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Poincaré Henri (1854 - 1912) - Croce Benedetto (1866 - 1952)

filosofia



Poincaré Henri (1854 - 1912)

Secondo Poincaré il compito principale della scienza non è quello di informarci sulla natura delle cose, ma sui rapporti, sulle relazioni tra oggetti; le leggi fisiche rappresentano appunto le relazioni esistenti tra oggetti e solo in queste relazioni consiste l'oggettività della scienza.

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Croce Benedetto (1866 - 1952)

Verso la fine dell'800 si ricomincia a studiare Hegel nella scuola di Napoli. Tra i maggiori esponenti del neo hegelismo, possiamo ricordare Augusto Vera e Spaventa zio di Croce.

Croce nasce nel 1866 ma ben presto a causa di un incidente rimase orfano. Così in età ancora adolescenziale, fu accolto in casa dallo zio Spaventa. Ciò gli permise di entrare a contatto con personalità molto importanti e di conoscere pienamente il pensiero hegeliano.

Egli non fece mai parte della vita accademica; fu grande amico di Gentile, almeno fino a quando dopo l'avvento del fascismo, questo decise di sostenere il governo autoritario mentre Croce si schierò all'opposizione.

Le opere scritte da Croce, sono tantissime, tra le più importanti ricordiamo: "La storia come pensiero e azione", "Teoria e storia della storiografia".



L'enorme eredità lasciatogli dalla famiglia gli permise, senza altre distrazioni, di dedicarsi agli studi.

Croce arriva ad Hegel attraverso lo studio dell'economia di Marx e della struttura dialettica. Di Hegel egli accetta l'interpretazione della realtà come movimento dello spirito però non accetta che l'attività di quest'ultimo sia solo dialettica. Secondo lui infatti, l'attività dello spirito sarebbe regolata da categorie fondamentali legate insieme da un rapporto di "distinzione".

· Attività teoretica

o Del Particolare (intuizione) "estetico"

o Dell'Universale (vero) "logica"

SPIRITO

· Attività pratica

o Volizione del particolare (utile) "economia"

o Universale "etica"

Secondo Croce le categorie fondamentali dello spirito sono quattro: due appartenenti all'attività teoretica e due invece all'attività pratica. La storia è attività teoretica e pratica. Il movimento dello spirito quindi è storia ed è circolare.

Fra le due categorie appartenenti all'attività teoretica, la prima, ossia l'estetica, denota la forma dello Spirito rivolta alla visione. L'opera d'arte è libera, è manifestazione dello spirito umano. Tutti siamo poeti, tutti possiamo creare, però non tutti siamo artisti, in quanto l'artista è colu 616f57g i che riesce ad avere un'intuizione "lirica" che riesce ad esprimere i sentimenti dell'artista, trasfigurandoli e purificandoli da ogni contenuto passionale. Ciò non vuol dire che,non rappresenta la realtà con tutti i suoi aspetti contrastanti, ma che riesce a ricomporli in una forma più armoniosa. Quindi l'opera d'arte è un tutt'uno tra intuizione ed espressione; è sintesi a priori.

La logica, denota invece la forma riflessiva, razionale e dà luogo alla filosofia. Per Croce la filosofia però ci insegna dei concetti che in effetti sono dei "pseudoconcetti". Il vero concetto è l'universale cioè lo spirito e quindi l'arte.

L'economia dà luogo alla ricerca "dell'utile". Nell'utile ci rientra lo Stato in quanto questo nasce solo per utilità (come sosteneva Machiavelli) e non per etica (come invece affermava Hegel).

I vari movimenti fino al bene appartengono alla storia. Per "storicismo" si intende una interpretazione della filosofia che voglia cogliere i valori. Quello di Croce possiamo chiamarlo storicismo assoluto; infatti per lui tutto il movimento dello spirito è "storia".

