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TdR - Reparto di Recupero e Rieducazione Funzionale Azienda Ospedaliera USL 14 di Omegna (VB)
Scienza Riabilitativa, 4-1998
Sebbene il successo di una ricostruzione del legamento
crociato anteriore (LCA) dipenda in gran parte dalla riabilitazione,
rimane anc 141i83b ora insufficiente la conoscenza circa gli effetti degli esercizi
terapeutici sul legamento stesso. Questa pesante considerazione, apparsa nel
1992 su un'autorevole rivista di ortopedia, è stata recentemente ripresa in un
articolo pubblicato sull'American Journal of Sports Medicine per ribadire
l'attualità del problema.
In particolare, la conoscenza della deformazione cui è sottoposto il LCA
nell'esecuzione degli esercizi in catena cinetica chiusa (CCC) e catena
cinetica aperta (CCA) è importante per accelerare i tempi di guarigione
senza mettere a rischio il neolegamento. Ed è proprio su questo problema che il
mondo riabilitativo vede perdurare da anni una complessa diatriba: la maggior
parte degli studi apparsi in letteratura hanno concluso che gli esercizi in
CCC, tra i quali lo squat, risultano più sicuri rispetto all'esercizio di
leg-extension in CCA che al contrario stirerebbe il LCA. Tuttavia, Beynnon et
al in seguito ad un recente studio, dimostrano una sostanziale similitudine tra
i due tipi di esercizio nel mettere in tensione il LCA, rimettendo nuovamente
tutto in discussione.
CONTRAZIONE ISOLATA DEL QUADRICIPITE E CASSETTO ANTERIORE
Henning viene spesso ricordato come il primo ad aver misurato in vivo, ovvero
direttamente sul soggetto, il tensionamento del LCA durante movimenti
funzionali sia in CCC che CCA, impiantando sul legamento stesso un apposito
rilevatore. L'autore concluse consigliando di utilizzare, per il rinforzo
muscolare dopo ricostruzione chirurgica del LCA, la resistenza offerta dalla
cyclette e il mezzo squat (entrambi in CCC), sconsigliando l'esecuzione della
leg-extension fino ad un anno di distanza dall'intervento.
Nello stesso anno Nisell e poco più tardi Yasuda, evidenziarono che una
contrazione isometrica del quadricipite, eseguita in CCA con il ginocchio posto
tra l'estensione e i 60° di flessione, produceva sulla tibia una forza diretta
anteriormente in grado di mettere in tensione il LCA. Similmente Renstrom
dimostrò nel 1986 la tendenza del quadricipite, durante esercizi in CCA, a
mettere notevolmente in tensione il LCA soprattutto negli ultimi 40° di
estensione. Evidenziò inoltre che la contrazione isolata degli ischio-crurali
detendeva il LCA, soprattutto oltre i 60° di flessione e che la co-contrazione
quadricipite-ischiocrurali, tipica degli esercizi in CCC, fosse pertanto utile
per limitare il tensionamento del LCA.
Il reclutamento contemporaneo di questi due gruppi muscolari sembra invece
essere estremamente limitato durante la leg-extension, esercizio in CCA:
Draganich dimostrò che la co-contrazione quadricipite-ischiocrurali raggiunge,
durante la semplice estensione di ginocchio, solo il 20% del loro rapporto
ideale, mentre Grabiner, nello stesso anno, riportò che ad una contrazione
isometrica del muscolo quadricipite in CCA, eseguita tra i 20° e i 40° di
flessione, si accompagna solo un incremento dell'attività degli ischiocrurali
del 3%. In base a questi risultati, si concluse che gli esercizi in CCA, non
garantendo un sufficiente grado di co-contrazione quadricipite-ischiocrurali,
non tutelavano sufficientemente il LCA.
GLI STUDI SUGLI ESERCIZI IN CATENA CHIUSA
Gli studi precedentemente riportati iniziarono così a delineare l'enorme
vantaggio degli esercizi in CCC, ai quali ne seguirono numerosi altri che,
oltre a ribadire il concetto, sottolinearono viceversa la pericolosità degli
esercizi in CCA.
Nel 1990 Markolf et al. dimostrarono che la compressione sul ginocchio, dovuta al
carico assiale negli esercizi in CCC, era in grado di stabilizzare
l'articolazione limitando pertanto la sollecitazione a carico del LCA. Pope et
al. effettuarono l'anno dopo la misurazione in vivo dello stiramento del LCA
durante l'esecuzione dello squat: il LCA rimaneva deteso tra i 10°-100° di
flessione nonostante le elevate sollecitazioni anteriorizzanti. La deformazione
conseguente alla tensione del LCA apparì inoltre paradossalmente minore quando
lo squat veniva eseguito contro una resistenza di media entità. Gli autori
conclusero che le forze compressive in questo specifico esercizio in CCC,
determinando un aumento della rigidità articolare, fossero in grado di
contrastare le forze anteriorizzanti la tibia.
Lutz et al. nello stesso anno calcolarono che, durante uno squat eseguito tra i
30° e i 90° di flessione, si produce alla tibia una forza diretta
posteriormente in grado di detendere il LCA, mentre una contrazione isometrica
del quadricipite in leg-extension produce una forza anteriorizzante la tibia
quanto più il ginocchio si avvicina all'estensione. Gli autori conclusero che
nei pazienti operati di LCA l'esecuzione di esercizi in CCC era da preferire
per evitare lo stiramento del neolegamento.
