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Appunti di storia del diritto romano

giurisprudenza



Appunti di storia del diritto romano


Capitolo II


Come città dominatrice del mondo intero, in sostanza Roma doveva attuare un protettorato sul mondo intero, e serviva xciò che qualcuno delineasse x i dominatori del mondo il catechismo dei doveri sociali. Roma arrivò gradualmente ad una costituzione politica mista cioè in cui si potevano evincere varie figure politiche come consoli (forme di potere aristocratico) e senato (potere non aristocratico). A questo si giunse dopo varie lotte e non di punto in bianco. Questo tipo di unione di poteri fu un'unione vincente, ma non sempre facile e pacifica. A questo proposito, specie come punto significante di partenza, ma anche x quello che è il loro significato nel complesso x l'organizzazione e la struttura del diritto romano, bisogna ricordare le XII tavole, che rappresentarono la prima organizzazione sistematica del diritto a Roma. Le XII tavole, si dice siano nei contenuti e nei punti fondamentali una riproposta delle leggi soloniche greche.


Capitolo III


Oggigiorno il diritto è un fenomeno tendenzialmente dinamico, nel senso che è lo stesso diritto che si adegua ai cambiamenti della società e quest'adattamento avviene in un modo ed in una maniera veramente rapida e veloce. Nei sistemi giuridici non moderni o premoderni si attribuisce una grande importanza all'antico e di conseguenza anche il diritto si adattava molto lentamente ai cambiamenti della società.



La tradizione giuridica romana ruota intorno al testo delle XII tavole che costituiscono uno dei fatti più sicuri della storia romana arcaica. Per la verità sono sorti dei dubbi, poi superati nel corso del 800 e del 900, sull'autenticità delle tavole.

Le XII tavole rappresentano il risultato dei fermenti politici che ci furono a Roma nel corso del V secolo a.c., il potere che prima era passato dai re ai consoli ora passa dai consoli ai decemviri, la cui magistratura fu investita di funzione legislativa e di cui fecero parte per lo più patrizi x' la plebe ne restava esclusa.

In quel periodo la città di Roma era spaccata in due: la plebe aveva i suoi magistrati ed era omogenea, ne facevano parte borghesi, commercianti, artigiani e anche famiglie potenti che si fecero portavoce del volere della plebe senza che vi fosse clientela. La plebe, era fondamentalmente, a sostegno della legislazione scritta x' predicava la certezza del diritt 838g64i o riducendo al minimo il rischio di cadere in decisioni arbitrarie che spesso si ponevano in contrasto con gli interessi dei plebei.

Tutto ciò diede vita ad un testo fortemente contraddittorio nel suo contenuto, ma normale risultato di quello che era stato l'evolversi della situazione.

La codificazione scritta, x quei tempi, non era da considerarsi come un qualcosa di scontato, x' effettivamente non lo era o non lo fu. Ci furono degli accesi dibattiti tra chi voleva la forma scritta e chi, invece, era a favore di mantenere in vita la tradizione orale. Da quale altra cultura derivi quest'innovativa opera giuridica (le XII tavole), è fuori dubbio che sia quell'ellenica, ciò per l'idea stessa di codificazione propria della Grecia e x i termini usati nel codice. Le XII tavole sono frutto dell'opera di un legislatore laico, che come gruppo dirigente compie un'opera di rilevamento del diritto, consuetudinario, esistente. Il legislatore delle XII tavole, oltre a compiere un'opera di rigenerazione del diritto e di legiferazione aveva previsto anche successive modifiche alla legge (es. la legge Canuleia a proposito dell'abolizione del divieto di matrimonio tra patrizi e plebei). Da rilevare che a Roma ogni mutamento della legge era problematico x il fatto che lo stesso si radicava a fondo nella coscienza umana così da rendere eticamente complesso ogni tentativo di modificare una legge x il fatto stesso che così facendo si modificava anche il modo di comportarsi della gente. Bisogna poi ricordare che le XII tavole furono distrutte agli inizi del IV sec. a.c. nell'incendio gallico e di conseguenza la nostra conoscenza è condizionata da come c'è stata tramandata dai vari autori.