Tutta la storia è contemporanea in quanto viene studiata sempre secondo la mentalità contemporanea. La storia non fa mai morale, non è mai giustiziera, ma tutto comprende. Davanti al tribunale della storia tutto è giustificato. Quando studiamo avvenimenti della storia non possiamo fare giudizi; nella storia non si possono mai mettere "se".

"Ritengo che liberale sia la stessa vita umana", egli ritiene che ci deve essere sempre rispetto delle libertà umane infatti è proprio della natura umana rispettare gli altri e le proprie libertà.

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La Scuola di Francoforte

Nel 1922 un gruppo i intellettuali di orientamento marxista fondò a Francoforte "l'Istituto per la Ricerca Sociale". Esso fu diretto dall'economista Kurt Gerlach, a cui successe nel 1924 il professore si scienze politiche Karl Grunberg, fondatore dell'"Archivio per la storia del socialismo e del movimento operaio". Un impulso nuovo all'Istituto fu impresso da Max Horkheimer quando nel 1930 fu nominato direttore. Nella "Rivista per la ricerca sociale" da lui fondata, venne elaborata la "teoria critica della società" che si apprestò a fornire delle acute analisi della società contemporanea.

Dopo l'avvento del nazismo, il gruppo si trasferì a Ginevra e poi a Parigi, stabilendosi infine negli Stati Uniti. Nel 1950 Horkheimer ritornò in Germania ridando vita all'Istituto.

I contributi sociologici collettivi più significativi sono stati gli "studi sull'autorità e la famiglia" e quelli su "La personalità autoritaria". Fecero parte dell'Istituto pure Franz Neuman e Herbert Marcuse.

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Marcuse Herbert (1898 - 1979)

Il pensiero di Marcuse ha ottenuto un largo consenso, specie da parte dei giovani durante la fine degli anni sessanta. Le sue opere fondamentali sono: "Eros e civiltà" e soprattutto "l'Uomo ad una dimensione".

In essa Marcuse sostiene tre tesi:

- La società contemporanea reprime i desideri e la creatività dell'uomo;

- Tale società è andata via via integrando tutti i ceti sociali e pertanto nega l'autonomia e la libertà individuale;

- Esistono determinate forze sociali in grado di condurre un processo di liberazione sociale.

Secondo Marcuse tale repressione è legata allo sviluppo dell'odierna società "opulenta". L'inconscio è il luogo ove si trovano le tracce delle nostre fantasie e dei nostri desideri repressi, e l'arte è la forma di comunicazione che dà voce a queste esigenze di libertà.

L'eros è creatività non repressa né utilizzata a fini di dominio ma di espansione della libertà umana, e la filosofia ha un compito eminentemente critico, cioè quello di indicare gli ostacoli da superare per raggiungere la liberazione umana.

Nella seconda opera citata, egli sostiene che il controllo esercitato dalla società è oggi così elevato che l'uomo si può definire a una sola dimensione: quella si supina accettazione del potere, essendogli stata sottratta la facoltà di decidere autonomamente.

Di fronte a questa situazione, l'unica possibilità di liberazione è affidata a quei gruppi sociali emarginati: ceti e uomini del tutto estranei a questa società pertanto disposti a opporvi un "rifiuto totale".

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Bergson Henri (1859 - 1941)

Bergson è universalmente considerato il maggiore filosofo francese della prima metà dal XX secolo. Egli rappresenta il punto conclusivo del movimento spiritualista francese. Caratteristica fondamentale di questa corrente è la critica al positivismo per mettere in luce i tratti dello spirito umano. Il Positivismo si è interessato dello spirito come qualcosa di scientifico da poter analizzare ed è per questo che sono nate le varie scienze umane.

Ma lo spirito vuole essere libero, non vincolato da regole fisse.

Lo spirito ha come caratteristica l'asculatazione interiore cioè la riflessione interiore: riguarda il nostro stare con noi stessi. Lo Spiritualismo vuole mettere in luce questa riflessione interiore non soggetta a leggi universali. Esso prende spunto da filosofi quali S. Agostino e Cartesio i quali hanno basato la loro filosofia sulla riflessione interiore.

