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Popolazione:
610.330
Numero Province: 2
Numero Comuni: 131
Matera (ab.
56.387 ) - sigla provincia: MT
- popolazione: 207.311
- numero comuni: 31
Potenza (ab. 69.695 ) -
sigla provincia: PZ
- popolazione: 403.019
- numero comuni: 100
Basilicata Le origini del nome:
Prima di essere conquistata dai Romani, questa Regione si chiamava Lucania. Successivamente con l'imperatore Augusto che la unì con Bruttium, l'attuale Calabria, cominciò a chiamarsi Basilicata, che deriva dal greco basilikos (governatore e principe). Più tardi con la conquista dei Normanni gli rimase il nome e i confini attuali rimasero gli stessi. Nel periodo che va dal 1932 al 1947 la Regione si richiamò ufficialmente Lucania. Oggi il nome è ritornato Basilicata, ma gli abitanti si chiamano Lucani.
Basilicata Popolazione:
La Basilicata è una delle regioni meno popolate d'Italia in quanto il suo territorio montuoso non facilita l'insediamento dell'uomo. Il territorio secco e improduttivo ne ha favorito l'abbandono e l'isolamento della Regione. Intensa è l'emigrazione e si dice che ci sono più Lucani nel Mondo che nella propria patria.
Basilicata Popolazione:
La Basilicata è una delle regioni meno popolate d'Italia in quanto il suo territorio montuoso non facilita l'insediamento dell'uomo. Il territorio secco e improduttivo ne ha favorito l'abbandono e l'isolamento della Regione. Intensa è l'emigrazione e si dice che ci sono più Lucani nel Mondo che nella propria patria.
Basilicata Rilievi - Valichi - Coste - Isole:
ridosso della Campania, troviamo la fascia montuosa dell'Appennino Campano, mentre nella parte orientale troviamo la zona collinare che scende man mano che si arriva al mare. Le cime maggiori sono: il Volturino, il Volture, il Monte Sirino, il Monte Pollino nel confine con la Calabria. La larghezza della pianura della Basilicata si aggira attorno a i 20-30 km dalla costa, ed è meno della decima parte del territorio. E' attraversata dal corso inferiore di alcuni fiumi. Tempo fa l'area pianeggiante era paludosa e malsana, adesso è stata quasi completamente bonificata. Le coste sono lungo il Mar Ionio, basse e uniformi, i tratti sabbiosi si alternano a foci di fiumi, a zone acquitrinose e a paludi. Il versante costiero occidentale, al contrario, è alto e spesso si presenta con profondi dirupi.
Basilicata Paesaggio:
Gran parte del territorio è montuoso e collinoso, scavato da spaziose e sinuose vallate fino a scendere nella breve fascia di pianura costiera. La zona montuosa si presenta arida e priva di vegetazione. Nelle zone di campagna sono poco le case isolate. Gli agglomerati urbani sono costruiti molto distanti l'uno dall'altro, spesso sopra alle grandi colline. Anche se la Regione è bagnata da due mari, non esistono porti molto grandi, come del resto neanche grossi centri urbani.
Basilicata Fiumi - Laghi:
I fiumi sono tutti a carattere torrentizio. I principali scendono dall'Appennino nella pianura ionica. Questi sono il Bradano, il Basento, l'Agri e il Sinni. In alcune zone si trovano le gravine, zone nelle quali le acque scavano profondi crepacci spioventi. Ci sono alcuni laghi di tipo vulcanico che sono quelli di Monticchio e i bacini artificiali costruiti per poter regolare la acque dei fiumi, usate nell'irrigazione e nella produzione di energia elettrica. I bacini più importanti sono quello di Bradano, sull'Agri e sul Pertusillo.
Basilicata Clima:
Il clima è tipicamente continentale, anche se la Regione è bagnata nei due versanti, dal mare; inoltre è battuta dalle caldi correnti meridionali che prosciugano la poca umidità esistente.
Basilicata Agricoltura - Allevamento - Pesca:
L'agricoltura è la principale fonte economica, ma produce redditi bassi. Le colture principali sono i cereali, le barbabietole da zucchero, l'ulivo, la vite, gli agrumi e il tabacco. Notevole è la produzione di pomodori, mandorle, fragole, noci e fichi. L'allevamento è costituito nella maggior parte dalla pastorizia ovina e caprina, delle quali si produce una considerevole quantità di lana e formaggio. Abbastanza numerosi sono i suini, mentre più scarsi sono i bovini.
Basilicata Industria - Turismo:
L'industria regionale è molto scarsa. Ci sono impianti per la limitata lavorazione ai prodotti locali, agricoli e dell'allevamento. Negli ultimi tempi si stanno sviluppando gli impianti petrolchimici, dopo il ritrovamento di alcuni giacimenti di metano nel territorio e quelli di materie plastiche. Numerose sono le attività artigianali come quelle della ceramicha e degli utensili del legno. Il turismo non è un'attività economica vantaggiosa. Tra le località turistiche ricordiamo: i Laghi di Monticchio situati in crateri di vulcani spenti nel Monte Vulture, le spiagge di Maratea e di Metaponto e Policoro con i suoi ruderi antichi.
Basilicata Comunicazioni:
La Regione possiede tre linee ferroviarie: due passano vicino alla costa, mentre una attraversa la parte interna collegando Taranto-Metaponto-Potenza-Napoli. Il capoluogo di Matera è l'unico in Italia dove non passi una linea ferroviaria. L'unica autostrada che sfiora il territorio è quella del Sole. Alcune strade costruite negli ultimi anni, collegano una parte delle maggiori zone abitate, rompendo l'isolamento.
BASILICATA O LUCANIA?
Secondo Magini: "Fu detta Lucania per esser posseduta dai Lucani et altri portarono altre etimologie, ch'io tralascio".
Di una regione montuosa, boscosa, scarsamente popolata, retta a confederazione di vari popoli, che soltanto in guerra talvolta eleggevano un duce, o re, e che avevano, come centri politici, le loro piccole capitali, da cui in massima parte prendevano il nome, non e' a parlare di una capitale comune.
Strabone nomina Petelia come loro metropoli. Ma i Lucani non avrebbero potuto tenere un centro politico in regione fuori dei loro confini, allora ormai fissati. Ne' si puo' intendere che il geografo alluda a tempi in cui i Lucani avevano invaso il territorio dei Bruzii, perche' questi avevano e conservavano come capitale la loro Cosentia. Piuttosto, Petelia, metropoli dei Lucani, va intesa come sede loro primitiva, come primo nucleo formatosi dalle immigrazioni sannitiche.
Gli storici han cercato questa capitale qua e la', nella valle del fiume Alento, o a Polla nel Vallo di Diano, o sul monte Stella, vicino al capo e all'isola di Licosa. Ma ne' l'archeologia, ne' la toponomastica son venute a suffragare le varie ipotesi.
Le terre lucane offrono altri elementi toponomastici per far supporre che vi esistano contrade, in cui petra indichi roccia, monte. Petrella e' contrada sulla destra del Calore. Petra della Sirena era la punta di Licosa.
Nella divisione dell'Italia in undici regioni, Augusto uni' alcune in una sola, come Venetia ed Histria, Latium et Campania, Sabinia Samnium, Apulia Calabria; questa fusione tocco' alla Lucania e all'ager Brutiorum. Questo fu accodato a quella, per la sua minore importanza, e perche' vi durava ancora la condizione miserevole in cui Roma l'aveva ridotto, per aver preso le parti di Annibale. Nelle successive divisioni amministrative di Adriano, di Diocleziano, di Costantino queste due regioni furono sempre unite.
Talvolta la Lucania fu allargata nei suoi confini storici: nei tempi di Costantino, comprese anche Salerno e formo' coi Bruzii la nona regione. Solo in Paolo Diacono la Lucania e' distinta dal Bruzio.
La divisione della Lucania in castaldati longobardi spezzo' l'unita' storica della regione. Il documento che l'attesta e' della meta' del secolo IX. Radelchisio, principe di Benevento, e Siconolfo, principe di Salerno, si dividono il territorio del ducato beneventano.
L'atto di divisione, stabilisce che restino al principato di Salerno: Taranto, Latiniano, Cassano, Cosenza, Laino, Lucania, Conza, Montella, Rota, Salerno, Sarno, Cimitile, Furculo, Capua, Teano, Sora e mezzo il castaldato di Acerenza da quella parte che e' congiunto con Latiniano e con Conza.
Cosicche' l'estrema Calabria, l'Apulia e il Salento restavano di dominio bizantino: e restavano nel principato di Benevento le terre lucane Melfi, Venosa, Forenza, Genzano, ma non Matera.
Ancora sul nome
Su come si debba intendere il nome Lucania fra Laino e Conza si e' discusso a lungo. Dapprima si segui' il Pellegrini, che credette il castaldato di Pesto essere detto di Lucania, altri credettero che una citta' Lucania fosse posta sul Monte Stella. Questa supposizione secondo il Racioppi, proviene dalla Cronaca Cavese, in cui Lucania appare piuttosto una citta' che una regione. L'opinione piu' probabile e' quella del Racioppi, che interpreta Lucania per Cilento, cioe' il nome si sarebbe nuovamente ristretto alle primitive sedi dei lucani, anche se i paesi citati sono tutti centri urbani di confine. Lucania sarebbe quindi un'eccezione ?
Mandelli, viceversa, vedeva in questo toponimo di Lucania lo scambio di Leucasia (la punta di Licosa) e che potrebbe formare appunto un'altro limite estremo del principato di salerno.
Di quell'epoca una cosa e' certa: l'unita' storico-amministrativa della Lucania era spezzattata. Poi compari Basilicata, e Lucania resto' un toponimo dotto, rievocato sempre, usato spesso dagli scrittori e dai poeti, tenacemente mantenuto e desiderato nel linguaggio ufficiale.
