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VIAGGIO ATTRAVERSO LA NATURA

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VIAGGIO ATTRAVERSO LA NATURA

VIAGGIO ATTRAVERSO LA NATURA

ITALIANO

La natura è, nell'arte e nella letteratura, ciò che di essa si intende fare; si presenta ogni giorno con un volto diverso, diversi colori, diverse sfumature. Foscolo, a metà tra neo-classicismo e romanticismo anima romanticamente la sua natura e la rende metafora dei suoi stati d'animo. Nelle "Ultime lettere di Jacopo Ortis" la natura animata romanticamente può essere idillica o tempestosa, ma suscita sempre sensazioni sublimi: la natura amena ed idillica de"Il trapianto dei pini" si contrappone alla natura minacciosa della lettera di Ventimiglia. In quest'ultimo caso la concezione della natura quale meccanismo indifferente retto da leggi di casualità viene estesa al sistema sociale e alla storia, che sembra un succedersi di avvenimenti predeterminati dal destino. Nella lettera che descrive lo stato d'animo di Jacopo dopo aver baciato Teresa, lo scenario è idillico, caro ad una lunga lunga tradizione che risale ai poeti antichi, ricco di immagini mitologiche classiche, le Ninfe e le Naiadi. Il mondo classico è concepito come un paradiso di serenità, gioia ed armonia grazie alla facoltà degli antichi di crearsi delle illusioni. C'è una compenetrazione di Jacopo nella Natura, afferma infatti:"la Natura sembra mia". In "Alla Sera", quando giunge la quiete e la pacatezza che rimanda alla morte non importa se natura è nubi estive e zeffiri sereni o nevoso aere e inquiete tenebre. La Natura è protagonista romantica della classico-romantica poesia foscoliana. l'atmosfera in "In morte del fratello Giovani" è di pace ritrovata nella morte. I termini pietra, cenere, ossa, l'immagine della vecchina che si reca sulla tomba del figlio morto, fanno pensare ad una natura cimiteriale, quella dei Sepolcri o dell'Elegia di Gray. In "A Zacinto" ricorre frequente il motivo dell'acqua"onde del greco mar, illacrimata", inoltre Zacinto e Venere nascono dalle acque. L'acqua miticamente datrice di vita si identifica con l'immagine materna. La presenza costante del motivo dell'acqua è testimoniata inoltre dal sistema rime(sponde, onde, feconde, fronde, giacque, nacque, tacque, acque). Vi sono poi le sacre sponde che esprimono il bisogno di regressione, la ricerca di sicurezza tra le braccia di una madre (A Zacinto), che fanciulletto lo avevano raccolto. La Natura vive da protagonista nei Sepolcri foscoliani: nella prima parte(vv1-90), troviamo nella prima sezione(vv.1-22) una negazione della bellezza della natura(ove più il sole per me alla terra non fecondi questa bella d'erbe famiglia e d'animali) con affermazione delle leggi materialistiche; nella seconda sezione(vv.23-50) si propone l'alternativa dell'illusione della sepoltura lacrimata: fiore odoroso e l'ombra di un albero amico diventano motivo di conforto. Da Gray è tratto l'espressione:"né passeggier solingo oda il sospir che dal tumulo noi manda natura", nessuno può udire il sospiro del defunto che esprime il desiderio di sopravvivenza. Segue nell'episodio del Parini, una natura di tipo cimiteriale che unitamente all'effetto fonico dato dall'uso di u-r-s, crea un'atmosfera inquietante, per sottolineare l'assurdità della legge sulle sepolture:"Senti raspar tra le macerie e i bronchi la derelitta cagna ululando, e uscir dal teschio...(vv.78-90)". Nei versi della giustificazione storica la natura personificata è colei che sottopone i resti umani ad un perenne ciclo di trasformazione(vv.93-96). Il carme si conclude con una stupenda metafora (finché il sole risplenderà sulle sciagure umane), che esprime il senso di eterno che la natura porta con se. Per quanto riguardo le GRAZIE, Foscolo dice di aver voluto celebrare nel carme la bellezza come ispiratrice di sentimenti gentili: tale bellezza erompe in alcuni momenti in romantiche immagini di natura.Nel brano "IL VELO DELLE GRAZIE", emblematica è l'immagine del fiore che allude alla gioia dell'età giovanile, quando la giovinezza non sarà più tale, quei fiori, quei ricordi continueranno a vivere, addolcendo con il loro profumo la funerea immagine della morte. La preziosa presenza dei fiori, cela, quindi, un profondo e romantico significato metaforico. L'immagine dell'amore nuziale è poi resa dalle tortorelle che escono tubando dal bosco dei mirti, e pudicamente scappano nell'udire la voce dell'usignolo che canta imenei (canti nuziali). Ancora una volta la letteratura si serve della natura per esprimere il proprio senso. In MANZONI la Natura riflette molto spesso il volto della Provvidenza e della volontà divina.Nel passo dell'"ADDIO AI MONTI" la natura quieta e tranquilla appare indifferente alle passioni e ai travagli degli uomini, in realtà Lucia trasfonde se stessa in tutto il paesaggio e lo assorbe in sé sicché il suo "addio" ha le linee serene di quella notte di luna. Il cielo, la luna che si specchia nel lago facendolo ondeggiare, il gorgoglio delle acque la superficie azzurra del lago, i monti sorgenti delle acque e Lucia sono ora una sola cosa: un respiro solenne di malinconia. Nelle pagine della PESTE, quel cielo così foscamente intento sulla dolorante umanità è come l'immagine sensibile del castigo di DIO, frammista di una lontana e vaga speranza di misericordia: la sfera del sole,pallida, che spargeva intorno a sé un barlume fioco, e pioveva un colore mesto e pesante. La luce offesa era abbuiata, la nebbia, l'annottare tempestoso sono accompagnati da tuoni profondi e irrisoluti.Dal cielo si discende sulla terra dove c'è immobilità di vita vegetale e animale: si sente solo un brivido, neppure il saettare smarrito e sbigottito di una rondine, riesce a rompere quell'immoto silenzio. L'agitazione atmosferica è agitazione spirituale,che, pian piano cala gravemente sul corpo degli uomini. Nell'opera LEOPARDIANA la natura ha un'importanza di tipo filosofica: nella prima fase, che va sotto il nome di PESSIMISMO STORICO, la natura è positiva perché dà all'uomo la facoltà dell'immaginazione che crea le illusioni. Nell'"INFINITO" vi sono alcune immagini naturali che consentono al poeta di immaginare a infiniti spazi, sovraumani silenzi e profondissima quiete.Quindi il Leopardi utilizza oltre alla poetica della ricordanza, dell'indefinito e al fonosimbolismo, anche immagini della natura che lo proiettano nella dimensione dell'INFINITO. Il colle, inoltre, trova anche un'interpretazione psicoanalitica nel critico Amoretti. Quest'ultimo afferma che il Leopardi trova 151j97b sicurezza nell'immagine del colle così come si può trovare sicurezza nel seno di una madre. Sono immagini estremamente evanescenti e prive di concretezza: il dolce naufragio nel mare dell'infinito è emblematico di ciò. Le OPERETTE MORALI E I GRANDI IDILLI rientrano invece nell'ambito del pessimismo cosmico: la natura(meccanicistica) è matrigna; la ragione è positiva perché di svelatrice della misera condizione umana. Esplicativa di quanto detto è l'operetta morale"il dialogo della natura e di un islandese": la natura è nemica, crudele, e indifferente, il dolore la distruzione, la morte, lungi dall'essere errori accidentali nel piano della natura, sono elementi essenziali del suo stesso ordine.Il mondo è un ciclo eterno di produzione e distruzione la quale è indispensabile alla conservazione del mondo. Il dialogo con la natura si conclude con la domanda: a che serve questa vita in felicissima dell'universo? E' la domanda che il pastore del canto notturno rivolgerà alla luna ed è una domanda che non ha risposta. Ma la natura in senso filosofico è crudele perché non restituisce nella maturità ciò che promette in gioventù e quando il tempo della speranza finisce e SILVIA perisce combattuta e vinta "da chiuso morbo, il verno inaridisce l'erba". La natura risponde alla morte con la morte di se stessa. Né "il sabato del villaggio", la natura orna le ore dell'attesa in modo evocativo, suggestivo, non di certo oggettivo. Emblematico è il mazzolino di rose e di viole: PASCOLI in un saggio famoso del 1986 "il sabato" depreca il fatto che Leopardi unisca rose di maggio e viole di marzo nello stesso mazzo e polemizza in genere contro la genericità della tradizione poetica italiana. In realtà Leopardi non mira all'oggettività della natura bensì a quel vago e indefinito che allontana l'arido vero.



