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ARTE E TECNICA DEL SILENZIO

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ARTE E TECNICA DEL SILENZIO

ARTE E TECNICA DEL SILENZIO



Parlare del silenzio potrebbe sembrare una contraddizione, o almeno un paradosso, ma in realtà non è così. Come avviene per molte paia di opposti, i due poli non sono nemici, non si escludono a vicenda; entrambi sono necessari. Il problema non consiste nell'eliminare uno di essi, ma nella saggia regolazione di entrambi; questo è un aspetto, un'applicazione importante della Legge dei Retti Rapporti.

Cominciamo quindi a parlare del nostro tema dal punto di vista dei rapporti fra silenzio da un lato e la parola e il suono dall'altro. Questo che vi espongo non è violare il silenzio, ma semplicemente un'umile guida all'entrata del Tempio del Silenzio.

Al silenzio segue poi il suono; ma o-ni suono o parola creativa dovrebbero provenire dal silenzio.



Il primo genere di detti rapporti fra silenzio e parola è quello delle loro giuste proporzioni; non occorre che mi dilunghi a indicare l'enorme sproporzione che esiste attualmente tra silenzio e suono.

La nostra civiltà è stata chiamata giustamente la civiltà del rumore; ogni genere di rumori ci assilla in quelle che l'Istruttore Tibetano ha giustamente chiamato le « giungle dell'Occidente ». Il continuo frastuono è stato dimostrato essere dannoso anche alla salute fisica; ma il peggio è che l'umanità attuale, e soprattutto i giovani, si abituano al rumore, anzi lo desiderano, tanto che lo creano quando non c'è, ad esempio tenendo la radio a pieno suono, finché essi divengono incapaci di sopportare il silenzio.

Questo riguarda il rumore ed 727i88h i suoni dall'estemo; ma la situazione non è migliore riguardo ai rumori ed ai suoni che vengono dal nostro interno, il che significa soprattutto: parlare a vanvera. Se ci fossero strumenti per misurare la somma di energie sprecate in parole vane e anche dannose, ne saremmo veramente colpiti; ma non occorre grande immaginazione o un contatore speciale per rendersene conto. L'abitudine di parlare troppo e male è stata incoraggiata da quello che può essere chiamato il culto moderno dell'espressione, il diritto dell'autoespressione. Questa è stata una reazione all'eccessiva repressione dell'Ottocento, ma, come tutte le reazioni, è andata all'altro estremo e vi è in realtà un bisogno urgente di limitare l'attuale eccessivo, sregolato « espressionismo ».

Anche qui la soluzione consiste in una giusta regolazione, ciò che significa semplicemente: pensare prima di parlare, considerare se quello che stiamo per dire ha qualche valore o serve a qualcosa. L'Istruttore sopra nominato ha detto: «L'umanità nel suo insieme ha bisogno del silenzio ora come mai prima, ha bisogno di riflettere e di percepire il Ritmo Universale ». (Psicologia Esoterica, 11, p. 44).

Questo bisogno è particolarmente grande e urgente per gli aspiranti e per i discepoli spirituali, e questo ci porta a considerare un altro genere di silenzio, più sottile ma non meno vitale e necessario, cioè il silenzio interno.

Silenzio non significa soltanto astenersi dal parlare; quando le tempeste delle nostre emozioni tumultuano in noi, quando la nostra mente discorre continuamente con se stessa, non vi è vero silenzio; perciò l'Istruttore ha ammonito: « Dico a tutti gli aspiranti che si allenano per il discepolato: imparate il silenzio esoterico che produce potenza interna e silenzio esterno, parlate meno e amate di più ». (Discepolato nella Nuova Era, Il, 237). « Essenzia/ venite il silenzio non è soltanto l'astenersi dal parlare; il silenzio richiesto in ii Ashrai è l'astenersi da certe linee di pensiero, l'eliminazione delle fantasticherie e dell'uso non sano dell'immaginazione creativa». (I Raggi e le Iniziazioni).

Il silenzio interno è di varii generi e si potrebbe dire che ogni piano ha il proprio silenzio. Tutti conosciamo il meraviglioso silenzio della natura, sia in un meriggio d'estate, sia soprattutto durante la notte il silenzio di fronte ad un cielo stellato. Vi è poi il silenzio delle emozioni, dei desideri, delle paure, dell'immaginazione: quello che in senso positivo è: pace e serenità. Il silenzio nel livello mentale che consiste nel tener ferma e calma la sostanza, mentale (chiamata dagli iridiani chitta), il fermare l'attività della mente. Di questo trattano di Yoga Stitras di Pantanjali, che contengono, specialmente nel primo libro ottimi insegnamenti al riguardo. (Un'edizione italiana, con ampi commenti di Alice A. Bailey, è stata pubblicata col titolo: La Luce dell'Anima).

