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Medioevo

storia



Medioevo


Periodo della storia europea successivo al declino dell'impero romano d'Occidente. Convenzionalmente se ne fa coincidere la fine con la "scoperta" dell'America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492; altrettanto convenzionalmente si fissa anche la sua data d'inizio nel 476, anno in cui venne deposto Romolo Augustolo, ultimo sovrano dell'impero romano d'Occidente.

Il termine indica un periodo compreso tra altri due: in questo caso l'età antica e quella moderna. Esso comparve per la prima volta nel titolo di un'opera del 1688 dello storico tedesco Christoph Keller (o Cristoforo Cellarius), ma, a quanto pare, era stato coniato dall'umanista Flavio Biondo nelle Historiarum ab inclinatione Romanorum imperii decades, opera scritta verso il 1450 e pubblicata nel 1483, per indicare il periodo di barbarie, di stasi, di oscurantismo che, secondo l'autore, aveva fatto seguito agli splendori della classicità e al quale ora il movimento dell'Umanesimo poneva termine per dare avvio a una nuova era di alta civiltà.



Questa concezione del Medioevo come fase di oscurità è durata a lungo nella cultura moderna, ma nel XX secolo la storiografia più avvertita ne ha denunciato l'inconsistenza, non solo rivelando la ricchezza di innovazione e di elaborazione culturale che si è venuta sviluppando tra il V e il XV secolo, ma più in generale indicando nella fase chiamata Medioevo periodizzazioni molto diverse, talvolta più lunghe e talaltra molto più brevi, a seconda degli aspetti storici presi in considerazione. Una sola dimensione rende omogeneo tutto il periodo: in quel millennio è nata l'Europa così come noi la intendiamo. Occorse l'intero periodo per convertire tutte le popolazioni che l'abitavano al cristianesimo e perché esse, dall'Atlantico agli Urali e dal Mediterraneo al Circolo polare artico, dessero vita a espressioni culturali distinte a cui si attribuirono in seguito le identità nazionali.

Il nome convenzionale tuttavia viene ancora adottato per comodità terminologica, ma la sua genericità lo rende poco utile. Per questo il periodo così designato viene sempre più spesso suddiviso in almeno due grandi sottoperiodi: Alto Medioevo (V-X secolo) e Basso Medioevo (XI-XV secolo). Per praticità conviene inoltre distinguere nel Basso Medioevo tra i secoli XI-XIII e XIV-XV.

Dopo alcune incursioni razziatrici, tra le quali rimase famosa quella dei visigoti di Alarico, che saccheggiarono Roma nel 410, nel V secolo d.C. si insediarono all'interno dei territori occidentali dell'impero romano, che già avevano perso importanza rispetto a quelli orientali, alcune tribù germaniche provenienti da oltre l'Elba. Poiché erano nomadi, non coltivavano la terra e soprattutto erano pagani e non possedevano l'uso della scrittura, questi popoli erano definiti, con parola greca, "barbari". Questo termine viene comunemente adottato ancora oggi per indicarli in genere, con riferimento al periodo precedente alla conversione al cristianesimo di ciascun popolo.

Le popolazioni germaniche introdottesi nell'impero, spesso con il beneplacito ufficiale dell'imperatore, vi crearono tra il IV e il VI secolo dei "regni": gli angli e i sassoni in Britannia; i vandali nella penisola iberica meridionale; i visigoti in Gallia e in Spagna; i franchi e i burgundi tra la Gallia e il Reno; altri sassoni, gli svevi e i bavari lungo il Reno; gli ostrogoti in Italia. In poco tempo l'autorità imperiale perse valore e nell'assetto della società si introdussero molte caratteristiche sociali e giuridiche proprie della civiltà tribale germanica. Tuttavia a loro volta i conquistatori assorbirono alcuni aspetti fondamentali della civiltà alla quale si erano sovrapposti: tra questi vi furono l'adozione della lingua latina per i documenti scritti e la conversione alla religione cristiana, dapprima nella versione ariana (grazie all'opera di proselitismo svolta dal vescovo goto Ulfila, primo traduttore della Bibbia in una lingua volgare, nel IV secolo), ma poi, a cominciare dai franchi e dai longobardi, in quella cattolica, che 121g63b nella persona del vescovo di Roma (cioè il papa) garantiva la sacralizzazione dell'autorità regia, spesso anche in contrapposizione con gli imperatori d'Oriente (vedi Impero bizantino) e con il patriarca di Costantinopoli.

