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L'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA ED IL DIRITTO DELL'AMMINISTRAZIONE - LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA

diritto



L'attività amministrativa ed il diritto dell'amministrazione


La Funzione amministrativa



Lo Stato

inteso come l'espressione organizzata della comunità)


Stabilisce le regole di comportamento Funzione normativa




Applica tali regole risolvendo le controversie Funzione giurisdizionale


Ma occorre, altresì, che le relazioni tra i consociati si svolgano in maniera pacifica ed ordinata: ossia organizzare una forza, stabilire chi e in quali casi usarla (monopolio legittimo della forza), al fine di garantire il rispetto delle leggi, l'esecuzione delle decisioni dei giudici, un certo livello di ordine pubblico e di sicurezza delle persone.


Lo Stato assolve dunque a:

- Compiti di conservazione es. difesa, mezzi finanziari

- Compiti di benessere es. strade, infrastrutture, pubblica istruzione, tutela salute, trasporti


Benché, come vedremo, la tendenza attuale è verso la privatizzazione, rimane che le regole ed i controlli costituiscono pur sempre compiti dello Stato e delle altre organizzazioni pubbliche che essi esercitano attraverso la loro


autorità


a garanzia e tutela del benessere della comunità


L'Amministrazione pubblica come funzione di servizio ai cittadini


Autorizzazioni, controlli, contributi e sovvenzioni

(esempi tipici di attività amministrative)

sono attività svolte per soddisfare concretamente un bisogno sociale

sono, cioè, attività compiute nell'interesse pubblico

e per la soddisfazione di interessi pubblici.





Anche la funzione normativa è volta a realizzare interessi collettivi, ma attraverso di essa si stabiliscono regole di comportamento astratte e generali che però necessitano quasi sempre di organi e di attività amministrative.


Anche per la funzione giurisdizionale si potrebbe affermare che assicuri, in situazioni concrete, il soddisfacimento di un interesse pubblico (la "giusta" soluzione delle controversie); tuttavia, nei singoli atti del giudizio (procedimenti giudiziari e sentenze), il giudice non deve perseguire nessun interesse "esterno" (come nel caso dell'amministrazione), ma deve stabilire quale sia la norma di diritto da applicare per risolvere il caso. Infatti, l'organo chiamato a giudicare non procede di propria iniziativa (d'ufficio) in quanto viene investito dalla controversia da altri (privati o pubblico ministero) mentre l'autorità amministrativa, generalmente, agisce di propria iniziativa.



La funzione amministrativa

(o esecutiva)


è, invece, quella che mira alla realizzazione dei fini dello Stato attraverso statuizioni dirette alla cura concreta dell'interesse pubblico e che consentono di dare effettiva ed immediata operatività all'astratta previsione legislativa.


-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Funzioni di regolazione attività amministrative che per offrire una tutela agli interessi (assunti come pubblici) di certe persone (integrità fisica o libertà) incidono sulle libertà personali od economiche, di altri soggetti, impedendo loro di usarne a pieno piacimento (concessione edilizia).

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Funzioni di prestazione attività che mirano ad assicurare ai consociati prestazioni di vario genere (assistenza sanitaria, scuole)


La funzione amministrativa è affidata alla pubblica amministrazione che, in via di prima approssimazione, possiamo definire come l'insieme degli organi e degli apparati cui è affidata la stessa funzione amministrativa.


Si può distinguere tra:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Amministrazione in senso soggettivo (o amministrazione organizzazione) insieme di soggetti (apparati ed organi).

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Amministrazione in senso oggettivo (o amministrazione attività) si indica la stessa attività amministrativa. In tal senso, è amministrativa l'attività posta in essere dalle persone giuridiche pubbliche e dagli organi che hanno competenza alla cura degli interessi dei soggetti pubblici.


Con riguardo all'amministrazione in senso soggettivo lo Stato amministrazione, pur essendo l'ente pubblico per eccellenza, non è però l'unico in quanto, accanto ad esso, coesistono altri soggetti dotati di capacità giuridica pubblica che perseguono fini di interesse generale (artt. 5 e 114 della Costituzione). Pluralità di amministrazioni pubbliche che si riferiscono a diversi centri di indirizzo politico, non gerarchicamente subordinate le une alle altre, con ambiti competenziali autonomi benché coordinate.

Tendenza dell'amministrazione ad avvalersi di soggetti privati per lo svolgimento di compiti pubblicistici.






La funzione amministrativa è svolta da:


-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; apparati (complessi ordinati e stabili di individui dotati di mezzi e di poteri propri per svolgere una serie di compiti e raggiungere una pluralità di obiettivi)

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; organi (persone o complesso di persone preposto ad un determinato centro di imputazione di competenza amministrativa e che, pertanto , esercita una pubblica potestà).


Le persone giuridiche attraverso cui la P.A. esplica l'attività amministrativa (soggetti di diritto pubblico) sono dette. Accanto agli enti pubblici statali vi sono gli enti pubblici territoriali (regioni, province, comuni che sono enti esponenziali delle comunità territoriali, riconosciuti dall'ordinamento generale in quanto portatori di interessi pubblici). A loro volta, come vedremo, le amministrazioni statali e locali si articolano in una serie di enti variamente collegati alle prime, ma da queste distinte in quanto provvisti di propria personalità. Di più recente istituzione sono le c.d. Autorità amministrative indipendenti (Consob, Autorità Garante Concorrenza e mercati, Garante privacy) che operano in particolari settori e sono caratterizzata da una spiccata autonomia nei confronti degli organi titolari del potere di indirizzo politico.



Può poi distinguersi tra:


-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; amministrazione per atti gli interessi pubblici richiedono una protezione da perseguire mediante manifestazioni di volontà, rivolte a decidere comportamenti da tenere o comunque a produrre effetti giuridici nella sfera del destinatario (ordinare, espropriare, autorizzare, concedere)

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; amministrazione per servizi I risultati cui mira l'amministrazione richiedono più che atti giuridici la predisposizione e la gestione di servizi o la realizzazione di opere (è, cioè, necessaria la concreta disponibilità dei servizi e dei beni).


Esigenza che l'attività amministrativa si svolga sempre più per risultati e sempre meno per atti. Di talchè, alla PA si chiede di:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; individuare sistematicamente gli obiettivi da raggiungere ;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; programmare il modo migliore per conseguire gli obiettivi prefissati;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; verificare i risultati raggiunti.


Occorre cioè attivare il metodo della programmazione ed assumere come principi della propria azione la efficacia, l'efficienza e l'economicità (le tre "E").


La differenza tra le due modalità di azione (per atti e per risultati) emerge in maniera chiara quando si considera la questione dal punto di vista dei controlli.

Nel caso del controllo per atti tradizionali controlli di legittimità (incompetenza, illegittimità, eccesso di potere)

Nel caso di controllo per servizi controlli sull'efficienza dell'azione complessiva (c.d. controllo di gestione).

























Il diritto delle amministrazioni pubbliche

La PA, nello svolgimento dell'attività amministrativa e nel compimento degli atti giuridici deve seguire le regole del diritto ossia essa è vincolata

al rispetto delle norme giuridiche


Il Diritto amministrativo è la disciplina giuridica della pubblica amministrazione nella sua organizzazione, nei beni e nell'attività ad essa peculiari e nei rapporti che, esercitando tale attività, si instaurano con altri soggetti dell'ordinamento.

La Rivoluzione francese come tassello decisivo per la formazione del diritto amministrativo principio della divisione dei poteri e principio di legalità (l'autorità ha tutti e soltanto i poteri che ad essa sono assegnati dalle regole del diritto e dalle leggi in particolare).


In genere, la PA opera come

Autorità amministrativa

ad esempio quando vieta, comanda, espropria, requisisce, concede o nega)

ed i suoi atti sono in grado di incidere (anche autoritativamente) sulle posizioni giuridiche dei loro destinatari. Dunque, essa non si trova nella stessa situazione di altri soggetti e non opera sulla base delle stesse regole, ma secondo regole e principi giuridici destinati a disciplinare in forma specifica gli atti e le attività della PA (ciò che costituisce, appunto, il diritto amministrativo).

La ragione del disporre di speciali poteri, da parte dell'amministrazione, si fonda sul fatto che essa è investita della tutela degli interessi pubblici e collettivi.


Ma l'attività della PA non si esaurisce nella sola attività di diritto pubblico espansione dell'attività di diritto privato della PA stessa.

Ciò significa che talvolta le regole giuridiche che la PA segue sono le stesse che regolano i rapporti tra i privati. La PA, in tal caso, si avvale del diritto privato, non agendo su un piano di autorità ma operando sullo stesso piano dei privati (conclude contratti, compra, vende).


Art. 1, comma 1-bis l. 241/90

«La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente».