Punto fondamentale di questo movimento è la superiorità dell'infinito rispetto al finito. Per Bergson essenza della vita, dell'universo e della realtà è lo slancio vitale (cioè l'eros di Platone), un'energia che dà la vita; Leibniz avrebbe parlato di monadi.

Il mondo però resta mistero: si avverte nei rapporti con questo, uno slancio vitale per cui il dinamismo del mondo non è l'evoluzione tipica del Positivismo ma un evoluzione creatrice.

(Evoluzione è un termine tipico di un interpretazione materialista della vita, mentre, evoluzione creatrice sembra quasi l'accostamento di due termini antitetici a cui Bergson da un'interpretazione mistica).

Per Bergson l'uomo conosce attraverso due facoltà: l'istinto e l'intelletto. Qualsiasi espressione dello slancio vitale come evoluzione creatrice si presenta sempre con due biforcazioni che lui chiama istinto (parte materiale) e intelligenza (parte spirituale).

L'aspetto dell'intelligenza si presenta per Spinosa come memoria, come ricordo. Bergson si sofferma molto sul ricordo che può essere puro o immagine.

L'istinto si presenta più come percezione per sottolineare il nostro aspetto legato alla sensibilità. Quest'attività dell'uomo avviene nelle nostra coscienza, dato essenziale dell'uomo, dato fondamentale.

La coscienza deve essere vista come fluire continuo in cui le immagini, i ricordi, l'istinto, appartengono alla coscienza che lui chiama durata reale (tempo della coscienza).

Il tempo non esiste di per sé ma come tempo della coscienza, e lo spazio non è che il tempo spazializzato cioè un insieme di istanti messi vicini. Tempo e spazio non sono altro che l'essere della coscienza. S. Agostino diceva che il tempo è la distensione dell'anima. Il tempo non è oggettivo ma assolutamente soggettivo.

Il momento finale in cui tutti e due gli aspetti si risolvono in un tutt'uno, è il momento dell'intuizione (aspetto del Decadentismo, non consente di conoscere ma rappresenta il tener presente tutta la persona).

Intuere vuol dire comprendere se stessi immersi nella realtà. Questo si ritrova nelle "Due sorgenti della morale". Bergson ci presenta due tipi di morale: la morale aperta e quella chiusa.

La morale chiusa è quella basata su leggi e norme tradizionali seguite pedessiquamente.

La morale aperta è basata sull'evoluzione creatrice; è una morale che si mette in discussione, è critica (rivoluzionaria).

Alle due morali corrispondono due tipi di religione:

La religione chiusa cioè quella del cerimoniale, del rito (la religione riesce ad incantare).

La religione aperta cioè quella dei grani mistici, di S, Francesco, di Santa Caterina, di S. Teresa, dei personaggi che sono stati eroi della religione e che hanno avuto una forza evolutiva, rivoluzionaria.

I grandi santi rappresentano la morale aperta perché vanno avanti.

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Husserl Edmund Edmund Husserl nasce in Moravia e precisamente a Friburgo nel 1859 (morirà nel 1938). I suoi interessi iniziali sono matematici, comincia i suoi studi con Frege, uno dei più grandi matematici del '900. Nel 1891 pubblicò anche un compendio matematico: "Filosofia dell'aritmetica".

Dallo studio dell'analisi matematica Husserl elabora la sua analisi della realtà che chiama Fenomenologia.

Mentre per Hegel il termine fenomenologia aveva significato tracciare il cammino della coscienza, per Husserl e Brentano significherà proprio lo studio della coscienza. Quindi punto chiave della filosofia di Husserl sarà la coscienza.

Per lo spiritualismo la coscienza era una sostanza, un ente ma Husserl si vorrà differenziare anche in questo prendendo le distanze da Cartesio.

Husserl dice che la coscienza non è un essenza, un ente, ma è attività (erlebniz = fluire incessante; un continuo avere coscienza).