Per ogni atto giuridico si era schiavi di una determinate formula senza della quale l'atto non aveva valore. Per es. la vendita metteva in evidenza l'acquirente della cosa che doveva sottostare a determinati rituali e formule durante la vendita a pena di nullità del contratto di vendita della cosa stessa. Giuridicamente la formula che il compratore aveva uso performativo anche quando il diritto perse poi quell'alea magico - religiosa persistette quel formalismo che dà valore all'esteriorità dell'atto. Questo rigido formalismo si ritrova anche nel processo in cui si evince una certa autonomia privata nei confronti del diritto pubblico.

Molti hanno visto nel diritto romano un diritto dei contadini ma non è proprio così poiché essi conoscevano altri modi oltre all'agricoltura e all'allevamento x accumulare patrimoni.


Endoplorando in caso si fosse stato derubati x picchiare il ladro bisognava chiamare a gran voce x avere testimoni;


divulgatio chi si vedeva senza testimoni a suo favore poteva, davanti alla porta del testimoni x tre giorni pronunciare maledizioni.


Capitolo IV


Coloro che erano incaricati di interpretare le leggi erano i pontefici, che accanto agli altri sacerdoti, nella Roma arcaica detenevano il potere religioso. A capo del corpo dei pontefici c'era il pontefice massimo.

Si pensa che traggano il loro nome, i pontefici, dalla costruzione di un ponte sul Tevere, anche se pare che quest'ultima ipotesi sia da considerarsi errata. Essi tenevano il conto del calendario e di noviluni e pleniluni e dicevano ai cittadini il momento in cui compiere determinati atti.

Ogni volta che il cittadino toccava la sfera sacrale i pontefici rispondevano ai quesiti problematici che erano posti dagli stessi cittadini. Potevano rispondere anche altri sacerdoti, ma il diritto privato era nelle mani dei pontefici. Anche nei riti di autonomia privata era riconosciuta e attribuita piena competenza ai pontefici.

I pontefici, spesso ricoprivano anche incarichi magistrali x' come diceva Cicerone: "i cittadini più illustri custodivano la religione amministrando la repubblica e la repubblica interpretando sapientemente la religione".


Capitolo V


Dal III sec. in poi Roma si afferma come gran potenza mercantile poiché inizia a sfruttare il mediterraneo, e sconfiggendo Cartagine a più riprese acquista sul mediterraneo il dominio incontrastato.

Il commercio romano si svolgeva in un'area molto ridotta e ci si allargava da questi angusti confini solo per lo scambio di beni di lusso o semi-lusso. A parte questo l'ambito senz'altro più importante dell'economia romana era certamente l'agricoltura e tutto ciò che si faceva era finalizzato all'acquisizione della proprietà fondiaria.

In questo periodo al vertice della scala gerarchica della Roma antica sta la nobilitas (notabile), formata da patrizi e plebei, i patrizi avevano questa carica ereditariamente, i non patrizi dovevano compiere un iter che li portava ad acquistare questa carica. In seguito fu necessaria la carica consolare, la base di questa classe è il possesso fondiario.

I banchieri, affaristi, imprenditori vanno a comporre un'altra classe sociale detta equestre e di cui si poteva entrare a far parte versando una somma di danaro esosa (400.000 sesterzi) a titolo di iscrizione e anche questa carica diventerà ereditaria. A poco a poco i nuovi schiavi, i cittadini impoveritisi, andarono a formare una nuova classe. Questo rappresentava davvero lo strato inferiore dell'ordinamento sociale che anche se sempre in tumulto non combinerà mai niente.