Analisi letterale:

consentire che l'azione amministrativa sia retta da norme di diritto privato e non solo che l'amministrazione faccia uso di strumenti privatistici (come è naturale atteso che la PA è un soggetto dotato di capacità di diritto privato).

individuazione del carattere dell'autoritatività come linea di demarcazione tra attività amministrativa retta dal diritto amministrativo da quella retta dal diritto privato.

In che consiste l'autoritatività?

Per definirla dobbiamo trovare un quid (un qualcosa) che li rende diversi dagli atti tipici del diritto privato. Questi ultimi regolano i rapporti tra soggetti ordinariamente fondati sul consenso (i privati sono liberi di perseguire i fini nei modi ritenuti più opportuni purchè nell'ambito del lecito).

Gli atti autoritativi sono, dunque, provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati.

Tali poteri consentono di determinare modificazioni nella sfera giuridica dei destinatari senza che abbia alcun rilievo la volontà di questi ultimi (esempio tipico: l'espropriazione il cui effetto è la sottrazione di un bene alla proprietà di un soggetto con il trasferimento ad un altro soggetto). Ne consegue, che la PA dispone di poteri di cui i normali soggetti dell'ordinamento non possono disporre. Dato che gli atti emanati nell'esercizio di tali poteri equivalgono ad una restrizione della libertà dei privati, i relativi poteri amministrativi devono essere previsti e disciplinati dall'ordinamento giuridico.

limitare l'area di applicazione del diritto privato agli atti non autoritativi senza che risultino necessarie altre ed ulteriori prescrizioni normative.

l'altra eccezione all'applicazione del diritto comune si ha quando la legge dispone diversamente.

si riserva, al contrario, l'applicazione delle norme di diritto pubblico all'area degli atti autoritativi (coerentemente con il principio di legalità).


Osservazioni critiche sull'art. 1, co. 1-bis, l. 241/90

Dire che le PA applicano, in principio, il diritto privato non significa che esse svolgono una attività privata in quanto tale azione, pur se retta dal diritto privato, resta una attività di amministrazione pubblica che deve perseguire i fini pubblici e l'interesse generale assegnati dalla legge.

L'opposta tesi (piena soggezione al diritto privato) non convince perché:

si privano i cittadini delle garanzie tipiche del diritto pubblico;

quanto disposto dall'art. 1, comma ter, della l. 241/90: «I soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative assicurano il rispetto dei principi di cui al comma 1» il quale a sua volta stabilisce che «l'attività amministrativa persegue i fini predeterminati dalla legge ed è retta dai criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell'ordinamento comunitario».







Diritto amministrativo comunitario


Indiscutibile importanza (anche) sotto il profilo del diritto amministrativo assunta dal diritto comunitario il diritto amministrativo è sempre più diritto prodotto dalle fonti comunitarie.

Il moltiplicarsi della normativa comunitaria (in particolare dalle direttive e dai regolamenti) incide direttamente ed indirettamente sulla disciplina dell'attività amministrativa a livello interno ma numerosissimi sono i casi di normativa italiana di matrice comunitaria (es: aiuti di Stato, materia dei servizi pubblici e dei pubblici appalti).


Più in generale, la disciplina europea ha introdotto:

nuovo modello di potere pubblico (le autorità amministrative indipendenti);

una nuova funzione (quella regolativi dei mercati);

ha accentuato la rilevanza del mercato e della tutela dei consumatori.


- Esistono campi ed ambiti nei quali situazioni localizzate in Italia costituiscono oggetto di attività e provvedimenti assunti direttamente dagli organi comunitari (esecuzione in via diretta) es.: attività amministrativa sanzionatoria collegata alla concorrenza (volta a rendere effettive regole e divieti su cartelli e monopoli) e attività amministrativa di autorizzazione (in materia di aiuti alle imprese).

- In alcuni settori rilevanti spetta alla Comunità europea, e non più ai singoli Stati membri, stabilire le regole giuridiche ed agli Stati membri spetta applicarle (e dettare eventuali ulteriori regole per applicarle) e svolgere la conseguente attività amministrativa (l'attuazione di regolamenti e direttive spetta agli Stati membri che appunto agiscono adottando atti legislativi ed amministrativi) esecuzione in via indiretta.




I principi costituzionali in materia di Amministrazione


Le disposizioni della Sez. II, Tit. III, Parte Seconda della Cost. si occupano dell'amministrazione ma esse non esauriscono il complesso delle norme costituzionali rilevanti in tema di amministrazione:


Art. 5 Cost. che introduce il principio del pluralismo istituzionale o politico-amministrativo ossia riconosce una pluralità di centri di governo e di amministrazione politicamente autonomi individuati su una diversa scala territoriale.


Art. 28, Cost., che lega direttamente l'amministrazione alla collettività nazionale;


Art. 52 Cost., che espressamente prevede la necessità che l'ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica;


Art. 114 Cost., (novellato dalla l. cost. 3/2001) che introduce il principio della (quasi) equiordinazione e pari dignità istituzionale delle diverse componenti della Repubblica costituita dai «Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato».

Ugualmente rilevanti le disposizioni in materia di servizi pubblici (artt. 32, 33, 38, 41, 43, 47) e di responsabilità (art. 28).



Più modelli di amministrazione

«nessuno dei quali può assurgere al rango di modello principale» (Nigro)


Riconoscimento del principio del decentramento amministrativo da cui deriva la necessità di una redistribuzione delle funzioni politico-amministrative fra i vari centri individuati. La PA non può più considerarsi come amministrazione dello Stato-persona esercitata direttamente dalle strutture dello Stato stesso o indirettamente da altri enti, essendo gli enti territoriali titolari in proprio, per attribuzione costituzionale e per legge, di funzioni amministrative (nuovo art. 118).


Art. 97 Cost. che contiene una riserva di legge mirante a sottrarre l'amministrazione (regolata dalla legge) al controllo politico del governo tipico del periodo storico precedente l'entrata in vigore della Costituzione. Dunque, una amministrazione indipendente dal governo e che si legittima per la sua imparzialità ed indipendenza. Tuttavia, si tratta di una riserva di legge relativa immagine dell'amministrazione né come «braccio esecutivo» del potere legislativo o esecutivo, né completamente autonoma o acefala.


L'amministrazione, quindi, si distribuisce tra Stato, Regioni ed enti territoriali senza che si possa definire unitariamente facendo riferimento all'uno o all'altro livello ma soltanto in relazione alle finalità cui è preordinata (spesso è proprio il livello degli interessi a definire quale sia il livello competente).


La Costituzione, infatti, individua finalità ed obiettivi unitari

come compiti comuni che devono essere perseguiti da parte di tutti i pubblici poteri e ciò comporta una

finalizzazione costituzionale delle funzioni pubbliche

ed in particolare dell'amministrazione che viene

a qualificarsi come quella funzione che organizza e persegue direttamente il raggiungimento di tali scopi comuni.


Dato il pluralismo di soggetti titolari di funzioni amministrative e l'unitarietà dei compiti istituzionali a cui queste sono finalizzate, l'amministrazione emerge nei suoi caratteri funzionali (o oggettivi), indipendentemente dai soggetti e dalle strutture, come l'insieme delle attività variamente preordinate al conseguimento concreto delle finalità comuni desunte dalla Costituzione e poi specificate dai successivi atti di in  indirizzo politico.


Questione del rapporto tra amministrazione, governo e politica

(rapporto con il circuito democratico che si sviluppa attraverso il rapporto Parlamento-Governo e che caratterizza l'amministrazione)


Gli apparati politici (Parlamento e Governo) hanno la funzione, innanzitutto, di individuare quali tipi di interessi non possono essere soddisfatti privatamente dalle persone e richiedono quindi un intervento pubblico e, poi, di stabilire quali tipi di interessi siano da preferire allorquando è necessario procedere a delle scelte. Le scelte mediante le quali certi interessi o certi tipi di interessi finiscono per essere considerati pubblici appartengono al campo della politica e sono il contenuto della funzione di indirizzo politico. Gli apparati amministrativi hanno il compito di attuare gli indirizzi politici anche facendo (ove e se necessario) scelte ulteriori per individuare in concreto gli interessi da soddisfare e, comunque, devono operare materialmente per l'effettiva soddisfazione degli interessi prescelti (ma anche nella garanzia del rispetto degli altri interessi delle persone).


Il Governo, assieme al Parlamento,

esprime un indirizzo che l'art. 95 Cost. definisce come

«indirizzo politico ed amministrativo»


Indirizzo politico definibile come la direzione politica dello Stato e, quindi come quel complesso di manifestazioni di volontà in funzione del conseguimento di un fine unico, le quali comportano la determinazione di un impulso unitario e di coordinazione affinché i vari compiti statali si svolgano in modo armonico.


Indirizzo amministrativo deve essere stabilito nel rispetto dell'indirizzo politico e consiste nella prefissione di obiettivi dell'azione amministrativa.