La Basilicata
Dallo spezzetamento della Lucania in castaldati longobardi sorse il ducato normanno di Melfi, di 12 citta', estendentesi da Melfi al Gargano, dal Bradano al Fortore, e che comprendeva nella nostra regione Lavello, Venosa, Acerenza, Montepeloso. Sorsero poi il ducato di Puglia e il comitato di Calabria. Nel 1130, la monarchia normanna riuni' le sparse membra dell'Italia meridionale. Nel secolo XII, la monarchia fu' divisa in 10 giustizierati, tra cui quello di Basilicata e di Salerno, che risultarono all'ingrosso della Lucania. Ma il nome Basilicata, di origine bizantina, doveva gia' esistere. Nei cataloghi dei baroni normanni appare che raggiungesse il fiume Sinni.
Cosicche' la Basilicata si andava estendendo nel ;elfese e la Calabria quadagnava terreno nella Lucania.
Basilio imperatore
Il nome Basilicata compare nei documenti ufficiciali molto tempo dopo della sua introduzione bizantina, e si argomenta dell'analogia con altri nomi di provincie o giustizierati.
La Cava mise in campo varie ipotesi sull'origine del nome Basilicata: regio o regno, o da una badia dell'ordine di S. Basilio, sulla Salandrella, presso il mare Jonio, o dal catapano Basilio Bugiano o dall'imperatore Basilio II. Quest'ultima, la piu' probabile per lo storico lucano, e' confortata da molte sue citazioni. Ai tempi di Basilio II, nel secolo X, si sarebbe introdotto il nome Basilicata, quando appunto i bizantini, dopo la rotta inflitta ad Ottone II, accrebbero i loro possessi a danno dei principati di Salerno e di Benevento. Racioppi crede invece che Basilicata derivi da Basilico: "quale che sia il significato di questa parola, quale che siasi la flessione terminativa sua, o per genere o per numero", cioe' il governatore della contrada.
Documenti del 1134, 1162 e 1230 portano il nome di Basilicata, ma sono creduti apocrifi. Attendibile invece e' soltanto uno del 1175. Il documento pero' col quale possiamo integrare i confini della Basilicata e' quello angioino del 1267-1277, che e' un elenco dei 148 paesi del giustizierato di Salerno, al quale apparteneva una zona, comprendente i paesi di Brienza, Vietri, S.Angelo, Salvia (oggi Savoia).
I confini dell'epoca angioina dimostrano che il territorio guadagnava in estensione a sud, in confronto di precedenti divisioni e definitivamente vi era compresa nell'antica Lucania, oramai spezzata in due province: Salerno e Basilicata.
La Basilicata, è una regione dell'Italia peninsulare incassata fra la Puglia a N-NE, la Campania a W, la Calabria a S, con una superficie di 9992 kmq. ed una popolazione di 617.000 abitanti, compresi fra i 131 Comuni delle Province di Potenza, il capoluogo, e di Matera, è attraversata da nord a sud dall'Appennino Lucano, le cui montagne, eccezione fatta per il Massiccio del Pollino, al confine con la Calabria, e per il Sirino, a SW, non superano i duemila metri. I fiumi più importanti, ovvero il Sinni, l'Agri, il Basento e il Bradano, nascono dall'Appennino e sfociano nello Ionio, caratterizzando gran parte dell'aspetto orografico e climatico della regione. Monti dove una intricata vegetazione conferisce al paesaggio un aspetto di fiaba, caratteristica della zona del Vulture, si alternano ad altri meno boscosi e dove l'azione erosiva del vento e dell'acqua ha caratterizzato le sembianti delle Dolomiti lucane Ã^ singolare, tra Pietrapertosa e Castelmezzano, lo scenario che si presenta alla vista del turista: pinnacoli ergentisi al cielo quasi come mostri preistorici e alla base di essi vecchie dimore scavate nella roccia a difesa delle incursioni barbariche. Se sotto l'aspetto paesaggistico o naturalistico l'Appennino Lucano ha contribuito a rendere la regione più suggestiva ed ecologicamente più intatta, ha tuttavia ostacolato per anni il suo accesso alle vie di comunicazione del grande traffico autostradale. La Basilicata non è però solo costituita da montagne. Anzi, quasi a dispetto di quanti possano immaginarla in questo modo, è lambita da due mari. A ovest, insinuandosi fra Campania e Calabria, è bagnata dal Tirreno, sulle cui coste ripide e scogliose si affaccia, con la semplicità e la incontaminata purezza della regione a cui appartiene, quella perla del turismo balneare che è Maratea. A sud è bagnata dallo Ionio, dove si adagia una fascia costiera di circa quaranta chilometri con spiagge dalla sabbia finissima costellate di attrezzature alberghiere ed extralberghiere in continuo sviluppo: Lido di Metaponto, di Scanzano, di Poliporo, di Nova Siri. Alle loro spalle, nella Piana di Metaponto, si trovano gli imponenti resti di quanto la civiltà greca creò nella sua espansione colonizzatrice in terra italica fra l'VIII e il V secolo a.C..
Superficie: 9.992 Km²
Abitanti: 605.000
Densità: 61 ab/Km²
Capoluogo: Potenza (69.700 ab.)
Capoluoghi di provincia: Matera 57.300 ab.
Altri comuni: Pisticci 17.900 ab., Melfi 16.700 ab., Policoro 15.300 ab.,
Lauria 13.900 ab., Lavello 13.700 ab., Rionero in Vulture 13.400 ab., Bernalda
12.300 ab., Venosa 12.200 ab., Avigliano 12.000 ab.
Monti principali: Monte Pollino 2267 m, Monte Sirino 2005 m
Fiumi principali: Basento 149 Km, Agri 136 Km, Bradano 116 Km, Sinni 101 Km
Laghi principali: Lago di S. Giuliano (artificiale) 10 Km², Lago di Monte
Cotugno (artificiale), Lago di Pietra del Pertusillo (artificiale), Laghi di
Monticchio (Grande 0,38 km², Piccolo 0,16 Km²)
Al di là dell'aspetto
archelogico, la Lucania ha origine con i Lyki, popolazione proveniente
dall'Anatolia, mentre a partire dall'VIII secolo sulle coste s'insediano i
Greci. Comunque la Lucania di allora avava confini diversi da oggi: infatti si
estendeva tra i fiumi Lao (Calabria) e Sele (Campania) sul Tirreno e tra i
fiumi Crati (Calabria) e Bradano (Lucania) sullo IOnio.
Intanto tribù osco-sabelliche scendono dall'interno per combattere il
predominio greco che, non dimentichiamolo, arriva sino a Poseidonia-Paestum,
loro capitale. Distruggono tutto, tranne Elea-Velia. Dopo l'avvento di Roma, i
Lucani si alleano con Pirro ma poi seguono le vicende romane, quindi anche la
caduta dell'Impero e l'arrivo dei barbari. I Longobardi, nel secolo VI,
conquistano la regione dopo aver combattuto Bizantini e Saraceni, includendola
poi nel principato di Salerno, con l'esclusione di Melfi, Venosa, Forenza,
Genzano, Montepeloso (Irsina) che si uniscono alla Puglia: questa invasione
contribuisce a diversificare, per tradizioni e carattere, le popolazioni.
Nell'XI secolo i Normanni fanno di Melfi il centro della corte sino al 1186
quando la normanna Costanza d'Altavilla sposa Enrico VI di Svevia, a cui
succede Federico II che da Melfi, nel 1231, emana le "Costitutiones".
Nel 1250 muore Federico e dopo una breve parentesi va sul trono Carlo d'Angiò:
la Basilicata diventa terreno di aspre lotte tra gli Angiò e i fedeli agli Svevi.
La famiglia più importante e con i più grandi territori di proprietà è quella
dei Sanseverino. Subentrano i Durazzo e gli Aragonesi: nel castello di
Miglionico, battezzato dal popolo del Malconsiglio, si ha, nel 1481, la famosa
"Congiura dei Baroni" contro Ferdinando I (Ferrante) per ridare la
corona agli Angiò. Tutti i baroni vengono uccisi, tranne il Sanseverino che,
rifugiatosi in Francia, sollecita l'arrivo di Carlo VIII. Arriva nel 1495 ma
presto cominciano i problemi con gli Spagnoli che conserveranno il regno dal
1500 fino al 1707. Nel 1663 la Basilicata diviene una vera provincia del Regno,
capoluogo viene nominata Matera, sede di Regia Udienza, città già parte della
terra d'Otranto. Nel 1734 Carlo III di Borbone sale sul trono di Napoli. La sua
dinastia rimarrà fino al 1860 salvo il periodo Napoleonico. Nel 1806 Giuseppe
Bonaparte Re di Napoli e fratello di Napoleone trasferisce la sede del
capoluogo a Potenza. Viva è la partecipazione di molti lucani al processo
risorgimentale. Nel periodo della carboneria la Basilicata ha molte
"vendite" ed una brigata di Lucani affianca Garibaldi nella decisiva
battaglia del Volturno (1860).
Negli anni postunitari imperversa il brigantaggio, oggetto di inchieste
parlamentari.
Nel 1902 il Capo di Governo Giuseppe Zanardelli compie una lunga visita nella
regione. nel 1905 viene emanata la legge speciale della Basilicata in vigore
fino a pochi anni fa allo scopo di migliorare la vita economica e sociale con
interventi pubblici.
Nel 1927 Matera diventa la seconda provincia della Basilicata.
Nel settembre del 1943 la Regione viene "liberata" dalle forze
alleate provenienti dalla Calabria. Particolarmente significativi gli episodi
di Matera e Rionero per concorso spontaneo di popolo.
Giancarlo Tramontano Conte di Matera
L'anno 1495 segna per Matera l'inizio di un periodo oscuro e triste a causa delle vicende che la vedranno sottomessa per la prima volta alla servitù feudale.
Proprio in quel periodo, la figura di Giancarlo Tramontano, originario di Sant'Anastasia, vicino Napoli, umile popolano sostenitore degli aragonesi, emerge fra tumulti e tensioni per il dominio sulla città partenopea, tra i francesi di Carlo VIII e gli spagnoli, a seguito della morte di Ferdinando I d'Aragona, avvenuta nel 1494.