In quest'ambiente nasce e si forma il diritto commerciale che era applicato x lo più ai traffici marittimi; tuttavia né a Roma, né tanto meno in Grecia si costituisce uno ius mercatorum. In virtù di questo si può intendere come diritto commerciale un complesso normativo sorto x i bisogni del traffico nel mediterraneo che disciplinasse i rapporti anche con gli stranieri agevolandoli e liberandoli dal formalismo. Questo viene x l'appunto denominato ius gentium e differisce dallo ius civile proprio dai cittadini, il diritto commerciale non è proprio della città ma lo riguarda, ed è qualcosa di empirico basato sulla realtà. Da quello che si è detto si evince che si voleva tutelare giuridicamente lo straniero e liberare dal rigido formalismo arcaico i rapporti tra cittadino e straniero o tra stranieri. Le parole sono uno strumento della volontà non una verità assoluta. Ne sono un esempio i nuovi negozi di questo periodo come: la locatio connctio, il mandatum o la societas. X quanto riguarda la societas bisogna dire che prima era solo ammessa l'unione tra dei fratelli coeredi che non potevano separare il patrimonio dalla loro posizione familiare: in questo modo il soggetto che apparteneva in tutto e x tutto ad un dato clan prendeva la propria individualità, adesso è la volontà del soggetto ad essere di preminente importanza nel compiere un atto e non la sua appartenenza ad uno status familiare. Ciò che adesso è importante adesso nei nuovi negozi del diritto commerciale è la volontà (il consensus) che senza produrre nel mondo sensibile vengono i contraenti sulla base della buona fede (ex fide bona), questo tipo nuovo di idea non la troviamo altrove. In Grecia deve esserci un cambiamento del mondo sensibile cioè si deve modificare la situazione patrimoniale di uno dei contraenti.

Tratto fondamentale dei negozi di diritto commerciale è la Pistis (fiducia) o Philia (amicizia) poiché si taceva bene su un tipo di valore diffuso in amplissima scala e a cui tutti potevano rapportarsi. Anche se in alcuni stati i negozi conclusi in buona fede non erano tenuti in considerazione in giudizio a Roma non fu così poiché ci fu l'istituzione del pretore peregrino, che aveva la funzione di amministrare la giustizia tra romani e stranieri o solamente tra stranieri stessi.Cambia anche la struttura del processo che non mette al centro del suo essere il rigido formalismo derivante dalle legis actiones (si decide in conformità a schemi formalistici predefiniti) ma si affidano ai giudici tutti gli strumenti x decidere. I negozi consensuali non si stipulavano solo tra stranieri o tra romani e stranieri, così le porte della nuova procedura si aprono anche nel tribunale del pretore urbano e il processo formulare tende gradualmente a sostituire quello basato sulle legis actiones. Come ogni campo del diritto anche il campo magistrale era dominato dal formalismo arcaico che viene xdendo sempre più importanza fino ad essere soppiantato dal nuovo sistema in cui i pretori urbano e peregrino avevano funzione normativa e in pratica avevano le redini della giurisdizione cioè: decidevano il diritto da applicare x dirimere determinate controversie su cui il giudice deciderà. Ogni pretore durava in carica un anno e all'inizio del suo mandato egli prefigurava quali sarebbero state le sue giurisdizioni, ossia x esempio quando avrebbe nominato un giudice x una controversia o meno ecc. egli comunicava tutto ciò oralmente salendo sulla tribuna e poi nel foro su tavole di legna imbiancate avveniva la pubblicazione del testo editale con caratteri neri o rossi, chiunque voleva intentare un azione conduceva la controparte dinnanzi alle tavole editali e gli comunicava quale strada avrebbe xcorso. Cessata la carica annuale del pretore l'editto perdeva efficacia e ne subentrava un altro con un nuovo editto, che però spesso contemplava norme identiche alle precedenti.

Lo ius honorarium, è il diritto pretorio teso a fini pratici e crea solo mezzi temporanei di difesa giuridica; lo ius civile, invece, è il complesso normativo formatosi dalla tradizione consuetudinario e sviluppato dal lavoro dei suoi interpreti ed ha un valore duraturo.