Nella funzione di indirizzo politico la dottrina inquadra i

c.d. atti politici

ossia quelli in cui si estrinsecano le attività (da svolgere nel rispetto degli interessi canonizzati nella Costituzione) di direzione suprema della cosa pubblica e l'attività di coordinamento e di controllo delle singole manifestazioni in cui la direzione stessa si estrinseca (Sandulli).

Gli atti politici sono dunque quegli atti volti alla formulazione ed attuazione delle scelte mediante le quali si individuano i fini che lo Stato, in armonia con la Costituzione, intende perseguire in un dato momento storico (atti aventi forza di legge, sentenze della Corte Costituzionale, atti formalmente amministrativi ma privi di forza di legge).

Loro caratteristiche sono:

la liberta nel fine;

il numerus clausus,;

l'insindacabilità giurisdizionale (si pongono fuori dall'area del principio di legalità; rispetto a tali atti opera un sistema di controlli e di sanzioni di carattere politico di competenza del corpo elettorale e del Parlamento oltre che il controlli di costituzionalità ove si tratti di atti aventi forza di legge).


L'esigenza di recuperare al giuridico il momento politico ha influenzato anche il diritto amministrativo nel cui ambito è stata elaborata la categoria di

atti di alta amministrazione

(es.: provvedimenti di nomina dei direttori generali delle ASL),

caratterizzati da una estesa discrezionalità, considerati come l'anello di collegamento tra indirizzo politico e attività amministrativa in senso stretto, soggetti alla legge (in particolare al vincolo dell'obbligo di motivazione di cui alla legge 241/90) ed al sindacato giurisdizionale. Può aggiungersi che tale categoria di atti costituisce manifestazione di impulso all'adozione di atti amministrativi, funzionali all'attuazione dei fini della legge.


Difficoltà, dal punto di vista pratico, a distinguere tra atti politici ed atti di alta amministrazione e tra questi e gli atti amministrativi.

L'atto politico «è diretto a realizzare una sintesi di tutti gli interessi della collettività, nel senso che si indirizza verso finalità che trascendono la gestione di settori determinati della PA»,

L'atto di alta amministrazione è caratterizzato «dalla settorialità degli interessi presi in considerazione dall'organo preposto al coordinamento» sicchè sarebbe la generalità degli interessi, coinvolgenti più settori pubblici, che varrebbe a connotare la scelta politica rispetto a quella amministrativa (Galli).

Gli atti amministrativi sono quelli posti in essere da un'autorità amministrativa nell'esercizio di una funzione amministrativa. Nell'ambito di questa categoria assai generica, si distinguono - come vedremo - vari tipi di atti amministrativi tra cui i provvedimenti amministrativi che sono:

atti tipici (sono solo quelli previsti dall'ordinamento) e

nominati (nel senso che a ciascun interesse pubblico da realizzare corrisponde un tipo di atto previsto e definito dalla legge) posti in essere dalla PA e consistenti in manifestazioni di volontà destinate ad incidere unilateralmente nella sfera giuridica dei soggetti cui sono destinati, mediante la costituzione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche.


Spesso, l'ordinamento fa riferimento anche all'indirizzo politico amministrativo svolto dagli organi di governo delle varie amministrazioni e specie di quelli che sono enti esponenziali di comunità territoriali autonomia politico-amministrativa degli enti territoriali.



I Principi Costituzionali della PA


Da quanto detto finora discende che il diritto che riguarda la funzione di amministrazione pubblica - e che deve essere osservato ed attuato da chi esercita tale funzione ossia dalle amministrazioni pubbliche ma in certi casi anche da soggetti privati - ha come suo oggetto peculiare attività che debbono essere svolte al fine di soddisfare concretamente gli interessi dei cittadini e, ancor prima, eventualmente a decidere, operando le scelte preliminari necessarie, quali interessi soddisfare in concreto.

Gli aspetti caratterizzanti di tale diritto sono costituiti da taluni principi generali e da regole più specifiche riconducibili, esplicitamente o implicitamente, alla Costituzione.





Il Principio di legalità


Il principio di legalità esprime l'esigenza che l'amministrazione sia assoggettata alla legge pur se esso, nella sua accezione più lata, si applica non solo all'amministrazione, ma a tutti i pubblici poteri (legge come espressione della volontà generale ed astratta).


Più concezioni del principio di legalità

(il suo significato originario si è arricchito

a seguito della maggiore complessità del quadro istituzionale in cui si inseriscono gli apparati amministrativi e del mutare delle attività che essi sono chiamati a svolgere)

Rimane, però, che lo "Stato di diritto" si caratterizza per la vigenza

del principio del governo della legge nei confronti

di qualsiasi soggetto dell'ordinamento, senza privilegi per nessuno

di questi soggetti, pubblici o privati che siano e, dunque, nemmeno

per le amministrazioni pubbliche.


Prima accezione del principio di legalità (anche da un punto di vista storico) non contraddittorietà dell'atto amministrativo rispetto alla legge (principio della preferenza della legge). Accezione di legalità che corrisponde all'immagine di una amministrazione che può fare tutto ciò che non è impedito dalla legge.


Seconda accezione principio di legalità formale ossia l'esigenza che l'azione amministrativa abbia uno specifico fondamento legislativo. Dunque, non solo il rapporto tra legge ed amministrazione è impostato sul divieto di quest'ultima di contraddire la legge, ma anche sul dovere della stessa di agire, nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge che attribuisce il relativo potere.


Terza accezione principio di legalità sostanziale ossia la necessità che l'amministrazione agisca non solo entro i limiti di legge, ma anche in conformità della disciplina sostanziale posta dalla legge stessa che incide pure sulle modalità di esercizio dell'azione (se, chi quando e come).


Tra riserva di legge e principio di legalità sostanziale esistono molte assonanze ma anche diversità.

La prima attiene al rapporto tra Costituzione, legge ed amministrazione che imponendo la disciplina legislativa in una certa materia delimita l'esercizio del potere normativo spettante all'esecutivo (violazione illegittimità costituzionale). Il secondo attiene al rapporto tra legge ed attività complessiva della PA e, dunque, anche a quella non normativa (violazione illegittimità azione amministrativa).

Ma, a parte tali differenze, è indubbio che imponendo una disciplina legislativa non solo delle condizioni di esistenza del potere amministrativo ma anche delle modalità del suo esercizio, la riserva di legge  finisce con il confondersi con il principio di legalità sostanziale.


Il principio di legalità sostanziale mira a contemperare due diverse esigenze:

1) garanzia e tutela dei diritti (e, dunque, necessità di una disciplina legislativa che penetri all'interno della sfera del potere amministrativo;

2) necessario margine di discrezionalità dell'azione amministrativa.


È impossibile che il legislatore possa prevedere e predeterminare ogni possibile ipotesi o contenuto dell'azione amministrativa ed è quindi inevitabile che (frequentemente) la legge consenta o imponga alle autorità amministrative di valutare la situazione e compiere le conseguenti scelte necessarie.

Quando l'amministrazione si trova nella condizione di potere o dovere scegliere, i poteri di scelta affidati all'amministrazione come autorità, sono finalizzati al miglior conseguimento delle finalità di interesse pubblico istituzionalmente proprie e sono, comunque, soggetti a taluni princìpi giuridici (ragionevolezza, congruità e correttezza) appunto perché la PA gestisce e cura gli interessi della collettività ad essa affidati.


Per gli atti della PA rileva giuridicamente sia come si perviene alle proprie scelte, sia i motivi per i quali essa si compie, in quanto eventuali incongruenze od irregolarità costituirebbero vizi dell'atto.


Ne segue che nella disciplina dei poteri di scelta della PA non si parla di autonomia privata ma di discrezionalità amministrativa ipotesi nelle quali la PA, pur essendo tenuta ad ispirarsi all'interesse generale e specifico, dispone di una certa possibilità di scelta, in quanto la legge non determina dettagliatamente in quale modo l'amministrazione debba orientarsi o regolarsi.


Tale scelta, a seconda dei casi, può riguardare:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; la decisione sull'opportuna stessa di provvedere;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; la decisione sul provvedimento più opportuno;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; la decisione sul momento più opportuno per provvedere;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; la decisione sul contenuto specifico da dare al provvedimento.


La discrezionalità amministrativa, pertanto, implica spesso una previa considerazione dell'interesse pubblico e dei mezzi a disposizione per conseguirlo, cioè una valutazione complessiva dei vari e diversi (ed a volte confliggenti) interessi pubblici coinvolti da una determinata decisione amministrativa. Tale sintesi, peraltro, deve tenere anche in debita considerazione gli interessi privati che non devono essere sacrificati ove non ve ne sia la effettiva necessità principio di proporzionalità

Es: provvedimento comunale di pedonalizzazione del centro storico. Ne risultano coinvolti interessi pubblici (integrità e godimento beni artistici e salubrità ambiente) e privati (rapidità circolazione, maggiori attività commerciale) il nocciolo della scelta discrezionale consiste nella valutazione comparativa al fine di far prevalere ciò che la legge e la razionalità amministrativa impongono con il minor sacrificio degli altri.