"già tutta l'aria imbruna, torna azzurro il sereno e tornan l'ombre giù da colli e dai tetti, al biancheggiar della recente luna e calano le tenebre e con essa giunge l'ansiosa attesa della festa". Nel" Canto notturno di un pastore errante dell'Asia" protagonista in assoluto è la luna silenziosa,intatta, solinga, eterna, peregrina, candida; la luna nella sua personificazione, appare maestosa, indifferente ai travagli interiori del pastore, ma allo stesso tempo immagine consolatoria, squisitamente femminile e materno. La luna, ed in genere la natura, si presentano diversi dai restanti grandi idilli, il canto non è più vaneggiamento del " caro immaginario", ma lucida riflessione filosofica fondata sul vero. Ne "La ginestra" ,le ideologia Leopardiana giunge a completa maturazione approdando al pessimismo eroico: appello alla solidarietà fra gli uomini per ergersi contro la Natura su di una base di impegno etico civile e di aperto confronto con le ideologie dominanti. La Ginestra indica proprio la resistenza all'avversità della natura: nonostante i campi sono cosparsi di cenere infeconde e ricoperti dell'impietrita lava, che sotto i passi al peregrin risono, la ginestra profumata continua a sporgere intorno i suoi cespi solitari. La Natura che riempie i versi dell'ultimo Leopardi è dunque metafora della sua ideologia: combattere la sua natura matrigna. In genere in Leopardi la natura trova sempre una giustificazione che va al di là dei dati oggettivi. In VERGA la Natura diventa accumulo di roba: ciò è evidente nella novella "la roba", dove le immagini tratte dal mondo rurale , indicano i possedimenti di MAZZARO'. Le Stoppie riarse della Piana di Catania, gli aranci sempre verdi di Francoforte e i sugheri di Rosecene, i pascoli di Passaoto Passanitello, vigne, uliveti, aranceti, buoi, tutto e di Mazzarò e nel completo rifiuto di altri valori teme la morte poiché teme di non poter portare con sé la sua " roba". In ROSSO MALPELO, invece, la natura, solo a tratti presente, esprime quella durezza di sentimenti, lo scarno verismo e pessimismo di Verga: la sciara si stendeva malinconica e discreta fin dove giungeva la vista, e saliva e scendeva in picchi e burroni, nera e rugosa, senza un grillo che vi grillasse, o un uccello che venisse a cantarci. Più che realismo, vi è però adattamento della natura alla realtà di ROSSO MALPELO: la natura diventa birbona come lui. Lo sesso soggettivismo dei personaggi dinanzi alla natura in contraddizione con la poetica Verghiana, è presente ne"I Malavoglia". Nel passo"Mena Compare Alfio e le stelle che ammiccavano più forte", il dialogo fra Mena e compare Alfio è tutto giocato sulla reticenza, e trova il suo completamento nel sentimento dell'ignoto, che scaturisce dal rumore dei carri e dal mare. Il russare del mare e l'ammiccare delle stelle di certo non sono dati colti oggettivamente, ma dettagli illuminati dalla volontà di creare una certa atmosfera. Stesso discorso per "L'addio di N'Toni": il paese si colora dello stato d'animo di N'Toni, è buio, e dice a N'Toni che potrà illuminarsi per lui solo per l'ultima e nostalgica volta, il mare brontola, non può più accogliere colui che porta con sé disgregazione e progresso. Il quadro naturale non è di certo colto nella sua oggettività, le immagini nascondono significati metaforici che svelano l'essenza dell'animo verghiano. In "Mastro Don Gesualdo" la natura è ancora accumulo di roba nel brano del colloquio con Diodata, Gesualdo guarda il raccolto sotto agli occhi, la mula che abboccava nella bica, i buoi accovacciati attorno all'aia, legati ai cestoni colmi di fieno: per tutto questo è pronto a rinunciare anche al vero amore, quello sincero di Diodata. Quando sposerà Isabella Trao per ascendere la scala sociale, si accorgerà, che "il pesco non si innesta all'ulivo": tale metafora, tratta dal mondo naturale, esprime l'impossibilità di conciliare gli affetti e gli interessi, anche se Mastro Don Gesualdo non sa cancellare del tutto gli affetti, e il sentirli impossibili gli lascia "una spina nel cuore". Ancora una volta, anche nell'ambito del verismo la natura esprime concetti che vanno aldilà di essa. In Pascoli, la natura si carica di valenze allusive e simboliche, rimanda sempre a qualcosa che aldilà di essa, all'ignoto di cui è messaggio misterioso e affascinante. Anche la precisione botanica e ornitologica con cui Pascoli designa fiori, piante, varietà di uccelli, pure avendo la sua radice nel rigore classificatorio della scienza positivistica, assume poi ben diverse valenza: il termine preciso diviene come la formula magica che permette di andare al cuore della natura,di attingere all'essenza segreta di essa. La sfera dell'io si confonde con quella della realtà naturale, le cose acquistano una visione antropomorfizzata, si