Capitolo VI


Nella tarda repubblica sacerdozio e professione giuridica si separano (possono coesistere nella stessa xsona ma mai confondersi), se prima solo un pontefice poteva essere giurista, adesso la competenza nel diritto diviene solo un importante qualifica anche x la carica sacerdotale. Con l'espressione "Giurisprudenza laica" s'intende una giurisprudenza aristocratica e nobiliare x' poteva aversi il vantaggio di non vivere della propria attività giurisprudenziale, quindi s'instaura tecnicismo professionale nuovo proprio del giureconsulto laico. I giuristi repubblicani, però erano impegnati anche in altre attività militari e civili ed è in queste attività che si manifestava la loro virtù e che dava al giurista l'autorictas.

Per giureconsulto laico s'intende colui che è esperto di leggi e di norme consuetudinarie che i cittadini osservano come privati e impiega la sua competenza x allestire schemi negoziali e processi, quindi sono i compiti un tempo svolti dal pontefice spogliati della loro sacralità e che hanno assunto un valore pubblico, i consigli che venivano dal giureconsulto erano tecnici simili a quelli che venivano da un medico e il giurista svolgeva una funzione mediatrice tra leggi e utenti.

Nella sua casa il giureconsulto sedeva su un seggio maghitico e congiungeva l'attività del rispondere con quella del docere. I giureconsulti conservavano quell'alone di sacrale xò nella loro attività il momento costituivo del responso doveva rimanere segreto e il responso stesso doveva assumere valore di proverbio. In questo periodo si discute anche sul valore della legge nella vita della collettività ritenendo diritto naturale e diritto consuetudinario congiunti tra loro e la legge è solo, come dice Cicerone, un modo di formazione del diritto. Nella tarda repubblica si va verso una filosofia giuridica. La legge rimane imprigionata nella rete le cui maglie sono composte dal diritto naturale e quel consuetudinarioC'è diffidenza nei confronti della legge x' è una moltitudine enorme e apparentemente di difficile consultazione x' non si potevano avere sott'occhio tutte le norme.

Il controllo del diritto repubblicano è in una tradizione giuridica controllata da esperti. Questa tradizione è fatta di opinioni e di regole. Il raggruppamento di tutto questo diede vita ad una letteratura giuridica di cui il maggiore esponente fu Quinto Mucio Scevola, che scrisse a proposito diciotto libri e da quanto da Scevola si capisce che i giuristi non dovevano solo interpretare e applicare il diritto, ma fare un sapiente collage tra le vecchie forme giuridiche e quelle più innovative.

Gli editti avevano principi saldi ma di durata fondamentalmente effimera, e la loro durata nel tempo dipende dall'efficacia o rilevanza che esse hanno raggiunto nella loro applicazione. Quando diventano salde possono diventare materia letteraria anche se sono molto suscettibili ad essere modificate.


Capitolo VII


Il responso è il parere che risolve tecnicamente un quesito ed orienta i comportamenti dei privati, le decisioni dei giudici e il comportamento dei magistrati. E' fonte di produzione, il rispondere come un oracolo, del diritto civile.

La dimensione più importante del responso era l'oralità solo se bisognava consegnare il responso al giudice e lo faceva o il giureconsulto scrivendo al giudice o l'interrogante parlando dei testimoni. Il responso non doveva essere motivato ma se si discuteva il responso x le motivazioni addotte lo si poteva discutere.

Le fasi del responso consistono:


Descrizione del caso;

Formulazione del quesito;

Responso.



Capitolo VIII


I giuristi, anche con l'avvento della monarchia, mantengono nelle loro mani le leve del diritto e i suoi ingranaggi. Il giurista aristocratico della prima repubblica, lascia il posto al giurista funzionario e consigliere del "princeps".

In questo periodo si verifica l'avvento al potere di Augusto, che comporta la fine della repubblica e la sua fine dovuta a guerre civili e ad altri fattori. Con l'espansione territoriale dell'impero, la giurisprudenza non si occupa più esclusivamente della penisola italica ma dell'intero impero.