Le scelte amministrative discrezionali costituiscono il merito del provvedimento amministrativo che possono essere considerate giuste o sbagliate, opportune o non opportune e che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo. E però avendo l'art. 1 della legge 241/90 trasferito i doveri di economicità ed efficienza dall'ambito metagiuridico a quello delle norme espresse, ha di fatto esteso l'ambito del controllo di legittimità. Posto, infatti, che la PA agisce non per perseguire interessi personali ma nell'interesse pubblico essa deve indicare nell'atto le ragioni di pubblico interesse che sono alla base delle scelte compiute motivazione espressa la cui mancanza si traduce in un vizio del provvedimento (che diventa illegittimo).












Il Principio di Imparzialità


Art. 97 Cost: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione»


Estensione del principio tanto all'organizzazione che all'attività (statale e non statale) e natura precettiva (e non meramente programmatica).


Imparzialità in negativo dovere dell'amministrazione di non discriminare la posizione dei soggetti coinvolti dalla sua azione nel perseguimento degli interessi affidati alla sua cura.


Imparzialità in positivo obbligo di identificare e valutare, da parte della PA procedente, cosicché la scelta finale sia il risultato coerente e consapevole della rappresentazione completa dei fatti e degli interessi in gioco. Quindi, comportamento volto alla realizzazione di un assetto imparziale dei rapporti.


Imparzialità non significa assenza di orientamento dell'amministrazione (dovendo essa perseguire quegli interessi pubblici che la legge determina e predefinisce) ma che l'amministrazione sia posta al riparo da indebite interferenze.


Imparzialità nell'organizzazione e nell'attività e come traduzione, sul piano amministrativo, del generale principio di eguaglianza.


Legato all'imparzialità è il principio della predeterminazione dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni debbono attenersi nelle scelte successive in quanto ciò consente di verificare la rispondenza delle scelte concrete ai criteri previamente statuiti (c.d. autolimite). Ciò è legato al principio della trasparenza disciplinato dall'art. 12, legge 241/90 e trova applicazione, ad esempio, nelle ipotesi di erogazioni pubbliche senza corrispettivo allorché criteri e modalità cui attenersi non siano già stati prefissati dal legislatore, vietando all'amministrazione di poter procedere in via puntuale e concreta senza la previa previsione (in via generale, dei medesimi criteri e modalità.

Sinteticamente, potremmo dire che per trasparenza si intende la controllabilità di tutti i momenti e di tutti i passaggi in cui si esplica l'operato della PA onde garantirne e favorirne l'efficienza e lo svolgimento imparziale.

Le principali articolazioni del principio di trasparenza sono :

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; il principio di pubblicità dell'azione amministrativa;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; il diritto di accesso agli atti ed ai documenti amministrativi;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; il diritto dei privati di partecipare al procedimento amministrativo;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; il principio del contraddittorio (diritto dell'interessato al contraddittorio prima che l'amministrazione prenda un provvedimento negativo nei suoi confronti).


Conclusivamente, può dirsi che l'imparzialità può essere ricondotta a quella particolare caratteristica della PA secondo la quale quando essa opera nel caso concreto per soddisfare interessi pubblici, per come definiti dagli atti di indirizzo politico, essa comunque deve risultare attenta a tutti gli altri interessi che possono venire in rilievo, tanto pubblici (secondari) che privati si che le sue decisioni corrispondano ad una composizione dei diversi interessi in gioco e che sia la più utile possibile per ciascuno di essi (senza scartarne pregiudizialmente nessuno). Gli interessi in contraddizione con l'interesse ritenuto prevalente devono essere sacrificati nella misura minore possibile. Gli altri interessi devono essere conosciuti (attraverso al partecipazione al procedimento) in maniera adeguata.


Il Principio di Buon andamento


Esso impone che la PA agisca nel modo

più adeguato e conveniente possibile


Secondo le più recenti interpretazioni tale principio, riguardando le amministrazioni sotto un profilo aziendalistico, esprime l'esigenza di una amministrazione efficace, efficiente ed economica (nonché in regime di trasparenza e di pubblicità) art. 1, legge 241/90 che, in qualche modo, costituiscono la traduzione dei princìpi costituzionali, diventando veri e propri parametri giuridici dell'attività e dell'organizzazione amministrativa.


Efficienza necessità di misurare il rapporto tra il risultato dell'azione amministrativa e la quantità di risorse impiegate per ottenere quel dato risultato. Richiede, dunque, di raggiungere gli obiettivi prestabiliti impiegando la minima quantità di risorse possibile.


Efficacia Rapporto tra ciò che si è effettivamente realizzato e quanto si sarebbe dovuto realizzare sulla base di un piano o di un programma. Capacità di raggiungere effettivamente gli obiettivi perseguiti.


Economicità per essere economica, la PA deve procurarsi le risorse con il minor dispendio di mezzi.


Efficienza ed efficacia non necessariamente coincidono: una PA che usa pochissimi mezzi potrebbe essere efficiente ma poco efficace, così come una attività efficace non necessariamente è efficiente.

Difficoltà di verifica ed applicazione di tali princìpi per l'attività delle PA.


Il rapporto tra le declinazioni del principio di buon andamento (con la loro tensione verso l'efficientismo) ed il principio di legalità è talvolta molto difficile. Il potenziale conflitto è acuito dall'introduzione di istituti legati ai valori di efficienza e di efficacia in un ambito (quello amministrativo) ancora condizionato dalle esigenze di legalità.

L'amministrazione non è una organizzazione che può essere responsabilizzata solo sui risultati in quanto ciò non è consentito dalla presenza di interessi generali e dall'utilizzo di risorse pubbliche necessità di un contemperamento (quale è il limite entro il quale possono considerarsi applicabili alla PA criteri elaborati con riferimento all'attività imprenditoriale privata?).

Ulteriore contrasto tra trasparenza ed esigenze di efficienza e prontezza dell'azione amministrativa, la realizzazione di queste ultime potendo entrare in contrasto con il dovere dell'amministrazione di rendere visibile e intelligibile la propria azione.



Il Principio di Responsabilità

Art. 28 Cost. I funzionari ed i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili,

secondo le leggi penali, civili ed amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità si estende allo Stato e agli enti pubblici.


Difficile soluzione del problema della responsabilità della pubblica amministrazione trattandosi di conciliare la necessità di tutelare i cittadini di fronte agli illeciti dannosi perpetrati dai pubblici poteri con quella di salvaguardare le pubbliche finanze da risarcimenti insostenibili, causati da interventi capaci di recare pregiudizio a collettività talvolta molto ampie.


Si parla anche di responsabile del procedimento ma l'istituzione di tale figura (art. 4, l. 241/90) non è tanto una applicazione dell'art. 28 bensì risponde all'esigenza di trasparenza e di identificabilità di un contraddittore all'interno dell'amministrazione procedente che sia individuabile e contattabile dal cittadino.  Tale soggetto costituisce una sorta di autorità guida cui la legge attribuisce il compito di gestire l'iter procedimentale dalla fase dell'iniziativa a quella conclusiva. Dunque, tale figura è diretta a:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; consentire agli interessati di venire a conoscenza della sua identità e controllarne l'operato;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; responsabilizzare i dipendenti deputati alla gestione dell'iter procedimentale (fase preparatoria, decisoria ed integrativa dell'efficacia);

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; rendere possibile una gestione unitaria ed organica del procedimento.



Principio di Azionabilità delle Situazioni giuridiche

dei cittadini nei confronti della PA

e Principio di sindacabilità degli atti Amministrativi

Art. 24 Cost. «Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi»

Art. 113 Cost. «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria ed amministrativa. Tale tutela non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti. La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa»


Tali disposizioni costituzionali esprimono l'esigenza che ogni atto della PA possa essere oggetto di sindacato da parte di un giudice e che tale sindacato attenga a qualsiasi vizio di legittimità. Sindacabilità anche degli atti regolamentari che pur provenendo dalla PA non hanno i caratteri tradizionali degli atti amministrativi (puntualità e concretezza).


Come vedremo diffusamente più avanti, secondo la nostra Costituzione, il criterio generale sulla cui base si distingue la competenza giurisdizionale del giudice ordinario e di quello amministrativo (vedi art. 103 Cost.) - il c.d. riparto di giurisdizione - è costituito dal fatto che la controversia da risolvere riguardi un interesse legittimo (TAR e Consiglio di Stato) o piuttosto un diritto soggettivo (giudice ordinario) salvo che per le «particolari materie indicate dalla legge» ove si ha la c.d. giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Fino ad un'epoca molto recente, le due giurisdizioni erano nettamente distinte non solo in relazione alle posizioni giuridiche soggettive da ciascuna tutelate ma anche per il tipo di poteri riconosciuti ad ognuna di esse.

















Princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza

Art. 5 «La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento».

Art. 118, I° comma, «Le funzioni amministrative sono attribuire ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» (sussidiarietà verticale).