La nascita di tali regni romano-barbarici non diede comunque vita a strutture stabili di governo e lo sviluppo politico ed economico non superò ambiti locali. Le grandi vie di commercio furono interrotte, anche se, come affermano alcuni storici moderni, l'economia monetaria non scomparve del tutto, soprattutto in ambito mediterraneo. Al termine di un processo già avviato negli ultimi secoli dell'impero romano, le dimensioni di questi regni aumentarono e i contadini liberi cominciarono a dar vita a insediamenti stabili, lavorando le terre in cambio di protezione per conto dei guerrieri divenuti vassalli dei re: fu questo l'inizio del feudalesimo. Sul continente l'asse dell'attività economica si spostò nelle campagne e quindi le città dell'Occidente entrarono in una fase di decadenza, conservando unicamente alcune funzioni amministrative e religiose, quasi ovunque identificate con la sede vescovile.

Solo il Mediterraneo e le sue coste, soprattutto grazie alla potenza bizantina, conservarono inalterata la vivacità degli scambi e delle attività commerciali, mantenute in vita, a partire dal VII secolo, anche dagli arabi. Sulla spinta dell'Islam, costoro nel giro di un paio di secoli si impadronirono di tutte le coste meridionali del Mediterraneo, della Sicilia e di grandissima parte della penisola iberica (giungendo a penetrare nelle Gallie, dove furono fermati a Poitiers dai franchi di Carlo Martello, ormai convertiti, nel 732) e trasferirono sul mare le abilità mercantili sperimentate da millenni nei deserti.

Nella parte orientale continuò a garantire i traffici l'impero bizantino, che nel VI secolo, con le guerre greco-gotiche, aveva ripreso il pieno controllo anche delle coste adriatiche e ioniche dell'Italia, stabilendo poi una situazione di coesistenza abbastanza pacifica con gli arabi. Entro questo quadro, le città costiere della penisola italiana non persero mai un certo ruolo, dapprima come parti dell'impero bizantino, e poi, alcune, arrivando a imporre una propria autonomia come Repubbliche marinare.

La lunga dominazione araba su terra europea esercitò una certa influenza sulla lingua e la conduzione agronomica di quelle regioni. Notevole fu inoltre il contributo dato dagli arabi di Spagna all'arte della navigazione, alle scienze e alla filosofia europee.

La sola istituzione presente in modo quasi omogeneo in Europa nei secoli successivi alla scomparsa dell'impero era la Chiesa. Tuttavia non si trattava dell'organizzazione monolitica di oggi. Svanita l'amministrazione imperiale, dopo il V secolo i vescovi, che venivano eletti dalla comunità dei fedeli - coincidente di fatto con quella dei cittadini maschi - detenevano un grande potere autonomo, di natura non solo religiosa ma anche amministrativa e politica, mentre il papa, quale vescovo di Roma ed erede del primo apostolo Pietro, godeva solo di un predominio formale sui suoi pari. Il vuoto di potere lasciato dall'impero venne colmato quindi dall'autorità della Chiesa, in particolare da quella dei vescovi: nelle città era il vescovo ad amministrare la giustizia, a costruire le mura e a provvedere alla difesa dei cittadini.