Il principe accentra nelle proprie mani tutto il potere, facendo leva anche sul beneplacito del popolo. X la verità, questa figura di principe inteso come padre della patria rimanda ad un'antica memoria (monarchia patriarcale).

La potestas del principe è assoluta e si esprime attraverso l'idea che la sua xsona prevale su chiunque. Augusto, inoltre, non dà vita ad una codificazione scritta.

Poiché i giuristi erano importanti nei processi x l'influenza che esercitavano sulla decisione finale del giudice. Augusto stabilì che ci fossero delle xsone che praticavano l'erte del rispondere, ma che dovevano avere un'autorizzazione affinché la loro risposta assumesse valore nella vita reale.

Il giureconsulto consiglia anche nell'età imperiale e questo fa sì che i giureconsulti entrano, a far parte a tutti gli effetti del consiglio imperiale, e questo accadeva in maniera evidente nel senso che questo fatto trova un continuo riscontro letterario. Quindi il principe crea il diritto e concorre a crearlo.

L'attività pretoria si arresta e interi settori, come matrimonio e famiglia, ricevono una minuta norma. Il simbolo della res pubblica rimane il senato, che pur attraversando vari momenti (difficili e non), resta il simbolo della res pubblica.

Il senato consulto acquista valore di legge, anche se il senato non ha più l'autonomia di un tempo ed ogni sua decisione è supervisionata dal principe.

Gli atti normativi del principe sono:

editti, aventi efficacia generale;

mandati, sono istruzioni che il principe dà ai suoi fedeli (governatori) x' curino l'obbedienza delle leggi;

il principe può agire anche su istanza dei suoi sudditi, che lo interrogano a proposito di più questioni e il princeps deve ascoltare queste domande.


C'è da operare una distinzione tra i rescripta e i decreta.

X quel che riguarda il decreta, è la sentenza del principe e riguarda un caso particolare che diviene estensibile in futuro in generale. I rescripta li possiamo distinguere in subscriptiones ed epistulae. Si parla di subscriptiones quando si risponde al quesito di un privato e gli è sottoposta dall'ufficio alibellis; mentre l'epistulae è la risposta a un quesito giuridico proveniente da un magistrato e gli era sottoposto dall'ufficio ab epistulis. E' chiaro che chi lavorava in questi uffici aveva molto lavoro x soddisfare ogni richiesta. Al giudice spetta la decisione ultima su questione controverse o se un cittadino si rivolge a lui.

L'autorità del princeps si manifesta naturalmente, quindi anche nella sua maniera o stile legislativo.

La funzione normativa del principe è una potestà straordinaria, l'autorictas del princeps deriva dalla lex d'imperio, cioè la legge di investitura con cui gli è conferito il titolo di principe e di agire nel nome del poplo pue non sottostando a determinate norme. Questo potrebbe voler dire che il principe non ha nessun tipo di vincolo; il vincolo dipende dalla sua capacità di essere leale.

Attraverso la normativa imperiale il principe poteva muoversi con libertà ed assumono grande importanza nel suo modo di dare vita a norme, criteri come l'umanità, la pietas ecc. cioè criteri equitativi. Vi furono questi tipi di situazioni nell'età imperiale.

L'equitas imperiale del principe si affermava o tendeva ad affermarsi anche aggirando la disciplina esistente, la giurisprudenza anche con i consigli dei giureconsulti, tende a procedere di pari passo con questi criteri equitativi; essendo una scienza ricerca una ratio più profonda da cui dipende l'unità del diritto.


Capitolo IX


L'impero è organizzato burocraticamente secondo un topos diffuso associato al corpo in cui i vari organi agiscono gerarchicamente tra loro in ordine di importanza.

Ogni carica è retribuita e non solo portatrice di importanza. Il principato, le province imperiali e Roma sono il campo di azione dei nuovi organi di amministrazione.

Il senato e il principe governano le province. Si distinguono due province: province senatorie e province imperiali.

