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IL DIRITTO ISLAMICO

giurisprudenza



IL DIRITTO ISLAMICO


Il diritto islamico è l'insieme dei principi derivanti dalla rivelazione divina, che il mussulmano credente deve seguire se vuole adempiere ai suoi doveri religiosi.

Il diritto islamico trova la sua ragione giustificatrice nella volontà rivelata da Dio e, conseguentemente, non si basa sull'autorità di un creatore terreno del diritto.

In quanto diritto rivelato da Dio, il diritto islamico è immutabile: il diritto di Allah è stato rivelato agli uomini una volta per tutte.

La prima distinzione che è necessario fare quando si parla di diritto islamico (o diritto mussulmano) è quella tra DIRITTO ISLAMICO e DIRITTO DEI PAESI MUSSULMANI. Nei paesi mussulmani il diritto islamico, normalmente, non è l'unica fonte del diritto, ma convive con altre fonti del diritto.

ESEMPIO: il codice egiziano del '47 (è un codice civile che si occupa solo delle obbligazioni e dei diritti reali) all'articolo 1 individua, tra le fonti del diritto, la legge, la consuetudine, i principi del diritto mussulmano, il diritto naturale e le regole dell'equità.

La popolazione dei paesi mussulmani ammonta a circa un miliardo e costituisce tra 1/5 e 1/6 della popolazione mondiale.



Per quanto riguarda il diritto islamico questa grande diffusione è dovuta all'espansione della conquista araba, successivamente a Maometto. Una seconda ondata importante di espansione del diritto mussulmano si è avuta con l'Impero Ottomano (1517-1924) che ha condotto ad una islamizzazione anche di alcuni paesi dell 646i89g 'Europa sud orientale (es.: Jugoslavia, Albania, Bulgaria, una parte della popolazione è di diritto mussulmano).

Altra distinzione importante, all'interno del diritto mussulmano è quella tra:

Versione Sciita: una versione di minoranza (solo l'8% dei mussulmani vi aderisce), è una versione che riconosce come unica linea di discendenza della guida della comunità islamica quella che si ricollega al genero di Maometto.

Versione Sannita: riconoscono la guida della comunità islamica nei diversi califfi che si sono succeduti dopo Maometto e che non avevano un rapporto di discendenza dal genero di Maometto.

Quando si parla di diritto islamico si parla anche di SHARIA, nozione che può essere intesa in più accezioni:

  • In un'accezione lata, la sharìa sta ad indicare i precetti di carattere religioso, ma anche tutti i precetti che, in sostanza, guidano la condotta del mussulmano, e che si trovano soprattutto nel corano.
  • In un'accezione più ristretta, la sharìa diventa sinonimo di FIQH e rappresenta i precetti di interesse più strettamente giuridico. Il Fiqh riguarda tutte quelle regole che riguardano il foro esterno. (la sharìa indica tutti i precetti e le regole che riguardano sia il foro interno, quindi l'aspetto della religione e i suoi precetti, sia il foro esterno, quindi i rapporti e i diritti tra le persone; il fiqh riguarda i precetti che concernono il foro esterno, quindi essenzialmente i rapporti tra i soggetti).


FONTI DEL DIRITTI ISLAMICO (fonti principali):

    1. CORANO = il libro sacro dei mussulmani. E', come la Bibbia, "un libro rivelato", cioè si intende che quanto si trova nel Corano  è considerato come immediatamente dettato da Dio. La redazione ufficiale e definitiva del Corano è stata realizzata sotto il terzo califfato, tra il 644 e il 656. Il contenuto del Corano è molto vario, infatti si trovano precetti che riguardano i rapporti familiari, l'istituto della schiavitù, la proprietà, i contratti, ecc. Il Corano è articolato in capitoli e versetti: su 6200 versetti, solo 500 riguardano un profilo anche di interesse giuridico e solo un centinaio riguardano materie strettamente di interesse giuridico.
    2. SUNNA = costituisce l'insieme delle regole di comportamento seguite dal profeta Maometto e dalle prime personalità dell'Islam (suoi successori). Qui si è posto il problema di come individuare questo insieme di norme di comportamento e affinché possano essere ricondotte a questa fonte del diritto della Sunna occorre che queste tradizioni orali siano state trasmesse attraverso una catena di trasmettitori autorevoli.
    3. IGMA = costituisce un'opinione comune e concorde dei dottori (la communis opinio prudenziu), in quanto rappresentanti qualificati della comunità islamica. Questa fonte del diritto è stata riconosciuta sulla base di un'affermazione che si faceva risalire a Maometto in cui il profeta dice: "la mia comunità non può mai concordare su un errore", cioè quando su una determinata questione si ritrova un accordo tra i vari dottori, sicuramente la questione è risolta nel modo giusto.
    4. QIYAS = più che di una fonte, si tratta di un metodo, di un "criterio analogico". E' un criterio di risoluzione delle controversie. Attraverso questo criterio vengono applicate a determinati casi le regole del Corano, o della Sunna, o della Igma, in casi affini o analoghi, che però non sono specificamente previsti da una di queste fonti.

