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INDIA - IL MONDO INDIANO

geografia






























Un "subcontinente"

L'India è uno Stato, ma è anche quello di una regione geografica che è stata definita un «subcontinente» per la sua vastità, la quantità della sua popolazione, la sua omogeneità fisica.

La popolazione del subcontinente indiano è di circa un miliardo e 250 milioni di abitanti (il 25% dell'intera popolazione mondiale), distribuiti su 4 milioni e mezzo di km2.

Il subcontinente indiano non è stato mai interamente unito politicamente, se non sotto la dominazione britannica.

Oggi esso comprende molti stati: l'unione Indiana, il Pakistan, il Bangladesh, Sri Lanka (Ceylon), gli stati himalayani (Nepal, Bhutan) e le isole Maldive.


Il rilievo

La regione indiana corrisponde a una zolla che circa 50 milioni di anni fa si incontrò con la massa continentale asiatica; dal loro urto si formarono le più vaste e le più elevate catene montuose del mondo: il Karakorum e l'Himalaya.

In esso si possono distinguere quattro grandi regioni:

A nord, un grande arco montuoso, al cui centro si trovano le catene del Karakorum e dell'Himalaya.Queste montagne essendosi formate recentemente hanno vette aguzze, pareti verticali, rupi scoscese, forme varie e movimentate.

Subito a sud di questo gigantesco anfiteatro montuoso, un'enorme pianura chiamata Indogangetica, formata dai sedimenti dell'Indo, del Gange e del Brahmaputra e di altri fiumi minori.

Ancora più a sud, una penisola a forma di triangolo isoscele, il Deccan, un grande altopiano di rocce antiche, chiuso sui due lati da due catene di montagne, i Ghati. Le forme del rilievo hanno poche ondulazioni, forme arrotondate e monotone, infatti sono di origine più antiche.

Infine, una serie di pianure costiere, estese soprattutto a est, formate dalle alluvioni dei fiumi che hanno eroso i Ghati.


I monsoni, il clima, la vegetazione

Sulle terre che si stendono attorno al Tropico del Cancro c'è una successione pressoché ininterrotta di deserti, che vanno dal Sahara alle regioni meridionali dell'lran.La regione indiana non presenta particolari deserti per due ragioni. La prima è rappresentata dai grandi fiumi, che portano a sud le acque di scioglimento delle nevi e dei ghiacci himalayani. La seconda è rappresentata dai monsoni. Le stagioni infatti sono due e si differenziano per la piovosità: una stagione secca, una umida.

La diversa piovosità serve anche a distinguere i climi delle diverse regioni. La quantità di precipitazioni è massima lungo la costa occidentale della penisola, a Ceylon, nel Nordest. Sono invece minori nell'interno del Deccan, e nella valle dell'Indo. Il problema principale del clima indiano è l'estrema variabilità delle piogge e la loro imprevedibilità.

I contadini indiani hanno imparato da millenni a lottare con la natura per il possesso e il controllo dell'acqua.

La vegetazione rispecchia abbastanza fedelmente le zone climatiche e delle piogge:

  • Il sudovest e il nordest sono il regno della foresta tropicale umida, della «giungla».
  • Nel Deccan prevale la savana umida dalle alte erbe, alternata a foreste. La steppa e la boscaglia di arbusti secchi caratterizzano invece le zone più aride della penisola e buona parte del nordovest.
  • Infine, la foresta di conifere caratterizza la regione himalayana fino al limite delle nevi permanenti che si trova oltre i 4000 m.

Questo quadro della vegetazione naturale è stato però profondamente mutato dagli uomini. Le foreste oggi sono state assai ridotte, per ricavarne legname da ardere o da lavorare, concimi vegetali, fronde da dare in pasto agli animali: soprattutto, per sottrarle fertili terreni da coltivare e per soddisfare così le esigenze di una popolazione numerosa e crescente.


I fiumi

I maggiori fiumi del subcontinente sono quelli che hanno dato vita alla piana indogangetica:


L'lndo (3200 km) nasce al di là dell'Himalaya (in territorio cinese) e compie un lungo percorso verso nordovest, passando ai piedi del Karakorum. Giunto in pianura, quattro grandi affluenti arricchiscono la sue acque. L'Indo e i suoi affluenti rendono qui possibile una ricca agricoltura. Più a sud, invece, giunto in una regione bassa e arida, il fiume s'impoverisce e forma paludi, per riprendere poi vigore e gettarsi nel mare in un ampio delta.


