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MICHELANGELO BUONARROTTI
La formazione e il periodo giovanile
Michelangelo Buonarroti nasce nel
La Centauromachia (1492 circa; Firenze, Casa Buonarroti) esemplifica l'utilizzo
congiunto delle fonti, promosso soprattutto da Poliziano. Probabilmente
suggerito dal grande umanista, il tema ovidiano dello scontro fra centauri e
lapiti viene interpretato da Michelangelo sulla scorta dei sarcofagi classici.
L'opera è tuttavia esente da qualsiasi intento meramente emulativo. Dimostrando
una notevole autonomia e anticipando il motivo principe delle opere successive,
Michelangelo eleva il corpo virile a protagonista assoluto della composizione:
animate da un dinamismo convulso, le figure emergono dal fondo esibendosi in un
ricca casistica di posture. Lo studio dell'antico si accompagna al recupero
della più insigne tradizione figurativa toscana, come dimostrano fra l'altro i
disegni tratti da Giotto e Masaccio. Mentre
Se la matrice neoplatonica rappresenta uno dei poli dialettici entro cui si
sviluppa la poetica michelangiolesca, un altro importantissimo nodo è
costituito dall'insegnamento del predicatore domenicano Girolamo Savonarola.
Pur non avendo intrattenuto rapporti diretti con il frate ferrarese, il
Buonarroti assimila il portato rivoluzionario della sua lezione maturando
quella spiritualità accesa e travagliata che emergerà negli anni della
maturità.
In concomitanza con la cacciata dei Medici da Firenze nel 1494 Michelangelo
raggiunge prima Venezia e poi Bologna, dove soggiorna per circa un anno. Ospite
di Gianfrancesco Aldrovandi - secondo quanto ricordano le fonti - egli si
dedica alla lettura di Dante e intraprende l'attività poetica. A testimonianza
del soggiorno bolognese rimangono le statuette marmoree, realizzate per
l'allora incompiuta Arca di San Domenico nell'omonima chiesa. Il San Petronio,
il San Procolo e soprattutto l'Angelo portacandelabro sono caratterizzati da un
modellato vigoroso, certo debitore dello studio diretto dei rilievi di Jacopo
della Quercia nel portale di San Petronio.
Al gruppo di opere giovanili di soggetto mitologico appartiene anche un Cupido
dormiente (andato perduto). Realizzato con tanta perizia da poter essere
venduto come pezzo d'epoca antica, esso procura a Michelangelo l'interesse del
cardinale Raffaele Riario. Introdotto presso la corte romana del potente
prelato, il giovane compie un proficuo soggiorno nella città eterna
(1496-1501). Probabilmente su commissione di Riario, nel 1496 Michelangelo è
impegnato nella realizzazione della prima scultura a figura intera della sua
carriera, il Bacco ebbro, oggi al Museo nazionale del Bargello di Firenze. La
libertà dimostrata in precedenza nel rapporto con l'antico raggiunge qui Bacco
ebbro uno straordinario risultato, destinato a modificare la concezione della
statuaria quattrocentesca. Ma l'audace ambiguità di un'opera in cui, secondo il
Vasari, Michelangelo riunisce "la sveltezza della gioventù del maschio e
la carnosità e tondezza della femmina" deve apparire eccessiva per i gusti
del cardinale. Rifiutata dal committente, essa viene ceduta al banchiere Jacopo
Galli che la colloca nel suo giardino romano.
Il pezzo più noto di questi anni è comunque
Le opere realizzate per Firenze repubblicana
Alle soglie del nuovo secolo Michelangelo è un artista affermato; prescelto per
alcuni prestigiosi incarichi, egli fa ritorno in patria nel 1501. La sua
presenza al servizio del nuovo governo fiorentino rientra nell'ambito di un
ambizioso progetto teso a riportare la città toscana al centro del dibattito
artistico. L'immediato successo riscosso dal David che Michelangelo scolpisce
fra il 1501 e il 1504 trova il suo fondamento nello spirito che anima la
società fiorentina di questi anni; nei disegni del gonfaloniere Pier Soderini
la promozione culturale doveva essere strettamente connessa alla celebrazione
dei valori civili e morali della Repubblica. Inizialmente destinata al duomo di
Santa Maria del Fiore, l'imponente statua ricavata da un blocco di marmo alto
più di quattro metri - e già abbozzato da Agostino di Duccio nel 1464 - viene
collocata in piazza della Signoria, dinanzi alla sede del potere civico.
Affrontando il tema dell'eroe, il Buonarroti celebra un'umanità titanica
pienamente consapevole delle proprie capacità e della propria centralità nella
storia. Impavidamente concentrato sullo scontro imminente, il giovane
combattente assurge a simbolo degli ideali di un'intera epoca.
Gli intenti sottesi al programma decorativo per il salone del Gran Consiglio di
Palazzo Vecchio sono altrettanto espliciti; esso, infatti, è imperniato sulla
raffigurazione di episodi che ricordano il valore militare di Firenze.
Affiancato a Leonardo da Vinci nell'importante impresa, il Buonarroti inizia i
disegni per la trecentesca Battaglia di Cascina nel 1504. Malgrado non venga
portata a termine, a causa della partenza di Leonardo per Milano e di Michelangelo
per Roma (esistono oggi solo copie parziali dei cartoni preparatori, andati
distrutti proprio per l'accanimento con cui essi verrano studiati dai giovani
artisti), quella che Cellini ha definito "scuola del mondo" segna un
punto di svolta nel passaggio alla maniera moderna. Con evidente richiamo alla
giovanile Centauromachia, Michelangelo sviluppa le sue riflessioni sul tema del
corpo umano e del suo articolarsi nello spazio: quasi bloccati in
un'istantanea, i soldati fiorentini richiamati allo scontro da un improvviso
attacco nemico si dibattono in un vorticoso susseguirsi di gesti e torsioni su
cui l'occhio scivola avvinto dalla frenesia del movimento.
Nonostante una parte dei critici sia oggi incline a restituirgli la paternità
della cosiddetta Madonna di Manchester e della Deposizione di Cristo (en-.
trambe conservate alla National Gallery di Londra) - altrimenti riferite a un
anonimo maestro che prende il nome proprio dalla tavola che raffigura
Durante gli anni fiorentini Michelangelo è attivo principalmente come scultore.
Oltre che al David, all'altare Piccolomini del duomo di Siena e ai tondi Taddei
(Londra, Royal Accademy) e Pitti (Firenze, Bargello), fra il 1503 e il 1504
egli lavora al San Matteo delle Gallerie dell'Accademia di Firenze: la statua
avrebbe dovuto accompagnarsi a quelle degli altri undici apostoli ed essere
collocata nel duomo fiorentino. Lasciata allo stato di abbozzo essa rappresenta
il primo esempio di "non finito" michelangiolesco. Ciò che nella
Centauromachia e nei tondi appena menzionati costituisce uno sfondo scabro e
disomogeneo che agisce in senso chiaroscurale mediando il passaggio alle forme
finite delle figure, nel San Matteo diviene invece una sostanza prevaricante da
cui il corpo possente dell'evangelista si divincola quasi richiamato alla vita
da un torpore primitivo. Affascinante e rivoluzionario, questo modo di
rappresentare il corpo umano mediante energiche contrapposizioni di masse ben
rilevate e tratti appena suggeriti è da porre in diretta relazione con la
cultura neoplatonica: operando per via "di levare", in una drammatica
lotta con la materia lo scultore si limiterebbe a liberare l'idea dal blocco di
pietra in cui è imprigionata.
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