Abbiamo anche delle fonti secondarie che sono rappresentate dalle consuetudini del luogo e dai criteri , utilizzati soprattutto sotto il profilo dell'esegesi e dell'interpretazione e sono, il criterio del buono ed equo e il criterio dell'utilità generale.





A proposito del diritto islamico, c'è da tenere presente il RUOLO FONDAMENTALE SVOLTO DALLA DOTTRINA nell'elaborazione, nello sviluppo e nell'esegesi delle fonti del diritto. La dottrina ha svolto un ruolo molto importante e questo ruolo della dottrina si è svolto in particolare nel 700 e nell' 800 (VIII e IX secolo).

Entro il X secolo si è verificata la CHIUSURA DELLA PORTA DELLO SFORZO INTERPRETATIVO, cioè entro il X secolo si è ritenuto che la dottrina avesse adeguatamente e compiutamente interpretato le fonti del diritto e quindi non fosse più necessario svolgere alcuna attività interpretativa diretta su queste fonti. Da ora in poi ci si dovrà rifare a quello che la dottrina ha detto entro questo arco di tempo. Questo sforzo interpretativo, cioè questo lavoro di elaborazione, sviluppo ed esegesi, si è svolto all'interno di una pluralità di scuole. Tra queste scuole, quelle sopravvissute e le più importanti sono quattro:

SCUOLA HANIFITA

SCUOLA MALIKITA

SCUOLA SCIAFIITA

SCUOLA HANBALITA

Sono tutte scuole che si sono sviluppate tra il 700 e l' 800 e sono le scuole principali a cui si deve l'attività di interpretazione e definizioni delle fonti.

La scuola Hanifita è quella maggiormente rappresentativa e la sua maggiore diffusione è legata al fatto che era la scuola ufficiale dell'Impero Ottomano.



Nei paesi mussulmani il diritto islamico non è l'unica fonte del diritto e si è andati incontro ad forte processo di legislazione e di codificazione in molti paesi islamici: un processo di normativizzazione che ha comportato anche l'adozione di costituzioni, oltre che l'espansione del formante legislativo.

Le materie che sono rimaste maggiormente sotto l'influenza della sharìa, quindi del diritto islamico, sono le materie che riguardano lo statuto delle persone, quindi il diritto di famiglia (matrimonio, filiazione, rapporto tra i coniugi, successioni) e anche istituti peculiari del diritto islamico (opere pie e fondazioni).

Interessante notare anche come il legislatore si è posto rispetto ai precetti della sharìa in alcune di queste materie.

ESEMPIO, la poligamia: il corano consente di prendere in moglie fino a 4 donne (la poligamia serviva anche come strumento per assicurare protezione e mantenimento alle donne). Attualmente la poligamia è disciplinata in modo diverso nei vari paesi mussulmani e il legislatore ha adottato una interpretazione sua propria di questo precetto del Corano. Ad esempio, il legislatore tunisino ha vietato in toto la poligamia sostenendo che, siccome il corano sostiene che il marito deve trattare in modo imparziale tutte le sue mogli, egli ha proibito la poligamia in base alla presunzione che questo trattamento imparziale di fatto non si può verificare nei confronti di 4 donne diverse.


Spesso di pongono dei problemi di contemperamento tra i precetti del diritto islamico e determinate esigenze di modernizzare che i paesi islamici avvertono.

ESEMPIO: nell'ordinamento egiziano c'è una costituzione che risale al 1791 in cui l'articolo 2 prevedeva che la sharìa era una delle fonti principali del diritto. Sulla spinta dei fondamentalisti c'è stato un emendamento nel 1980 in base al quale la sharìa viene oggi considerata, nell'articolo 2, la principale fonte della legislazione egiziana.


Questa presenza del diritto islamico a livello di fonte del diritto (costituzionale) ha comportato una serie di problemi su come gestire determinati casi, soprattutto ha posto il problema di come interpretare questa nuova disposizione.

ESEMPIO: nel 1994 si è posto il problema relativo ad un decreto ministeriale in cui si vietava nelle scuole inferiori l'utilizzo del velo integrale, questo perché il governo era un governo modernista che voleva temperare certi eccessi dei comportamenti che si rifacevano ai precetti religiosi islamici.

Qui la corte suprema è stata adita perché dichiarasse l'incostituzionalità di questo decreto alla luce dell'articolo 2 della costituzione. La corte ha respinto l'eccezione di incostituzionalità in base ad un criterio di interpretazione, che fu poi fortemente criticato: ha interpretato il concetto di sharìa presente nell'articolo 2, nel senso che col termine sharìa ci si riferiva ai principi fondamentali del diritto islamico.

In sostanza, la corte si è riconosciuta un potere di interpretare i precetti della sharìa in modo autonomo, senza dare l'ultima parola alle autorità riconosciute come qualificate per l'interpretazione del testo sacro.

La corte ha ritenuto, cioè, che i giudici hanno una formazione adeguata per interpretare anche i precetti religiosi.







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