Un'articolazione molto importante della Chiesa nelle campagne era costituita dai monasteri. Di importanza fondamentale per la civiltà europea fu l'ordine monastico fondato da Benedetto da Norcia all'inizio del VI secolo e diffusosi nei secoli seguenti in tutta l'Europa occidentale. I benedettini ebbero un ruolo eccezionale sia nel convertire al cristianesimo popolazioni ancora pagane (come gli angli e i sassoni, a opera di san Bonifacio), sia nel mantenere viva la confessione cattolica sotto le incursioni barbariche. Il monachesimo occidentale, a differenza di quello prevalente nella Chiesa d'Oriente, che era di preferenza contemplativo, si dedicava con uguale passione al lavoro.

Furono i monaci a introdurre, tra il VII e l'XI secolo, importantissime innovazioni nella coltivazione dei campi: dalla rotazione triennale all'aratro pesante, dall'uso del cavallo bardato a quello dell'acqua e del vento come fonti di energia per la molitura. Le abbazie divennero spesso centri feudali che dominavano ampie aree territoriali, con numerosi servi della gleba, e gli abati (o, nel caso degli ordini monastici femminili, le badesse) potenti signori feudali. Nei travagliati secoli dell'Alto Medioevo il rango vescovile e quello abbaziale, divenuti molto ambiti, cominciarono ad avere contenuto più politico che religioso, fino a corrompersi e a richiedere drastiche riforme.

Dopo l'abolizione dell'autorità imperiale in Occidente a opera di Odoacre nel 476 d.C., l'Italia centro-settentrionale fu invasa dagli ostrogoti (già convertiti da Ulfila) di Teodorico il Grande, cui si deve una prima sistemazione di tipo feudale del territorio e un coraggioso, ma fallito, tentativo di integrazione giuridica e culturale tra conquistatori germanici e popolazioni soggette. Cacciati i goti dall'Italia al termine delle guerre greco-gotiche, nel VI secolo, l'impero d'Oriente riuscì a ripristinare il proprio controllo su gran parte delle coste, ma il resto d'Italia, dalla Pianura Padana alla Campania, fu sottomessa dai longobardi.

Questi si convertirono al cattolicesimo solo sotto la regina Teodolinda, all'inizio del VII secolo, ma diedero ai loro domini, suddivisi tra i guerrieri più forti e prestigiosi con il titolo di duchi, un assetto feudale che sarebbe durato a lungo. Al contempo la loro conversione, tesa a dare una parvenza di sacralità al regno anche di fronte alle pretese bizantine, conferì ulteriore prestigio al papa; quando però insorsero contrasti tra i re longobardi e il papa, nell'VIII secolo, quest'ultimo si rivolse per aiuto ai franchi, nel frattempo anch'essi convertitisi al cattolicesimo. Infine, nel 774, Carlo, re dei franchi, che sarebbe passato alla storia con il nome di Carlo Magno, detronizzò Desiderio e si fece incoronare re dei franchi e dei longobardi. Restarono autonomi soltanto i ducati di Spoleto e di Benevento.


Nel IX secolo, quindi, la dinastia franca dei Carolingi, messasi dapprima al servizio del papa per trionfare sui longobardi e poi servendosene per rendersi definitivamente autonoma dall'impero bizantino, unificò il mondo cristiano occidentale, restaurandovi una sola fonte di legittimazione della sovranità: il Sacro romano impero, che sarebbe durato ben mille anni, dall'800 (data dell'incoronazione di Carlo Magno da parte del papa Leone III) al 1806. Questa consacrazione legittimava il potere imperiale agli occhi di tutti i vassalli del re franco, ma al contempo sanciva definitivamente il primato del vescovo di Roma rispetto agli altri vescovi occidentali, in competizione soltanto - per il primato sull'intera cristianità - con il patriarca di Costantinopoli, consacratore dell'imperatore d'Oriente.

Dalla morte di Carlo Magno l'impero, subito suddiviso tra i suoi eredi, non riuscì più a riconquistare una vera unità territoriale e politica, conteso com'era tra particolarismi feudali ed ecclesiastici e talvolta apertamente contestato dai re più potenti. Esso tuttavia rappresentò per secoli, insieme e in concorrenza con il papato, il cemento ideale della cristianità europea in quanto distinta e contrapposta sia agli infedeli musulmani sia, dopo lo "scisma d'Oriente" - ossia la separazione per motivi teologici e politici tra il papato e il patriarcato di Costantinopoli, consumatasi nell'XI secolo -, ai cristiani d'Oriente, o ortodossi.