La coscienza però è pure intenzionalità (dal termine della scolastica "intentio" che significa dirigersi verso; avere coscienza di). Noi parliamo di coscienza solo perché abbiamo coscienza di qualche cosa. Ma di che cosa? Husserl dice che la coscienza è sempre coscienza di noesis e noema [noesis = soggetto che conosce (il sogg. ricorda); noema = oggetto conosciuto (noema è il ricordato)]. Da ciò deriva che la coscienza è sempre una coscienza soggettiva (protagonista sarà sempre il soggetto).

Per Husserl la filosofia è:

- TEORETICA

- EDETICA

- NON OGGETTIVA

- Teoretica in quanto è una filosofia di riflessione, di contemplazione perché riguarda sempre il soggetto conoscente.

- Edetica poiché la filosofia si occupa delle essenze. La filosofia non ha un rapporto con la realtà come essa è, ma come alla coscienza appare. Ogni coscienza ha una percezione Analogica = non è la realtà vera e propria che vede (quella oggettiva), ma è la propria realtà (quella soggettiva).

In questo modo la coscienza si organizza le cosi dette Analogie regionali = delimitare la conoscenza a ciò che ci pare, noi ci facciamo degli schemi (appare qui una ripresa di Liebniz).

Husserl, nei rapporti con le altre persone, dice che si può avere solo Empatia cioè delle corrispondenze: noi giudichiamo l'altro con la nostra coscienza, attraverso ciò che corrisponde in noi, cioè attraverso ciò che io nell'altro voglio vedere.

- Non oggettiva, in quanto la filosofia sarà sempre più soggettiva. Per questo lui scrive "Le crisi delle coscienze europee" in cui lui vuole vedere la crisi delle scienze. Husserl prende le masse da Spengler con il suo libro "Il tramonto dell'occidente" e da Nietzsche che già aveva parlato di crisi delle coscienze e delle certezze.

Il '900, in effetti, presenta una crisi un po' generale, si ci ritrova in un mondo in decadenza, di tenebre, dove i valori tradizionali perdono tutta la loro importanza.

"Il sonno della ragione genera mostri" aveva detto Gramsci. E' quindi il periodo della crisi della coscienza della scienza. Per Husserl questa crisi è dovuta al fatto che si è dato troppo valore alla Natura. Le varie scienze non hanno avuto altro oggetto che la natura. Ma l'oggetto della ricerca di ognuno di noi deve essere la coscienza.

Non esiste una realtà oggettiva per tutti, ma la natura è solo ciò che noi vogliamo vedere in essa.

Quindi la scienza si deve occupare solo della coscienza perché tutta la realtà è in essa.

Il suo riferimento è quindi l'ascultazione interiore. Quello che lui sta smantellando è la rappresentazione reale. Potremmo parlare quindi pure di soggettivismo Husserliano.

La filosofia di Husserl si presenta come Apofantica: la coscienza è solo la manifestazione dell'essere. Solo la coscienza può rivelare l'essere: essere è solo ciò che è per la coscienza: ognuno quindi ha una sua interpretazione della realtà.

Riguardo al momento della maturità, Husserl riprenderà il termine Epochè, ma mentre inizialmente questo termine indicava una totale sospensione dei giudizi, lui lo interpreterà come il mettere tra parentesi: per Husserl quindi il mondo della natura sarà tra parentesi (cioè sarà messo in secondo piano, come qualcosa di meno importante).

Husserl fa riferimento anche a Kant; per Kant il soggetto conosceva apriori e la conoscenza era sintesi apriori. Husserl invece per la sua concezione di conoscenza userà il termine trascendentale.

Per lui base e condizione per fare conoscenza non è basarsi sulla realtà. Infatti la sua filosofia non si basa sulla realtà oggettiva ma sulla realtà soggettiva di ogni singola coscienza: siamo noi a dare le leggi alla realtà.