I debiti, la crisi e la sommossa popolare
Nonostante avesse una carica importante quale Mastro della Regia Zecca, ritornò a Matera colmo di debiti pretendendo dall'aristocrazia locale, sempre più offesa e derisa, altre gabelle e tasse per colmare le casse vuote. La sua triste fine era, ormai, imminente.
Il 28 dicembre del 1514 chiese al popolo 24 mila ducati per sanare un debito con il suo creditore catalano Paolo Tolosa.
Esasperati dai continui soprusi, alcuni popolani e nobili, riunitisi nel Sasso Barisano nei pressi della Parrocchia rupestre di San Giovanni Vecchio, nascosti dietro un masso, "u pizzone du mmal consighj" - il masso del mal consiglio -, che fungeva da testimone, organizzarono l'uccisione del Conte.
L'agguato si sarebbe svolto l'indomani in Duomo, poiché la chiesa era l'unico posto dove il Conte era costretto, dalle usanze del tempo, a disarmarsi.
La guarnigione armata lo avrebbe atteso all'esterno co 818h76i me sempre. D'altronde le sue guardie, mercenarie, si potevano corrompere facilmente. E così fu.
L'assassinio del Conte
...La sera del 29 dicembre 1514, infatti, in occasione della messa del vespro, il Tramontano fu affrontato dai congiurati, si difese strenuamente ma dopo aver cercato invano la fuga, fu ucciso in una via laterale del Duomo, l'odierna Via Riscatto.
Si ha certezza di questa tragica data grazie ad un'incisione presente sulla base di una colonnina della chiesa di San Giovanni Battista che recita: DIE 29 DEC . INTERFECTUS EST COMES.
Si racconta che fu denudato e colpito ripetutamente con le pesanti alabarde sottratte ai suoi uomini, prima di essere abbandonato, a brandelli, in una pozza di sangue.
Le campane suonate a martello annunciarono la morte del tiranno ed il popolo, ormai in tumulto, invase le strade ed i vicoli, correndo e gridando.
Ci furono tentativi di incendio ai documenti della pubblica magistratura e, dopo una violenta irruzione nel suo palazzo, fu arrestata sua moglie e saccheggiata ogni cosa.
Il buon senso di alcuni cittadini prevalse e la Contessa fu salvata da altri orrendi atti.
Non furono mai trovati i colpevoli, né assassini e né mandanti, e gli unici nomi che compaiono fra gli indiziati sono Tassiello di Cataldo e Cola di Salvagio, e la leggenda popolare vuole che a compiere il delitto sia stato uno schiavone, ossia un serbo-croato.
L'astuzia, l'ambizione e l'ascesa
Intelligente, astuto e valente spadaccino, era stato il primo cittadino eletto dal popolo a sedere con nobili e clero nel parlamento di Napoli, dove ottenne anche la nomina a Mastro della Regia Zecca.
Per una serie di servizi resi al Re, pretese la Contea di Matera, città che era sempre stata demaniale, che dipendeva, cioè, direttamente dalla Corona. Il Sovrano ne subordinò la concessione ad un manifestato consenso dei materani, che ovviamente glielo negarono. L'obiettivo del Conte fu ugualmente raggiunto con la complicità di alcuni nobili e popolani materani abilmente raggirati con false promesse di esenzioni e privilegi.
I materani sottoscrissero, illusi, la loro servitù feudale. Così il primo ottobre 1497 il Re Ferdinando II, detto Ferrandino, figlio di Alfonso II e succeduto a Ferdinando I, procedette all'investitura del Tramontano riconoscendogli l'ambita Contea.
Negli anni successivi troviamo tracce del nostro irrequieto personaggio in numerose contrade del Regno, impegnato in scontri con i francesi. Fu fatto anche prigioniero e privato della sua Contea. Riuscì a liberarsi, e cercò in modi bizzarri di riottenere la Contea di Matera.
Infatti il primo novembre 1506 si recò a Napoli in occasione del corteo reale del Re cattolico Ferdinando e della Regina Germana De Foix, ed usò un abile stratagemma per impressionare il Re. In strade adiacenti a quelle del corteo costruì maestosi archi di trionfo in legno, dai quali fece gettare monete ed altri oggetti di valore.
La folla accorsa per il corteo si radunò quindi tutta sotto questi archi, ed il Corteo Reale fu costretto a deviare il percorso dirigendosi verso i suddetti archi di trionfo. Qui Gian Carlo Tramontano e la sua consorte, Elisabetta Restigliano, fecero dono alla Regina di una costosissima collana di 25 perle, con lo scopo di accattivarsi la benevolenza dei regnanti e riottenere la Contea di Matera.
Il Re non si fece impressionare da questi meschini esibizionismi e assicurò alla Contea la sua demanialità, ma, allontanatosi il Sovrano, il nostro ambizioso capo-popolo raggiunse il suo scopo "convincendo" il Viceré che lo riconfermò Conte di Matera.
L'indulto
Il delitto fu considerato, per quel che era, un reato politico, ed un attentato alla corona, rappresentata sul territorio dal Conte.
Per punire i colpevoli fu inviato dal Re il Commissario Giovanni Villani, che fece impiccare quattro materani innocenti, inquisì altri cittadini che riuscirono a riscattarsi pagando 2 mila ducati ed accusò l'Amministrazione della Città per aver incoraggiato la sommossa e per non aver punito i colpevoli.
A conclusione della vicenda, considerato che per l'Università (il municipio) non fu possibile controllare la situazione, né domare l'istinto violento ed incontrollabile del popolo, né rintracciare i colpevoli fra la folla inferocita, fu imposto dall'erario un'ammenda di diecimila ducati, davvero tanti considerando che la citata collana di 25 perle ne costava circa 700.
Su solenne richiesta dell'allora sindaco di Matera Berlingerio de Zaffaris, il 22 giugno del 1515, il notaio Franciscum Groia di Matera fu ricevuto a Napoli dal Re Ferdinando d'Aragona che concesse, finalmente, un generale indulto.
La leggenda
Le vicende conosciute a Matera durante l'inchiesta, stimolarono la fantasia del commissario regio Giovanni Villani che scrisse una commedia prendendo spunto dall'episodio, intitolata "il Conte di Matera", divenuta qualche secolo più tardi, nel 1955, un film con Virna Lisi.
E' in questa commedia che ritroviamo quasi tutti gli elementi della leggenda popolare privi però di ogni fondamento storico, come le tasse ed i soprusi romanzati ed ingigantiti e come lo "ius primae noctis", che avrebbe dato al Conte il diritto su tutte le donne nella loro prima
L'ironia del destino
Il luogo dove fu trucidato, il vicolo a sinistra del Duomo, ha preso il nome di Via Riscatto a ricordare la vittoria del popolo e la caduta del tiranno.
E se a Matera si ricorda con una via la sua uccisione, curiosamente, a Napoli la commissione toponomastica del Comune ha intitolato una strada a Gian Carlo Tramontano, molto centrale, vicino a Via Duomo, Via Seggio del Popolo e Piazza Nicola Amore, per ricordare la sua elezione democratica, la prima nella storia di Napoli, per rappresentare il popolo nel parlamento partenopeo.
Il motto inserito nello stemma della città di Matera recita: "BOS LASSUS FIRMIUS FIGIT PEDEM", (il bue stanco segna più fermamente il passo) e sta a significare che il popolo, quando è stanco di soprusi e tirannie, combatte con determinazione e fermezza per riconquistare la libertà perduta...
GENTE DELLA LUCANIA
Girano tanti lucani per il mondo, ma nessuno li vede, non sono esibizionisti. Il lucano, più di ogni altro popolo, vive bene all'ombra. Dove arriva fa il nido, non mette in subbuglio il vicinato con le minacce e neppure i "mumciupì" con le rivendicazioni. E' di poche parole.
Quando cammina preferisce togliersi le scarpe, andare a piedi nudi. Quando lavora non parla, non canta. Non si capisce dove mai abbia attinto tanta pazienza, tanta sopportazione.
Abituato a contentarsi del meno possibile si meraviglierà sempre dell'allegria dei vicini, dell'esuberanza dei compagni, dell'eccitazione del prossimo.
Lucano si nasce e si resta. Gli emigranti che tornano dalla Colombia o dal Brasile, dall'Argentina o dall'Australia, dal Venezuela o dagli Stati Uniti, dopo quaranta anni di assenza, non raccontano mai nulla della vita che hanno trascorso da esuli. Rientrano nel giro della giornata paesana, nei tuguri o nelle grotte, si contentano di masticare un finocchio o una foglia di lattuga, di guardare una pignatta che bolle, di ascoltare il fuoco che farnetica. E di uscire all'aurora se hanno un lavoro o un servizio da compiere, uscire all'oscuro per tornare di notte.
Non si tratta di una vocazione alla congiura o alla rapina ma di una istintiva diffidenza verso il sole. Dove c'è troppa luce il lucano si eclissa, dove c'è troppo rumore il lucano s'infratta. Non si fa in tempo a capire questo animale, a fare un passo di strada insieme, che già fugge alla svolta. Per andare dove?
Gli amici che hanno qualche dimestichezza coi lucani hanno capito la strategia, li fanno cuocere nel loro brodo. C'è un tratto caratteristico dei lucani, un tratto sfuggito ai viaggiatori, da Norman Douglas a Carlo Levi, sfuggito ai benefattori, da Adriano Olivetti a Clara Luce, e forse agli stessi sociologi.
Il lucano non si consola mai di quello che ha fatto, non gli basta mai quello che fa. Il lucano è perseguitato dal demone della insoddisfazione.
Parlate con un contadino, con un pastore, con un vignaiolo, con un artigiano. Parlategli del suo lavoro. Vi risponderà che aveva in mente un'altra cosa, una cosa diversa. La farà un'altra volta.