 Gli ordini monastici svolsero un ruolo fondamentale nella conservazione del sapere classico: una delle attività principali dei monaci era proprio la trascrizione dei testi classici, che venivano copiati e annotati con glosse esplicative negli scriptoria dei monasteri e quindi conservati nelle loro biblioteche. Vennero redatte opere a carattere universale, come le Etymologiae (623) di Isidoro di Siviglia. Alla base del sapere vi era però naturalmente la Bibbia e la teologia era considerata la scienza più importante, alla quale erano subordinate tutte le altre discipline scientifiche, che venivano in genere coltivate con un rigoroso rispetto dell'autorità degli antichi, alimentando così l'impressione di una mancanza di innovazione propria della civiltà medievale.

 Le sedi della civiltà altomedievale erano il castello del cavaliere investito di un beneficio feudale, il monastero e la città fortificata sede vescovile. Le lotte tra questi poteri per il dominio sui territori circostanti, che coinvolgevano imperatori, re e papi, si succedevano senza posa, complicate dalla confusione giuridica, tipica del feudalesimo, tra patrimonio personale e giurisdizione pubblica. In quelle tre sedi si svilupparono concezioni sociali e culturali diverse. Nel castello si formarono le premesse della cultura cavalleresca, fortemente impregnata di umori germanici, mentre nel monastero si coltivò la tradizione classica e biblica. Moltissime città cominciarono a sviluppare, con le fiere periodiche e i mercati permanenti, un ruolo di centro di attività artigianali e di sede di scambio commerciale, che man mano divenne scambio anche di idee e di cultura, in grado di approdare a un profondo rinnovamento con la creazione, tra le altre corporazioni e accanto alla "scuola cattedrale" del vescovo, della Universitas di maestri e allievi.

Attraverso i capolavori letterari che furono prodotti allora e nel secolo seguente, il Basso Medioevo fu il periodo che fornì alla mentalità e all'immaginario moderni tutti gli ingredienti che vengono ritenuti caratteristici dell'intera civiltà medievale: il castello, il monastero, la cattedrale, il cavaliere, la dama, il menestrello, il crociato, il mercante ecc.


Il borgo medievale fu il vero crogiuolo in cui vennero a fondersi molti ingredienti del profondo rinnovamento della vita europea tra il X e il XIII secolo: la curia vescovile con la cattedrale, le botteghe artigiane, il mercato, gli studi notarili, gli organi di autogoverno delle corporazioni, le università. Tra questi fattori, il più dinamico fu certamente il mercato, che portò a un intenso sviluppo della prosperità e della potenza di varie città italiane, francesi, fiamminghe, tedesche e inglesi in età comunale.

Sulla spinta dello sviluppo delle città, tutti e tre i grandi poteri medievali - impero, papato e monachesimo - subirono, tra il X e l'XI secolo, un profondo processo di riforma, teso a correggere le storture che li affliggevano e a fronteggiare la continua instabilità. La riforma dell'impero (renovatio imperii) fu opera della dinastia degli Ottoni (fine del X secolo) che riuscì a far trionfare formalmente il concetto della supremazia imperiale sui poteri feudali, anche se non eliminò del tutto la riottosità dei vassalli, che si espresse più volte con le armi nei secoli seguenti. Gli Ottoni giunsero a restaurare perfino il legame del potere imperiale con la tradizione romana e ad arrogarsi la facoltà di nomina dei vescovi per costituirne un ceto di propri funzionari al governo delle città, sottratto perfino al potere papale. Imposero infatti sul soglio pontificio monaci di propria scelta e quindi loro fidi, contribuendo così però anche a svincolarlo dalle beghe delle famiglie romane che avevano ridotto il papato a un potentato qualsiasi, corrotto e privo di autorità.

