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GIOSUE CARDUCCI (1835/1907)

italiano



GIOSUE CARDUCCI


1835: nasce in Versilia, ma trascorre gran parte della gioventù nella Maremma, dove il padre lavorava come medico.


1845: a Firenze, dove inizia a frequentare un collegio e si forma la sua cultura classica


L'infanzia vissuta col padre (liberale e carbonaro) e la lettura dei classici alimentano in Carducci ideali repubblicani e uno spirito democratico che lo portarono a partecipare alle vicende politiche che portarono all'unità nazionale


1856: a Pisa, dove consegue la laurea in let 121h71b tere. Qui fonda il gruppo degli "Amici perduti", polemico nei confronti del secondo Romanticismo, del moderatismo cattolico e della politica del Granducato di Toscana.



Appena laureato ottenne una cattedra al ginnasio di San Miniato, ma a questo lavoro dovette affiancare collaborazioni editoriali per far fronte alla situazione familiare (nascita figlia, morte del padre e suicidio del fratello Dante).


: riceve dal ministro dell'istruzione la cattedra di Letteratura italiana all'Università di Bologna. Iniziò a interessarsi delle opere di Victor Hugo e Heinrich Heine, da cui trasse anche nuovi stimoli per l'attività politica: operò con rinnovato spirito polemico contro l'atteggiamento del nuovo Stato, giudicato troppo debole e prudente. La sua accesa polemica anticlericale e l'insofferenza per l'eccessivo moderatismo del governo gli costarono due anni di sospensione dall'insegnamento.

In questo periodo comincia la raccolta delle sue opere in versi, ma il successo ottenuto fu amaro per altri lutti familiari (la madre e il figlio Dante, ancora bambino).


Dopo il 1870 la conclusione della battaglia risorgimentale e gli avvenimenti internazionali operano su Carducci, portandolo a un'involuzione politica conservatore, resa evidente dall'Ode alla regina d'Italia (1878)


Così Carducci divenne sostenitore della monarchia e accettò la carica di senatore del Regno, appoggiò il governo autoritario di Crispi e attenuò notevolmente l'anticlericalismo di un tempo.


Divenuto il poeta ufficiale dell'Italia monarchica e conservatrice, grazie a una poetica sempre più retorica e nazionalista, ricevette numerosi riconoscimenti (1909 premio Nobel).


Intanto dal 1904 aveva abbandonato l'insegnamento a causa della salute.


Morì a Bologna il 16 febbraio del 1907



OPERE & L'EVOLUZIONE POETICA


La produzione poetica di Carducci segue l'evoluzione ideologica dell'autore, ma in essa si può rintracciare una costante: la ricerca di un possibile equilibrio tra due diverse concezioni di poesia, tra l'idea di una poesia "civile", socialmente e politicamente impegnata, e l'idea di una poesia come ricerca di bellezza formale, come mezzo disinteressato di evasione dal presente.

Le soluzioni adottate dal poeta nella ricerca di questo equilibrio consente di organizzare la sua produzione in tre momenti:


PRIMA FASE (1857-1871): dalla prima raccolta di liriche, le Rime a quella della pubblicazione di Poesie.

Sono gli anni in cui Carducci va progressivamente precisando le ragioni del suo dichiararsi "scudiero dei classici". Quello di Carducci è infatti un classicismo dai tratti democratici e materialisti. Questo tipo di classicismo si era particolarmente diffuso negli anni della Rivoluzione francese.


SECONDA FASE (1872-1889): periodo della maturità biografica e poetica dell'autore.

Si avvicina alla monarchia e ai gruppi liberali più conservatori. Diviene il fautore della stabilizzazione dello Stato italiano e anche il difensore dei valori storici e morali della nazione. Le poesie scritte in questi anni sembrano allontanarsi con decisione dall'urgenze dell'attualità e compaiono anche temi più intimi e autobiografici.

Odi barbare

Rime nuove


TERZA FASE (1890-1907): sono gli anni in cui Carducci, con le sue poesie più retoriche e nazionaliste, riceve i massimi riconoscimenti.