L'esistenzialismo prenderà spunto da Husserl ma vedrà la coscienza soprattutto come angoscia. Husserl non farà parte di nessun gruppo, la sua filosofia rimarrà isolata, chiusa.

Edet Starlen, israelita, una sua alunna, dallo studio della coscienza arriverà a San Tommaso e quindi alla religione cattolica, diventando pure suora carmelitana.

Lo stesso faranno altri suoi alunni: faranno un salto arrivando alla religione cattolica. Ad Husserl però non interessa la religione. La coscienza è solo il nostro essere presente nella realtà. Quindi Husserl ha dato della coscienza un'interpretazione personale.

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Martin Heidegger

Martin Heidegger (1889-1976) è il massimo rappresentante dell'esistenzialismo europeo. Professore universitario ha legato la sua vita al nazismo.

Un giorno, mentre scartabellava nella biblioteca dell'università, trova delle opere interessantissime di Kierkegaard. E' infatti a Heidegger che si deve la riscoperta di Kierkegaard e del suo pensiero filosofico.

Per Heidegger questa scoperta fu fondamentale perché secondo lui, Kierkegaard è riuscito a capire l'uomo nella sua categoria fondamentale: la possibilità; infatti la vita dell'uomo è caratterizzata dall'angoscia (sentirsi abbandonati nel mondo). Questo aspetto sarà la caratteristica fondamentale dell'esistenzialismo.

Questa corrente si basa sull'analisi dell'esistenza umana. Quindi l'esistenzialismo è quella corrente che ha come oggetto l'esistenza, sullo studio di questa, incidono il pensiero di Husserl, Kierkegaard, Nietzsche (per l'interpretazione della vita come irrazionalità), Pascal (che parla dell'uomo visto come canna al vento), ma anche scrittori come Dostoieski e Kafka.

I caratteri principali dell'estetismo sono: interpretare l'esistenza umana come "abbandonata nel mondo" e vedere la ragione nell'interpretazione "apofantica" di Husserl.

Questo movimento si sviluppa nel periodo compreso tra le due guerre; in Italia come rappresentanti avremo Abbagnano ed Enzo Paci.

Le opere fondamentali per Heidegger sono "Essere e tempo" e "Cos'è la metafisica".

Prima fase del suo pensiero

Egli affermava che l'"Essere" per ciascuno di noi è sempre un "Esserci" = Dasein (non esistere il mio essere ma un essere nel mondo).

Noi possiamo essere in due modi nel mondo:

- Con angoscia "vita autentica" essere abbandonati nel mondo, non avere alcuna certezza, vita abbandonata nell'indeterminato.

- Con cura "vita inautentica" ci prendiamo "cura" di qualsiasi cura per non pensare all'angoscia; ci creiamo tanti pensieri. Però questa è una vita inautentica perché non ci riporta al nostro vero essere. Caratteristica di questa vita inautentica è la "chiacchiereta" = vuoto (parlare a uoto, parlare di niente, di cose vuote).

La vita autentica invece ci dovrebbe fare capire la nostra vera condizione, che è quella di esseri abbandonati nel mondo.L'angoscia è modalità di presenza nel nulla, comporta il delineare la nostra esistenza che è "vivere per la morte": la morte è l'unica nostra vera certezza; "Noi camminiamo, ma dove conducono i nostri passi? Da nessuna parte, solo verso la morte".

Se ci divertiamo, se lavoriamo, se facciamo qualsiasi cosa, allora stiamo conducendo una vita non autentica perché ci discosta dal nostra vero essere che è la morte.

Però, si può passare tutta la vita pensando solo alla morte, senza far nulla per non condurre una vita inautentica? E' impossibile vivere così e ognuno quindi si dà da fare.

Allora Heidegger afferma: "La morte è lo scacco del nostro esistere". Se io tutta la vita conduco un'esistenza inautentica, qual è allora il mio momento autentico? Solo la Morte. Ma io non ci sono più nel momento della morte, ma in effetti è il momento della morte, ma in effetti è il momento in cui io ci sono veramente.