caricano di significati umani. E così in"Novembre", dove l'aria limpida come una gemma, il sole luminoso , gli albicocchi fioriti, il profumo del biancospino, di cui viene resa con precisione la sfumatura amarognola, non rispecchiano la realtà effettuale. Il reale non è quello che appare, la primavera illusione, percepito non con i sensi, ma con l'immaginazione. Nella seconda strofa all'illusori primavera subentra la reale stagione autunnale: il pruno secco, i rami sono stecchiti e il nero delle loro trame nega l'azzurro del cielo, che è vuoto di uccelli. Anche queste immagini rimandano ad una realtà "altra": tutto infatti, è simbolo della morte. In"Temporale" la natura è resa inquietante da sensazioni di tipo uditivo (il brontolio lontano del tuono) e visivo (il rossegiare dell'orizzonte affogato a mare, nero di pece a monte). Infine il bianco di un casolare da la speranza e fa pensare all'immagine consolatoria di un'ala di gabbiano. L'assiuolo è la descrivono di un notturno lunare reso attraverso una serie di sensazioni visive ed uditive ma come sempre il quadro di natura impressionistico rivela un'atmosfera arcana, gravita di sensi suggestivi, legati da una trama sotterranea di echi e rimandi. Tutte e tre le strofe propongono un analogo schema: la prima quartina propone immagini quiete, serene e di pace (esempio alba di perle, nebbia di latte, il cullare del mare), mentre nella seconda strofa si delineano immagini più inquietanti (es. neri di nubi, grido che fu, un fru fru fra le fratte): un'atmosfera iniziale incantata e sospesa si converte poi in un motivo di angoscia, di dolore e di morte, e si materializza, nel verso lugubre dell'assiuolo. Ne"Il gelsomino notturno" tutte le immagini naturali (farfalle crepuscolari, erba, ape, l'alba, viburni) formano la metafora di un rito di fecondazione, rivelando una turbata visione del sesso, dopo la frantumazione del suo nido. La natura quindi non è idillica e viene utilizzata per esprimere significati "altri", inoltre, in alcuni passi, offre, con la sua ciclicità, certezze, consolazione, evasione dell'alienazione moderna (incapacità di opporsi alla realtà). In Pirandello la natura rappresenta, per certi versi, l'evasione dall'assurdità del vivere, dall'oppressione delle istituzioni. Ne"Il treno ha fischiato" Bellica dice di essere arrivato in Siberia e nelle foreste del Congo; la sua pazzia è metafora del bisogno di liberazione della maschera che indossa. Bellica realmente vorrebbe rifugiarsi negli spazi della natura per sfuggire la pena di vivere così. In "Di sera di un geranio" un'anima ormai lontana dal corpo, improvvisamente si proietta all'esterno: scorge il muro della villa, i raggi della luna, il giardino, una vasca ove scorre dell'acqua con tante foglioline bianche e verdi, appena ingiallite, che anelano quasi ad essere risucchiate dalla bocca del tubo, non sapendo che là dentro troveranno la morte. Le immagini di natura esprimono un antico desiderio di vivere la vita della linfa, la vita della erra, l'alito vivifico del cielo che ancora per un po' il corpo eterico sente in sé. La compenetrazione uomo-natura, che implica lo scambio fra mondo animato e mondo inanimato è un tema costante della poesia ungarettiana. In"San Martino del Carso" assistiamo all'umanizzazione di un paese. Il poeta osserva lo scempio che la guerra ha operato a San Martino del Carso, un villaggio del quale non è rimasto in piedi che qualche brandello di muro, e immediatamente pensa a tanti compagni dei quali non sono rimasti che brandelli. Il paesaggio è immobile, fuori dal tempo, in uno spazio rarefatto e statico, dove si stempera anche il dramma. Lo stupore del poeta di fronte alla natura è come quel dei primi uomini dinanzi alla creazione, è un rivivere l'innocenza antica, e l'immergersi in una memoria cosmica amorale. "Meriggiare pallido ed assorto" di Montale è un momento di sospensione quasi assoluta, in cui la vita sembra essersi arrestata nella proprie forme e parvenze. Il paesaggio è antiidillico, arido, scabro, emblema di una condizione esistenziale desolata, prosciugata e svuotata di ogni slancio vitale (rovente, muro, pruni, sterpi, crepe del suolo, calvi picchi, sole che abbaglia). Il paesaggio non si apre all'uomo, vive in se stesso, nella sua incomunicabilità. Non è uno scopo ma un tramite verso un qualcosa che resta, alla fine, misterioso e in conoscibile. In Saba domina una natura cittadina. In "Città Vecchi", si parla di oscure vie, del giallo dei fanali che si specchia nelle pozzanghere e di gente che viene e che va: la città è amata in se stessa ma anche nei luoghi in cui il poeta può isolarsi. Il desiderio di tuffarsi nella vita di tutti è la riscoperta di un senso di partecipazione che presuppone la solitudine e l'esclusione dell'individuo.