Yack nel 1993 e Lysholm nel 1995 misurarono il cassetto anteriore durante
l'esecuzione dei due stessi esercizi, giungendo alle stesse conclusioni, mentre
Beynnon riconfermò nello stesso anno la capacità dell'esercizio di
leg-extension di deformare sensibilmente il LCA.
Tra i chirurghi e i terapisti è divenuta così opinione diffusa quella di
evitare, almeno durante le prime fasi della rieducazione, gli esercizi in CCA
poiché potenzialmente pericolosi per il neolegamento e fonte di elevate
sollecitazioni femoro-rotulee. Al contrario, gli esercizi in CCC, che prevedono
la co-contrazione quadricipite-ischiocrurali e la presenza di una forza
compressiva sul ginocchio dovuta al peso del soggetto e alle componenti
longitudinali delle forze muscolari, tutelerebbero il LCA.
RECENTI ACQUISIZIONI
Nel 1993 More, con uno studio in vitro in cui venivano utilizzate ginocchia
prelevate da cadaveri e adattate a sistemi meccanici, confutò le precedenti
teorie, dimostrando che il picco della deformazione sopportata dal LCA durante
l'esecuzione dello squat era simile a quello raggiunto durante un'estensione di
ginocchio eseguita in CCA.
Beynnon et al. in un recentissimo studio, questa volta in vivo, giungono a
conclusioni simili a quelle di More. Ad otto volontari sani è stato introdotto
per via artroscopica un rilevatore di tensione sulla porzione antero-mediale
del LCA, mentre un elettrogoniometro applicato estemamente al ginocchio ne
misurava la rotazione. I soggetti hanno eseguito una serie di flesso estensioni
di ginocchio in posizione seduta (leg-extension), alcuni piegamenti sulle
ginocchia in stazione eretta sia a carico naturale che contro una resistenza
elastica (squat). I risultati hanno evidenziato l'assenza di differenze
significative tra le medie dei picchi della deformazione del LCA durante
l'esecuzione della leg-extension, dello squat a carico naturale e con
l'elastico. Gli autori, pur evidenziando che i risultati del loro studio non
possono essere generalizzati a tutti i tipi di esercizi, mettono in discussione
l'assunto per cui gli esercizi in CCC siano più sicuri per il LCA e discutono
alcuni fenomeni biomeccanici che potrebbero aver condizionato i risultati:
a) Se si accetta la spiegazione per cui il peso del corpo, ovvero la
compressione che grava sul ginocchio, sia responsabile durante l'esecuzione
dello squat di diminuire la deformazione del LCA, ci si dovrebbero aspettare
valori di deformazione minori nello squat normale rispetto alla leg-extension,
ed allo stesso modo tra squat normale e con l'elastico. Così non è stato, e ciò
suggerisce agli autori altre spiegazioni per il fenomeno.
b) Gli squat cosi eseguiti, ovvero senza flessione del tronco,
potrebbero aver richiesto solo una minima contrazione degli ischiocrurali, a
favore di un'azione più importante degli estensori del ginocchio rendendo
questo esercizio, in termini di co-contrazione, simile alla leg-extension.
c) Le rotazioni assiali della tibia, la cui relazione con la
deformazione del LCA è ancora poco chiara, avvenendo sia durante la
leg-extension sia nell'esecuzione degli squat, potrebbero aver influito
nell'eguagliare i valori di deformazione del legamento.
Beynnon et al. concludono dichiarando che, nonostante lo studio abbia
interessato una sola porzione del LCA, l'esercizio di leg-extension a carico
naturale, lo squat normale e lo squat con elastico pongono il LCA ad un uguale,
anche se modesto, rischio di deformazione o di lesione del legamento.
Nonostante ciò, gli autori, consapevoli di non conoscere ancora la relazione
temporale tra deformazione tollerata dal LCA e processo di guarigione del legamento,
non sono in grado di stabilire quando, e con quali carichi, tali esercizi si
possano ritenere veramente sicuri.
CONCLUSIONI
Beynnon et al. hanno quindi rimesso in discussione la ormai consolidata idea
per cui gli esercizi in CCC siano più sicuri per il LCA rispetto a quelli in
CCA. Lo studio di questi autori risulta molto attendibile poichè, rispetto a
tutti quelli precedentemente condotti, è stato eseguito misurando direttamente
la distensione del legamento su soggetti viventi mentre eseguivano gli
esercizi. Tuttavia, le discrepanze tra i lavori a favore e contro la CCA
debbono essere interpretate considerando il fatto che lo studio delle funzioni
motorie comporta numerose variabili, spesso non tutte controllabili. Nel caso
specifico si pensi alla posizione del tronco dei soggetti durante lo squat, il
carico sollevato durante la leg-extension, le differenze soggettive, tutti
aspetti che possono sensibilmente influire sui risultati.
Nell'attesa di nuovi studi che chiarifichino gli effetti dei vari esercizi sul
LCA, l'impiego di esercizi in CCC è comunque vantaggioso poichè simula il gesto
di numerose attività funzionali dell'arto inferiore.
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