Art. 118, 4° comma, «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà» (sussidiarietà orizzontale)


L'art. 5, da taluno considerato come una positivizzazione ante litteram del principio di sussidiarietà, riguarda il decentramento che è figura riferibile a tutti i poteri decisori (non solo amministrativi ma anche politico-legislativi) con ciò implicando la necessità che tali poteri non siano tutti conferiti ad un unico livello.

Il decentramento è fenomeno organizzativo che può assumere forme diverse:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; decentramento burocratico comporta solo il trasferimento di competenze da organi centrali ad organi periferici di uno stesso ente, con le relative responsabilità. Nel caso in cui gli uffici periferici si limitano a compiti preparatori ed esecutivi si preferisce parlare di deconcentrazione.

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Decentramento autarchico se comporta l'affidamento, ad enti diversi dallo Stato, del compito di soddisfare la cura di alcuni bisogni pubblici. Esso può essere previsto a favore degli enti locali, consentendo che la cura di interessi locali sia affidata a enti esponenziali di collettività locali ovvero a favore di altri enti (c.d. decentramento istituzionale).






L'organizzazione amministrativa


L'ordinamento, oltre a riconoscere la soggettività e la capacità giuridica a tutte le persone fisiche, istituisce altri soggetti-persone giuridiche.

Ciò vale anche per le persone giuridiche pubbliche

(enti pubblici)

le quali altro non sono che le persone giuridiche attraverso le quali la PA esplica le sue attività amministrative.


A fronte di nuove esigenze di amministrazione, lo Stato piuttosto che creare nuovi uffici pubblici o attribuire la cura dei relativi interessi a propri uffici preesistenti, ha spesso dato vita a nuovi enti pubblici ossia ad organizzazioni dotare di propria personalità giuridica. Altre volte, lo Stato piuttosto che creare nuovi enti pubblici si è limitato a riconoscere come pubbliche realtà preesistenti volte alla tutela di interessi che esso riteneva, in un dato momento storico, necessario soddisfare (es. IPAB).


Complessità dell'attuale quadro (detipicizzazione degli enti pubblici) e difficoltà a ricavare una nozione unitaria di ente pubblico che valga ad identificarli rispetto agli enti c.d. privati.


Art. 4, l. 70/1975 (c.d. legge sul parastato) «nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto [cioè trasformato in pubblico da apparato o ente privato che era] se non per legge». Epperò talora la legge non dichiara esplicitamente pubblico un ente ma tale qualificazione si può implicitamente ricavare dall'ordinamento.


Indici esteriori La giurisprudenza e la dottrina hanno tentato di risolvere il problema utilizzando tali indici ma nessuno di essi è ritenuto, di per sé, sufficiente (nel loro insieme invece sono considerati idonei) costituzione dell'ente ad opera di un soggetto pubblico, nomina degli organi direttivi da parte dello Stato, esistenza di controlli o di finanziamenti pubblici, attribuzione di poteri autoritativi.


Da un punto di vista teorico, l'elemento essenziale della pubblicità di una persona giuridica va ricercato nella particolare rilevanza pubblicistica dell'interesse perseguito dall'ente, cui è connessa come necessaria la valutazione della presenza di questa nell'ordinamento. Altrimenti detto, l'interesse è pubblico non perché ontologicamente possa definirsi così ma in quanto la legge (atto politico per eccellenza) l'abbia imputato ad una persona giuridica tenuta giuridicamente a perseguirlo l'ente pubblico non può disporre della propria esistenza.


L'ordinamento può ritenere di pubblico interesse la presenza di un soggetto nel mercato enti pubblici economici che operano nel campo della produzione e dello scambio di beni e servizi svolgendo attività prevalentemente o esclusivamente economiche piuttosto che attività autoritative (INA, IRI, ENI, ENEL). La loro attività è retta pressoché esclusivamente dal diritto comune mentre risultano sottoposti al diritto amministrativo essenzialmente gli atti riguardanti le relazioni con gli apparati politici (nomine dei vertici). In realtà, essi sono una categoria in via di estinzione in quanto le recenti tendenze vanno nella direzione di trasformarli in società per azioni (strumento ritenuto più idoneo ai fini della gestione dell'impresa).








Caratteristiche degli enti Pubblici


La qualificazione "pubblica" di un ente comporta una serie di importanti conseguenze giuridiche



Solo gli enti pubblici possono emanare provvedimenti che hanno efficacia sul piano dell'ordinamento generale alla stessa stregua di provvedimenti dello Stato, impugnabili davanti al giudice amministrativo. Potestà legata al concetto di autonomia possibilità di effettuare da sé le proprie scelte che si ravvisa, pur se in guisa molto diversa, in tutti gli enti pubblici.

Diverse accezioni dell'autonomia: autonomia di indirizzo politico, finanziaria, organizzativa, tributaria, contabile.

Spesso si fa anche riferimento al concetto di autarchia possibilità di agire per il conseguimento dei propri fini mediante l'esercizio dia attività amministrativa che ha la natura e gli effetti di quella della PA.


2)   &nb 434b11e sp; Solo agli enti pubblici è riconosciuta la potestà di autotutela amministrativa attribuzione a tali enti della possibilità di risolvere un conflitto attuale o potenziale di interessi ed, in particolare, di sindacare la validità dei propri atti (differentemente dai privati che non possono farsi giustizia da sé).

Caratteristiche dell'autotutela: iniziativa della stessa PA, con un procedimento interno, senza contraddittorio con gli interessati, la PA agisce nel suo esclusivo interesse, l'atto di ritiro è di regola discrezionale, l'autorità che emana il provvedimento di ritiro conserva il potere di decisione in merito all'oggetto del procedimento. La legge 241/90, disciplinando i presupposti dell'autotutela, riconosce oggi carattere generale ai poteri amministrativi di revoca, sospensione, annullamento e convalida degli atti (art. 21). Rimane che le decisioni assunte in sede di autotutela restano provvedimenti amministrativi, sono assoggettare al regime di questi ultimi ed occorre dimostrare l'esistenza di un interesse pubblico attuale all'emanazione dell'atto.


3) Le persone fisiche legate ad un rapporto di servizio con enti pubblici sono assoggettate ad un particolare regime di responsabilità penale, civile ed amministrativa.


4) L'attività che costituisce esercizio di poteri amministrativi è di regola retta dalla norme di cui alla legge 241/90 relativa ai procedimenti amministrativi.



Tipologia degli Enti Pubblici


In ordine alla finalità perseguita:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti con compiti di disciplina di settori di attività;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti con compiti di produzione di beni e servizi in forma imprenditoriale;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti con compiti di erogazione di servizi pubblici.


In base ai poteri attribuiti:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti che possiedono potestà normativa;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti che fruiscono di poteri amministrativi;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti che fanno uso solo della capacità di diritto privato.


In ordine alle modalità con cui si organizza la presenza degli interessati negli organi dell'ente:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti a struttura istituzionale la nomina degli amministratori è determinata da soggetti estranei all'ente.

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; enti associativi nei quali i soggetti facenti parte del corpo sociale sottostante, di cui sono esponenti, determinano direttamente o a mezzo di rappresentanti eletti o delegati le decisioni fondamentali dell'ente (autoamministrazione).


La Costituzione e la legge prevedono gli enti autonomi soprattutto comuni, province, città metropolitane, regioni che costituiscono formazioni sociali entificate cui è costituzionalmente attribuita autonomia di indirizzo politico (nel caso della Regione) e politico-amministrativo (nel caso degli enti infraregionali).

Rientrano nella categoria degli enti autonomi anche le università, le istituzioni di alta cultura e le accademie (che possono darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato).


La legge ha introdotto la categoria delle autonomie funzionali (o enti locali funzionali) università, camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, istituzioni scolastiche, alle quali nell'ambito del riordino delle funzioni amministrative, possono essere conferiti funzioni e compiti statali (non hanno autonomia di indirizzo politico ma godono di una forte autonomia organizzativa).


Un'altra categoria è quella degli enti pubblici economici caratterizzati da scopi e da strumenti peculiari rispetto a quelli tipici degli altri enti pubblici perseguono scopi di realizzazione del pubblico interesse nell'economia di mercato; lo fanno attraverso strumenti privatistici poiché intervengono direttamente nel libero mercato ed operano iure privatorum producendo beni e servizi, commerciando ed agendo con fini di lucro o quantomeno dicopertura dei costi, senza (di regola) finanziamenti fiscali.


Altra importantissima categoria è quella degli enti territoriali (che parzialmente coincide con quella più ampia cui la Costituzione riconosce come dotati di autonomia) comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. Le persone che appartengono a tali comunità territoriali vi appartengono necessariamente per il solo fatto di esservi stanziate.

L'ente è politicamente rappresentativo della comunità ivi stanziata ed opera nell'interesse di essa.

Le funzioni degli enti si individuano soprattutto in ragione del livello territoriale degli interessi stessi e solo essi possono essere titolari di beni demaniali.