Le province senatorie, sono governate da proconsoli ed erano, xò, sempre sotto la supervisione del principe e potevano contare sull'aiuto dei magistrati; le province imperiali, invece, erano le sole in cui c'era uno stanziamento di truppe ed erano affidate x lo più a legali senatori soggetti al controllo del principe. Altre province più piccole erano affidate a prefetti di origine equestre.

Era importantissima la prefettura dell'Egitto una delle cariche più alte di un cavaliere potesse aspirare a raggiungere. Importante era anche l'aspetto finanziario costituito dalla cassa del principe, e che era amministrato dal principe e difesa in giudizio dagli avvocati tisci.

L'apice della camera equestre non era rappresentato solo dalla prefettura d'Egitto ma anche:


prefectus vigilum, responsabile degli incendi a Roma, e a capo della guardia notturna di Roma;

prefectus annonae, aveva come compito quello di rifornire la capitale di grano;

prefectus pretorio, comandava un corpo speciale molto vicino alla xsona di Cesare.


Oltre ad essere denominate equestri, le prefetture si possono anche chiamare senatorie: es. prefectum urbanum, è una carica senatoria che xmette di vigilare su Roma.

Il supremo coordinatore del corpus imperii, è senz'altro il principe, ed intorno a lui v'è una costellazione di uffici, che sono:


ufficio ab epistulis, sbriga la corrispondenza del principe con funzionari tramite lettere e si divideva in ab epistulis labinis ed ab epistulis grecis;

ufficio ab libellis, prendeva in esame le domande dei sudditi;

ufficio a cognitionibus, istruiva i procedimenti giudiziari;

ufficio a memoria, gestiva gli archivi;

ufficio a rationibus, controllava le entrate imperiali ed ogni spesa pubblica.


Dopo la monarchia gli uffici di corte si ritrasferiscono nelle mani degli equestri, e questo ceto invade ogni campo della vita pubblica, fermo restando il fatto che la durata e lo svolgimento degli uffici dipendevano sempre dalla volontà del principe.

Dopo l'età imperiale e verso la fine di essa i giuristi di rango equestre hanno una prevalenza assoluta. Prima erano i giuristi aristocratici e x lo più senatori che avevano le redini in mano e erano destinati dalla xsona del principe ad importanti compiti amministrativi. I giuristi fanno parte del consiglio del principe ma potevano muoversi anche in altri ambiti.

Come nella repubblica anche nel principato i giuristi dedicavano una parte del loro tempo al diritto e trovano il tempo di insegnare la pratica e la teoria come i maestri repubblicani.

Xò i maestri del principato, si divisero in scuole rivali: i proculiani, avevano x lo più il compito di discutere di fatti pratici; i sabiniani che erano orientati più verso una visione giuridica che sistematica nei loro discorsi.

Al tempo di queste due scuole, Roma era una città immensa e i giovani venivano da tutte le parti dell'impero x i più svariati motivi, ma anche x studio.

I giuristi insegnavano facendosi porre degli interrogativi dai discepoli su problematiche tecniche e loro facevano orazioni sul problema.


Capitolo X


In età repubblicana i giuristi si limitavano a compiere raccolte di leggi, di formule e di commenti, nel principato continua una letteratura di responsi ma si trasforma.

Se il giurista tardo repubblicano e Augusteo si muoveva in uno scenario cittadino, i giuristi imperiali si muovono in uno scenario provinciale ed i quesiti sono formulati, a volte, anche in greco. Quindi la comunicazione del parere avveniva tramite lettere, e le epistole non si limitano a risolvere il caso singolo, ma risolvono o cercano di risolvere, tutti quei casi che hanno attinenza con il responso.

Epistulae e responsae fanno parte di una letteratura detta problematica come: quaestiones, disputationes, digesta. Oltre alle opere problematiche ci sono anche i commentari civilistici ed edittali, i libri che riassumono o annotano scritti di autori più antichi.

Quindi si xsegue, negli ambienti accademici, l'intento di recuperare il passato, o meglio la tradizione.

Nel commentario si prende una frase dal testo base ed intorno a questa ci si ricama un commento più ampio, che serve a scopi interpretativi completamente nuovi.