La riforma dell'ordine benedettino, anch'esso gravemente corrottosi nelle lotte feudali, partì in quegli stessi anni dal monastero di Cluny, come ritorno al più rigoroso rispetto della regola benedettina e rivendicazione di una completa autonomia dai poteri feudali. I cluniacensi, imitati qualche tempo dopo dai cisterciensi, influenzarono anche la stessa gerarchia ecclesiastica, contribuendo decisamente, con l'appoggio di papa Gregorio V, a promuovere la riforma della Chiesa.

Di questa importante opera fu però massimo protagonista, nell'XI secolo, papa Gregorio VII, il quale non esitò a ingaggiare con gli imperatori svevi la lunga lotta per le investiture (che terminò nel 1122 con il concordato di Worms tra l'imperatore Enrico V e il papa Callisto II), cercando appoggio nel movimento dei liberi Comuni a nord e nei normanni a sud. Fatto rispettare dalla gerarchia il rango papale, Gregorio riuscì anche a stroncare per parecchio tempo i comportamenti corrotti (simonia e concubinato) che si erano diffusi in seno al papato. Tra l'XI e il XII secolo, per opera soprattutto di Alessandro III, il potere papale venne reso autonomo, mediante l'elezione da parte dei parroci cardinali di Roma, a loro volta nominati dal papa, senza interferenze né da parte dell'aristocrazia romana né da parte dei poteri laici. Benché ciò non abbia successivamente impedito a imperatori e re di tentare più volte, talora con successo, di stabilire il proprio controllo sul papato, magari mediante il ricorso ai concili, questo principio resta oggi ancora valido.


Uno dei principali frutti di questo rinnovamento fu il movimento delle crociate, iniziato alla metà dell'XI secolo. Pur avendo come unico scopo ufficiale la liberazione del Santo Sepolcro dalla dominazione dei turchi selgiuchidi, che avevano soppiantato i più miti arabi in Palestina, in esso confluivano molteplici motivi: l'aspirazione cluniacense a piegare tutta l'esistenza al servizio di Cristo, quella dei cavalieri feudali a cimentarsi in grandi imprese eroiche al servizio di alti ideali, l'interesse dei papi a spostare le ambizioni e le mire di imperatori e re verso mete diverse dalle contese per il controllo della gerarchia ecclesiastica, quello dei ceti mercantili e delle Repubbliche marinare a stabilire collegamenti sicuri con il Mediterraneo orientale - porta dell'Asia attraverso la quale giungevano in Europa merci che consentivano lautissimi guadagni - mediante l'instaurazione colà di principati cristiani.

Grazie a questa intensa e contrastata opera di rinnovamento, l'XI e il XII furono secoli di grande fervore culturale. Le scuole cattedrali e quelle monastiche furono affiancate dalle prime università, corporazioni di docenti e allievi, in gran parte originariamente di provenienza monastica, che consentirono la diffusione degli strumenti del sapere anche tra i laici. Si intensificò la ricerca filosofica e teologica e godettero di rinnovato interesse gli studi di medicina e di diritto; si diffusero in Europa i testi scientifici e filosofici arabi, tradotti in latino. Nell'XI secolo venne istituita l'Università di Bologna, la più antica d'Europa, rinomata per lo studio del diritto canonico e del diritto romano, e due secoli dopo la Sorbona, primo nucleo dell'Università di Parigi.

La ripresa economica e sociale iniziata intorno al Mille e proseguita nei due secoli seguenti condusse alla nascita di un nuovo ceto sociale urbano, la borghesia, formatasi con la trasformazione dei borghi medievali in veri centri urbani e con lo sviluppo delle attività artigianali e commerciali, imperniate sulla circolazione delle merci e del danaro. I membri del ceto borghese, perlopiù artigiani e mercanti organizzati nelle corporazioni di arti e mestieri, arricchitisi, iniziarono ad aspirare al controllo del governo cittadino e a rivendicare la propria autonomia dal signore feudale e dal vescovo. In alcune regioni dell'Europa questo fenomeno portò alla nascita dei Comuni, che tra l'XI e il XII secolo si rafforzarono e intrapresero una dura lotta contro il potere imperiale, che andò a intrecciarsi con la lotta per le investiture da un lato e con quella degli imperatori della dinastia degli Hohenstaufen contro i propri feudatari ribelli dall'altro.

