Il termine
barocco è di origine incerta. Secondo la tradizione italiana deriva da baroco,
che nella filosofia scolastica indicava un sillogismo che nasconde una
debolezza di contenuto logico. Nella tradizione francese, il termine baroque
designa un tipo di perla di forma irregolare. L'estetica neoclassica condanna
nel barocco, la mancanza di armonia, la sistematica ricerca del nuovo e del
bizzarro.
Il secolo si apre
con una decisiva svolta antimaterialistica, resa minifesta da due grandi
capiscuola: Caravaggio e Carracci. La rivoluzione naturalistica di Caravaggio
tesa a un'arte che riproducesse la realtà e il veroni tutta la sua forza e
crudezza si contrappone alla linea classicista di Carracci. Con il secolo si
aprì un periodo di intesa sperimentazione. La piena maturazione e la più larga
diffusione del nuovo linguaggio ebbe luogo tra il 3° e 4° decennio del
secolo,con lo scultore e architetto Gian Loreno Bernini. Gli artisti
convergevano in risposta alla richiesta di una committenza esigente e colta.
La nuova poetica
barocca abbandonò l'idea dell'arte come imitazione dell'orine naturale:
puntando sull'illusione, la finzione, il mirabile artificio, l'arte diventava
una seconda realtà. Uno degli aspetti peculiari del barocco è la tendenza alla
fusione delle diverse forme artistiche.
A partire dagli
anni '60 del '600 la carica innovativa del barocco si affievolì e ad esso si
affiancò, il rococo, nato in Francia. Rocaille indicava una particolare forma
di decorazione allora in voga, giocata sull'uso di conchiglie e di materiali multicolori.
Il rococo predilesse l'equilibrio formale,gli eleganti giochi di arabeschi, le
decorazione a stucco degli interni.
Nel '700 si
intensificò in Italia l'afflusso di viaggiatori stranieri, molti dei quali
erano anche raffinati collezionisti. Si diffuse inoltre la consuetudine del
gran tour, cioè del viaggio d'istruzione
che i giovani aristocratici compivano per conoscere altri paesi, in
primo luogo l'Italia.
CARAVAGGIO
Michelangelo Merisi nasce nel 571 a Milano
ebbe un percorso turbolento. A 14 anni rientra nel paese natale e frequenta la
botte del pittore manierista Simone Peterzano; nel 1593 si recò a Roma dove ben
presto iniziò a frequentare la bottega di un pittore che godeva di gran stima
il Cavalier D'Arpino. L'incontro con il cardinale valse a Caravaggio il
completamento della sua educazione e le prime importanti commissioni.
- Le prime prove giovanili ritraggono
figure di coetanei, atteggiati talvolta secondo gli schemi della statuaria
tardo-classica, con accanto frutti, fiori, caraffe di vetro.
- RAGAZZO MORSO DA UN RAMARRO (1594),
c'è un'illusione alla vanità dei piaceri (ciliegie) dietro ai quali sta in
agguato il dolore (ramarro); anche la rosa allude alla caducità della
giovinezza che fiorisce o che è comunque minacciata dalla morte.
- Negli ultimi anni del '500 Caravaggio
abbandona le piccole tele a carattere simbolico e si cimenta ormai alla
pala sacra.
- MARTIRIO DI DAN MATTEO (1599, Cappella
Contarelli, parete sinistra), l'evento storico è tradotto nella
rappresentazione di un omicidio cui assiste lo stesso autore: suo infatti
il volto addolorato del personaggio con la barba sullo sfondo. L'apice del
dramma sacro è nel rapporto tra l'uccisore e il santo steso a terra con le
braccia aperte, entrambi plasmati in una luce sovrannaturale e gravida di
mistero. Questo istante di orrore è premessa simultanea della salvazione:
la destra del santo, levata al carnefice, riceve in quello stesso istante
dall'angelo la palma del martirio.
- SAN MATTEO E L'ANGELO (1601, Cappella
Contarelli, pala d'altare), la prima versione fu rifiutata per un realismo
ritenuto inadeguato alla sacralità del soggetto; Caravaggio propose allora
una seconda versione del tema, ove il rozzo e analfabeta Matteo della
prima versione lascia il posto a un dotto ispirato da un angelo.
- VOCAZIONE DI SAN MATTEO (1599,
Cappella Contarelli, parete destra), Matteo più che funzionario era un
estortore, e per questo nei vangeli è definito peccatore. La tenebra che
avvolge la scena è spirituale, e le monete sul tavolo indicano la
cupidigia degli astanti:due di loro non si accorgono nemmeno dell'arrivo
di Cristo, della luce divina e salvifica che da lui promana
(responsabilità individuale nel tema della salvazione). La scena è
scandita da due gruppi di personaggi: Matteo e i suoi compagni, Cristo e
Pietro. I gabellieri indossano ricchi abiti contemporanei; Pietro e
Cristo, vestono una semplice veste (modello di vita antitetico).