Per gli enti non territoriali il territorio costituisce un criterio di delimitazione della loro sfera di azione e di competenza (ordini professionali, camere di commercio) e perseguono interessi settoriali.


Un accenno deve essere fatto alla nozione, di derivazione comunitaria, di organismo di diritto pubblico. L'ordinamento comunitario riserva all'amministrazione degli Stati membri una peculiare disciplina in vista soprattutto della tutela della concorrenza e dei mercati in quanto le PA condizionano il gioco della concorrenza per due ordini di motivi: in quanto soggetto che, attraverso proprie imprese, presta servizi e produce beni in regime particolare e perché in quanto operatore economico detiene una quota di domande e di servizi assai rilevante. Gli organismi di diritto pubblico sono istituiti per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, aventi personalità giuridica e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.





Relazioni e rapporti intersoggettivi

La difficoltà ad individuare criteri univoci e certi per classificare gli enti pubblici si traduce nella difficoltà di individuare le relazioni tra essi intercorrenti e la posizione assunta dagli uni nei confronti degli altri.

In via del tutto generale (e con riguardo ad alcune relazioni intersoggettive tra enti territoriali e altri enti), ricordiamo la situazione di strumentalità strutturale ed organizzativa di un ente nei confronti di un altro nella quale l'ente principale dispone di una serie di poteri di ingerenza (direttiva, indirizzo, vigilanza, approvazione degli atti fondamentali e verifica) nei confronti dell'ente subordinato (Istat, Inps, Inail, CNR, aziende speciali [ente strumentale del Comune]). In linea generale, sono detti strumentali perché perseguono fini ed interessi propri dello Stato e curano attività di sua pertinenza.


Un secondo tipo di relazione intersoggettiva comprende quegli enti dotati di una maggiore autonomia nei confronti dell'ente principale enti che svolgono un'attività che si presenta come rilevante per un altro ente pubblico territoriale. In tal caso dipendenza e strumentalità hanno natura funzionale pur se esse comportano pur sempre una serie di controlli e condizionamento dell'attività (camere di commercio, Siae).


Ci sono poi enti che non si pongono in relazione di strumentalità con lo Stato o con altri enti pubblici territoriali ed il concreto contenuto delle relazioni dipende dal particolare tipo di potere che lo Stato (o altro ente territoriale) può vantare. Si ricordano in particolare:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; poteri di vigilanza figura organizzatoria caratterizzata da poteri di ingerenza (controllo di legittimità di un soggetto sugli atti dell'altro mentre se il controllo è pure di merito si parla di tutela).

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Direzione situazione di sovraordinazione tra enti che implica il rispetto da parte dell'ente sovraordinato di un ambito di autonomia dell'ente sotto ordinato. Strumento tipico sono le direttive determinano l'indirizzo dell'ente lasciando allo stesso la possibilità di scegliere le modalità attraverso le quali conseguire gli obiettivi.


Quelle appena accennate sono relazioni stabili e continuative da cui occorre distinguere invece quelle che possono di volta in volta instaurarsi tra gli enti. In tal caso vengono in rilievo le figure dell'avvalimento e della sostituzione.

Avvilimento utilizzo da parte di un ente degli uffici di altro ente.

Sostituzione istituto mediante il quale un soggetto (sostituto) è legittimato a far valere un diritto, un obbligo o una attribuzione che rientrano nella sfera di competenza di un altro soggetto (sostituito) operando in nome proprio e sotto la propria responsabilità. Le modificazioni giuridiche incidono direttamente nella sfera del sostituito in capo al quale si producono gli effetti e le conseguenze delle attività poste in essere dal sostituto.

L'ordinamento disciplina il potere sostitutivo tra enti nei casi in cui un soggetto non ponga in essere un atto obbligatorio per legge o non eserciti funzioni amministrative ad esso conferite (necessità della previa diffida).



Vicende degli enti pubblici


Costituzione solo per legge o per atto amministrativo sulla base di una legge.

Estinzione essa può aprire una vicenda successoria normalmente disciplinata direttamente dalla legge (o da atto amministrativo basato sulla legge). La legge 70/1975 è stata la prima con cui il legislatore ha proceduto ad un'ampia opera di revisione, classificazione e riduzione degli enti pubblici (quattro categorie di enti: enti necessari, enti non soggetti al parastato, altri enti pubblici, enti inutili).

Modificazione mutamento degli scopi, modifiche territorio degli enti territoriali o modifiche attribuzioni, trasformazione da Epe a ente non economico.

Riordino può comportare l'estinzione o la trasformazione in persone giuridiche private (nel caso in cui gli enti già pubblici non svolgono funzioni o servizi di rilevante interesse pubblico o per il cui funzionamento non è necessaria la personalità di diritto pubblico.


Forte tendenza alla privatizzazione degli enti o alla loro soppressione (art. 11, co. 1, lett. b) e 14 legge 59/97, art. 28, l. 448/2001



La Struttura degli enti pubblici

Come tutte le persone giuridiche, anche lo Stato e gli enti pubblici hanno una propria organizzazione interna i cui elementi basilari sono: le persone, le cose ed i compiti (e le cose sono utilizzate dalle persone che vi operano per svolgere determinati compiti, direttamente o strumentalmente utili alla cura degli interessi dei cittadini).

Attraverso l'organo la persona giuridica agisce e l'azione svolta dall'organo si considera come posta in essere dall'ente. L'organo non è separato dall'ente ma è una componente dell'organismo dell'ente deputata al compimento di attività giuridiche rilevante all'esterno e imputabile all'ente.


Organo strumento di imputazione ossia l'elemento dell'ente che consente di riferire all'ente stesso atti ed attività. Esso va identificato nella persona fisica (o nel complesso di persone) preposto ad un determinato centro di imputazione amministrativa (il contratto stipulato dal dirigente comunale si considera come concluso dal Comune; il provvedimento adottato dal sindaco è un provvedimento del Comune).

Tra persona fisica preposta all'organo ed ente pubblico corre un rapporto giuridico intersoggettivo definito "rapporto di servizio" che sorge con un atto amministrativo o di assunzione (e in casi eccezionali di fatto); esso legittima l'inserimento di una persona fisica al servizio di un ente pubblico. Il rapporto organico invece corre soltanto tra il titolare dell'organo e l'ente; esso è definito come un rapporto di immedesimazione (non giuridico ma organizzativo) per effetto del quale gli atti compiuti dalla persona fisica preposta all'organo si ritengono compiuti dall'organo ed imputati direttamente all'ente di cui l'organo è parte integrante (immedesimazione della persona fisica nell'ente).


Ufficio nucleo elementare dell'organizzazione); esso è il complesso organizzato di sfere di competenze, persone fisiche, beni materiali e mezzi rivolto all'espletamento di una attività strumentale tale da consentire all'organo di porre in essere i provvedimenti per la realizzazione dei fini istituzionali dell'ente. Tra gli altri addetti all'ufficio, si distingue la figura del preposto che, se in situazione di primarietà, è il titolare dell'ufficio (ove questi temporaneamente sia impedito l'ufficio è affidato al supplente; se manca del tutto si ha la reggenza). In linea generale può dirsi che si è in presenza di un organo quando il soggetto ha la veste e la capacità di impegnare l'ente verso i terzi (l'ente entra in rapporti giuridici con altri soggetti), mentre negli altri casi si tratterà di semplici uffici.



Classificazione degli organi


Esistono varie distinzioni.

Organi esterni competenti ad emanare provvedimenti o atti aventi rilevanza esterna. Organi interni competenti ad emanare atti aventi rilevanza endoprocedimentale.

Organi centrali estendono la propria competenza all'intero spettro dell'attività dell'ente. Organi periferici hanno competenza limitata ad un particolare ambito di attività (criterio geografico, di norma).


Organi ordinari, straordinari, permanenti e temporanei.


Organi attivi competenti a formare ed eseguire la volontà dell'amministrazione in vista del conseguimenti dei fini istituzionalmente affidatigli. Organi consultivi rendono pareri. Organi di controllo sindacano l'attività posta in essere dagli organi attivi. La suddetta distinzione rispecchia quella tra attività amministrativa attiva (ha come finalità la cura degli interessi pubblici), attività consultiva (mediante la quale vengono espressi pareri) e attività di controllo (la cui finalità è quella di verificare l'attività amministrativa attiva alla luce di un parametro prefissato).


Organi rappresentativi e non rappresentativi i componenti dei primi vengono o eletti o designati dalle collettività di riferimento.


Organi monocratici il cui titolare è una sola persona fisica; organi collegiali se l'esercizio della funzione è demandato a più persone costituenti un collegio, dotate di pari potere e che debbono operare in seduta comune attraverso una deliberazione (quorum strutturale numero di membri presenti affinché il collegio sia legittimamente costituito; quorum funzionale numero dei membri presenti che debbono esprimersi favorevolmente sulla proposta affinché questa di trasformi in deliberazione).