Anche nelle campagne si producevano mutamenti, in parte provocati dai progressi introdotti nelle colture e nell'allevamento e in parte dall'intensificazione dei rapporti con le città. Aumentarono i casi di famiglie contadine legate alla terra che ne conquistarono il pieno diritto limitandosi a versare al proprietario-feudatario una parte, sia pur cospicua, del raccolto (primo passo verso la mezzadria) o addirittura un affitto in danaro, liberandosi dagli obblighi. Non pochi villani, perlopiù giovani e intraprendenti, lasciavano la campagna e si avventuravano in città a imparare un mestiere in una bottega artigiana, affrancandosi così dalla servitù della gleba e contribuendo alle aspirazioni corporative all'autogoverno cittadino.

Il sistema feudale, che si fondava sulla sacralità del potere, era tuttavia scosso anche da una ventata di contestazione religiosa, sia tra i cavalieri insofferenti del ruolo di vassalli, sia tra i borghesi delle città ribelli al vescovo-conte, sia - soprattutto - tra i villani, che erano coloro che più soffrivano del giogo feudale. Si crearono così tra l'XI e il XIII secolo dei movimenti definiti ereticali dall'autorità ecclesiastica, in quanto si richiamavano ad aspetti e interpretazioni del Vangelo (spesso di origine orientale) che non coincidevano con quelli predicati dai pulpiti.

La setta dei bogomili, affermatasi nei Balcani, si disperse qua e là per l'Europa per ricomparire in seguito sotto altri nomi e organizzazioni. I catari si diffusero soprattutto in Provenza, con il nome di albigesi, guadagnandosi il favore delle stesse corti locali. Il movimento della Pataria ebbe un ruolo essenziale nella nascita e nella difesa del Comune di Milano, godendo del sostegno di Anselmo da Baggio, prima che diventasse papa con il nome di Alessandro II. I dolciniani, seguaci di fra Dolcino, vennero sterminati all'inizio del XIV secolo dopo aver messo in allarme, in quasi tutta la Valle Padana, sia il nascente mondo borghese sia il feudalesimo con il loro esempio di comunione dei beni e delle donne.

 Uno dei valori evangelici predicati con più insistenza dai movimenti ereticali era il pauperismo, il richiamo all'esempio di povertà di Gesù, che esercitava un grande fascino su un'Europa che assisteva ai primi sfarzi delle corti e cominciava ad assaporare il gusto del denaro e delle merci che esso metteva a disposizione. Per difendere il cattolicesimo dalla minaccia delle eresie, sorsero nel XIII secolo due nuovi ordini monastici, del tutto diversi dal modello benedettino, ma altrettanto decisivi per il rinnovamento e il rafforzamento della Chiesa di Roma: i francescani che basavano la loro regola sulla povertà, ma predicavano l'obbedienza alla gerarchia e all'ordine costituito e i domenicani che osservavano il totale rispetto dei dogmi papali e predicavanola lotta all'eresia. Entrambi quindi rinunciavano, in via di principio, ai benefici feudali e si piegavano a una totale obbedienza alla Chiesa. I domenicani, la cui prima impresa fu la crociata contro gli albigesi tra il 1209 e il 1229, promossero subito dopo lo strumento dell'Inquisizione.