Come gli indù, come gli etruschi egli pure pensa che la perfezione non è di questo mondo. E difatti, scolari e bottai, tagliapietre e sarti, muratori e fornaciari si fanno seppellire ancora con tutti gli arnesi.
Essi pensano di poter compiere l'Opera in un'altra vita. Quando avranno pace.
Non trovano in terra le condizioni necessarie per poter fare il meglio che sanno fare. Strana etica. L'ultimo tocco, il tocco della grazia il lucano non lo troverà mai. Eppure nella nitidezza del disegno ti parrà di intravvedere l'opera compiuta. Manca un soffio. Questo è un popolo che la saggezza ha portato alle soglie dell'insensatezza. Come una gallina che s'impunta davanti alla riga tracciata col gesso l'intelligenza dei lucani si distoglie per un niente, si blocca appena sente volare una mosca.
DIALETTO
Il territorio linguistico lucano
si spande a cavallo delle regioni confinanti con la Basilicata, poiché molte
colonie romane fondate in Lucania appartengono ora ad altre regioni
amministrative.
Anche per il lucano si hanno quindi i caratteri distintivi tipici delle altre
lingue centro-meridionali, con alcune particolarità.
nella zona intorno a Potenza si
trova una particolare forma di cambio vocalico (metafonia) per cui
"porco" diviene "porchë", al singolare, e
"puorc'", al plurale. Analogamente la vocale "e" cambia
solo in parole con la finale in "i", così "freddi" e
"morti" divengono "friddi" e "muorti".
- si ha una forma di lenizione (cambio consonantico) particolare che porta al
cambio del suono "c"; come in "fuoco", "nevica" e
"stomaco", che diventano "fuogu", "nevega" e
"stòmugu"; o ad una sua caduta; come per "lardia" al posto
di "ortica", "modia" per mollica", "mia" per
"mica".
- un altro cambio consonantico consiste nel passaggio della "p" in
"v", così "sapere" diviene "savé",
"rapa" "rava", "capo" "cavu".
Queste particolarità, che in alcune zone si attenuano, sono affiancate da
fenomeni passeggeri e localizzati, come il passaggio della "t" in
"d" e della "d" in "r". Così "catena" a
Potenza diviene "carena", passando attraverso "cadena";
"seta" diviene "sera" attraverso "seda"; e a
Picerno "rete" è diventato "rede" e poi "rera".
Dividendo queste particolarità è possibile individuare tre aree linguistiche
interne alla Basilicata: una settentrionale, detta "apula", una
orientale appenninica ed una occidentale, calabro-sicula.
Il lucano, contrariamente ad altri dialetti meridionali, è invece ricco di
vocaboli unici. Alcuni condivisi con Campania e Puglia come
"strummëlë" per "trottola", "strettëlë" per
"vicolo", "lippë" per "borraccina"; e altri
prettamente locali, come "zoca" per "fune",
"rocchia" per "gregge di pecore"; "frecula" per
"briciola" e "straccione" per "piolo".
Nel vocabolario lucano è possibile anche rinvenire termini di origine latina,
come "consobrino", per cugino, "britichë" per patrigno
(lat. vitricus), "pastënë" per vigna nuova (lat. pastinum). O di
origine greca, come "burrachië" per ranocchio (gr. batracos),
"ciss" per edera (gr. kissos).
BASILICATA DA SCOPRIRE Un tesoro naturalistico La Basilicata è una "piccola" terra - tra le meno densamente popolate d'Italia - e vanta una storia antica, a tratti gloriosa, con bellezze naturali e architettoniche che le conferiscono un particolare fascino. Sfoggia un paesaggio suggestivo e mutevole, in cui alte vette montuose si stemperano in dolci pianure scivolando verso due mari: lo Jonio e il Tirreno. Bellissima, e tuttavia ancora poco esplorata, è la zona dei Laghi di Monticchio. Il lago Grande e il lago Piccolo, questi i loro nomi, occupano i due crateri, ormai spenti, del Monte Vulture e sono circondati da una fitta vegetazione. Non lontano dalla zona dei Laghi, Riserva Naturale già dal 1971, si trova Monticchio Bagni nota in tutta Italia per le sorgenti di acque minerali.
La maggior parte del territorio della Basilicata è montuosa, in un alternarsi di zone nude e argillose e placide distese arboree; dorsali assolate, solcate da piccoli canyon e silenziosi boschi di faggi. Un tesoro naturalistico, è il Parco Regionale di Gallipoli-Cognato. Quest'area comprende, in parte, comuni della provincia di Matera (Accettura, Calciano e Oliveto Lucano) e in parte di Potenza con le Piccole Dolomiti Lucane (Castelmezzano e Pietrapertosa). Il Parco è caratterizzato da una notevole variabilità altimetrica, si passa, infatti, dai 200 m fino ai 1.319 m del Monte Impiso, offrendo uno spettacolo di vegetazione estremamente variegato, costituito da alberi, arbusti e fiori di rara bellezza. Essendo il Parco un ecosistema dalle notevoli risorse, ospita numerose specie di mammiferi, volatili, rettili e insetti. Inoltre, sulla sommità del Monte Croccia si possono visitare i resti di un insediamento fortificato edificato nel IV secolo a.C.
Alcune zone sono ancora del tutto vergini dal punto di vista naturale. È il caso del Parco Nazionale del Pollino, istituito nel 1990, che si estende per oltre 200.000 ettari al confine con la Calabria, e culmina con la vetta più alta dell'Appennino meridionale, la Serra di Dolcedorme (2.267 m). Qui trovano rifugio gli ultimi esemplari di "pino loricato", che raggiungono persino i 900 anni di età. Ma ciò che rende unico il Parco Nazionale del Pollino nella sua selvatica imponenza, oltre le valenze storiche, antropologiche e archeologiche, è la mutevolezza del paesaggio naturale. È raro, infatti, poter ammirare, in un solo luogo, rocce dolomitiche, bastioni calcarei, pareti di faglia di origine tettonica, grotte carsiche, timpe di origine vulcanica, gole profondissime spesso solcate da fiumi, accumuli morenici, circhi glaciali. E poi: pianori, prati e pascoli d'alta quota.
CIELO E TERRA Dall'architettura religiosa a quella civile: chiese e castelli Il passaggio della storia ha disseminato la Basilicata di architetture multiformi, diverse per epoca e finalità originarie. Dell'avvicendarsi delle varie dominazioni, restano innanzi tutto moltissimi castelli, taluni quasi intatti. La regione offre poi magnifici esempi di architettura religiosa, di ogni epoca. Alcuni, quasi "primitivi": come gli antichissimi templi pagani o come le tante chiese rupestri, edificate da popolazioni di origine bizantina, in fuga dai loro paesi di origine, per sottrarsi alle persecuzioni degli infedeli Saraceni. Altri di epoca normanno-sveva, come i numerosi monasteri benedettini.
Assai ben conservato è il celebre Castello di Melfi, edificato dai Normanni e poi ampliato da Svevi e Angioini, ove nel 1231 Federico II emanò le Costituzioni Imperiali. Il Castello, dal XVI secolo in poi divenne dimora della famiglia Doria fino alla riforma agraria e fu sede anche di vari Concili. Oggi vi ha sede il Museo Nazionale del Melfese.
TERRA DEI DUE MARI Maratea e Metaponto due sbocchi sul Mediterraneo Maratea, perla del mediterraneo, si affaccia sul Golfo di Policastro.
Di origini antichissime, nota anche come città delle 44 chiese è incastonata in un crinale del Monte San Biagio, su cui svetta la ciclopica, candida statua del Redentore.
I fondali marini, profondi e incontaminati, elargiscono preziosi ritrovamenti e sono molto apprezzati dai subacquei.
La costa ionica, invece, bassa e con ampie spiagge di sabbia finissima, ha favorito la fondazione di colonie della Magna Grecia: nel Metapontino vi sono infatti, oltre agli splendidi arenili e al mare limpido, affascinanti aree archeologiche.
IMPRONTE DEL TEMPO Fascino delle civiltà antiche
La Basilicata è gelosa custode di tesori antichi, che le conferiscono un
fascino particolare ed un carisma inconsueto. Ancora oggi conserva inviolati
numerosi reperti archeologici e tracce di passate civiltà.
Agli albori del VII secolo a.C. approdarono sulla costa Jonica del Mediterraneo i coloni greci che fondarono Siri e Metaponto, portando cultura e modelli di vita avanzati. Metaponto, fiorente e quasi leggendaria città della Magna Grecia, circondata da una pianura, un tempo malsana, è oggi ricca di colture irrigue e ambita meta turistica. Nella fetta di territorio incassata tra i fiumi Bradano e Basento, si scoprono suggestive testimonianze archeologiche tra cui le "Tavole Palatine". Delle 32 colonne del tempio dorico del VI secolo a.C. (dedicato ad Hera), soltanto quindici sono sopravvissute e, insieme al parco archeologico che le circonda, costituiscono un'ulteriore riprova dell'estremo fascino della regione.
GRANCIA Il grande Cinespettacolo "La storia bandita" All'interno del parco della Grancia, nel cuore della Basilicata, da luglio a settembre, tutti i sabati e le domeniche, va in scena il grande Cinespettacolo La storia bandita.
Si tratta dell'avventura del popolo lucano, raccontata in uno straordinario scenario naturale, tra le minacciose pareti montuose del parco e l'ombra del Castello di Brindisi di Montagna.
La storia bandita, interpretata da 450 comparse, cavalieri, danzatori, narra le gesta dei lucani per la libertà nelle insorgenze del 1799 e del 1861. Tra le voci dei narratori ritroviamo quelle di Michele Placido e Lina Sastri.
Numerosi sono gli effetti speciali utilizzati per rendere più avvincente e realistico lo spettacolo: 12 sorgenti di suono distribuite sull'intera scena, fuochi, schermo d'acqua per filmati ed immagini proiettate sulle rocce.