Rime e ritmi (ultima raccolta poetica, 1899)


ATTIVITA' IN PROSA: bisogna ricordare i saggi di critica letteraria e le Lettere.

Carducci fu uno dei maggiori critici del suo tempo. Numerosi sono i saggi che testimoniano una profonda conoscenza della cultura italiana e un'attenzione particolare agli aspetti linguistici e stilistici della produzione letteraria.



LO "SCUDIERO DEI CLASSICI" E IL POETA RIBELLE


Alla base del classicismo carducciano c'è la profonda avversione per la poesia melensa e sentimentale del secondo Romanticismo. Carducci, fin dai tempi degli "Amici perduti", si orienta con decisione verso il recupero della poesia classica, sentito come unico esempio di vera perfezione formale e come portatrice di valori civili.


Le prime raccolte di versi (Juvenilia e Levia gravia), poco più che un tirocinio poetico, richiamano spiriti rivoluzionari e polemizzano con l'eccessiva moderazione del nuovo Stato. Questi componimenti sono così attraversati da un costante e profondo anticlericalismo, come nella lirica Inno a Satana.







IL CLASSICISMO MODERNO DELLA MATURITA'


Attenuatosi l'elemento civile e satirico delle precedenti raccolte, a partire dal 1872, prevale la fuga dal presente verso il passato autobiografico e storico: si tratta di una volontà di evasione che deve essere letta come il contraccolpo della crescente integrazione del poeta, della sua sostanziale accettazione del presente.


In Rime nuove (1877) troviamo così componimenti dedicati alle memorie storiche dell'Italia, nei quali però il passato appare come irrimediabilmente lontano.

Lo stesso accade per i sonetti dedicati agli eroi e alle battaglie della Rivoluzione francese: i valori rievocati appaiono proiettati in una realtà lontana da quella attuale.

Si tratta quindi di un'evasione nutrita di rimpianto e di amarezza.


Questo appare con maggiore evidenza nei componimenti di più netta composizione autobiografica: in essi il contrasto tra passato e presente viene risolto nella rievocazione di un'infanzia libera e selvaggia contrapposta a un presente reso difficile dal ruolo e dagli obblighi assunti.


In Rime nuove e in Odi barbare (1877-1889), è possibile individuare gli stessi nuclei tematici e sono anche le più interessanti dal punto formale. Innanzitutto l'abbandono degli schemi metrici più regolari dal punto di vista delle soluzioni ritmiche elimina quella melodia all'interno della quale la singola parola si perde. Inoltre, la persistente metrica classica si pone in evidente contrasto con la modernità delle situazioni rappresentate, con esiti decisamente interessanti e innovativi.

È per questi elementi che, in relazione ai componimenti di Odi barbare, si parla di una sorta di classicismo moderno, consapevolmente paradossale e contraddittorio.



IL POETA-VATE


Nell'ultima raccolta, Rime e ritmi (1899), numerose sono le poesie che tradiscono l'involuzione artistica dell'autore, divenuto il cantore ufficiale del Regno d'Italia e impegnato a sostenere la politica di governo; è in questo periodo che viene attribuito a Carducci l'appellativo del poeta-vate.


Vate significa profeta, in quanto alla poesia viene attribuito un valore sacrale, che dona al poeta la capacità di vedere e celebrare le glorie future della nazione.


I componimenti di Rime e ritmi sono per lo più testi retorici, di scarso interesse poetico.

Ma accanto alle poesie più retoriche ne troviamo altre, più sentite e più riuscite: sono poesie "malinconiche", dai colori tenui, che riflettono sulla morte e su quella vita di cui l'anziano poeta avverte sempre di più la precarietà.


La critica più recente ha infatti sottolineato la permanenza in tutta la migliore produzione carducciana del sentimento angoscioso del contrasto tra vita e morte, presentato di volta in volta come contrasto tra luce e buio, tra movimento e stasi, tra rumore e silenzio.





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