"Quindi io sono nel momento in cui non sono" che cosa sono allora io? Nella mia solitudine esistenziale il vero essere è la morte.

Seconda fase del suo pensiero.

Ma per scoprire l'essere di ognuno di noi, in questa seconda fase, lui delinea una via alternativa. Durante questo periodo Heidegger scopre Holderlin e la poesia (linguaggio dell'essere e l'uomo è il custode della casa dell'essere. Quindi la poesia è l'espressione del nostro essere. (Ogni manifestazione dell'uomo è poesia). L'uomo con la poesia esprime la sua esistenza. Ognuno di noi si deve sentire custode di se stesso, della sua poesia. L'uomo deve cercare di valorizzare la sua propria vita : il valore della sua vita è fare poesia (linguaggio come poesia).

Il nostro valore è la ricerca dell'essere come linguaggio poetico. "La poesia è il linguaggio dell'essere < l'uomo è il custode della casa dell'essere >". Tutti noi possiamo fare poesia perché è espressione del nostro essere. L'uomo deve cercare di valorizzare la propria vita. Il valore dell'uomo è il linguaggio ed egli se ne deve fare custode.

La tecnica via via uccide l'uomo che diviene oggetto della tecnica. Il tempo per Heidegger è l'orizzonte dell'essere (è una linea non definitiva).

Nei momenti conclusivi del suo pensiero fece degli attacchi a ciò che succedeva intorno a lui. Fu sconvolto dalla scienza e dalla tecnica (in questo periodo si crea la bomba atomica). Lui fa delle riflessioni sui prodotti che si stavano realizzando in senso critico: ha paura del valore che sta assumendo la tecnica la quale si è ormai inserita in tutti i campi della vita.

La tecnica per Heidegger uccide l'uomo perché sposta lo sguardo dal problema esistenziale dell'uomo alla scienza.

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Il circolo di Vienna

Caratteri generali del neopositivismo

Durante il secondo quarto del XX secolo emersero due scuole di pensiero inspirate al filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein. La prima di queste scuole, l'empirismo logico, o neopositivismo logico, ebbe origine a Vienna diffondendosi successivamente in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Gli empiristi logici sostenevano l'esistenza di un solo tipo di conoscenza, la conoscenza scientifica; la verificabilità empirica di ogni conoscenza valida; il fatto che ciò che è stato ritenuto filosofia non è né vero né falso ma letteralmente insensato.

Quindi la filosofia viene ridotta a logica e si arriva a studiare la filosofia attraverso i simboli matematici.

Avviene quindi una ripresa di Leibiniz riguardo ai principi logici di identità e di non contraddizione. La filosofia all'interno del circolo di Vienna, assume un carattere prevalentemente matematico (Rossa fu un grande rappresentante del circolo viennese a cui si deve la nascita della più moderna logica matematica fondata su principi atomici e proposizioni molecolari).

I principi utilizzati dai neopositivisti sono di verificabilità e di confutabilità (confutabili e quindi scientifici). Questi principi usati in matematica servono a dimostrare delle tesi e lo stesso ora avviene in filosofia. "Dobbiamo avere elementi logici su cui basare le nostre discussioni" (es. le geometrie non euclidee si basavano sulla validità logica; non importa se vera o falsa).

Il filone del positivismo logico si basa sul linguaggio riprendendo le teorie di Hume. I neopositivisti dicono: "Se Hume ha usato come criterio l'esperienza, noi usiamo come criterio di conoscenza il linguaggio" "Se noi studiamo il linguaggio come logica scientifica allora siamo di fronte al positivismo logico, se noi invece cerchiamo di studiare il linguaggio nelle sue regole quotidiane siamo di fronte alla filosofia analitica di Ayer e Wittgestein"

Wittgestein scrive il trattato logico analogico e parla i tautologia (partire da un discorso in cui poi si rimane intrappolati). Lui parla di "giochi linguistici".