LUCANIA O BASILICATA Doppia denominazione Prima di essere conquistata dai Romani si chiamava "Lucania".
Le ipotesi sulla scelta di questa denominazione sono diverse: da luc forse perché terra raggiunta da un popolo guerriero che seguiva la luce del sole, o da lucus termine latino che significa terra di boschi o perché popolata dai Liky, antico popolo proveniente dall'Anatolia.
A sua volta, il nome "Basilicata" secondo alcuni storici deriva dalla presenza di monaci orientali Basiliani. Per altri è legato, invece, all'arrivo dei Bizantini nel X secolo: Basilicata dal greco Basilikòs, amministratore bizantino della giustizia. Fu chiamata Basilicata, per la prima volta, in un documento del 1175 e da allora ha mantenuto questa denominazione, fatta eccezione per un breve periodo storico (dal 1932 al 1947) nel quale tornò a chiamarsi Lucania.
Oggi il nome più utilizzato è Basilicata, ma gli abitanti di questa regione, forse per il forte attaccamento alle proprie origini ed alla propria storia, sembra preferiscano farsi chiamare Lucani piuttosto che Basilischi o Basilicatesi.
IL MATRIMONIO DEGLI ALBERI Il Maggio di San Giuliano La sagra di San Giuliano, celebrata ad Accettura in occasione della Pentecoste, si basa su un antichissimo rito di culto agrario.
Festa di origini pagane tipicamente primaverile, alla quale veniva attribuito un valore propiziatorio di fertilità e fecondità, è detta anche "il matrimonio degli alberi". Infatti, rappresenta le nozze simboliche tra un albero di alto fusto, di sesso maschile e un agrifoglio, di sesso femminile.
Lo sposo è il Maggio, il cerro più dritto e più alto del bosco di Montepiano, abbattuto con molta cura il giorno dell'Ascensione da un gruppo di boscaioli, detti "Maggiaioli".
La sposa è un agrifoglio detta, "Cima", scelto tra quelli più ricchi di rami e foglie e raccolto durante la domenica di Pentecoste nella foresta di Gallipoli Cognato.
Durante questa giornata, i futuri sposi vengono seguiti da due cortei: quello del Maggio, pulito della corteccia e privato dei rami, trasportato da 50 coppie di buoi allevati, esclusivamente per la festa, dai contadini accetturesi; quello della Cima che viene trasportata in spalla per 15 chilometri dai "Cimaioli". L'uno e l'altro corteo sono accompagnati da cori festosi, danze e canti popolari.
L'incontro delle due "processioni" avviene ad Accettura, dove vengono accolte da un'entusiastica folla.
Il martedì di Pentecoste il Maggio e la Cima vengono innestati l'uno nell'altra. Durante questa unione si svolge il rituale religioso, ovvero la processione del Santo Patrono San Giuliano.
USI E COSTUMI LUCANI Le tradizioni popolari Le caratteristiche geomorfologiche della Basilicata, inclusa la sua particolare posizione geografica, nonché le vicende storiche e linguistiche dei suoi abitanti, hanno permesso che si conservassero intatte numerose tradizioni che da sempre fanno parte del patrimonio culturale della regione.
Al periodo longobardo, ad esempio, risale la parola tedesca Morgengab, il cui significato è "dono del mattino". Il "rito" consiste in un dono che il marito fa alla moglie all'alba della prima notte di nozze. Parte dei suoi beni vengono offerti alla sposa come ringraziamento per l'amore donatogli.
Altra usanza è quella del Ceppo legata alla richiesta ufficiale di fidanzamento da parte giovane alla fanciulla amata. Consiste nel posizionare davanti alla porta di casa della prescelta un ceppo, selezionato in base al carattere della destinataria. Naturalmente, anche la risposta della futura sposa è lasciata ad un gesto simbolico; infatti, se lei accetta porta il ceppo in casa; se rifiuta lo lascia rotolare per strada.
E' noto che nel mondo delle tradizioni popolari, intervengano fenomeni e reazioni recepiti poi in riti collettivi che provocano sentimenti di profonda partecipazione emotiva. Sia nella provincia di Matera che in quella di Potenza, emblematica è l'usanza del Lamento funebre. Consiste in pianti e grida di dolore, da parte delle donne di famiglia del defunto e delle vicine, e si divide in più momenti. La prima fase è di completa isteria, di manifestazione di un dolore acuto; la seconda fase, invece assume i toni di un lamento melodico, ritmico, nel quale si esaltano le virtù del defunto. Si presume che il rito abbia un'origine precristiana, visto il divieto di invocare i Santi
ITINERARI
IL VULTURE
E' aspro e dolce questo angolo di terra pieno di contrasti e si presenta ai nostri occhi con uno straordinario paesaggio dominato dall'imponente massiccio appenninico del Vulture. L'intera area è una delle principali attrattive della Basilicata, per i pittoreschi panorami offerti dai paesi abbarbicati sulle falde dei monti e per la presenza di rilevanti testimonianze storico-artistiche di valore nazionale e mondiale. Fu sicuramente la suggestione di questi luoghi e la ricchezza della fauna ad alimentare l'interesse di Federico II di Svevia. Eguale fascino sprigionano i centri abitati: Melfi, con il castello turrito e la cattedrale duecentesca; Venosa, con i resti romani e la splendida abbazia delle Trinità e l'Incompiuta; Lavello aggrappata a uno sperone di roccia a strapiombo. E ancora: Banzi con gli scavi; Atella con la trecentesca cattedrale e il Parco Paleolitico dove sono stati ritrovati i resti dell'Elephas Antiquus, delle terme romane e delle Catacombe; nonché Muro Lucano, grande centro situato sulla roccia della ripida parete montana. In quest'area la produzione gastronomica raggiunge livelli di eccellenza. "Principe" incontrastato è il vino, prodotto con l'Aglianico del Vulture, rinomato in tutto il mondo; non sono da meno, le produzioni casearie, l'olio d'oliva, i salumi, le castagne e i piatti tipici. Lungo la via che conduce a Potenza, accoglie i turisti il mastodontico Castello di Lagopesole, voluto da Federico II: da secoli il maniero vigila sulla terra che l'imperatore-filosofo, amò infinitamente.
Melfi
Melfi sorge su un territorio vulcanico, alle pendici settentrionali del monte Vulture. Cittadina di grande pregio storico, negli ultimi anni è diventata attivo centro industriale. STORIA Abitata sin dal neolitico, Melfi subisce l'influenza romana e successivamente quella longobarda e bizantina. Nel 1041 diviene la prima contea dei normanni in Italia, centro di arte e cultura, e a partire dal Medioevo, assume una posizione sempre più rilevante. Fu sede dei principati normanni e nel 1059 diventa capitale del ducato di Puglia, a seguito del concilio di Melfi che annullò la scomunica nei confronti di Roberto I il Guiscardo. Nel 1167 viene saccheggiata da Federico Barbarossa e solo con Federico II di Svevia si afferma con un ruolo strategico, grazie alla costruzione di mura e rinforzi dell'abitato. Nel 1231 Federico emana dal Castello di Melfi le Costituzioni Melfitane. Con la morte dell'imperatore di Svevia, si insediano gli Angioini e successivamente vari feudatari. ARTE Di grande pregio storico è il Castello fatto costruire da Guglielmo d'Altavilla. Originariamente era costituito da una parte centrale, circondata da una cinta muraria, dove oggi ha sede il Museo Nazionale del Melfese, che conserva numerosi reperti delle popolazioni indigene risalenti alla preistoria e ai periodi romano, bizantino e normanno. Nella torre è conservato il "Sarcofago di Rapolla", meraviglioso capolavoro realizzato da artisti dell'Asia Minore. Inoltre il Duomo, edificato nel 1153 dal re normanno Guglielmo I detto il "Malo", è una testimonianza di grande pregio artistico. L'edificio è stato rifatto quasi completamente nel XVIII secolo in stile Barocco; il campanile, invece, conserva l'originario stile normanno. NATURA La zona di Melfi si caratterizza per l'estrema fertilità che ha consentito lo sviluppo di diverse colture: vigneti, castagneti da frutto e oliveti. CURIOSITÀ Caratteristico, a Melfi, in occasione della festa di Sant'Antonio da Padova, è il gioco dello "scaricavascio" o "Pizzic'Anto". Una decina di contadini si tengono stretti con le braccia, formando un cerchio, sulle loro spalle montano altrettanti compagni, girando a tondo, i sottostanti cantano una canzone e quelli di sopra rispondono. Il gioco non è altro che l'adattamento infantile di una danza, a carattere magico, detta "torre vivente" per la disposizione a piramide dei danzatori. A Melfi ha assunto, invece, un significato di satira politica contro i maggiorenti melfitani che nel 1799 aprirono le porte del paese, senza alcuna resistenza al Cardinale Ruffo.