Relazioni interorganiche

Sotto il profilo delle relazioni tra gli organi (reciproca posizione degli stessi nell'ambito dell'organizzazione) sono possibili i seguenti rapporti:


Gerarchia relazione di sovraordinazione/subordinazione tra organi diversi che si manifesta con un potere di supremazia del primo sul secondo (non esiste una vera e propria separazione di competenza). I poteri caratteristici di tale relazione sono:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; il potere di ordine, direttiva e sorveglianza;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; potere di decidere i ricorsi gerarchici proposti avverso gli atti dell'organo subordinato;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; potere di risolvere i conflitti tra organi subordinati;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Potere di avocazione (per singoli affari, per motivi di pubblico interesse ed indipendentemente dall'adempimento dell'organo inferiore) e di sostituzione (a seguito di inerzia).


Direzione pur essendoci due organi posti in posizione di disuguaglianza, sussiste una più o meno ampia sfera di autonomia in capo a quello subordinato. Potere di direttiva che sostituisce il potere ordinatorio nonché di propulsione e di controllo.


Coordinamento relazione riferita ad organi posti in situazione di equiordinazione e preposti ad attività che, pur dovendo restare distinte, sono destinate ad essere ordinate secondo un disegno unitario.






Il controllo


Trattasi di una importantissima relazione interorganica consistente nella possibilità che un organo sindachi l'operato di un altro organo a fini di prevenzione o riparazione ed a salvaguardia degli interessi su cui è chiamato a vigilare. Il controllo è sempre doveroso nel senso che l'organo chiamato a svolgerlo non può rifiutarsi di esercitarlo.

Più in generale può dirsi che la funzione di controllo è quella che tende ad assicurare che gli organi di amministrazione attiva agiscano in maniera conforme alle leggi e secondo l'effettiva opportunità relativamente al concreto interesse pubblico.

Il giudizio nel quale culmina il controllo è una valutazione di conformità a regole; ne segue che poiché le regole dell'azione amministrativa sono innumerevoli, altrettanto lo sono i possibili giudizi che riguardano le attività delle amministrazioni. Comunque, siccome il giudizio ha come parametro una regola prestabilita, esso può essere di conformità o di difformità alla regola.


Tradizionalmente si distingue tra:


controllo di legittimità: la regola è costituita da norme giuridiche ed il giudizio può essere di conformità o di difformità (totale o parziale) di un atto (o una attività) rispetto ad una norma;

controllo di merito o di opportunità: esso assume come regole quelle della "convenienza amministrativa" e cioè di utilità suscettibili del più vario apprezzamento;

controllo tecnico: ossia a carattere tecnico o scientifico che sono di tanti tipi quante sono le tecniche e le scienze con le quali è possibile misurare le attività amministrative (contabili, finanziari, strategici, di gestione.


Con riguardo all'oggetto del controllo si distinguono controlli:


sugli atti diretti a valutare la legittimità o anche l'opportunità di un singolo atto amministrativo. In tale ambito si distingue tra controlli preventivi rispetto alla produzione degli effetti degli atti condizionandone eventualmente l'efficacia e successivi che si svolgono quando l'atto ha già prodotto i suoi effetti.

sui soggetti diretto a valutare l'operato delle persone fisiche preposte agli uffici o la funzionalità di un organo in quanto tale ad adottare per garantirne il buon funzionamento.

sull'attività diretti a verificare i risultati raggiunti, nei termini di efficienza ed efficacia, dall'attività amministrativa svolta da un certo ente in un certo lasso di tempo. Tale tipo ci controllo si estende ad ogni manifestazione di attività amministrativa ed anche ai comportamenti delle persone (ad es.: valutazione sulla "qualità dei dirigenti"). Dell'attività amministrativa può essere sindacato il contenuto giuridico, economico, tecnico. Anche in tal caso i controlli possono essere successivi ossia hanno di mira i risultati di una attività o di una gestione amministrativa, avendo la finalità di valutare il conseguimento di obiettivi definiti dalle leggo, dai regolamenti, dalle direttive, dai piani o dai programmi secondo i parametri della economicità, efficacia ed efficienza.



Controlli interni ed esterni.


Interni in tal caso i controlli vengono svolti come attività interne dell'organizzazione amministrativa i cui atti od attività sono oggetto di verifica. Sono effettuati da uffici della stessa amministrazione o dello stesso insieme di amministrazioni cui quella appartiene.

Esterni vengono svolti da autorità o organi esterni rispetto all'organizzazione amministrativa i cui atti od attività sono oggetto di verifica.

La distinzione tra controlli interni ed esterni assume rilievo in quanto:


mette in evidenza che il controllo ha i suoi referenti, secondo i casi all'interno o all'esterno dell'amministrazione nel senso che la responsabilità di attivare la misura del controllo compete, rispettivamente, ad un organo dell'amministrazione o a soggetti ad essa estranei;

pone la questione del rapporto che può e deve correre tra controlli interni ed esterni, posto che per ragioni di economia non dovrebbe, in generale, consentirsi che i controlli esterni si svolgano sugli stessi oggetti di quelli interni. Da ciò consegue che i controlli esterni abbiano ad oggetto, salvo casi eccezionali, non già gli stessi atti o attività sui quali si è esercitato il controllo interno bensì il corretto svolgimento del controllo interno (o meglio la sua funzionalità).


Controllo sugli organi


Nel controllo sugli organi la misura è, a volte, la sostituzione (spesso mediante un organo straordinario) all'organo ordinario nel compimento di taluni atti ed altre volte lo scioglimento dell'organo.

Un controllo successivo ed esterno (costituzionalmente previsto) è quello esercitato dalla Corte dei conti anche se la legge 20/1994 ha drasticamente ridotto l'ambito degli atti sottoposti al controllo preventivo di legittimità.


Dalla normativa vigente, emerge il seguente quadro di controlli spettanti a tale organo:

controllo preventivo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato verificando che essi rispettino le norme del diritto oggettivo e siano esenti da vizi di legittimità (provvedimenti emanati a seguito di una deliberazione del Consiglio dei Ministri; atti che hanno una incidenza rilevante sul bilancio, atti c.d. a rischio, atti che il presidente del consiglio richieda di sottoporre temporaneamente a controllo preventivo). Ove il visto venga rifiutato è il Consiglio dei Ministri che con apposita deliberazione se l'atto, per superiori interessi pubblici, debba comunque proseguire il suo corso (le Sezioni Unite della Corte, ove ritengano non essere venute meno le ragioni del rifiuto del visto, appongono il visto con riserva e ne ordinano la registrazione). L'art. 27 della legge 340/2000 ha precisato che il provvedimento diventa esecutivo se entro 60 giorni la sezione di controllo non si pronuncia (salvo che sollevi questione di legittimità costituzionale o conflitto di attribuzione).

Controllo successivo di legittimità

Controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria (esercitato da una speciale sezione della Corte).

Controllo sulla gestione degli enti locali effettuato dalla sezione delle autonomie.

Controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria.

Giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato.


I controlli interni


Evoluzione normativa da una prevalenza di controlli preventivi di legittimità sui singoli atti all'accentuazione di una attività di controllo volta a cogliere e valutare l'attività amministrativa nel suo complesso.

Il D.lgs. 286/1999 (modificando le disposizioni in materia contenute nel d.lgs. 29/1993) stabilisce che le PA, nell'ambito della propria autonomia, debbono istituire i controlli interni dotandosi di strumenti adeguati a:


garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile). Vi provvedono gli organi di revisione (ovvero gli uffici di ragioneria) nonché i servizi ispettivi e quelli con competenze di carattere generale. Tali controlli debbono essere svolti secondo i "principi generali della revisione aziendale" in quanto applicabili alle PA e si dispone, inoltre, che possano essere a carattere preventivo solo nei casi espressamente previsti dalla legge e, comunque, non possono mai essere impeditivi dell'efficacia dell'atto che è rimessa alla esclusiva responsabilità dell'organo da cui l'atto promana.


verificare efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa al fine di ottimizzare il rapporto tra costi e risultati (controllo di gestione). Sono le amministrazioni ad individuare le modalità operative per l'attuazione del controllo di gestione. Il sistema dei controlli di gestione si articola, grosso modo, nelle seguenti fasi: rilevazione degli obiettivi; rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai risultati, valutazione dei dai in relazione agli obiettivi prefissati.


valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale (valutazione della dirigenza) ciò che, peraltro, è necessario per attivare la responsabilità dirigenziale. È svolta da strutture e soggetti che rispondono ai dirigenti posti al vertice dell'unità organizzativa interessata (a loro volta valutati dal Ministro sulla base degli elementi forniti dalla struttura di controllo strategico) e tiene in conto particolarmente i risultati dell'attività amministrativa e della gestione (periodicità annuale). Essa ha ad oggetto i risultati della gestione affidata ai dirigenti nonchè le loro competenze organizzative ossia i comportamenti relativi allo sviluppo delle risorse professionali, umane ed organizzative loro assegnate. Il giudizio di valutazione costituisce il presupposto per l'applicazione delle misure stabilite in materia di responsabilità dirigenziale.


valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti ed obiettivi prestabiliti (Valutazione e controllo strategico). Gli uffici ed i soggetti cui è affidata l'attività di valutazione e di controllo strategico riferiscono in via riservata agli organi di indirizzo politico, sulle risultanze delle analisi effettuate.