Vi è anche un silenzio della volontà, cioè della volontà personale, che significa la dedizione di questa volontà e la sua unificazione con la Volontà Spirituale. La forma più alta del silenzio è quella conseguita e mantenuta nella contemplazione. Sulla via religiosa o mistica è chiamata « l'orazione di quiete »; ma anche dal punto di vista esoterico la contemplazione è la forma più alta di silenzio, che richiede ed include tutte le altre.

Un aspetto del silenzio che non è generalmente preso in considerazione è la letizia. E' stata data un'interessante definizione della letizia: « il silenzio che risuona », ed è stato detto che è una caratteristica del nuovo servitore Spirituale. Un altro fatto ancor meno riconosciuto è che il silenzio è un'Entità; vi è uno Spirito del Silenzio, nello stesso senso in cui vi è uno Spirito dell'Amore, uno Spirito della Luce, uno Spirito della Bellezza. Alla nostra mente materialistica questo sembra strano, difficile a concepire, eppure tutti gli attributi e le qualità di Dio sono Esseri, sono i Suoi Angeli, i Suoi Messaggeri, sono Forze coscienti e viventi. Nella Dottrina Segreta E.P. Blavatsky dice chiaramente che tutto è vivente nell'Universo; e del resto anche nelle varie religioni i fedeli senza rendersene conto si rivolgono agli Angeli, agli Spiriti o Esseri Superiori. Le nostre Anime, chiamate esotericamente « Angeli Solari », sono Esseri Viventi e operanti in piani superiori ove le qualità, o note dello Spirito, esistono quali Esseri Viventi. Il riconoscerlo ci dà un senso meraviglioso della Vita Universale che è Una e Molteplice, manifestata in miriadi di Entità gerarchicamente ordinate.

Vi è un particolare beneficio nel pensare al Silenzio come ad una Entità, perché ci aiuta a comprendere la Sua Natura positiva ed attiva e a non considerarlo, come si fa di solito, semplice assenza di suono o di parola. Il silenzio è un'energia Spirituale positiva e, se lo ammettiamo, possiamo venire aiutati a praticarlo invocando lo Spirito del Silenzio, entrando in comunione con Lui, e così divenire recettivi a Lui e alle « impressioni » che ci vengono quando siamo, metaforicamente « avvolti nelle Sue ali ». Vi è uno stretto rapporto tra il silenzio e la reazione telepatica dall'alto; è stato detto che la Scienza della Recettività, dal punto di vista esoterico, è basata su vari tipi di silenzio.

Dirò ora qualcosa sulla pratica, sulla tecnica di quest'arte del silenzio. Come per sviluppare ogni altra qualità spirituale, una prima facile ed utile preparazione è il mettersi in quella « atmosfera » leggendo qualcosa sul tema. Fra gli scritti adatti a tale scopo citerò il bel saggio di M. Maeterlink sul silenzio nel vol. Le tresor des humbles. La celebrazione del silenzio di Th. Carlyle contenuta nel suo libro On Heroes. I Quaccheri hanno pubblicato numerosi scritti sul silenzio poiché essi basano la loro vita religiosa su riunioni di silenzio (vedi, fra altri: C.H. Hepher (ed.) The Fellowship of Silence, London, Macmillan, 1915; L.V. Hodkin, Silent Worship, London, Swarthmore, 1919; G. Hoyland, The Use of Silence, Wallingford, Pendle Hill, 1961.

Inoltre può essere di stimolo e di monito l'esempio di coloro che hanno praticato il silenzio in modo particolare: fra i moderni vi è Aurobindo, il quale per parecchi anni è stato in silenzio per 360 giorni ogni anno e in tali periodi scriveva molto ma taceva; un esempio meno estremo è quello di Gandhi che una volta alla settimana, ogni lunedì, osservava 24 ore di silenzio.

,Dopo questa preparazione dobbiamo « fare silenzio » dentro di noi; e questo si può ottenere mediante i variì stadi della meditazione: anzitutto raccoglimento « dalla periferia al centro »; poi elevazione del centro di coscienza mediante l'aspirazione del sentimento e la direzione dell'interesse della mente verso l'Anima, ed in generale verso il mondo dello Spirito e della Realtà.

E' importante traversare rapidamente, per così dire, il livello emotivo e immaginativo per non disperdersi nelle impressioni psichiche che possono venire quando ci soffermiamo in esso. La coscienza deve essere tenuta ad un alto punto di tensione interna. Questa tensione, che è una consapevolezza vigile, una « presenza » Spirituale a noi stessi, è il vero segreto, la condizione essenziale per ogni conquista Spirituale. Essa può essere considerata una combinazione dell'Intenzione e dell'Attenzione. L'Intenzione è quella che ci sospinge a penetrare a livelli più alti di coscienza; l'Attenzione è la « polarizzazione » della coscienza, e il mantenerla fissa al livello raggiunto (1).