STORIA DELL'ARTE

Emozioni,sensazioni e dolori possono diventare poesia così come possono essere proiettati su di una tela o in qualsiasi altra forma d'arte. L'effetto sarà ogni volta il nostro animo si stupirà nel vedersi a tal punto coinvolto in immagini di natura. I colori, le forme, gli equilibri dell'arte riescono talvolta a sottolineare elementi della natura che sfuggono alla disattenzione umana oppure possono elevare la realtà della natura in una dimensione ideale. WINCKELMANN, teorico neoclassico ritiene che l'opera sia espressione del bello ideale, raggiungibile non imitando la natura, ma emendandola dai suoi difetto, meglio, scegliendo da essa le parti più belle e fondendole insieme. Ciò è evidente nell'affresco "IL PARNASO" di RAPHAEL MENGS: l'affresco rappresenta il monte sacro alle MUSE, le immagini sono distribuite aritmicamente attorno all'asse centrale costituito da APOLLO. La natura è idealizzata, armonica e immobile, per questo fredda e manierata. Nell'arte romantica, l'uomo, finito e colmo di aspirazione all'infinito, vive con la natura immensa e possente;nel paesaggio il tedesco Friedrich trasfonde la ricchezza dei suoi sentimenti, la coscienza della solitudine dell'uomo, la sua angoscia di fronte al mistero;nella natura egli coglie il sublime,cioè il senso di sgomento che l'uomo prova di fronte alla grandezza della natura sia nel suo aspetto pacifico sia, ancora di più, nel momento della sua terribilità, quando ognuno di noi sente la sua piccolezza, la sua estrema fragilità, la sua finitezza ma al tempo stesso, proprio perché cosciente di questo, intuisce l'infinito e si rende conto che l'anima possiede una facoltà superiore alla misura dei sensi. Una delle opere di Friedrich che può meglio servire da esempio è il "NAUFRAGIO DELLA SPERANZA ".In primo piano vi sono i lastroni di ghiaccio taglienti, aguzzi, con a destra la poppa di una nave schiacciata dalla forza dei ghiacci, la Speranza. Evidente è il senso di una natura incontaminata e primordiale e l'eterno desiderio dell'uomo di dominare la sublime natura destinato a restare sconfitto. L'uomo immerso nella natura è anche il tema preferito dei due artisti romantici inglesi: CONSTABLE e TURNER. Constable in " nuvole " dimostra uno studio della natura, senza mediazione: ama la bellezza e la freschezza della natura. Turner, invece, in " Vapore durate una tempesta di mare" coglie la grandiosità della natura e lo smarrimento dell'uomo dinanzi alla maestosità dei suoi fenomeni. Ciò che viene rappresentato non è la realtà oggettiva, piuttosto la reazione soggettiva dell'uomo dinanzi alla natura. Nel Realismo, l'arte è riproduzione oggettiva della realtà. Quadri di natura sono quelli di Millet che, di origine contadina, era cresciuto in mezzo ai campi. La pittura di Millet, priva di ribellioni, è soffusa di una dolce tristezza: uomini e paesaggi sono accomunati nel sentimento dell'eterno. Vi è in Millet una concezione panica della natura: uomo e natura sono legati indissolubilmente e sono partecipi l'uno della vita dell'altro. Nell'Impressionismo , poi, la natura è percepita attraverso " IMPRESSIONI " di forme, di luci, di colori, impressioni diverse dall'uno all'altro osservatore. Ne " LA GRENOUILLERE " di Monet, non vi è il sentimento romantico della natura; la natura vive in tutta la sua mobilità e continuità e noi viviamo in mezzo ad essa. Protagonista del quadro è l'acqua che domina buona pare della superficie; tutto ciò che la sovrasta e la circonda vi si specchia con i suoi diversi colori, che influenzano reciprocamente. Ma per Monet l'acqua non è soltanto uno specchio moltiplicatore di colori in movimento. Esprime piuttosto il senso della relatività dei rapporti, del nostro essere e della nostra natura che ci circonda. Ancora una volta esaminando il concetto di natura in periodi ed in diversi autori, il risultato è di un profondo soggettivismo dinanzi alle manifestazioni di essa.

FILOSOFIA

Nei pensieri dell'uomo la natura può essere non solo mera presenza esteriore, ma anche fonte di motivi filosofici. Anche in filosofia svariate sono le nozioni, per dipiù astratte, della natura. Come scriverà Friederich Schiller, esponendo con chiarezza e precisione le idee kantiane, "si chiama sublime un oggetto alla cui rappresentazione la nostra natura fisica sente i propri limiti, nello stesso tempo in cui la nostra natura ragionevole sente la propria superiorità, la sua indipendenza da ogni limite: un oggetto rispetto al quale siamo fisicamente deboli, mentre moralmente eleviamo sopra di esso con le idee. In altri termini, sublime è quello stato d'animo che proviamo di fronte a entità naturali smisuratamente grandi(sublime matematico,o dinamico), che inizialmente richiamano la nostra piccolezza fisica, ma che in seguito rimandano alla nostra grandezza spirituale, testimoniata dal nostro essere portatori delle idee della ragione, in particolare dell'idea dell'infinito. Parlando di sublime matematico, Kant definisce sublime, ciò al cui confronto ogni altra cosa è piccola, precisando che "la natura è sublime in quei suoi fenomeni, la cui natura include l'idea della sua infinità". Parlando del sublime dinamico, Kant dice "La natura qui non è dunque chiamata sublime se non perché eleva l'immaginazione a rappresentare quei casi in cui l'animo può sentire la sublimità della propria destinazione, anche al di sopra della natura". "La sublimità non risiede dunque in nessuna cosa della natura, ma soltanto nel'animo nostro, quando possiamo accorgerci di essere superiori alla natura che è in noi, e perciò anche alla natura che è fuori di noi". Anche relativamente al concetto di natura , quindi, Kant opera una sorta di rivoluzione copernicana, per cui non è la mente ad adattarsi alla realtà, bensì la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo. In Schelling l'Assoluto è un insieme di oggetto e di soggetto, ragione e natura. La filosofia della natura mostra come "essa" si risolva nello spirito. La Natura è un organismo che organizza se stesso e non un'opera d'arte il cui concetto stia fuori di essa, nella mente dell'artista. Inoltre, Shelling parla di natura come preistoria dello spirito : è uno spirito inconscio in moto verso la coscienza; la natura comincia in maniera inconscia e finisce consciamente. Ciò a dimostrazione che natura e spirito sfociano l'uno nell'altro perché elementi di un unico assoluto. In Hegel, la Natura è l'Idea fuori di se o l'Idea nella forma dell'essere altro, ossia l'estrinsecazione alienata dell'Idea nella realtà spazio temporale del mondo. Il concetto di natura ha nella dottrina di Hegel una funzione chiave e non potrebbe essere eliminato o tolto senza eliminare o togliere l'intera dottrina. Il principio stesso dell'identità di realtà e ragione pone infatti a questa dottrina l'obbligo di giustificare e risolvere nella ragione tutti gli aspetti della realtà. Hegel respinge fuori dalla realtà, quindi nell'apparenza, ciò che è finito, accidentale e contingente, legato al tempo e allo spazio e la stessa individualità in ciò che ha di proprio e di irriducibile alla ragione. Ma tutto ciò deve pur trovare un qualche posto, una qualche giustificazione, sia pure di mero titolo di apparenza se, almeno come apparenza, è reale e trova posto e giustificazione nella Natura che da questo punto di vista si configura come una sorta di pattumiera del sistema. Le divisioni fondamentali della natura sono: la meccanica, la fisica e la fisica organica. Schopenhauer, invece, afferma che la volontà di vivere è la radice noumenica dell'uomo e dell'universo. Anche la natura, in tutte le sue manifestazioni e con diversi gradi di consapevolezza, nasce da una volontà di vivere, che è l'essenza intima di tutto l'universo. Per ognun di noi, menti eccelse oppure no, la natura rappresenta qualcosa: forza creatrice, forza distruttrice, motivo d'ispirazione e di consolazione.



