e l'altro compare la scritta KOPOY (sottinteso MEPOΣ):

Potrebbe essere qualcosa scritto per il coro (da un'altra parte) e il coro fa qualcosa? Però non c'è la parabasi! Se dicesse qualcosa che non c'entra niente, interromperebbe l'unità!

Probabilmente il coro compare, fa qualcosa come un balletto, per un intervallo.

Il coro perde la funzione nella commedia, rimane solo per scandire gli atti.


Trama

La struttura della commedia di Aristofane era fissa: la vicenda era sviluppata attorno ad un αγων, una contesa tra due personaggi, e si concludeva con un lieto fine che implicava la vittoria di uno alla faccia dell'altro. Era una commedia a tesi: la parte buona vinceva, sconfiggendo la parte negativa.

Per Menandro non c'è più tesi, ma solo il rapporto personale. Non c'è una contesa, ma solo una situazione negativa. È di Menandro la prima opera in cui si parla di amore eterosessuale: lui e lei si amano. Non ci sono più due fazioni schierate, di cui una vince, oppure due mentalità diverse, ma vicende familiari di vita comune che incontrano difficoltà, dovute a incomprensioni, persone ritenute schiavi che in realtà non lo sono; spesso c'è l'agnizione doveva essere abbastanza frequente da poter essere capita dal pubblico. All'epoca c'erano tanti pirati: i rapimenti di pirati erano possibili. La povertà era diffusa, tanti bambini venivano esposti, chi li voleva li raccoglieva. Spesso venivano lasciati con qualcosa in tasca per poterli riconoscere se la situazione fosse migliorata. Magari uno, creduto schiavo o di una posizione inferiore, si scopre che viene da un'altra famiglia. C'è un equivoco, che si può superare con l'agnizione. L'agnizione può essere di due tipi:

Sociale

Morale: la persona è diversa da come si credeva.

Quindi non si ha la vittoria di uno sull'altro, ma il problema si sblocca.


"Ottimismo" di Menandro

Di norma la soluzione è nel quarto atto, non nell'ultimo, perché dalla soluzione del 4° atto un personaggio è escluso. In Aristofane era quello in torto: era giusto che fosse escluso; qui invece non aveva capito, per dei preconcetti che gli impedivano di capire la situazione: solo nel 5° atto riesce a capire e può partecipare alla gioia generale. Menandro crede che non ci siano persone cattive, ma che queste spesso siano solo credute malvagie, anche se in realtà sono solo timide o non capivano. In questo senso Menandro è ottimista: ha fiducia nella bontà dell'uomo.

Riflettendo una società con pauperismo diffuso e pochi ricchi, Menandro ci presenta matrimoni fra persone di diverse classi sociali; in una commedia c'è un'etera che potrebbe avere un uomo, ma ci rinuncia perché il bambino le ha fatto pena: l'etera di solita è bella e colta, ma disonesta: cerca di prendere tutto quello che può. Questa è creduta così, ma dimostra di essere diversa.


"pessimismo" di Menandro

Il pessimismo di Menandro sta nel fatto che succede di tutto. Pirati, famiglie talmente povere che devono abbandonare i loro bambini: la situazione può crollare da un momento all'altro. Menandro mette in dubbio il ruolo che l'ellenismo dà alla ragione, cioè che l'uomo sia in grado di controllare con la ragione una situazione. Nelle commedie di Menandro i personaggi tentano con un piano di ottenere quello che vogliono senza danneggiare gli altri, però questi piani falliscono sempre. La ragione non ottiene quello che vorrebbe, anche se l'ellenismo è l'apoteosi della ragione. La τύχη porta per un'altra strada il piano a cui si voleva arrivare.


Il ruolo della τύχη

Tύχη è la divinità sopravvissuta. Già in Tucidide sconvolgeva i piani: in Menandro l'uomo è convinto di guidare gli eventi con la ragione, però nessuno dei piani ha risultato perché gli altri agiscono diversamente da come si credeva è la delusione dell'uomo ellenistico che credeva di dominare la situazione ma non ci riesce. L'uomo di Menandro non ce la farebbe ad agire da solo: interviene una "divinità" come forza motrice: la τύχη. Nell'ellenismo τύχη diventa divinità vera e propria, ma qui non è proprio una divinità: è la tradizionale τύχη, il caso. Per caso va tutto bene, si ottiene lo stesso risultato del piano che è fallito. È un'idea ancora più triste della vita; l'uomo non riesce a guidare la vita, a piegare la realtà, e a risolvere il problema non è una divinità che vuole premiarlo, ma il caso; non perché qualcuno abbia deciso di aiutare l'uomo, ma per pura coincidenza.