Con il trionfo dell'autogoverno delle città, lo sviluppo autonomo di alcune potenti monarchie, l'ampliamento dei commerci a tutto il Mediterraneo, il ridimensionamento del potere universale dell'impero, la penetrazione del cristianesimo e del sistema feudale a est dell'Elba e dei Balcani, durante il XIII secolo l'Europa aveva ormai assunto un altro volto. Pur non avendo perso del tutto il prestigio di grande istituzione universalistica, il Sacro romano impero si era ormai ridotto a esercitare una reale giurisdizione soltanto su una parte dei territori germanici, che d'altronde pullulavano di città libere, le più potenti delle quali crearono la Lega anseatica. Nel resto dell'Europa occidentale si formavano e si scontravano tra di loro, per ragioni territoriali e dinastiche, regni sovrani come quelli di Francia, Inghilterra (che giunsero a definire le rispettive sovranità soltanto dopo la lunga e sanguinosa guerra dei Cent'anni), Portogallo, Castiglia, Aragona, Navarra, Napoli e Sicilia ecc.

 L'intensificazione degli scambi con l'Oriente in seguito ai successi veneziani nel trattare con i nuovi padroni del Mediterraneo meridionale, i turchi selgiuchidi succeduti agli arabi, portò, oltre all'arricchimento delle città, anche a contagi epidemici. Nel XIV secolo in tutta l'Europa occidentale infuriò la peste, immortalata da Boccaccio nel Decameron, che sterminò circa un quarto della popolazione del continente. Ma ciò non impedì l'ulteriore sviluppo degli scambi sia commerciali sia culturali.

Il papato, continuamente oggetto delle lotte ingaggiate dai sovrani per ottenerne il controllo, finì per gran parte del XIV secolo sotto l'egemonia dei re di Francia con la cattività avignonese; in seguito, fissata di nuovo la sede a Roma, continuò a essere dilaniato da contese ecclesiologiche che nascondevano in realtà le ambizioni politiche e territoriali di sovrani stranieri e signori italiani. Il grande scisma d'Occidente contrappose, dal 1378 al 1417, a un papa un antipapa, che si scomunicavano l'un l'altro contestandosi la legittimità dell'elezione e godendo dell'appoggio dei potenti a seconda delle convenienze politiche, territoriali e dinastiche, ma anche provocando un grandissimo fermento di idee sulle fonti dell'autorità papale e sulle forme di organizzazione della Chiesa, che in seguito contribuì fortemente, con i residui dei movimenti ereticali e gli apporti dei sistemi filosofici classici, ai fermenti della Riforma protestante. In seguito allo scisma, il papato si ridusse - sulla base del patrimonio territoriale enormemente ingranditosi nel IX secolo dall'epoca della "donazione di Sutri" (728) - anch'esso a stato regionale, entro una logica di potere temporale che rischiò di sminuire, fino ad annullarlo, il prestigio della cattedra di Pietro. In Italia e in Germania molte città libere si vennero trasformando in signorie, che a partire dal XIV secolo, ampliando i propri domini, si eressero pian piano in stati regionali con titolo feudale accordato perlopiù dall'imperatore, ma talvolta anche dal papa. Anche in Europa orientale, con la penetrazione del cristianesimo - di obbedienza cattolico-romana a nord e greco-ortodosso al sud - sorsero così il regno di Polonia e quello d'Ungheria, il ducato di Pomerania a opera dei cavalieri teutonici sulle rive del mar Baltico, l'impero bulgaro più a sud. Più a oriente, i variaghi (vedi Normanni) crearono dei principati di osservanza ortodossa da cui sarebbe sorto, come erede di Bisanzio, l'impero russo. Anche nella penisola scandinava i territori da cui erano partiti i conquistatori normanni e variaghi si avviarono a diventare regni stabili sotto re elettivi convertiti al cristianesimo. Nella penisola iberica fece passi decisivi, dopo la battaglia di Las Navas de Tolosa (1212), la lunga Reconquista condotta contro gli emiri-califfi di Cordova dai regni di Portogallo, di Castiglia e d'Aragona, che si sarebbe conclusa nel 1492, lo stesso anno della scoperta dell'America, con la definitiva cacciata degli arabi dal territorio europeo.