LATINO

Un esempio di natura come forza creatrice è data dai versi virgiliani di "La primavera", tratti dalle Georgiche. Virgilio descrive la natura che si sveglia dal letargo invernale. Ed allora parturit almus ager (la terra capace di dar vita si prepara a partorire) laxant aeva sinus (e i campi sciolgono il grembo), superat tener omnibus umor ( una tenera linfa sovrabbonda in tutti i campi): questa natura che si prepara a celebrare sua festa, che è una festa di vita e di gioia, è quanto di più delicato Virgilio potesse creare sulla primavera. La natura è dotata qui, di una profonda sensibilità, una sensibilità tutta umana. Gli agenti sono: ager, arva, germina, pampinus, e le loro azioni sono discrete, delicate; in esse si coglie il senso di un aprirsi all'aria e al sole, uno schiudersi lento della vita. E' la forza stessa della natura, tenuta contratta nella stagione invernale, che ora si esplica nei suoi modi e nelle sue forme possibili. E' stato detto che la descrizione virgiliana della natura sembra quasi una descrizione dell'età dell'oro. Non è così, non solo perché manca il carattere profetico delle descrizioni dell'età dell'oro, ma anche perché il tono di questi versi è proprio di un poeta che assiste stupito al miracolo rinnovatesi e alle varie scene che lo caratterizzano. In Lucrezio, invece, Venere è allegorica della forza creatrice della natura è la rappresentazione di quell' impulso latente alla procreazione che è insito nella materia e che la dea realizza, ma limitatamente al mondo animato mediante la voluptas di cui è simbolo. La dea è forza costruttrice e ordinatrice che annulla ogni elemento perturbatore. La Natura da lei visitata è tutta una fantasmagoria di colori e luci. Vi sono, quindi, delle differenze tra il concetto di Natura in Virgilio ed in Lucrezio. Virgilio ha una concezione provvidenziale della natura. In Lucrezio, invece, l'alma Venus non ha niente di religioso; essa indica la forza stessa della natura che stimola gli esseri alla procreazione, e la terra a germogliare e a dare i suoi frutti. Insomma quello di Lucrezio è un vero e proprio naturalismo materialistico. Un altro aspetto riguarda l'animazione della natura che Virgilio umanizza attribuendone una sensibilità e razionalità che la fanno agire in modo consapevole. Mentre in Lucrezio l'afflato lirico si svolge sempre intorno ad un nucleo filosofico materialistico. Ma in tutti e due, aldilà delle differenze che derivano da opposte ideologie, è comune un atteggiamento contemplativo di fronte al rinnovatesi miracolo del risveglio della natura in primavera, atteggiamento caratterizzato da meraviglia, stupore, commozione dell' animo. Un altro esempio di natura come forza creatrice è "Alla fonte Bandusia" di Orazio. Questo componimento viene interpretato come una dell'espressioni più evidenti della religiosità oraziana. Si può essere d'accordo a patto che per religiosità non si intenda fede in entità metafisiche. La religiosità di Orazio sta nel fascino con cui guarda alle piccole cose, nell'incanto quasi magico con cui quel paesaggio gli si presenta, con la limpidezza delle acque, l'amabile frescura dell'uomo, il leccio che sovrasta la roccia da cui sgorga la fonte, la musica dell'acqua che scende. E'una religione laica naturistica, si potrebbe definire animistica. Nella" Naturales quaesiones ", Seneca afferma che la ricerca sulla natura oltre ad essere di grande utilità per motivi scientifici si presenta come un'attività costituzionalmente virtuosa e gratificante, perché non attira gli uomini per il vile guadagno che se ne potrebbe ricavare ma per le meravigliose conoscenze che riserva allo scienziato. Al centro della poesia senecana e, con essa, dello stoicismo classico, c'è l'idea della natura. Il principio del seguire la natura, formulata da Zenone, e ripreso da Seneca in "De vita beata" 3, 1-4, presuppone un duplice aspetto; con il termine natura gli storici, infatti, intendono sia la natura universale, cosmica, sia la natura individuale, propria di ogni essere umano. Se con Zenone il termine "Natura" conserva ancora tutte le sue ambiguità (non essendo ancora chiaro il preciso ambito semantico, universale o individuale). Cleante, successore di Zenone nella direzione della scuola storica rifiuta di prendere in considerazione le nature individuali mentre Crisippo (il secondo fondatore del stoicismo) assimila i due aspetti cosmico e individuale e non stabilisce tra essi alcuna distinzione. Nel "Devita beata" Seneca riprende la posizione di Crisippo: per il saggio "Aderire alla natura universale" significa riconoscere un ordine razionale, e vedervi l'esplicazione di una ragione in atto; aderire alla natura individuale significa, l'altro canto aderire alla propria natura di essere razionale e considerarsi parte delle ragione cosmica. Così inteso, l'adeguamento alla natura, "il Natura sequi " di Seneca si identifica con la pratica della virtù con una condotta cioè pienamente conforme alla ragione cosmica e individuale. Nel suo naturalismo materialistico Lucrezio fa una trattazione estremamente scientifica della natura nel suo "De Rerum Natura". Nel primo libro si afferma che nascita e morte sono costituite da un processo infinito di aggregazione e disgregazione di atomi. Con ragionamento incalzante e con varie argomentazioni, Lucrezio insiste sulla necessità di riconoscere l'infinità del tutto, dell'universo, come degli atomi che vi volteggiano, incessantemente, deridendo chi avanza l'ipotesi che la terra trovi in posizione centrale ad esso. Tra le parti più interessanti e più originali della dottrina epicurea è quella che riguarda il movimento degli atomi. Infatti.Epicureo non solo introduce, rispetto a Democrito, per spiegare la formazione dei corpi, il concetto CLINAMEN, la derivazione che consente agli atomi di scontrarsi variamente, ma ipotizza il movimento incessante degli atomi anche all'interno dei corpi, con intuizioni che precorrono di millenni certe scoperte moderne. Lucrezio dedica il 2° libro del poema al movimento degli atomi da cui dipende la generazione dei corpi. Nel corso di tale libro occupandosi dell'aggregazione e della disgregazione degli atomi da cui derivano nascita, crescita e morte dei corpi, Lucrezio considera quell'organismo il quale contenendo in sé elementi di vario genere, alimenta le fonti che senza tregua rinnovano il mare, dà vita e nutrimento a vegetali e animali: la terra. Affronta poi il tema della morte dell'universo, che è naturale disgregazione degli atomi dovuta alla vecchiaia e torna a riflettere sulla terra e sul suo destino. Democrito, Epicureo, Lucrezio per primi hanno parlato di atomi, intuendo elementi della scienza moderna.