Quest'opere erano, xò, indirizzate a tutti coloro che erano impiegati nell'amministrazione pubblica.


Capitolo XIII


Se l'autorità imperiale ha dei limiti, più di forma che di sostanza, nell'età del dominato la figura del principe è associata a quella di un Dio.

Il senato diventa un consiglio cittadino, che ha oneri finanziari, ma anche e soprattutto onori e privilegi. L'impero sotto Diocleziano, si divide in due parti governate da due Augusti aiutati da due Cesari. Ogni parte ha la sua attività amministrativa ma è comune quella legislativa.

Il vero capo, chiaramente, rimase Diocleziano che moltiplicò le province e le riunì in diocesi, escludendo dai governatori i senatori.

Ogni carica amministrativa che ricalca il modello burocratico è stipendiata. Il consiglio di stato dell'imperatore era formato dagli amministratori più altolocati.

Nonostante tutto rimane sempre il divario tra i ricchi e i poveri che sono quelli meno considerati, quindi si ha un tipo di società molto stratificata e si afferma il vincolo che lega i cittadini alla terra, e le professioni diventano corporative ed ereditarie. Come già sappiamo, il dato che fa parlare di ricchezza è il possesso fondiario. Il principe è poi legge vivente.

Nello scritto erota pokriseis, uno scritto scientifico si evince la differenza tra legge scritta e legge non scritta. La legge scritta è la legge x eccellenza, mentre invece la seconda, la legge non scritta, è la legge propria dei popoli senza leggi. Questi orientamenti aprono la strada ai codici.

Nel 476, x le invasioni barbariche c'è la caduta dell'impero romano d'occidente e quindi vi sono dei cambiamenti di carattere mentale.

Verso la metà del III sec., l'attività della giurisprudenza si era conclusa, e la letteratura che si va formando è anonima o si cela dietro i nomi dei grandi giuristi tardo-classici, l'Epitome Ulpiani e le Pauli sententiae, accolte come valide da Costantino e rientranti a far parte dei tragmente vaticana, estesa antologia di testi giurisprudenziali e di costituzioni imperiali.

I maestri di quel tempo tenevano conto solo delle Pauli sententiae, come unico testo giuridico, dando come qualcosa di cristallizzato e da tralasciare il diritto antico.

Nei testi antichi, non c'era più la critica costruttiva, ma si vedeva in essi, solo la soluzione dei singoli casi.. Gli avvocati in giudizio potevano richiamare dei casi antichi di cui il giudice doveva necessariamente tenere conto.

X regolare ciò ci fu una legge delle citazioni, poi inserita nel codex Theodosiani. In questo periodo, ci fu senz'altro un caos legislativo e per ovviare a ciò si ebbe il movimento codificatorio. Il codex, è una forma libraria fatta di quaderni pergamenacei legati insieme di facile consultazione, più resistente degli altri quelli antichi. I primi codici non ufficiali furono quello  Gregoriano, una raccolta di costituzioni di Adriano risalente al 291 che consta di 13 libri; e poi quell'Ermogeriario, che completa quello Gregoriano mettendo insieme le costituzioni Diocleziane dal 293 al 294.

La prima codificazione ufficiale si fa risalire a Teodosio e doveva essere doppia, infatti gli incaricati da Teodosio, dovevano stilare un codice con le costituzioni imperiali da Costantino in poi e l'altro solo quelle in vigore e l'Ermogeniano e il Gregoriano. Se ne ebbe solo uno che riunì le costituzioni generali da Costantino in poi e durò un secolo anche se non comprendeva tutto il diritto.

Le dominazioni barbariche in Europa misero in evidenza una cultura legislativa assolutamente rudimentale. Nell'impero romano d'oriente si ebbe la codificazione Giustinianea che fu xò una codificazione molto graduale, ne fecero parte le costituzioni imperiali da Adriano in poi. Il codice Giustinianeo prese il posto dei tre codici precedenti: l'Ermogeriano, il Gregoriano ed il Teodosiano.
























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