Questa tensione è seguita dal silenzio, un silenzio vivente, che crea le condizioni necessarie per ogni rivelazione, e soprattutto per la rivelazione dell'Anima. L'Istruttore Tibetano consiglia: « Riflettete, visualizzando un vivido giallo dorato, sul vero significato, sul valore e sui benefici del Silenzio » (Discepolato nella Nuova Era, I, p. 42 1 ).

Tutto quanto è stato detto fin qui riguarda il silenzio individuale, ma può e dovrebbe essere applicato anche al silenzio in Gruppo e di Gruppo. Le riunioni di Gruppo facilitano la pratica del silenzio, non solo per l'occasione, la necessità di stare in silenzio, ma anche perché si crea, insensibilmente ma realmente, una comunione fra un gruppo di persone o anche fra due persone che stiano insieme in silenzio. Nei Fioretti di San Francesco c'è un anedotto che mostra bene come i francescani conoscessero il valore del silenzio.

« Poco dopo la morte di San Francesco, San Luigi Re di Francia andò, travestito, da Fratello Egidio nel suo convento a Perugia; ma era stato rivelato al Fratello che il pellegrino era in realtà il Re di Francia, perciò egli lasciò in fretta la sua cella e andò ad incontrarlo al cancello senza porgli alcuna domanda. Essi si inginocchiarono e si abbracciarono con grande reverenza e segni di affetto come se già esistesse una lunga amicizia fra essi, per quanto non si fossero mai incontrati prima.

Nessuno di essi disse una parola e dopo essere rimasti abbracciati per qualche tempo si lasciarono in silenzio; poi quando gli altri Fratelli appresero chi era l'umile pellegrino, rimprovera-



(1)La tensione spirituale è diversa dalla tensione personale; sono anzi due condizioni opposte. La seconda ostacola la prima, mentre la tensione spirituale può meglio venire attuata e mantenuta in uno stato di rilasciamento fisico e di calma emotiva e mentale.


rono aspramente Fratello Egidio per il suo silenzio. - Egli rispose: - Cari Fratelli non siate sorpresi a ciò se io non ho detto una parola a Lui ne Lui a me, perché quando ci siamo abbracciati ci siamo visti l'uno nel cuore dell'altro è molto di più che se avessimo spiegalo a parole ciò che abbiamo sperimentato nelle nostre anime. La lingua dell'uomo rivela così imperfettamente i segreti misteri di Dio che le parole sarebbero state per noi più un ostacolo che un conforto ».

Gli effetti del silenzio sulla nostra personalità sono il ricaricamento di energia, il ritemprante e vero processo di rigenerazione di tutti i veicoli personali. L'effetto del silenzio in Gruppo è inoltre l'armonizzazione: quando in un gruppo ci sono contrasti o dissensi o semplici diversità d'opinioni su qualche decisione da prendere, su qualche attività da svolgere, il miglior modo è di fare un silenzio, un raccoglimento insieme, (questo naturalmente presuppone che tutti conoscano ed apprezzino l'arte del silenzio); dopo un periodo di silenzio insieme è molto più facile intendersi, poiché allora si considera il problema dall'alto, impersonalmente; si sono messe a tacere le personalità separative e ci si è riuniti - parlando simbolicamente - nel Tempo del Silenzio e qui ognuno, avvicinandosi alla propria Anima unita alle Anime degli altri, vede i punti di accordo, di contatto, d'intesa.

Ma i buoni effetti del silenzio non si limitano a questo, con la pratica del silenzio a poco a poco si sviluppa quella che è stata chiamata « la duplice vita del discepolo », cioè la capacità di mantenere Lina « zona di silenzio » durante la vita quotidiana, in mezzo ai rumori ed al tumulto: « Il silenzio del centro mantenuto nel rumore di tutto il mondo». Anche a questo riguardo vi è un esempio incoraggiante, quello di Frate Lorenzo della Resurrezione, il quale era capace di mantenere il senso della presenza di Dio mentre era affaccendato in urla rumorosa cucina.

Un altro buon risultato della pratica del silenzio è quello di imparare ad agire in silenzio, senza chiasso o rumore.

Nel metodo educativo di Maria Montessori viene usato un esercizio per allenare i bambini a muoversi ordinatamente in attento silenzio; essi lo fanno volentieri e imparano così l'autodominio.

Un altro vantaggio del mantenere una zona di silenzio di disidentificazione, di raccoglimento, pur dando la parte necessaria e sufficiente di attenzione e di energia (ma non più) alle attività che svolgiamo, è quella di poter prestare ascolto e riconoscere intuizioni, messaggi, spinte interne che molte volte vengono più facilmente quando pensiamo ad altro o siamo attivi esternamente, che nei momenti di raccoglimento.





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