FISICA

La natura, quindi , aldilà di interpretazioni umanistiche va sottoposta ad un'analisi anche scientifica;e che cosa analizzare se non l'atomo, componente fondamentale della materia? Dal ton nel 1803 formulò la prima teoria atomica della materia:

  • La materia non è continua, ma è composta da particelle che non possono essere ulteriormente divisibili ne trasformabili, gli atomi;
  • Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la stessa massa;
  • Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi
  • In una reazione chimica tra due o più elementi gli atomi, pur conservando la propria identità, si combinano secondo rapporti definiti, dando luogo a composti.

Fisici e chimici, a partire dalla metà del sec. Scorso sono stati in grado di dimostrare che l'atomo è costituito da particelle semplici che hanno una natura elettrica: le particelle subatomiche. Tra tutte le particelle scoperte( oltre 100) si considerano solo l'elettrone, il protone, e il neutrone. Le altre, infatti, sono infinitamente più piccole e hanno una vita molta breve. L'elettrone è l'unità elementare d'elettricità mobile della materia ed è indubbiamente la particella più importante di chimica; ha una massa di 9.109 * 10-28 grammi e possiede una carica elettrica negativa pari a 1,602* 10-19 Coulomb alla quale per convenzione si attribuisce il valore -1 e viene indicato con il simbolo e- . Tutti gli elettroni sono identici tra loro indipendentemente dall'atomo di cui fanno parte. Gli elettroni furono scoperti da Thompson nel 1897. Il protone, invece, scoperto nel 1914 da Goldstein, è una particella di massa 1'672* 10-24 grammi e di carica uguale a quella dell'elettrone ma di segno opposto, alla quale, viene attribuito valore +1. Al protone, quindi, è associata un'unità di carica elettrica positiva. Tutti i protoni sono identici tra di loro indipendentemente dall'atomo di cui fanno parte. Poiché l'atomo è elettricamente neutro,in ogni atomo il numero di elettroni deve essere uguale a quello dei protoni. Il neutrone scoperto da CHADWICK nel 1932, è una particella elettricamente neutra, cioè priva di carica, che possiede una massa pari a 1,675*10-24 grammi ( praticamente uguale a quello de neurone). Tutti i neutroni sono uguali tra di loro. Fisicamente ,dunque, l'atomo è tutt'altro che divisibile, ma la sua suddivisione in particelle subatomiche comporta la perdita della caratteristiche dell'elemento di cui fa parte. Pertanto l'atomo può essere considerato come la più piccola entità di un elemento che ne conserva le caratteristiche e che non può essere ulteriormente suddiviso con mezzi chimici. Il termine atomo (nel senso di indivisibile) perciò è ancora chimicamente valido,anche se fisicamente è un termine improprio. Gli scienziati a partire dalla fine del 19 sec. Sentirono l'esigenza di ideare dei modelli atomici. I modelli atomici nacquero, dunque, dall'intuizione di alcuni scienziati di fronte all'impossibilità di interpretare in modo semplice fenomeni complessi. Il primo modello atomico formulato nel 1928 da Thompson, ammetteva che l'atomo, pittato che la sferetta solida e compatta, ipotizzata da Dal ton, fosse un aggregato di particelle semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo possesso, T. ipotizzò che l'atomo fosse costituito da una sfera omogenea carica di elettricità positiva, in cui gli elettroni erano distribuiti in maniera uniforme e senza una disposizione spaziale particolare. Tra il 1909 e il 1911 Routherford progettò insieme ad altri ricercatori un ingegnoso esperimento per indagare sulla costituzione interna dell'atomo. Tale esperimento consisteva nell'irradiare con un fascio di particelle alfa (2 unità di carica positiva e una massa 4 volte superiore a quella dell'atomo di idrogeno), provenienti da una sorgente radioattiva, una sottile lamina d'oro, osservando uno schermo fluorescente gli effetti che tali " proiettili" producevano nell'attraversare la lamina ad alta velocità. In particolare Routherford osservò che la maggior parte delle particelle alfa attraversavano la lamina indisturbatamente, mentre altre ne venivano deviate e alcune addirittura riflesse. Pertanto Routherford e i suoi collaboratori ipotizzarono un nuovo modello di atomo che fosse in accordo con i risultati ottenuti. In tale modello tutta la carica positiva e la massa dell'atomo erano concentrate in una piccola regione dell'atomo stesso che venne chiamata nucleo, mentre gli elettroni si trovavano nel grande spazio attorno ad esso, spazio avente un diametro da 10000 a 100000 volte maggiore di quello del nucleo. In altre parole, il nucleo occupa una piccolissima porzione del volume atomico, per cui, si può dire che quasi tutto il volume dell'atomo è occupato dagli elettroni. Rutherford ,inoltre,intuì che protoni da soli non bastavano giustificare l'intera massa del nucleo di un altro tipo di particelle che, anche se prive di carica, contribuivano comunque, con la loro massa all'intera massa del nucleo ,tali particelle erano i neutroni. Il modello di R. lasciava però insoluti alcuni problemi. Esso, infatti, non riusciva a spiegare come particelle di uguale carica potessero convivere indisturbate nel nucleo senza respingersi reciprocamente. Non spiegava inoltre, come mai gli elettroni in rapida rotazione attorno al nucleo non perdessero quota fino a cadere su di esso, dato che, secondo le leggi dell'elettromagnetismo, cariche elettriche in movimento, dovrebbero perdere energia irradiandola sotto forma di onde elettromagnetiche. A tali problemi hanno dato risposta successivamente altri scienziati, che attraverso più sofisticati modelli atomici, trovarono giustificazione per tutti quei fenomeni che le leggi della fisica classica non potevano spiegare. Un valido contributo alla soluzione dei problemi del modello di R. venne dato dallo studio degli spettri di emissione a righe degli atomi (complesso delle luci in cui si scompone un raggio luminoso passando attraverso un prisma). L'osservazione degli spettri di emissione a righe degli atomi mise definitivamente in crisi il modello di R. Si è detto, infatti, che secondo le leggi della fisica l'elettrone, ruotando attorno al nucleo dovrebbe una graduale e continua perdita di energia, che, se sessa sotto forma di radiazioni luminose, dovrebbe dar luogo ad uno spettro continuo dove i colori sfmano gradualmente(radiazioni ad alta energia) al rosso ( radiazioni a bassa energia) mentre dai dati sperimentali si è osservato che gli atomi emettono spettri a righe. Il fatto che lo spettro si rivelasse composte da righe ben distinte, sempre le stesse per ogni elemento, significa che le transazioni di energia di un atomo dovevano avvenire in modo discontinuo secondo quantità discrete, che chiameremo QUANTI DI ENERGIA ,e non mediante una variazione graduale e continua. Nel 1900 PLANCK capì che l'energia non può essere suddivisa all'infinito, ma fino al quanto; quindi il quanto è la più piccola porzione che può essere ottenuta dal processo di suddivisione dell'energia. In tutti i processi fisici l'energia può essere emessa o assorbita solo in quanti o multipli di essi,mai in frazioni. Planck, inoltre, definì un valore h (costante di plank) che mette in relazione l'energia (E) emessa da una radiazione luminosa con la sua frequenza (v): E=hv (h=0,66*10-33). Sollecitato dai dati sperimentali emersi, nel 1913, il danese Niels Bohr ideò un modello atomico più corretto di quello di Rutherford che dava una spiegazione degli spettri a righe emesse dagli atomi eccitati e contemporaneamente spigava gli spettri a righe emessi dagli atomi eccitati e la loro stabilità. Per costruire il suo modello Bohr si basò fondamentalmente su due postulati:



Finché un elettrone ruota nella sua orbita non perde energia per irradiazione;

Quando per effetto di una scarica elettrica o per riscaldamento viene somministrata energia all'atomo,gli elettroni possono assumere quanti di energia che li portavano ad uno stato eccitato.

Questo comporta un salto degli elettroni dalle normali orbite a loro permesse a orbite superiori a più alto contenuto energetico, mentre non è permesso agli elettroni di assumere valori di energia intermediche li porterebbero ad occupare orbite non permesse. Ogni orbita appartiene ad un dato livello energetico o guscio individuato da un numero progressivo 1,2,3,...chiamato numero quantico principale. Il modello atomico di Bohr aveva il difetto di voler determinare rigorosamente le orbite, le velocità e l'energia degli elettroni in un atomo, applicando le stesse leggi fisiche che descrivono il moto di quantità microscopiche di materia a particelle estremamente piccole, come sono gli elettroni. Ma ciò è impossibile, come afferma il principio d'indeterminazione di Heisemberg, enunciato nel 1927 secondo il quale non è possibile misurare, e quindi conoscere contemporaneamente, con la max precisione, la posizione e la velocità istantanea dell'elettrone. Con il principio d'indeterminazione si sostituisce al concetto di orbita quello di orbitale, che è definito come una regione dello spazio all'interno della quale si può trovare l'elettrone. In questo modo non si parla più della posizione dell'elettrone, ma solo della probabilità di trovarlo in una certa zona. Nel 1924 L. de Brroglie avanza l'ipotesi che ad ogni particella in movimento sia associata un'onda; gli esperimenti confermarono che l'elettrone ha una doppia natura può comportarsi sia come particella che come onda. Nel 1926 E. Schrodinger formulò un'equazione matematica per descrivere il moto ondulatorio dell'elettrone in funzione della sua energia, considerandolo come un'onda stazionaria. I risultati dell'equazione sono funzioni che descrivono i diversi stati dell'elettrone intorno al nucleo. Svolgendo l'equazione si può stabilire l'orbitale. Il termine orbitale indica quindi, le funzioni che si ottengono come soluzione dell'equazione di Schrodinger. Tra il modello quanto -meccanico di Bohr quello derivante dalla meccanica ondulatoria, esistono dei parametri numerici comuni, ma con diverso significato: i numeri quantici. Essi sono tre e servono nel modello di Bohr a descrivere in termini fisici a dimensione, la forma e l'orientmento dell'orbitale

[n=numero quantico principale(indica la distanza dell'elettrone dal nucleo; quanti orbitali vi sono in quel livello energetico=n2 n 1 a 7) l= forma dell'orbitale 0 l -1. m= magnetico Una carica elettrica in movimenta genera un campo magnetico; campi elettrici vicini interferiscono tre di loro e si orientano in modo diverso nello spazio -1 m


Vi è poi un quarto numero quantico, lo spin (rotazione) che corrisponde al momento angolare dell'elettrone. Può assumere valori ½ e -1/2. La presenza di un terzo elettrone nell'orbitale non è ammissibile poiché il suo spin dovrebbe essre necessariamente uguale a uno dei due elettroni preesistenti dal quale sarebbe doppiamente respinto (repulsione elettrostatica e magnetica). Da ciò scaturisce il principio di Pauli: in un orbitale possono coesistere al massimo 2 elettroni aventi max tre numeri quantici uguali( spin opposto). Fino a questo momento è stata considerata la struttura interna dell'atomo, considerato nella sua neutralità, cioè quando il numero di elettroni è uguale a quello dei protoni; quando un atomo perde o acquista elettroni, diventa elettricamente carico( la carica sarà positiva quando l'atomo perde elettroni e negativa quando ne acquista). Elettrizzare, quindi non significa creare una carica, ma far emergere carica mediante acquisto o perdita di elettroni.

Esistono vari tipi di elettrizazione:

Elettrizzazione per strofinio

Elettrizzazione per induzione

Elettrizzazione per contatto



Elettrizzazione per strofinio

Una bacchetta di ambra strofinata su un panno di lana viene elettrizzata positivamente (perde elettroni) e riesce ad attrarre piccoli frammenti di carta o paglia. Se invece la bacchetta è strofinata con un panno di seta, si elettrizza negativamente (acquista elettroni). Se avviciniamo due bacchette una carica positivamente e l'altra negativamente, esse tenderanno ad attrarsi, mentre se sono cariche dello stesso segno tenderanno a respingersi, in virtù del principio che asserisce che due corpi elettricamente carichi si respingono se le cariche da esse possedute sono dello stesso tipo, si attraggono se le cariche sono di diverso tipo.

Elettrizzazione per contatto

Un corpo conduttore può essere elettrizzato solo posto a contato con un altro corpo carico. Si può riconoscere se ed eventualmente quanto un corpo è elettrizzato mettendolo a contatto con un elettroscopio a foglie d'oro.