Caravaggio gioca su forti e drammatici contrasti di luce e ombra. Cristo
indica Matteo, il quale appare incredulo ma non si sottrae alla chiamata,
ed è questa la sua salvezza.
- CONVERSIONE DI SAN PAOLO (1601,
Cappella Cerasi), rispetto alla prima versione, più dinamica e composita,
ove Dio stesso appare in una concretissima fisicità, la seconda redazione
risolve la figurazione della divinità in una luce che improvvisamente
irrompe dall'alto, riverberato sul santo dall'imponente dorso del cavallo
scorciato.
BERNINI
Gian Lorenzo Bernini nacque a Napoli ma si
trasferì a Roma con la famiglia tra il 1604- 1605. il primo apprendistato del
giovane si svolse vicino al padre scultore. Lasua educazione continuò con lo
studio dei grandi del Rinascimento e dei pittori moderni. Per il giovane Berini
l'antico era una regola da seguire contro le insidie del vero e l'imperfezione
della natura.
Le commissioni di
gruppi statuari da parte del cardinale Scipione Borghese costituirono le prime
importanti occasioni professionali di Bernini:
- DAVID (1623, Galleria Borghese), va
oltre lo schema manieristico della figura serpentine attraverso una
struttura a spirale che sviluppa l'azione del lancio della pietra. Non c'è
frattura tra lo spazio reale e quello fittizio della statua.
- APOLLO e DAFNE (1622 Galleria
Borghese), traduce in immagine la favola tratta dalla metamorfosi di
Ovidio una meditazione sulla mutevolezza della natura e dell'uomo.
Illustra l'attimo della trasformazione delle morbide membra di Dafne in
dura corteccia e in fronde d'alloro.
- BALDACCHINO di S. PIETRO (1624
Basilica di S. Pietro), Bernini concepì la sua opera in scala monumentale
e disegno una struttura dinamica che assomma in un'unica soluzione
composita architettura scultura e decorazione. Le colonne hanno la forma
delle colonne tortili delle antiche iconostasi con la loro gigantesca mole
le colonne lasciano libera la visone dell'ambiente architettonico
circostante, il colore scuro del bronzo crea un suggestivo contrasto con i
pilastri bianchi e dritti della cupola. Sopra le colonne 4 angeli dai
quali si dipartono le volute a dorso di delfino.
- MONUMENTO FUNEBRE (1628 Urbino VIII,
Nicchia destra dell'abside di S. Pietro) l'artista unificò il monumento
commemorativo e il monumento sepolcrale. Urbino benedicente è seduto sul
trono; ai lati del sarcofago sono poste le raffigurazioni della carità e
della giustizia, al di sopra lo scheletro della morte, a grandezza
naturale, nell'atto di scrivere l'epitaffio di Urbano VIII a lettere
d'oro. Il monumento, ricco di effetti luminosistici, rappresenta l'archeo
tipo della tomba barocca
Innocenzo X
successore di Urbino VIII ebbe l'intenzione di servirsi il meno possibile degli
artisti prediletti di Urbano VIII. Tuttavia consapevole del valore di Bernini
si avvalse di lui per realizzare la fontana dei fiumi.
- FONTANA dei FIUMI (1648, Piazza
Navona), luogo deputato a rappresentare il nuovo ruolo direttivo della
famiglia Pamphili.
- ESTASI di S. TERESA (1647 Cappella
Cornaro , Federico Cornaro) il fulcro di tutta la composizione è la
mistica esperienza della riformatrice carmelitana, l'estasi, l'unione
suprema con cristo: Bernini tradusse qui quel turbamento spirituale che
Teresa D'Avila aveva descritto nelle opere letterarie. Il gruppo poggia
sopra una nuvola sospesa a mezz'aria. I membri della famiglia Cornaro,
affacciati ai palchetti laterali della cappella sembrano veri spettatori.
Bernini realizzò quest'opera come un grande quadro vivente: chi guarda può
avere visione di una divina rivelazione ed essere testimone di una
realistica e convincente esperienza religiosa.
Durante il papato
di Alessandro VII Bernini riacquistò la piena responsabilità dei lavori di S.
Pietro le opere principali sono:
- PALAZZO MONTECITORIO (1650) per la
famiglia Pamphili. La forma della facciata è leggermente convessa inoltre
la dilatazione delle ali laterali è sintomo di una nuova visione dello
spazio che tende all'ampliamento prospettico e che diverrà elemento
fondamentale del linguaggio architettonico Berniniano.
- PIAZZA S. PIETRO (1656) Bernini
affrontò problemi di carattere liturgico e psicologico per la
realizzazione di quest'opera. La piazza doveva essere un ampio spazio atto
ad accogliere i fedeli convenuti per ricevere la benedizione papale data
simbolicamente a tutto il mondo; per questo motivo la loggia della
benedizione doveva essere ben visibile a tutti e la forma stessa della
piazza doveva esprimere l'universalità di tale funzione. Bernini progetto
un primo spazio trapezoidale inquadrato da due ali piene e divaricate
verso la facciata e un secondo spazio ovale antistante in forma di
colonnato libero, che vede due esedre
e l'asse trasversale segato dall'obelisco e da due fontane.