La visione dell'uomo

La sorpresa della commedia di Menandro non è l'agnizione, ma il personaggio: creduto in un modo, si rivela essere un altro. L'appartenenza a diverse classi sociali non è un impedimento al matrimonio, è un impedimento invece l'atteggiamento. Un critico ha sostenuto una teoria interessante. Nello scavo della "Tomba dell'Attore", nel corredo funebre sono state trovate delle maschere teatrali; queste, di terracotta, presentano un'anomalia: hanno due facce diverse, una sorridente, l'altra triste. Prima si pensava che servissero per rendere più espressiva la faccia: quando uno sorrideva si girava in un modo, quando era triste si girava dall'altra parte. Questo studioso ha invece sostenuto che si tratta di maschere del teatro di Menandro. Rappresentano la manifestazione esteriore di come ognuno di noi non sia definibile: una persona sembra solare, ma è solo un'impressione, in realtà è una maschera che nasconde la sua tristezza. È una teoria affascinante, che però non ha prove.

L'uomo è così: sembra diverso da come si scopre che è in realtà. Era così perché aveva creduto a cose che in realtà non sono vere. Non accade mai, per lo meno nelle commedie che abbiamo, che uno creduto buono in realtà sia cattivo se no si ricade in Aristofane.


Lo stile

Un mondo così non può avere lo stile di Aristofane, ricco di parolacce e di termini volgari, che gioca sul duplice significato delle parole. Menandro non ha quest'esigenza: porta sulla scena la classe "borghese", la classe media Ateniese. Ha interesse familiare, racconta l'uomo che vive la propria vita come unica possibile: usa un linguaggio medio, né aulico, che sarebbe parodistico per la commedia, né quello di Aristofane, troppo volgare. Aristofane mescolava la lingua a seconda dei personaggi. Menandro adotta uno stile medio, un po' elegante, né troppo alto né troppo basso, che però si priva della possibilità di suscitare la risata. Ci sono solo gli schiavi che coloriscono l'ambiente, però non sono i personaggi portanti. Perché l'uomo possa identificarsi con il personaggio, Menandro presenta personaggi che potrebbero essere gli spettatori, eventi credibili che possono succedere, in modo che il pubblico possa trarre conforto dal risultato positivo.


Una commedia d'evasione o a tesi?

Si oppongono due teorie sostenute:

È una commedia per divertimento: in opposizione ad Aristofane, che presenta la situazione politica

È una commedia a tesi: manda un messaggio diverso da quello di Aristofane, non politico, ma personale la serenità che non si trova più nella vita pubblica la si può trovare nella vita privata. L'uomo è fondamentalmente buono. Il messaggio di Menandro dà una speranza, se sappiamo superare gli ostacoli.

Se la commedia finisce bene, è dovuto alla mentalità di Menandro. L'uomo arriva anche al sacrificio della propria felicità per quella di un altro. In una città con la mania dei processi, sta portando un messaggio nuovo, non rivolto al cittadino, per cambiare la situazione, ma al cittadino privato perché viva bene.

La cosa strana è che Menandro, a differenza di Plauto che nel prologo anticipava come va a finire, perché l'importante è vedere come ci si arriva, mentre invece per Terenzio, che non gioca sul linguaggio, la sorpresa è il finale, Menandro non gioca sulla lingua, ma anticipa, anche se non nei dettagli, la fine! Menandro non pone l'attenzione sulla vicenda in sé, ma su come i personaggi vivono la situazione. L'interesse non è come si rivela il personaggio, la sorpresa è che una persona si rivela diversa dalla convenzione sociale. È una forma di difesa: cerca di nascondersi in un atteggiamento che lo salvi dalla vicenda e assume un atteggiamento più freddo, che porta alla convinzione che sia malvagio.






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