Il Gange (2700 km) nasce dall'Himalaya, numerosi affluenti e le abbondanti piogge estive aumentano la sua portata. Prima di gettarsi nel mare, il Gange unisce le sue acque a quelle del Brahmaputra, e con esso forma un gigantesco delta.


Il Brahmaputra (2900 km) nasce nell'altopiano tibetano in Cina.


Le popolazioni e la storia

Probabilmente i primi abitanti dell'India appartenevano a popolazioni di pelle scura, i Dravidi.

Furono i Dravidi a dar vita alla più antica civiltà storica indiana che si conosca, scoperta grazie agli scavi archeologici che hanno riportato alla luce le rovine di due città, Harappa e Mohenjo-Daro, costruite probabilmente nel III millennio a.C.

Attorno al 1600 a.C. il Nord dell'India fu invasa da tribù di Arya, una popolazione indoeuropea di pelle più chiara proveniente dalle steppe della Russia meridionale ed imparentata con gli Ittiti, i Medi e i Persiani, gli Achei e i Dori, gli Italici, i Germani. Dal sanscrito, la lingua colta degli Arya, derivano le lingue parlate dalla maggior parte degli odierni abitanti dell'India: lo hindi, il bihari, il bengali ecc. Gli invasori Arya conoscevano il carro a ruote, il cavallo e le frecce dalle punte di metallo e distrussero e saccheggiarono le città dei Dravidi.

Più tardi, l'India conobbe molti invasori: da Alessandro Magno agli Unni, dagli Arabi a numerose popolazioni turco-mongole, che introdussero l'islamismo.

Tra il XVI e il XVIII secolo, la dinastia dei Moghol, di stirpe turco-mongola, di lingua persiana e di religione islamica, unificò la maggior parte del sub-continente.

A partire dalla fine del Quattrocento, sulle coste dell'India arrivarono anche gli europei: portoghesi, francesi e inglesi. Nell'Ottocento e nel Settecento questi si imposero al declinante impero Mogol, agli altri sovrani indiani e agli altri concorrenti europei.

Per circa due secoli l'intera India fu una colonia britannica. L'indipendenza venne raggiunta nel 1947, dopo una lunga lotta che ebbe come capo il Mahatma (= «grande anima») Gandhi, fautore di metodi non violenti.

L'indipendenza venne però accompagnata dall'esplodere del conflitto tra indù e musulmani, che costò un milione di morti, più di sei milioni di profughi e la spartizione del paese in due stati, India e Pakistan.


Le religioni indiane

L'idea centrale del pensiero religioso indiano è quella della trasmigrazione delle anime, dopo la morte, in un altro essere vivente (o anche in un corpo inanimato). Col tempo, l'antica religione vedica assume un aspetto sempre più ritualista, fondato sul sacrificio che i sacerdoti (i bramini) offrono agli dei a nome della comunità.

In reazione a questo ritualismo nel VIV secolo a.C. sorsero grandi riformatori religiosi. I più celebre di essi è Siddharta Gautama, famoso con il nome di Buddha (= l'illuminato). Meditando sul dolore e sull'infelicità umana, Siddharta scoprì che essi nascono dal desiderio di ricchezza, di poteri, di successo, di onori. Non desiderare queste cose significa raggiungere la perfetta serenità dell'animo, il Nirvana, e sottrarsi al ciclo doloroso delle reincarnazioni.

Mahavira detto anche Jina, contemporaneo del Buddha, fondò il giainismo, che predicava l'ascetismo e l'assoluta non-violenza.

Queste due religioni, però, in India vennero sconfitte, il buddismo minacciava il potere dei sacerdoti, i bramini, perché poneva il problema della liberazione dell'uomo come un suo rapporto individuale, senza intermediari, con l'Assoluto; per questo i bramini reagirono perseguitando i loro rivali.

Ma forse la sconfitta del buddismo fu dovuta al suo predicare il distacco dal mondo, la fuga dalla società; mentre l'induismo non ha cercato di fuggire dalla società esistente ma l'ha modificata.

Non è facile definire I'induismo. C'è un induismo colto, di impronta mistica o filosofica, e un induismo popolare, fatto soprattutto di consuetudini rituali e sociali. 11 pantheon induista è quanto mai popolato, ma domina la triade della «Sacra Trimurti» : Brahma, il creatore; Shiva, il distruttore, Signore della Morte; Vishnu, il benevolo conservatore della Vita.