Sia il neoempirismo logico che il positivismo logico fanno una distinzione tra le proposizioni che concernano i fatti e le proposizioni che concernano le idee.

Le proposizioni che si riferiscono ai fatti non hanno necessità, sono probabili; le proposizioni che concernano le idee sono tutte ipotesi (non ci sono certezze).

Popper dirà: "Nella scienza si va avanti senza certezze". Egli fu vicino al circolo di Vienna ma non ne fece mai arte, rimase sempre isolato.

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Popper

Nasce a Vienna nel 1902, muore nel 1994; appartiene ad una famiglia ebraica. Si avvicinò ben presto al Circolo di Vienna ma non vi partecipò mai. In seguito alle leggi razziali si trasferì prima a Cambridge, poi ad Oxford e in Nuova Zelanda tenendo conferenze sul suo razionalismo critico. Popper rappresentò il punto di riferimento della riflessione scientifica e filosofica di tutto il '900. Fu un grande musicista. Le sue opere più importanti sono: "La logica della ricerca", "Congetture e confutazioni", "Città aperta".

Il pensiero di Popper

Egli afferma che è finito il tempo dell'empirismo classico che si basava sulla raccolta dei dati dall'esperienza, ma per Popper non ha importanza il metodo induttivo. La conoscenza si basa sulle intuizioni: anche Einstein si basa sull'intuizione soggettiva, su ipotesi. Il metodo induttivo non ha a che fare con la scienza, con Einstein ha inizio la rivoluzione scientifica; il nucleo è stato l'argomento cosmologico.

Tutta la conoscenza scientifica ha questo nucleo: quale deve essere la linea di demarcazione tra la scienza e ciò che non lo è?

Spesso la conoscenza scientifica arriva fino ad un certo punto dove si ferma e lascia che ognuno dia la sua risposta. Quindi lascia il campo alla metafisica e all'etica.

Per Popper la linea di demarcazione è costituita dal principio di fallibilità. Al contrario del principio della certezza noi dobbiamo dire che qualcosa è scienza solo se è fallibile.

Nella scienza noi procediamo sempre per congetture e confutazioni.

Le congetture sono proposizioni, ipotesi non spiegate. Le confutazioni sono risposte critiche alle congetture.

"Più nelle ipotesi che io vado avanzando trovo critiche, più vado avanti".

Il nostro procedere scientifico è basato su:

1) Il problema

2) Ipotesi di risoluzione del problema

3) Orizzonte prospettico (si aprono nuove prospettive)

La scienza quindi non può dare la risoluzione finale, ma permette di andare avanti infatti: "Nella scienza si procede senza certezze".

Cosa significa essere fallibile? Essere come Socrate: "Io so di non sapere" (dotta ignoranza). In questo senso ogni scienziato deve essere come dice Socrate: deve essere sempre n prospettiva di superare se stesso.

La nostra società deve essere una società aperta (riprende Berson).

Popper va contro tutte le politiche dette solistiche (Marxismo, Stalinismo,.) cioè organiche, non consone ala natura umana, che ha bisogno di libertà e di democrazia.

La società aperta

"Noi abbiamo tre mondi: il primo è il mondo degli enti fisici (la natura, il mondo, l'universo); il secondo è il mondo dello spirito, delle coscienze; il terzo mondo, è quello dell'arte e della produzione dell'uomo, è il mondo di tutto ciò che fa l'uomo.

I primi due mondi non sono atti per noi e quindi noi non li possiamo padroneggiare. Solo il terzo mondo è tutto nostro, perché solo questo riguarda la produzione dell'uomo."

(Vico dice che la storia è l'unica scienza, una scienza tutta nuova perché l'abbiamo fatta tutta noi).

L'ultima sua parola fu: "Noi possiamo definire solo quello che esce dalle nostre mani, ma la nostra coscienza ci presenta l'orizzonte prospettico che si va spostando sempre di più".





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