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L'AGNESE VA A MORIRE

italiano



L'AGNESE VA A MORIRE

"L'Agnese va a morire", è stato scritto da Renata Viganò (Bologna, 17 giugno 1900 - Bologna, 23 aprile 1976), Scrittrice precoce a soli 13 anni riuscì a far pubblicare, nel 1913, la sua prima raccolta di poesie, "Ginestra in fiore", e nel 1916 "Piccola Fiamma", ma raggiunse una certa notorietà solamente nel 1949 con "l'Agnese va a morire".

Con il marito, Antonio Meluschi, l'infermiera-scrittrice partecipò alla lotta partigiana come staffetta, infermiera e collaborando alla stampa clandestina.

"L'Agnese va a morire" è un libro di guerra, che tratta della resistenza clandestina dei partigiani, durante la seconda guerra mondiale.

L'autrice, per scrivere questo racconto, si ispira alla sua stessa esperienza nella lotta partigiana, descrivendo le condizioni della popolazione italiana nel corso della seconda guerra mondiale, i rapporti con i tedeschi, e la povertà, nonché la spaccatura di un popolo.



Agnese è una lavandaia di età più o meno avanzata, sposata con un uomo più vecchio di lei, Palita, malato fin da bambino. I due si vogliono molto bene, e vivono in una casetta intima ma accogliente. Le disavventure dei due coniugi iniziano quando, dei soldati tedeschi, arrestano Palita, portandolo via su una camionetta, verso i campi di sterminio. Agnese, nonostante la sua imponente mole, rincorre la camionetta con tutte le sue forze, ma poco dopo è costretta a fermarsi. Da quel momento in poi non pensa altro che alla morte imminente del marito, debole e malato, che non era per lei solo un compagno, ma era anche il figlio che i due non avevano mai avuto, era, insomma, tutto per lei. La donna inizia, così, a covare un profondo odio verso i tedeschi, che esplode quando un soldato di essi uccide la gatta nera di Palita, unico simbolo, cosa concreta, che le restava del suo legame col defunto marito: attende che il soldato si addormenta sul tavolo della sua cucina, gli strappa il mitra di mano, ma, non sapendolo usare, lo uccide spaccandoglielo in testa. Subito dopo scappa, per salvarsi e per avvertire i partigiani, dei quali, dopo la morte di Palita, era diventata aiutante. Iniziano da questo momento una serie di vicende avventurose, tristi, storie di coraggio, tradimenti, ma, soprattutto, tanti sacrifici e tanta fatica.

Molti compagni vengono feriti, molti muoiono in combattimento, altri vengono arrestati e torturati dai tedeschi, sono costretti a continui cambi di base, ogni volta che vengono scoperti. Il viaggio di Agnese tra i partigiani si conclude nel più triste dei modi: viene riconosciuta come assassina del soldato Kurt, e viene uccisa con dei colpi di fucile al viso.

Il personaggio di Agnese potrebbe rappresentare la stessa scrittrice, in quanto entrambe le donne vivono con dolore la guerra, ed entrambe sono impegnate attivamente nella resistenza. Agnese, però, è molto più sfortunata della scrittrice, forse perché quest'ultima ha voluto accentuare il dolore provato agli occhi del lettore, perché ne resti colpito. Il brusco allontanamento di Palita, l'uccisione, per gioco, della sua gatta, e, infine, l'orribile e improvvisa morte toccata ad Agnese, alla quale, nel corso del libro, ci si è affezionati, provocano in chi legge una grande amarezza.

La tematica fondamentale del libro è la guerra: viene descritta nei più piccoli particolari, ma vista dagli occhi semplici e ingenui di una lavandaia di campagna, non molto intelligente, e dall'animo ancora di bambina.

Anche la situazione politica dell'Italia emerge in modo chiaro e semplificato, anche se, forse, un po' distorto: la popolazione è divisa in due, i fiolotedeschi, e i partigiani e i loro amici.

Il sentimento che risulta più lampante nel racconto è la paura, la paura dei partigiani d essere uccisi, la paura del popolo delle bombe, dei tedeschi, di perdere i propri cari. L'altro sentimento che sembra prevalere, oltre alla paura, è l'odio, esistente in molte persone, verso i tedeschi, ma  manifestato da pochi coraggiosi, come Agnese e i suoi compagni.

La resistenza partigiana e spiegata, invece, pur sempre nella semplicità, in modo molto dettagliato: gli attacchi studiati e pungenti, la sofferenza e la sporcizia dei nascondigli, la radio clandestina, le staffette, gli ordigni, le armi, le tecniche della guerriglia, tutto viene spiegato, non come in un libro di storia, ma attraverso la vita quotidiana di Agnese.

Questo libro, a mio parere, è molto profondo, e molto toccante. Credo che specialmente per noi italiani sia molto istruttivo, per comprendere su cosa si basa, o si dovrebbe basare, la società di oggi, e chi l'ha costruita. E' anche moto utile a ricordare le sofferenze patite dai nostri nonni, e a comprendere il rapporto che esisteva tra italiani e italiani e tra italiani e tedeschi.

Con questo libro, insomma, è meno difficile immaginare concretamente il passato, non così distante come sembrerebbe, del nostro paese, e capire il grande passo in avanti che si è fatto, ritenendoci fortunati di vivere in un'epoca, almeno per noi, dove non proviamo la fame, il freddo, e la guerra, e possiamo imparare, dunque, ad accontentarci di ciò.  




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