Le caste

Fin dalla nascita, un indiano appartiene a una casta., un gruppo sociale con alune caratteristiche:

  1. I'endogamia, il dovere di sposarsi solo all'interno della propria casta;
  2. l'esercizio da parte di tutti i suoi membri della stessa attività lavorativa;
  3. l'osservanza di riti religiosi, consuetudini, regole alimentari specifiche della casta;
  4. l'essere inserito all'interno di una rigida gerarchia tra i diversi gruppi sociali.

Le caste sono gruppi chiusi, è infatti impossibile passare alla casta superiore.

Però un cattivo comportamento può far precipitare nello stato di «senza casta».

Le grandi caste indiane sono quattro:

  • in primo luogo i sacerdoti o bramini;
  • poi i guerrieri;
  • artigiani e mercanti;
  • contadini, artigiani più poveri, servitori.
  • più in basso di tutti ci sono i senza casta, i paria, gli intoccabili.

Si pensa che il sistema delle caste si sia delineato al tempo degli Arya, dopo che essi ebbero assoggettato i Draviti. Inizialmente la società era divisa in tre gruppi: i guerrieri, i sacerdoti, i lavoratori (pastori e contadini). In seguito, i lavoratori Arya avrebbero abbandonato sulle spalle dei Dravidi assoggettati la cura dei lavori agricoli, riservando a sé le attività mercantili e alcune attività artigianali. Più tardi le caste divennero chiuse, forse nell'intento degli Arya di conservare la propria purezza razziale; gli agricoltori dravidi di vennero riconosciuti come una quarta casta, quella dei sudra. Con l'andare del tempo però ogni casta si è spezzettata in una moltitudine di raggruppamenti minori.

La separazione tra le caste è però ancora nettissima.In un villaggio, ogni casta abita in un suo quartiere, evita ogni contatto con le caste inferiori, soprattutto con gli intoccabili. Anche il casuale contatto con un uomo di una casta inferiore è una macchia che deve essere lavata con particolari riti. Le regole e doveri di comportamento sono molto rigidi.Ogni casta ha un proprio livello di «purezza», sia fisica che morale. L'igiene e la pulizia, la cultura, tutto ciò che è spirituale, tutto ciò che riguarda la natura e la vita organica, sono fondamentali. Solo gli intoccabili a possono esercitare i mestieri più disprezzati perché impuri. Anche il cibo ha i suoi gradi di purezza, i vegetali ad esempio sono meno impuri della carne.

Il sistema delle caste viene tenuto in vita soprattutto dall'induismo, e dalla dottrina della trasmigrazione delle anime. Chi conduce una vita onesta e rispettosa delle regole della propria casta, può sperare di passare in una casta superiore, in una futura trasmigrazione, fino a raggiungere quel massimo livello di purezza che permette la dissoluzione nell'Assoluto e l'uscita dal ciclo delle migrazioni.

L'indù è animato da questa speranza di promozione dopo la morte, e non sente come un'ingiustizia l'ineguaglianza dovuta alla nascita, ma vede in essa l'espressione di un ordine e di una giustizia.

Tutto ciò fa sì che quello delle caste appaia come il sistema più perfetto di conservazione di una società gerarchica, perché si fonda sull'accettazione totale del proprio stato da parte degli individui. Non è casuale che la lotta contro le divisioni dicasta sia stata condotta, nell'India contemporanea, con molta prudenza e scarsi risultati per timore di urtare un sentimento religioso profondamente radicato.

L'evoluzione recente delle caste

Negli ultimi decenni il sistema delle caste ha cominciato a modificarsi con l'avvento di forme di economia moderna, dell'urbanizzazione, dell'introduzione nell'India indipendente di un regime politico parlamentare. Esso ha subito un'evoluzione assai limitata nei villaggi più rapida nelle città.

Ci sono stati molti cambiamenti: i guerrieri non esistono più, i bramini non fanno necessariamente i sacerdoti, anche se occorre sempre un bramino per svolgere le funzioni sacerdotali, anche un intoccabile che può partecipare alla vita politica.