Elettrizzazione per induzione

Fenomeno nel quale si ha una ridistribuzione della carica in un conduttore neutro causata dalla vicinanza di un corpo carico. Il nome deriva dal fatto che sul corpo neutro sono state indotte (cioè accumulate localmente) delle cariche. Tra due corpi elettricamente carichi posti ad una certa distanza l'uno dall'altro, si esercitano delle forze. Esse sono repulsive se le cariche dei corpi sono dello stesso segno e attrattive in caso contrario. La forza che esprime l'interazione tra due corpi carichi è quella di Coulomb che è direttamente proporzionale al prodotto delle quantità di elettricità possedute dai 2 corpi e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. La regione dello spazio in cui si avverte l'azione delle forze elettriche, viene definita "campo elettrostatico". Questo è un campo conservativo: si può definire il potenziale, poiché il lavoro è indipendente dalla traiettoria, ma dipende esclusivamente dalla posizione iniziale e quella finale. Il potenziale elettrico è il lavoro necessario per spostare una carica da un punto all'infinito. Il campo elettrostatico è definito da 2 grandezze: il flusso e la circuitazione. Per una superficie s piana e un campo elettrico E costante, si definisce il flusso del vettore campo elettrico attraverso s mediante la relazione: F(E)= ES. Dato un campo vettoriale Z e una linea chiusa orientata L si chiama circuitazione di Z lungo L la quantità G Z DZ li dove delta l i rappresenta uno spostamento elementare lungo L e z è il valore del campo vettoriale z nei punti delta elle i. La circuitazione nel campo elettrico è nulla poiché tale grandezza consente di calcolare il lavoro lungo una linea chiusa, ma il campo elettrico è un campo conservativo dove il lavoro dipende esclusivamente dalla posizione iniziale e finale, per cui il lavoro di una linea chiusa sarà sicuramente nullo. Il flusso è nullo e la circuitazione è diversa da zero.

INGLESE

Representetion of nature in literature as well as in other artistic fields, never takes denotative value of faithful reproduction of reality but is enriched, emotional, evocative, matahorical meanings in order words it acquiers connotative value. Therefore it depends on the aim of any single author, on the emotions he wants to communicate, on the message he wants to convey, on his view of the world. For example, a Ranaissance painter and an impressionistic one are would perceive the same landscape in different way and would represent it with different techniques, the same happen in literature. Thomas Gray transitional poet in eighteenth-century poets presents in his work : " Elegy written in a country poety churchyard" a gothic conception of nature. The initial stanzas of the Elegy presents rural Landscape at twilight the sights and sounds are those men animals as might approaches. However, several words can also be associated with the idea of death as well as of darkness, silence and tiredness which are typical elements of human life at the end of day. The scene is described through the poet's eyes: the poet is also the speaking voice throughout the poem. The description is vivid and realistic, quite different from the artificial pastoral scenes in the classical tradition which could often be found in eighteenth-century poetry. Each natural element has a symbolic meaning: " The lowing hard wind slowly o' er the lea creates a suggestive and melancholy atmosphere; The landscape is glimmering, "All the air solemn stillness holds", and so human silence and Nature's voices create a suggestive and "gothic" atmosphere. In the romantic culture nature was seen as a manifestation of god on earth, a moral force, a fountain of poetic inspiration, and a source of joy and consolation in time of trouble. Almost all the Romantic poets expressed a deep relationship with nature and there are correspondences between natural landscape and man's feelings and values. In particular the first generation of poets emphasized the relationship with nature. In WORDSWORTH'S poem's there are various meaning of nature. The first meaning is that of countryside as opposed ti the town. The landscape is mainly rural and solitary as " I wondered lonely as Cloud " where the poets sees" a host of goldendaffodils" by a lake in Lake District. Even the urban Landscape of London in "Composed upon Westminster Bridge " becomes a sort of landscape because of the beauty of the morning sun and the proximity of the countryside. "Open unto the fields and to the sky ". The second meaning is that of nature as a source of feelings. Wordsworth's poems are packed with words that emphasize joy at, for example, the bright colour and gentil movement of the dancing daffodils or at the beauty of a rainbow: man becomes a part of nature as a result of the emotional response nature produces in him. Nature is not only just landscape. It is also an active force. It is the evidence of a mysterious and wonderful power in the universe. The third notion of nature implies a pantheistic view of the world which is seen as an expression of God. And so Wordsworth is the poet of the relation ship between man and nature. In " THE RIME OF THE ANCIENT MARINER" of Coleridge, nature is a juxtaposition of ordinary experience and supernatural events. On the one hand the fury of the store, the land of ice, mist and snow, and the ocean are described in such a vivid manier as to evoke real images in the reader's mind. On the order hand, natural element and landscape have a deeper symbolic meaning. For example, the sun is a symbol of divine justice; that calm symbolizes the desolation of a sinful soul; the rotting sea reflects the mariner's soul troubled by guilt; the moonlight spreading a sort of white frost on the "sultry main" announces the refreshing coolness of forgiveness. The dominant atmosphere is uncanny and eerie. It is built up through an accumulation of strange incidents and disquieting details: for example the ice is threatening presence symbolizing limits and dangers of life, the killed albatross represent the broken harmony between man and nature. The suggestive atmosphere is created by sound effects, alliterations, internal, rhymes, similes, personifications too. And so Coleridge's nature s a "sublime nature". The Victorian age with faith in progress and development of the industry, dehumanised nature, that is not part of a man's life. Charles Dickens is a novelist who best represents the Victorian sensibility. In the description of the environment, reality is the starting point to transform it into a reichly detailed fresco. In "Hard times", Coketown recalls the actual environment of northern mill towns and, at the same time, with its tall chimneys, its eighteen chapels and its public buildings, "all fact" and "all like one other", becomes a symbolic representation of the economy and spiritual poverty that oppresses the working class. The name itself not only recalls the black colour that covers the buildings, but also confirm the general impression of an ugly town where living is monotonous and unpleasant Coketown was town of unnatural black and red like the painted face of a savage, all is "fact" and "smoke": there are no natural elements and industrialized landscape is the symbol of the oppression and the alienation. "The old man and the sea" of E. Hemingway symbolized the man who stands against the nature. Santiago, an old Cuban fisherman, success in catching an enormous, Marlin in the middle of ocean; then he has to fight the sharks that attack the fish and cannot prevent them from leaving him only a carcass: Thus the quest turns out to be vain, in spite of efforts and hopes. It is a story of a man against the nature. The old man has learnt that nature remains the place of destruction, thus he tries to test and overcome his limit, that is his old age, fighting against his death but reaching inevitable destruction. Nature is the sea. But it's the first of all the human soul since man dies and dispenses death. Ted Hughes the most important exponent of the groups is hardly a nature poet in the way the Romantic nature poets were. His nature is not a refuge from the corrupted, civilized world of industrialism, it rather seems to mirror the violence of contemporary world. Hughes's animals are metaphors of human experience; they are described from within and they generally prevail over man, since they are pure instinct and have no conscience or rational thinking capacity to hold them book from action. An animal violence is not identified with any specific historical or social reality but is perceived as a universal force. In particular way the "jaguar" is the symbol of man's imprisoned energies it is objectively caged but subjectively free, and it is an example to man who wants longs to live in tune with his internal instinctual energies. The "jaguar" is not what the eye can see, not what the ear can hear: Hughes's nature is a symbolic nature of elemental power of energy.






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