Venosa
Antica città sannita, diede i natali al poeta Orazio. Sorge su uno sperone di origine vulcanica formatosi dalla ramificazione di due valloni. È uno dei più interessanti centri della regione. STORIA Le origini della città risalgono all'insediamento di Venusia ai confini tra le regioni di Apulia, Lucania e Sannio. Il nome attuale appare nel 291 a.C. quando viene occupata dal console L. Postumio; diventa Colonia e Municipio romano e, dal 268 a.C., importante centro commerciale ed amministrativo. In età Repubblicana ospita una fiorente comunità ebraica. La cittadina mantiene una posizione di privilegio anche durante l'alto Medioevo. Subì il dominio di bizantini, saraceni e longobardi. Nel 1041, con l'avvento dei normanni, diventa contea di Drogone d'Altavilla. Nel 1127 Venosa insorge contro i Normanni e viene riconquistata da Ruggiero II. Durante il Regno di Federico II diventa città regia. Partecipa ai moti carbonari del 1820-21. Nel 1861 aderisce all'insurrezione filoborbonica appoggiando il brigantaggio del bandito Crocco. ARTE L'assetto urbano della città risale al 1443 quando Maria Donata Orsini offre in dote a Pirro del Balzo la Cittadella. Come testimoniano l'imponente Castello e la Cattedrale. Il primo, al centro della Piazza, è circondato da un ampio fossato; è a pianta quadrata con torri circolari all'interno delle quali erano state ricavate stanze segrete per i prigionieri. La Cattedrale di Sant'Andrea Apostolo, invece, edificata nel 1470, ha un portale marmoreo realizzato da Cola di Conza, la facciata è stata completamente rifatta. Sul fianco destro si eleva il campanile che risale al 1589 modificato, poi, nel 1614 e nel 1714. L'interno è a tre navate divise da pilastri quadrangolari. Altrettanto interessanti, da un punto di vista storico artistico, sono l'Abbazia della Trinità, Palazzo Calvino, Palazzo Balì, Palazzo Dardes, Palazzo Veltri, la Fontana Angioina, la Fontana di Messer. Poco fuori dall'abitato, sulla Collina della Maddalena, si possono visitare le Catacombe Paleocristiane. Nelle sette gallerie e nei cunicoli, degni di nota sono i numerosi epitaffi scritti in ebraico, in greco ed in latino barbarico. CURIOSITÀ Quella che oggi viene impropriamente chiamata "Casa di Orazio" è soltanto ciò che resta di una domus patrizia del II secolo d.C., consistente in due ambienti termali. La facciata presenta strutture romane come opus reticulatum e latericium. Sotto l'antico selciato della strada furono scoperti resti di mosaico, a tessere bianche e nere, che raffigura un mostro marino.
Lagopesole
Frazione del Comune di Avigliano, sorge sulle colline tra i fiumi Ofanto e Bradano. Il suo nome deriva dalla presenza di un grande lago (lacus pensilis) che nel Quaternario occupava tutta la Valle di Vitalba. STORIA Lagopesole nel periodo preromano era territorio di divisione tra Apulia, Lucania e Sannio, nell'alto Medioevo divenne Limes, confine tra domini bizantini e longobardi. L'avvento dei Normanni porta benessere ed importanza nella zona, che proseguirà, poi, durante il periodo svevo. Alla morte dell'imperatore, Federico II, con l'avvento degli Angioini, una gravosa politica fiscale costringe gli abitanti dei piccoli centri, e quindi anche Lagopesole, a migrare in altre zone della regione. Nel 1416 il dominio dagli Angioini passa a Ser Gianni Caracciolo, e successivamente Carlo V dona il castello al principe d'Orange e, alla morte di questi, lo concede ad Andrea Doria. ARTE Arrivando a Lagopesole il Castello, che si staglia, alto e rossiccio, su una ampia radura nei pressi di Pietragalla, è visibile da notevole distanza. Di origine normanna e voluto da Federico II di Svevia, ha forma parallelepipeda con torri ad angolo. La diversità di elementi decorativi ed architettonici denotano fasi costruttive e destinazioni d'uso diverse. L'atmosfera che lo circonda e la sua storia, mista a leggenda, rendono questo maniero suggestivo ed intrigante. La leggenda narra che esiste un passaggio sotterraneo segreto che collega il castello di Melfi, il castello di Lagopesole e la cattedrale di Atella. CURIOSITÀ Numerose le leggende legate al Castello di Lagopesole. Una di queste narra che due "figure" si aggirino sconsolate, l'una nel castello e l'altra nella campagna circostante al Castello, e che non riescano mai ad incontrarsi. A calar della notte appare, dietro le feritoie del maniero, una creatura vestita di bianco con in mano un lume dalla fioca luce e si odono lamenti ed invocazioni. È il fantasma di Elena, la bellissima moglie di Manfredi, soprannominata Elena degli Angeli. Elena aveva trascorso nel Castello di Lagopesole la sua luna di miele ed insieme con il marito ed i figli, i periodi più felici della vita. Ma con la vittoria e l'avvento degli Angioini Manfredi verrà ucciso, i figli incarcerati nelle segrete di Castel del Monte ed Elena, imprigionata per volere di Carlo d'Angiò proprio nel castello di Lagopesole, morirà di crepacuore. Il fantasma di Elena ritorna a cercare Manfredi ed i figli tanto amati e perduti. Una ricerca senza fine perché i due sposi sono destinati a non incontrarsi più.
Rionero in Vulture
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Laghi di Monticchio Non molto distanti da Rionero in Vulture, si trovano i Laghi di Monticchio, due laghetti vulcanici separati da un istmo. Questa incantevole zona turistica è rinomata per il suggestivo paesaggio "popolato" da faggi, abeti, castagni, cerri e pini e per le numerose specie ittiche. È stata dichiarata riserva naturale nel 1971 per conservare integro l'habitat della Brahmea, una farfalla rarissima che vive in questa zona. Inoltre, le acque di Monticchio sono famose in tutta Italia, per le qualità terapeutiche e la loro purezza. MONUMENTI Riflessa nelle acque del lago piccolo appare l'Abbazia di San Michele le cui origini risalgono all'VIII secolo. Voluta dai monaci basiliani, fu costruita intorno ad una grotta. Passò poi ai Benedettini, quindi ai Cappuccini e nel 1782 all'ordine militare Costantiniano fino al 1866. Nel 1550 l'Abbazia fu affidata al Cardinale Borromeo. In fondo all'istmo, inoltre, si trovano i resti di una chiesa del X secolo intitolata a Sant'Ippolito. NATURA Le immagini di questi specchi d'acqua raggiungono toni surreali. Il lago Grande ha forma ellittica, il perimetro misura 2456 metri e le acque hanno colore olivastro chiaro. Il lago Piccolo, anch'esso di forma ellittica, ha un perimetro di 1555 metri e le sue acque sono di colore verde intenso. Tutt'intorno si estende un fitto bosco di ontani e pioppi. Le acque sono popolate da varie specie ittiche: vi figurano anguille, tinche, carpe e l'Alburnus alborella. CURIOSITÀ Si racconta che in questi boschi abbia trovato rifugio Carmine Donatelli, detto "Crocco", il brigante di Rionero che con la sua banda combattè una disperata battaglia contro i Piemontesi. Al famoso Santuario di San Michele, due volte l'anno, l'8 maggio e il 29 settembre, vi si recano in pellegrinaggio, da Venosa, le giovani coppie di sposi. Chi non ha figli ed intende averne, secondo il principio della magia contagiosa, deve suonare di proprio pugno la campana. |
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IL MATERANO |
La terra materana serba ovunque tracce di una storia importante ed ha caratteristiche del tutto uniche. Il susseguirsi delle colline argillose, profondamente incise da dirupi e calanchi, crea un paesaggio dall'aspetto primordiale. Su questo sfondo severo, i segni della millenaria presenza dell'uomo sono evidenziati dai percorsi dei tratturi, le tradizionali vie della transumanza. Sulle colline materane, contrasegnate da antiche masserie, abbazie e castelli "incantati", i nuclei abitativi vantano centri storici integri e di grande fascino: da Miglionico a Montescaglioso, a Ferrandina, a Tursi, a Irsina, a Tricarico, a Stigliano, alla piccola Aliano, al minuscolo borgo deserto dell'antica Craco, da Gorgoglione a Cirigliano. Non si può non ammirare, in questa zona, il Parco della Murgia Materana che rappresenta uno dei più spettacolari paesaggi rupestri d'Italia. Quest'area ben si caratterizza come viaggio conoscitivo per riscoprire antichi valori e tradizioni.
Matera
Matera,
la famosa città dei Sassi, con rioni moderni estesi su un pianoro e la
pittoresca parte antica situata su una profonda gravina, con le case in gran
parte scavate nella rupe, offre uno spettacolo di eccezionale interesse, sia
dal punto di vista storico-urbanistico, sia per la singolarità dell'ambiente
naturale in cui sorge. I Sassi, struttura unica al mondo, sono divisi in due
versanti: Sasso Caveoso e Sasso Barisano, caratterizzati dalla presenza di
numerose abitazioni, ricavate nella massa tufacea, e da centinaia di stradine.
STORIA
Il Materano è uno degli insediamenti neolitici più
importanti del mondo. I primi stanziamenti nella zona dei Sassi risalgono
all'VIII-IX secolo, probabilmente le grotte erano abitate da monaci provenienti
dall'Anatolia Orientale. L'origine della città rimane però ancora oscura.
Importanti sono i ritrovamenti che risalgono all'età medievale. A partire dal
XV secolo, molti contadini cominciarono ad utilizzare le grotte e le cappelle e
a ricavarvi le proprie abitazioni, che vennero sviluppate soprattutto nel XVIII
secolo. Sopra questo nucleo più antico crebbe invece la Matera moderna, con
dimore ed edifici via via confacenti allo stile delle varie epoche. Negli anni
Cinquanta e Sessanta i Sassi vennero progressivamente abbandonati dai residenti
che emigravano per cercare lavoro altrove.
ARTE
Matera ha impressa la sua storia nell'architettura
di chiese, edifici e monumenti in cui è evidente l'influenza bizantina e
orientale, lo stile gotico e la presenza dei normanni e del regime feudale,
attraverso il quale ha inizio il processo di ridefinizione della città rupestre.
Le chiese rupestri identificano in larga misura il patrimonio materano. Ne sono
state contate ben 186, di cui 155 ancora esistenti. Gli impianti planimetrici
si caratterizzano per una sostanziale varietà e articolazione nelle loro
componenti spaziali; i corredi pittorici hanno rivelato, inoltre, influssi
longobardi, occidentali, bizantini e locali. Elementi che danno pieno titolo ad
un'arte considerata per tanto tempo marginale. Tra gli edifici in stile
romanico pugliese è possibile ammirare la Cattedrale dedicata a Santa Maria,
del XII secolo. Edificata in pietra delle cave della Vaglia, l'interno, con tre
navate e pianta a croce latina, risente delle varie fasi artistiche sino al
'700. Di grande valore l'affresco della Madonna della Bruna (XII secolo) che
troneggia sul primo altare nella navata sinistra. Da ricordare il Castello
Tramontano: venne iniziato negli ultimi anni del XV secolo ed è rimasto
incompleto a causa della morte del committente, Giancarlo Tramontano, nel 1514.