Ancora oggi esistono in India centodieci milioni di fuori casta, benché l'intoccabilità

sia stata ufficialmente abolita dalla Costituzione del 1950. Le condizioni economiche dei fuori casta sono migliorate grazie anche a una legislazione e una politica protettive nei loro confronti. I fuori casta hanno avuto nell'ultimo secolo un grande leader, B.-R Arnbedkar, che dopo aver lottato per tutta la sua vita in difesa degli intoccabili, alla fine, deluso, ne predicò l'uscita dall'induismo e la conversione in massa all'islamismo e al buddismo. Tuttavia, ci furono violente reazioni, organizzate da indù di alte caste, come veri e propri massacri di intoccabili.Tra le ragioni per cui gli indù di casta non vedono bene l'uscita degli intoccabili dall'induismo c'è la difficoltà in cui si troverebbero non avendo più a chi affidare i mestieri più impuri e degradanti.

Si assiste così al tragico paradosso di una religione di alta spiritualità accompagnata a momenti di violenza.


Altre religioni

L'induismo è di gran lunga la religione più diffusa in India.. Al secondo posto c'è l'islamismo, con più di 300 milioni di praticanti soprattutto del Bangladesh e del Pakistan, diffusa dagli invasori musulmani.

I1 buddismo è presente soprattutto nello Sri Lanka.

Sono presenti anche i giainisti e, soprattutto a sud, i cristiani, in prevalenza cattolici: circa 16 milioni.


L'India, un paese sovrappopolato

L'India o meglio l'Unione Indiana, è una repubblica federale che comprende 28 Stati e 7

Territori amministrati direttamente dal governo centrale. I1 più popolato di questi è quello su cui sorge la capitale, Delhi. Ogni stato ha un suo parlamento e un suo governo elettivi e gode di ampie autonomie.

La popolazione indiana si è più che quadruplicata nel corso di un secolo.

Questa forte accelerazione è dovuta a diverse cause: il miglioramento dell'alimentazione e l'introduzione di condizioni igieniche e sanitarie moderne; quindi c'è stato un forte calo della mortalità, mentre la natalità è diminuita solo del 30%.

L'aumento della popolazione è per l'India un problema assai preoccupante, poiché le risorse alimentari non crescono con lo stesso ritmo. I1 governo cerca da tempo di affrontare questo problema, ma i risultati

sono stati inferiori alle aspettative, perché queste misure si scontrano con l'analfabetismo, con consuetudini e pregiudizi antichi, diffusi soprattutto nelle campagne, dove vive la maggior parte della popolazione.

Inoltre in molte zone rurali si continua a prediligere e a cercare il figlio maschio, anche quando occorre attendere molte gravidanze per ottenerlo.

La popolazione si addensa negli Stali dove le precipitazioni sono più frequenti, mentre è assai bassa nelle zone montane del nord e in quelle aride del Nordovest e dell'interno del Deccan.


Una difficile unità

Molti credono che l'india sia una costruzione artificiosa, destinata prima o poi a rompersi, a dividersi nelle sue varie componenti. Altri pensano invece che l'unità sia più forte delle diversità.


Le lingue

In India esistono circa un migliaio di lingue. La più diffusa I'hindi, che è parlato dal

30% degli indiani, infatti dopo l'indipendenza venne stabilito che l'hindi fosse la lingua ufficiale dell'India temporaneamente affiancata dall'inglese.


I gruppi etnici. La disunione

Esistono una moltissimi di gruppi etnici più o meno differenziati da tradizioni storiche e culturali.

La storia dell'India caratterizzata da disunione e da conflitti fra stati e gruppi diversi; la sola vera unificazione è stata quella causata dalla dominazione britannica.

Proprio questa divisioni hanno fatto sì che l'India indipendente scegliesse una forma federale. Inizialmente gli Stati che la componevano erano in numero minore rispetto ad ora, quindi in uno Stato coabitavano più gruppi etnici, oppure un gruppo etnico si trovava diviso fra più Stati. Ne sono nate rivendicazioni che hanno portato allo smembramento di alcuni Stati e alla nascita di nuovi; ma ci sono ancora rivendicazioni che attendono di essere soddisfatte.

Indù e musulmani

Il conflitto tra indù e musulmani molto antico,ma in anni recenti si assistito a un preoccupante ritorno alla violenza tra indù e musulmani.

Alla fine del 1992 una manifestazione di massa, organizzata nella città di Ayodhya da gruppi fondamentalisti induisti si conclusa con la distruzione violenta di una moschea.


Un paese di contrasti

L'India è un paese di grandi contrasti; in primo luogo, geografici, naturali, ma anche sociali,economici e culturali.