Rispetto agli altri controlli, i caratteri specifici dei controlli interni sono:

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; possono riguardare anche elementi come le prestazioni dei dirigenti e l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione degli strumenti di determinazione dell'indirizzo politico;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Si svolgono sulla base di parametri diversi dalla legittimità;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Non hanno efficacia automaticamente paralizzante dell'attività stessa;

-   &nb 434b11e sp;   &nb 434b11e sp; Sono di norma successivi.



Dirigenza ed organi politici


La dirigenza pubblica è stata istituita ed è stata organicamente regolata solo nel 1972 (DPR. 748/1972) attraverso il suo scorporo dalla carriera direttiva.

Il D. Lgs. 29/1993 ha introdotto il principio della netta separazione tra attività di indirizzo politico ed attività di gestione per accrescere l'autonomia ed i poteri gestionali del ceto dirigente.

Punti qualificanti di tale riassetto sono stati:

bipartizione tra dirigente generale e dirigente;

affermazione della autonomia gestionale ed operativa dei dirigenti;

responsabilizzazione del ceto dirigente;

modifica dei criteri di reclutamento e formazione.

La legge 59/97 ha poi inteso sanare una incongruenza presente nella riforma del 1993, ossia la distinzione tra dirigenti, soggetti alla privatizzazione, e dirigenti generali, ancora disciplinati da norme di diritto pubblico. Sulla base della delega contenuta nella legge 59/97 è stato emanato il d. lgs. 80/1998 il cui contenuto è stato riprodotto dal d.lgs. 165/2001.

Da ultimo la disciplina dirigenziale è stata riordinata dalla legge 145/2002 che ha articolato la dirigenza statale in due fasce del ruolo dei dirigenti in ognuna delle quali sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica.

Alla qualifica di dirigente delle amministrazioni statali si accede per concorso, corso-concorso selettivo di formazione e per incarico diretto esterno. In effetti, la legge 145/2002 ha introdotto meccanismi atti ad incentivare la mobilità tra pubblico e privato, prevedendosi altresì un'area della vicedirigenza.

Propria dei dirigenti è la responsabilità dirigenziale che si aggiunge alle altre forme di responsabilità che gravano sui dipendenti pubblici e che sorge allorquando non siano stati raggiunti gli obiettivi o in caso di inosservanza delle direttive imputabile al dirigente. Tale tipo di responsabilità riguarda dunque essenzialmente il mancato raggiungimento degli obiettivi per la valutazione dei quali è essenziale il controllo di gestione. Peraltro, il raggiungimento degli obiettivi rileva anche ai fini del trattamento economico.


Spoil system una serie di incarichi (tra cui il segretario generale) cessano dal loro incarico decorsi novanta giorni dal voto di fiducia al governo.






Che tipo di relazione vi è tra gli organi politici ed il ceto dirigenziale?

Relazione gerarchica o di direzione?

La vigente disciplina stabilisce che gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare, adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni e verificando la rispondenza dei risultati dell'attività svolta, mentre i dirigenti adottano i provvedimenti amministrativi e curano la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa.

Art. 14, co. 1 e 3, d.lgs. 165/2001 il Ministro definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generale per l'attività amministrativa e per la gestione. Tale organo non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare atti di competenza del dirigente. Solo in caso di inerzia o ritardo, il ministro può fissare un termine per provvedere e se l'inerzia permane, o in caso di grave inosservanza delle direttive da parte del dirigente, egli ha il potere di nominare, salvi i casi di urgenza un commissario ad acta.

Gli atti ed i provvedimenti dei dirigenti (preposti al vertice dell'amministrazione) non sono passibili di ricorso gerarchico (fatto salvo il potere di annullamento ministeriale per motivi di legittimità).

Da quanto detto emerge che la relazione tra i due organi sembra debba inquadrarsi nella direzione ossia in quella relazione caratterizzata dalla presenza di due organi posti in posizione di disuguaglianza ma in cui il sottoordinato gode di una sfera di autonomia non comprimibile.

In realtà, parte della dottrina, intende tale relazione non tanto nei termini di sotto e sovraordinazione quanto piuttosto di separazione delle sfere delle competenze (con diverse responsabilità).


I dirigenti preposti agli uffici dirigenziali generali, nei confronti dei dirigenti, definiscono gli obiettivi e attribuiscono le risorse, «dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei responsabili del procedimento», anche con potere sostitutivo in caso di inerzia e decidono sui ricorsi gerarchici contro gli atti ed i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti. Ma anche in questo caso non vi è gerarchia in senso stretto.




I Beni Pubblici


Per svolgere le proprie funzioni ed i propri compiti, le PA utilizzano non solo risorse umane ma anche mezzi materiali.


Tra i beni che appartengono agli enti pubblici una particolare importanza rivestono i beni pubblici che sono assoggettati ad un particolare regime giuridico quanto al loro uso, circolazione e tutela.


Beni demaniali sono tassativamente indicati dalla legge, il loro regime giuridico si rinviene negli artt. 822 e ss. del Codice civile e devono sempre appartenere ad enti pubblici territoriali.

Si distingue tra demanio necessario (demanio marittimo, demanio idrico e demanio militare) di proprietà solo dello Stato ed eccezionalmente anche delle Regioni e demanio accidentale (demanio stradale, ferroviario, aeronautico, acquedotti, beni di interesse artistico ed archeologico) di proprietà anche delle province e dei comuni (cimiteri).

Ulteriore distinzione può farsi tra beni demaniali naturali (che sono tali per natura indipendentemente dall'opera dell'uomo e che sono demaniali per il solo fatto di possedere i requisiti previsti dalla legge) e beni demaniali artificiali (costruiti dall'uomo - vedi una strada - che diventano demaniali nel momento in cui l'opera viene realizzata purchè siano di proprietà dell'ente territoriale).


I beni demaniali sono inalienabili, non sono suscettibili dia acquisto a titolo originario per usucapione, i diritti dei terzi (diritti di servitù) su di essi possono essere costituiti soltanto secondo le modalità tassativamente previste da specifiche leggi, il diritto di proprietà pubblica è imprescrittibile e sono in suscettibili di espropriazione forzata.

La perdita della demanialità può derivare oltre che dalla distruzione del bene, dalla perdita dei requisiti di bene demaniale e dalla cessazione (espressa o tacita ma sempre univoca) della destinazione. La legge può anche sdemanializzare (il bene non è più pubblico perché ha perduto i caratteri di bene pubblico).


Beni patrimoniali indisponibili (art. 826 co. 2 e 3, 830, co. 2, Cc) sono beni che pur essendo preordinati al soddisfacimento, in via diretta, del pubblico interesse non rivestono un carattere tale da richiedere l'assoggettamento al regime speciale dei beni demaniali; possono appartenere a qualsiasi ente pubblico (non solo territoriale) e consistere sia di beni mobili che immobili (esempi: foreste, miniere, cave, torbiere, cose di interesse storico, archeologico, artistico, caserme, armamenti, navi da guerra).

I beni del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano. Da ciò la dottrina ha affermato il principio della alienabilità di tali beni purchè essa non comporti la sottrazione dei beni stessi alla loro destinazione pubblica. Tuttavia alcuni beni indisponibili sono inalienabili (miniere), altri lo sono con permesso amministrativo (i beni forestali).

In materia di espropriazione per pubblica utilità, tale categoria di beni può essere espropriata per perseguire un interesse pubblico di rilievo superiore a quello soddisfatto con la precedente destinazione.


Esistono anche beni appartenenti ad enti pubblici ma che sono assoggettati al regime ordinario di diritto privato patrimonio disponibile (patrimonio mobiliare, comprendente il denaro, gli utensili, il patrimonio fondiario ed edilizio). Trattasi di beni produttivi di reddito per l'ente.


La privatizzazione dei beni pubblici

Essa è tendenzialmente finalizzata a soddisfare esigenze di carattere finanziario e di risanamento del debito pubblico. Però mentre per i beni del patrimonio disponibile il criterio base dovrebbe essere quello costituito dal rapporto spese ricavi, per gli altri occorrerebbe valutare soprattutto il permanere della funzione pubblica da essi svolta.


Infine, i beni di interesse pubblico sono tutti i beni che soddisfano direttamente ed istituzionalmente un interesse pubblico prescindendo dal carattere pubblico o privato del soggetto cui appartengono (esempio: autostrade costruite e gestite da privati concessionari).





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