Palazzo Lanfranchi (ex Seminario), invece, è un edificio del 1670 circa, ai
margini del Sasso Caveoso. Commissionato dal vescovo omonimo, è di forma
asimmetrica, probabilmente perché oggi ingloba anche la preesistente chiesa del
Carmine, risalente al 1610. Un tempo era sede del Liceo Duni, dove insegnò
Pascoli dal 1882 al 1884, mentre oggi ospita la Soprintendenza artistica.
CURIOSITÀ
La festa più importante che si svolge a Matera è
quella della Madonna della Bruna che, dal tempo di Urbano VI, si celebra il 2
luglio. Ha inizio nelle prime ore del mattino con una processione di pastori
che portano in giro il quadro della Madonna. Nella tarda mattinata ha luogo la
sfilata di un gruppo di cavalieri, che indossano costumi di antichi guerrieri.
Preceduto da un araldo e da un trombettiere, il drappello va a rilevare
l'Arcivescovo, per poi scortarlo fino alla Chiesa di Piccianello, dove viene
portata la statua della Madonna e collocata su un artistico carro che
rappresenta, con statue di cartapesta, soggetti sacri (Annunciazione, Natività
ecc.). Nel pomeriggio, raggiunta la piazza del Duomo, la statua viene
depositata in chiesa e il resto del corteo compie tre giri della piazza. Di qui
il carro si dirige, a gran velocità, verso Piazza Vittorio Veneto dove viene
assalito da gruppi di giovani che ne strappano i pezzi più vistosi, conservati
poi per devozione nelle case. La lacerazione del carro vorrebbe rievocare,
secondo una leggenda cristiana, la beffa che i materani ordirono ai Saraceni.
Infatti, pare che i materani, venuti a conoscenza dell'agguato che i Saraceni
stavano preparando all'immagine della Madonna, la trasbordarono su un altro
carro pieno di fieno che passò inosservato. Quando i Saraceni scoprirono
l'inganno, distrussero per vendetta il carro dal quale era stata tolta l'immagine.
Montescaglioso
Paese
di antiche origini, ricco di monumenti e di grande interesse ambientale è sito
tra la valle del fiume Bradano e la gravina di Matera. In origine veniva
chiamato Civitas Severiana, dal nome dell'imperatore Alessandro Severo (III sec.
d.C.) che era alpotere quando nacque la città. L'attribuzione del nome attuale,
invece, è dovuta alla struttura geologica del terreno su cui sorge il paese.
Mons Scabiosus, Mons Petrosus e Mons Caveosus, infatti, sono i nomi dati al
paese trasformatisi, poi, in Montescaglioso.
STORIA
Le fonti attestano che sia stato uno dei maggiori
centri di quella che è diventata, in seguito, la Magna Grecia Lucana. La sua
storia è legata alla comunità monastica. Infatti il nucleo più antico si è
sviluppato intorno all'Abbazia di San Michele Arcangelo. Dopo il periodo
Normanno, Montescaglioso fu affidata a Federico II di Svevia, poi a Manfredi e,
dopo varie vicende, alle famiglie Del Balzo, Orsini, Loffredo, Grillo e
Cattaneo. Fu con l'avvento degli Angioini che iniziò la sua decadenza. Nel
secondo dopoguerra anche Montescaglioso, come molti paesi dell'Italia
Meridionale, fu teatro della "Lotta per l'occupazione delle terre".
ARTE
Il paese è noto soprattutto per l'Abbazia di S.
Michele Arcangelo, uno dei monumenti monastici più importanti del Mezzogiorno.
Costruzione antica che assume importanza verso la seconda metà dell'XI secolo,
quando godette di lasciti e privilegi da parte dei normanni. Nel XV secolo
inizia, per il grande complesso monastico, una fase di declino a causa delle
lotte tra papato ed impero. Segue un periodo di grande splendore sino alla
visita di Carlo III nel 1735, quando i litigi fra monaci e feudatari locali
rodussero nuovamente in miseria l'Abbazia. Un ulteriore periodo di abbandono si
ha con il nuovo Regno d'Italia. Oggi il complesso dell'Abbazia - costituito
dalla chiesa, da due chiostri e dal convento - conserva poche tracce della
costruzione più antica. Tra le chiese di interesse artistico ricordiamo: la
chiesa di Sant'Angelo, del Crocifisso e la chiesa Madre. Quest'ultima, in stile
barocco, dedicata ai Santi Pietro e Paolo e alla Madonna dell'Assunta, è stata
costruita tra il 1776 ed il 1823.
CURIOSITÀ
Carattere singolare ha il Carnevale montese. Ci si
diverte per tutta la giornata del martedì delle ceneri e sin dal mattino la
festa impazza per le strade del paese. La gente agita camapanacci che, per quel
giorno, vengono tolti alle mandrie dei bovini. Le maschere, accompagnate dal
suono di fisarmoniche e altri strumenti, girano per le strade cantando e
ballando fino a mezzanotte, quando cento lenti rintocchi di campana annunciano
l'inizio della quaresima. Tra i personaggi tipici vi è il panciuto Carnevalone,
vecchio dalla lunga barba bianca, che viaggia su un asino ed annota
simbolicamente su un "papiro" i nomi dei buoni oblatori; sua moglie Quaremma
che stringe tra le braccia un pupazzo in fasce, simbolo della continuità della
festa: è "u piccinun" che sarà il Carnevalone dell'anno successivo. La madre
teme per il figlio la sorte del padre che morirà a mezzanotte, per cui piange,
grida e si dispera. Mentre la simpatica Parca fa rotolare per terra un fuso di
dimensioni esagerate, le massaie espongono dalla finestra, infilati ad una
canna, sette pupazzi neri ed uno bianco. Rappresentano le settimane della
Quaresima che precedono la Pasqua (simboleggiata dal pupazzo in bianco) e
vestono il "lutto stretto".
Metaponto
Metaponto,
fiorente e quasi leggendaria città della Magna Grecia, circondata da una
pianura, un tempo malsana, è oggi ricca di colture irrigue e ambita meta
turistica. Nella fetta di territorio incassata tra i fiumi Bradano e Basento,
si scoprono suggestive testimonianze archeologiche tra cui le "Tavole
Palatine" con l'adiacente parco archeologico che circonda il tempio.
STORIA
Sull'origine di Metaponto si sono intessute
numerose leggende. Secondo una delle fonti, sarebbe stata fondata al tempo
della colonizzazione di Métabo, re dell'isola di Icaria e figlio di Sisifo re
d'Epiro. Ebbe contatti con i Micenei e più tardi con i Greci, di cui divenne
importante colonia tra il VII e il VI secolo. Divenne florida per la fertilità
del suolo e un segno della sua fortuna è rappresentato dalla spiga d'orzo
riprodotta sulle monete. Partecipò alla guerra contro Siris, insieme a Sibari e
Crotone. Nel VI secolo a.C. ospitò i Pitagorici che erano stati cacciati da
Crotone. Dopo la fondazione della colonia Heraclea cominciò ad entrare nella
sfera di influenza tarantina. Finita la guerra tra romani e Pirro la città
entrò nell'orbita di Roma. Le fasi storiche successive hanno lasciato poche
tracce, anche a causa del totale abbandono da parte degli abitanti, che si
rifugiarono in località più interne, in quanto più sicure.
ARTE
Il Parco Archeologico di Metaponto è luogo
privilegiato di osservazione per comprendere uno dei fenomeni più suggestivi
dell'antichità classica: la colonizzazione greca. L'impianto urbano è
delimitato da un imponente circuito murario risalente al VI secolo a.C.,
rimaneggiato nel IV secolo a.C. e caratterizzato da una serie di ingressi
monumentali. All'interno del parco è possibile visitare le fornaci
(kerameikos), che vanno dal VI al IV sec. a.C., e che documentano una delle
attività lavorative più comuni dell'epoca. Poco più a Est, nell'area sacra, è
situato il Santuario dedicato ad Apollo; ci sono i resti di un edificio
consacrato ad Hera (le famose Tavole Palatine) e un altro tempio dedicato forse
ad Athena o ad Afrodite. Davanti all'ingresso dei templi, ad est, vi sono i
resti degli altari, oltre a basi, iscrizioni ed elementi votivi. Ad est, il
muro di recinzione dell'area sacra (temenos) separa il santuario dalla piazza
pubblica (agorà), in cui si erge l'impianto teatrale risalente alla metà del IV
secolo a.C., con i resti di precedenti edifici per pubbliche riunioni a pianta
circolare (ekklesiasterion, VI - V sec. a.C.). Alle spalle del teatro si nota
l'altare con dedica a Zeus Agoraios, mentre verso sud vi è un recinto sacro a
pianta trapezoidale risalente al V secolo a.C., all'interno del quale vi sono i
resti di due strutture.
CURIOSITÀ
Il tempio delle Tavole Palatine viene così
chiamato perché secondo un'antica leggenda, era stato costruito da una stirpe
di semidei, ovvero da eroi palatini, che, vivendo laggiù, tra una gloriosa
impresa e l'altra erano soliti consumare su grosse tavole, sotto il colonnato,
i loro pantagruelici pasti, ovvero degli eroi palatini, che, vivendo laggiù,
tra una gloriosa impresa e l'altra erano soliti consumare su grosse tavole,
sotto il colonnato, i loro gagliardi pasti.
TricaricoÈ uno dei paesi più interessanti del Materano. Conserva un
caratteristico aspetto medievale specialmente nel quartiere più antico
(Cìvita), dove si trova la così detta Rabatana (arabo Rabhâdi), borgo originato
da un insediamento saraceno del X secolo. Del mondo contadino di Tricarico
Rocco Scotellaro ritrasse alcuni aspetti significativi nel suo "Contadini del
Sud", mettendo a nudo quel contrasto tra senso pratico e superstizione,
interesse e sentimento che caratterizza il popolo lucano.