L'India appare come una terra di indescrivibile povertà. Il reddito nazionale per abitante è di 2840 dollari; il 52% degli indiani vive al di sotto della soglia di povertà; l'analfabetismo è del 42%; su mille bambini che nascono, ancora oggi 64 muoiono nel primo anno di vita, e la speranza di vita alla nascita è di soli 64 anni.

Tuttavia, questa situazione si sta modificando.

Se l'India resta un paese arretrato in molti settori, in altri è all'avanguardia. La ricerca scientifica è avanzata nella fisica e nella matematica. L'informatica, inoltre, ha conosciuto un grande sviIuppo. Diverse grandi società straniere del settore, come Texas Instruments, Hewletl-Packard, Microsoft e IBM, hanno scelto di installare propri impianti, associate o centri studi in India, specialmente attorno alla zona di Bangalore. Alle industrie più tradizionali, come la siderurgia e la chimica di base, il taglio e la lavorazione dei diamanti, si è aggiunto di recente lo sviluppo di altre attività.

L'India inoltre detiene un primato mondiale nella produzione di film, concentrata a Bombay.

Negli ultimi anni, dopo che il governo ha aperto all'iniziativa privata e agli investimenti

stranieri, l'industria moderna si sta sviluppando rapidamente in molti campi, e il tasso di crescita dell'economia si è quadruplicato. Fondamentale allo sviluppo è stato il basso costo della manodopera.


Le campagne

Il 28% della popolazione vive in città, mentre il 72% in campagna. L'agricoltura infatti occupa il 66,7% della popolazione attiva, l'industria il 12,9% e il terziario il 20,3%.

I contadini vivono raccolti in villaggi dove le condizioni di vita sono molto basse, ad esempio le case sono capanne di argilla e paglia.

La diversità delle condizioni ambientali e delle vicende storiche, a portato una grande varietà nelle tecniche agricole, nel Deccan ad esempio ci sono ancora modi primitivi e comunità di agricoltori itineranti.

All'altro estremo ci sono le moderne piantagioni di prodotti commerciali, condotte per

lo più con metodi capitalistici e con tecniche avanzate. Tra le colture ci sono: il caucciù, il tè, la canna da zucchero, la juta, il cotone, l'arachide e altre piante oleaginose, il riso, il grano, il miglio e il sorgo.

Nel 1971 il governo lanciò una rivoluzione verde, che consisteva nell'utilizzare delle varietà di riso e di grano ad alto rendimento. Tuttavia essa ha finito per ampliare le disparità geografiche e sociali nelle campagne. Però ha anche dato risultati positivi nella lotta contro la fame, grazie alla rivoluzione verde l'indice della produzione agricola quasi triplicato dal 1950 ad oggi.

La grande proprietà rappresentata solo dal 4-5% delle aziende, ma possiede e sfrutta circa il 30% della superficie coltivabile. Qui si trovano sia imprenditori moderni, disposti a investire e a introdurre innovazioni, sia proprietari assenteisti, che conducono

i loro possedimenti con metodi ancora quasi feudali.

Dal punto di vista delle dimensioni, la proprietà media e grande quella più adatta a una crescita della meccanizzazione e della produttività. Ma, perché la crescita avvenga, servono grandi capitali. La situazione delle piccole aziende è drammatica, perché i loro minuscoli appezzamenti sono incapaci di fornire a chi li lavora un sostentamento sufficiente.

Una redistribuzione radicale della terra stata impossibile per il fatto che i proprietari grandi e medi hanno sempre costituito uno dei gruppi più potenti del Partito del Congresso. Ma, soprattutto, una riforma agraria, in India, non risolverebbe il problema, per la semplice ragione che la terra coltivabile troppo poca.

Gli esperti fanno proposte diverse: spostare una parte della popolazione rurale verso altri settori dell'economia; ridare vita all'artigianato nelle campagne, utilizzando una forza-lavoro oggi in buona parte disoccupata o sottoccupata; creare cooperative ; aumentare le grandi opere di irrigazione ; condurre delle campagne per il controllo demografico.


L'industria

Si discusso a lungo sugli effetti della dominazione coloniale britannica sull'economia indiana.

Alcuni sottolineano i danni: il declino dell'artigianato tessile tradizionale di fronte alla concorrenza della più agguerrita industria inglese, la tendenziale riduzione dell'India fornitrice di materie prime per l'industria della madrepatria.