- SANT'ANDREA AL QUIRINALE (1658), in
Sant'Andrea la pianta ellittica che dilata illusionisticamente l'ampiezza
viene utilizzata dal Bernini in senso trasversale cioè con l'asse maggiore
parallelo all'entrata, la stessa soluzione era stata utilizzata nel
Collegio de Propagada Fide. Inedita risulta invece la scelta di
posizionare pilastri proprio all'estremità dell'asse trasversale. La
cappella maggiore è lo spazio principale della chiesa. Essa è inquadrata
da un edicola, affiancata da coppie di colonne scanalate in marmo verde
per ciascun lato. Al di sopra del timpano spezzato dell'edicola si trova
la suggestiva rappresentazione dell'ascensione di Sant'Andrea; egli vola
nel regno dei cieli, nella cupola animata da cherubini reggenti una
ghirlanda. La luce irrompe dalle finestre e dalla lanterna. All'esterno un
robusto cornicione abbraccia l'intera struttura: su di esse terminano le
volute che controbilanciano le spinte della cupola. Il cornicione
poggiando su due colonne ioniche determina in facciata un'elegante
edicola, dominata dallo stemma dei Pamphili, quasi un pronao avanzato per
accogliere il passante e invitarlo ad entrare. I potenti pilastri corinzi
che chiudono lateralmente la facciata hanno la funzione di cerniere, punto
d'innesto fra il cilindro della chiesa, il pronao e i muri.
- MONUMENTO DELLA BEATA LUDOVICA
ALBERTONI (1671 San Francesco a Ripa), l'angusta imboccatura della
cappella crea l'effetto di un boccascena accentuando così il parallelo con
una situazione teatrale. Anche l'illuminazione, che fa affiorare la figura
dalla penombra, è chiaramente impiegata in senso iconografico. L'intera
composizione è studiata per un punto di vista unico, predisposto
accuratamente da Bernini. Bernini sceglie di raffigurare il momento in cui
la beata passa dalla vita terrena a quella puramente spirituale: la donna
è presentata agonizzante sul suo letto di morte, il busto sorretto da
cuscini e il capo riversa all'indietro. Il volto e il gesto della mano
destra sottendono che la fede può rendere la morte simile a un sensuale
abbandono, se viene vissuta come totale annullamento in Dio. La luce
direzionata soffonde sul corpo della donna il trascorrere della luce
reale, impalpabile metafora del procedere terreno della vita.
BORROMINI
Francesco Borromini
a Bissone nel 1599 e morto suicida a Roma nel 1667 era assillato dall'ansia del
perfezionismo. Dopo ave lavorato a Milano si recò a Roma intorno al 1620.il suo
primo lavoro di scalpellino si svolse in San Pietro, in seguito l'architetto
Carlo Maderno, ne riconobbe le qualità e gli affidò l'esecuzione dei disegni di
architetture della basilica. Dopo la morte di Maderno, Borromini dovete
competere con il Bernini. Nel 1631 i due artisti lavorarono insieme in San
Pietro.
- SAN CARLO ALLE QUATRO FONTANE (1638),
le idee di base sono: sia la ricerca si un ritmo dinamico, reso dalla
disposizione delle colonne abbinate, sia il taglio degli angoli
dell'ottagono sostituiti con curvature convesse. Nel progetto della chiesa
Borromini usa un metodo medievale basato sulla regola della
triangolazione, che consiste nel dividere una configurazione geometrica
coerente in sotto unità geometriche. La pianta è ellittica. All'interno
della chiesa Borromini esprime tutta la carica rivoluzionaria della sua
innovativa concezione dello spazio: la compressione e dilatazione dello
spazio percepito immediatamente dall'occhio indotto a seguire l'ondulato
procedere del robusto cornicione. Tale procedere è accentuato da colonne
di un unico ordine di dimensioni spettacolari. Il vano ellittico sembra
scaturire dall'incontro di direttrici i forze opposte, provenienti
dall'esterno verso l'interno e viceversa, che producono un continuo
susseguirsi di piani concavi e convessi. Movimento e mutamento non sono
per Borromini segni di imperfezione, perché un universo vivente deve
potersi muovere e mutare. La cupola non è direttamente innestata sul corpo
della chiesa ma è raccordata da una zona di transizione a pennacchi. Nella
decorazione della volta interna della cupola si nota un'estrema libertà inventiva
che culmina nel disegno complesso dei cassettoni ottagonali,
esagonali,cruciformi ei quali filtrala luce piena e intensa della
lanterna. Essi diminuendo via via di dimensioni accentuano l'effetto di
fuga prospettica verso l'alto. Nella facciata Borromini associa un ordine
piccolo a uno gigante, essa viene così distinta nettamente in due parti,
superiore e inferiore. L'episodio più caratterizzante è la nicchia
centrale con la figura di San Carlo inquadrata dalle ali di due cherubini.