STORIA
Il nome deriva da Trigarium che significa luogo di
maneggio dei cavalli. Fu centro fortificato in età bizantina e nel sec. IX fu
occupato dai Saraceni. Alle fine del X secolo diviene sede vescovile di rito
greco e nel 1048 i Normanni la occupano innalzandola successivamente a contea.
Dopo il periodo angioino la contea passa ai Sanseverino, si susseguono altri
signori, finché nel 1631, passa ai Revertera della Salandra. Partecipa ai moti
repubblicani del 1799 e a quelli carbonari del 1820-21 e ai fatti del 1860 e
successivamente diventa centro democratico.
ARTE
Tra i monumenti più importanti è la Cattedrale di
Santa Maria Assunta, fatta erigere da Roberto il Guiscardo, probabilmente su
una costruzione anteriore. Sulla facciata vi sono due ampi e robusti arconi di
sostegno; il campanile, sul lato posteriore, ha una bifora del XIII secolo.
L'interno è a tre navate, in forme barocche slanciate, con alcuni interessanti
altari e decorazioni in pietra e stucco. Tra le altre chiese di notevole
interesse è quella di San Francesco che risale al XIII secolo, di impianto
romanico a navata unica; il complesso di Santa Chiara agganciato alla Torre
Normanna che era un tempo il castello normanno, trasformato in convento nel
1333. Nel tempo le modifiche apportate hanno fatto perdere al castello l'aspetto
di fortezza.
NATURA
L'agro di Tricarico ha una superficie di 17.691
ettari, di cui circa 2.500 sono boschi. Il più grande è quello di Tre
Cancelli-Fonti, di proprietà comunale, dove crescono principalmente la quercia,
con le specie cerro, roverella, farnetto e rovere, l'olmo ed il nocciolo. Il
bosco è da sempre meta di visitatori. Qui è il santuario della Madonna di Fonti
del XIII secolo. Un altro bosco di una certa importanza è quello di
Mantenera-Malcanale. È piuttosto giovane perché, disboscato anticamente, è
stato rimboschito circa 30 anni fa con conifere, cipressi, pini d'Aleppo e pini
marittimi. Ricordiamo altri due boschi: Serra Del Cedro e Calle-San Marco, di
proprietà privata. In località Calle vive una roverella la cui età è stata
stimata in 600 anni. È la pianta più vecchia che si conosca in Basilicata: alta
16 metri, ha un tronco di 6,25 metri di circonferenza. Nei boschi delle zone
più calde dell'agro, si rinvengono anche lecci, carpini bianchi e neri, pioppi
e ornelli.
CURIOSITÀ
Sopravvivono anche a Tricarico riti antichissimi
ed elementi primitivi come quello, che compiono gli sposi, di passare, di
ritorno dalla chiesa, sotto un gelso. E' un rito detto di "passaggio", mentre
l'albero di gelso ha la funzione rituale di comunicare, per magia di contatto,
il proprio potere generativo alla nuova coppia.
IL POTENTINO
È una zona interamente montuosa della Basilicata che comprende paesi sorti su rilievi di oltre 1000 metri sul livello del mare. Il territorio circostante, con la singolare e aspra bellezza di paesaggi montani, boschi silenziosi e centri abitati ricchi di storia, offre molte attrattive naturali, artistiche e storiche. Sono molti i paesi che sfoggiano antiche vestigia: Abriola, roccaforte araba ampliata e trasformata dagli Svevi e dagli Angioini; Cancellara, su cui si erge la grandiosa mole del castello medievale e nelle cui vicinanze è venuta alla luce un'estesa necropoli del sec. V a.C.; Campomaggiore, paese distrutto da una frana nel 1885 e ricostruito agli inizi del '900 a circa 2 chilometri dai ruderi di Campomaggiore Vecchio; Avigliano, con la chiesa dei Riformati del tardo '600; Brienza, borgo medioevale dominato dall'antico Castello Caracciolo di epoca angioina; Acerenza, con la grandiosa Cattedrale romanica fondata nel sec. XI, è una pittoresca cittadina costruita su una rupe in splendida posizione panoramica, nelle cui vicinanze, sul Monte La Guardia, sono state scoperte abitazioni della prima Età del Ferro.
Potenza
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Pietragalla Pietragalla è un'operosa cittadina, poco distante da Potenza.
Circondata da tre colli - la Serra, la Terra e San Michele - sorge a più di
800 metri sul livello del mare e domina il ripido versante sinistro del
Torrente Cancellara. Castelmezzano Castelmezzano sorge sul versante occidentale della Costa di San
Martino, in uno scenario incantevole, incorniciato dalle guglie e dai picchi
delle Dolomiti Lucane. Pietrapertosa Alle spalle delle Piccole Dolomiti Lucane sulle pendici del
Monte Impiso, proprio di fronte a Castelmezzano, sorge Pietrapertosa, il
comune più alto della Basilicata con i suoi 1088 metri di altitudine. Vaglio di Basilicata Non molto lontano da Potenza, sorge Vaglio Basilicata, paese
situato quasi 1000 metri di altitudine sulle pendici della Serra San
Bernardo. VALLE DEL BASENTO
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Popolazione & Storia
In età propriamente storica, la Basilicata non costituì una regione a sé, rientrando nel più vasto territorio occupato dai Lucani che si spingevano a Est sino allo Ionio e a Ovest sino al Tirreno. Anche in età romana la Basilicata continuò a far parte della terza regione augustea (Lucania-Bruzio). Può dirsi però che la Basilicata, se si eccettuano alcune città costiere, fu gravemente travagliata durante tutta l'antichità dalle lotte dei Greci contro gli indigeni (Sanniti e poi Romani) e più tardi dei Romani contro gli invasori (Pirro e Annibale), tanto che non poté elevarsi neppure durante i lunghi e pacifici secoli dell'Impero a vera importanza economica o culturale. Sul finire dell'età antica, invasioni barbariche, anarchia, devastazioni e conseguente diffusione della malaria, ricacciarono dal piano verso le alture la popolazione: scomparvero così i popolosi centri italo-greci, e la regione venne acquistando man mano l'odierna caratteristica: centri abitati in alto, terre comuni, acque dilaganti e malaria nel basso.
I primi secoli del Medioevo sono caratterizzati dal contrasto fra i Greci accampati sulle coste e i Goti prima e i Longobardi poi, prementi dall'interno. Nella divisione del ducato di Benevento, la Basilicata passò al nuovo principato di Salerno (847) quasi per intero: e dal trapasso derivò una trasformazione profonda nelle istituzioni politiche e civili del Paese; mentre zone minori restavano al ducato di Benevento, o sotto il dominio greco. La conquista normanna iniziò un nuovo frazionamento della regione, ricomposta a unità solo dopo la riorganizzazione della monarchia (1130). Capitale dello stato normanno fu, da prima, Melfi, il più antico comune della regione (1044). I successivi monarchi svevi, ai quali la regione restò legata, resistettero accanitamente alla dominazione angioina, che al tempo della guerra del Vespro trovò in un basilicatese, Ruggero di Lauria, uno dei suoi temibili avversari.
Nei secoli successivi, la storia della Basilicata è tutta percorsa dai contrasti dinastici, e dagli urti tra corona e feudatari, finché nella prima metà del Cinquecento, seguendo le sorti di tutto il Regno di Napoli, passò sotto il dominio spagnolo; il quale fu caratterizzato da un secolo e mezzo di quiete generale, interrotta solo nel 1647-48 dalla ripercussione del moto di Masaniello, che vide insorgere quasi tutta la Basilicata e terre limitrofe con a capo Matteo Cristiano da Castelgrande. Aggravi fiscali, pessima amministrazione, incertezze della legge, prepotenza feudale caratterizzano il dominio spagnolo che tuttavia con l'assicurata lunga pace, permise qualche aumento della popolazione, che peraltro si fa notevole solo a partire dal 1700, e vide insieme proseguire e quasi concludersi il lungo vittorioso sforzo della popolazione della Basilicata per affrancarsi dalla servitù feudale.
La democratizzazione, in Basilicata, vide al centro il popolo in agitazione contro la nobiltà per reclamare terre comuni, sgravio di gabelle e minor prezzo del pane. Ma presto, alle violenze «democratiche», fecero da contrappeso quelle non minori della reazione sanfedista. Il disordine endemico durò per tutto il successivo dominio francese (1806-15), fomentato dal brigantaggio e dai maneggi di parte borbonica. Dopo il 1815 ebbe notevole diffusione la Carboneria e nel 1820-21 vi fu una nuova insurrezione, che riprendeva i vecchi gridi di lotta del 1799: ma anche ora venne presto e durissima la reazione. Il '48 vide al centro degli eventi una borghesia liberale moderata poco capace di dominare la situazione, stretta com'era fra assolutismo monarchico e reazione contadina; finché nel '60 non poté anch'essa allinearsi a fianco di Garibaldi. Presto però dai detriti del vecchio mondo borbonico, e soprattutto dall'odio sociale del contadiname contro la borghesia latifondista e proprietaria di bestiame, si scatenò la violentissima reazione del brigantaggio, protrattasi per un quinquennio (1860-65).
Fiscalismo, accentramento, impreparazione al nuovo regime, concorrenza economica del Nord colpirono la Basilicata, come un po' tutto il Mezzogiorno dopo l'unità, ma qui con conseguenze ancor più gravi, essendo essa la regione più povera e sterile di tutto il Sud.
Qualche miglioramento venne da leggi come quella sul chinino di stato, e soprattutto dall'emigrazione, che, affrontata con immenso coraggio dalla gente, anche se spopolò quasi del tutto certe zone, diede tuttavia con l'immissione di capitali un primo efficace impulso al progresso della regione.
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