L'industria indiana, dopo l'indipendenza, ha stentato a decollare: per l'arretratezza delle condizioni di partenza, per la povertà di capitali, di fonti di energia, di infrastrutture come strade e porti.

Il petrolio scarso, le risorse idroelettriche poco sfruttate. e soltanto il carbone abbonda. L'India però è abbastanza ricca di minerali.

Dopo l'indipendenza l'industria indiana ha conosciuto un certo sviluppo, caratterizzato da una forte presenza dell'iniziativa statale, soprattutto nei settori che richiedono investimenti notevoli e non forniscono profitti molto alti e immediati, per cui verrebbero trascurati dagli imprenditori.

Sono state nazionalizzate le industrie di interesse militare, le principali banche, i servizi pubblici.

L'industria indiana è caratterizzata da una forte concentrazione geografica e finanziaria. Geografica perché l'industria indiana si trova in buona parte nel Nordest, nella cintura di Bombay, attorno a Madras, e a Bangalore.

Concentrazione finanziaria, perché buona parte dell'industria privata indiana è nelle mani di poche grandi famiglie.

I1 settore tessile fu il primo e a lungo, il più importante di tutta l'industria indiana. Però non c'è un settore dell'industria, da quella di base a quella più sofisticata che non sia presente in India.

Le fabbriche sono in genere dotate di materiale antiquato, le condizioni di lavoro pessime, la disoccupazione, la sottoccupazione e il lavoro precario molto elevati.Inoltre molto diffuso il fenomeno del lavoro nero che sfrutta una numerosa manodopera minorile soprattutto nella fabbricazione dei tappeti.


La condizione femminile

L'antica cultura indiana onorava le donne e riservava loro un posto importante nella famiglia e nella società. Negli ultimi secoli, con l'irrigidirsi del sistema delle caste e l'aumentata funzione di controllo della famiglia la condizione femminile peggiorò. Comparvero la poligamia, il divieto di risposarsi dopo la morte del marito il matrimonio in età infantile; usanze che toglievano alla donna la possibilità di istruirsi.

In seguito, con l'avvento della cultura islamica da parte dell'impero Moghul ci fu un'accentuazione dell'inferiorità della donna. Le figlie femmine furono considerate un peso inutile, non potevano lavorare nei campi e avevano bisogno di una dote quando fosse venuto il tempo del matrimonio. Si diffuse così l'infanticidio femminile.

Oggi la situazione delle donne indiane è molto contraddittoria. L'India è stato il primo grande paese al mondo ad avere una donna come capo del Governo; nelle città ci sono molte donne colte ed emancipate il cui rapporto con il marito è paritario.

Già sotto il dominio inglese era stata abolita la sati, la pratica che costringeva le vedove a seguire il marito morto sul rogo e nella tomba volendo simboleggiare l'inesistenza della donna.

Dopo l'indipendenza nel 1955 si introdusse il divorzio e si abolì la poligamia. In seguito fu abolito anche il divieto fatto alle vedove di risposarsi e si vietarono i matrimoni combinati fra bambini.

Tuttavia la sati è ancora praticata, il divorzio è messo in pratica da pochissime copie indiziane perché comporta disapprovazione sociale. Le vedove possono risposarsi ma se lo fanno vengono malviste ed osteggiate. Soprattutto nelle campagne il matrimonio tra bambini esiste ancora.

La dote, che non è affatto scomparsa, rappresenta oggi l'aspetto forse più tragico della condizione femminile. Quando una donna si sposa entra in un mondo spesso ostile, infatti viene affidata alle donne della famiglia dello sposo: queste possono accoglierla amorevolmente o, come accade più delle volte la trattano come una serva costringendola a sopportare in silenzio le peggiori offese. I suicidi di giovani spose sono sempre stati molto frequenti. A questo si è aggiunto l'aggravarsi del problema della dote, il matrimonio infatti ha accentuato ancor di più il carattere di affare economico. Spesso già a matrimonio concluso la famiglia del marito è insoddisfatta e chiede ancora. Ma quasi sempre la famiglia della sposa non può dare più nulla e allora la sposa viene uccisa, nella maggior parte dei casi dal marito o dalla suocera, bruciandola viva e poi sostenendo che le sue vesti hanno perso fuoco mentre cucinava.

Tra il 1975 ed il 1978, 5245 donne sono state uccise in questo modo. Spesso i colpevoli restano impuniti, ma negli ultimi tempi molte donne si sono organizzate in un comitato di lotta contro la dote.











































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