Le vicende dei regni iberici assunsero nel XV secolo un notevole rilievo, in quanto la Reconquista e il dominio catalano-aragonese sul Mediterraneo occidentale contribuirono a far sì che anche questa parte dell'Europa venisse investita da nuove ondate di scambi commerciali e culturali. Di queste novità, e delle innovazioni introdotte nell'arte marinara da genovesi e veneziani, si giovò il principe portoghese Enrico il Navigatore, alla metà di quel secolo, per spingere le proprie navi sulle rotte atlantiche lungo le coste dell'Europa e dell'Africa, che non erano mai state percorse da navi cristiane. I principali stati regionali italiani fioriti a partire dalla fine del XIV o inizio del XV secolo, continuamente contesi tra dinastie che si appoggiavano a loro volta a grandi sovrani d'oltralpe, furono, secondo la loro definizione feudale vigente alla fine di questo periodo, il Ducato di Savoia, la Repubblica di Genova (dominatrice nel Tirreno e fino al XIV secolo rivale di Venezia per il Mediterraneo orientale), il Marchesato del Monferrato, il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia (dopo la quarta crociata, del 1202, dominatrice, direttamente o indirettamente, di tutto il Mediterraneo orientale e dei traffici con l'Oriente), il Ducato di Ferrara, il Ducato di Urbino, la Repubblica di Lucca, il Granducato di Toscana, lo Stato Pontificio, il Regno di Napoli, il Regno di Sicilia e il Regno di Sardegna.

 In tutti questi organismi statali si sviluppò, con il recupero della cultura giuridica romana, un progressivo abbandono, non privo di conflitti interni, delle strutture feudali a vantaggio di organizzazioni di tipo laico, fondate su milizie mercenarie, burocrazie professionali, codici di leggi scritte, moneta propria. Sull'esempio delle signorie italiane, tutte le corti divennero culla di dibattito intellettuale e di creazione artistica, che, pur nel culto della lingua latina, ricorrevano sempre più spesso ai linguaggi "volgari" che man mano assumevano dignità di lingue nazionali.

Pur senza rinnegare mai il patrimonio cristiano e in taluni casi cercando anzi di dargli nuovo vigore di fronte all'impallidimento del messaggio evangelico nella prassi quotidiana della curia papale e delle gerarchie ecclesiastiche, furono sempre più numerosi i chierici e i laici che si interrogarono sulle fonti dell'autorità e sulle forme migliori di organizzazione della società e dei regni. Comparavano perciò sempre più spesso la tradizione dei secoli precedenti con i modelli proposti dagli scrittori della classicità greca e romana, dei quali si andavano riscoprendo i testi conservati nelle biblioteche monastiche. Fuori dalle istituzioni ecclesiastiche e corporative, che costituivano la sede canonica del dibattito nel Medioevo, ne nacque, con base in Italia, un movimento generale di "laicizzazione" della cultura e della ricerca che avrebbe preso il nome di Umanesimo.

Tra i molti aspetti del rinnovamento umanistico riveste una particolare importanza quello determinato dalla lunga vicenda del grande scisma d'Occidente, che dilaniò l'Europa cattolica tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo, ma che dal punto di vista ecclesiologico e politico ebbe ripercussioni molto più lunghe e profonde. Vari sovrani nazionali, infatti, sull'esempio di quanto aveva fatto Marsilio da Padova alla metà del XIV secolo a favore di Ludovico IV il Bavaro, contestavano l'elezione del pontefice da parte della stessa gerarchia nominata dal suo predecessore, al fine di mettere in causa la legittimità stessa sia della gerarchia cattolica sia dello stesso papa. La discussione portava a richiamare questo o quel passo delle Scritture a fondamento di concezioni diverse. Ciò comportò un più diffuso ricorso alla lettura dell'Antico e del Nuovo Testamento (vedi Bibbia), dapprima nella versione latina canonica, detta Vulgata, di san Gerolamo e quindi addirittura sugli originali aramaico, ebraico e greco.

Ciò era condannato dalla Chiesa, che riservava l'interpretazione delle Scritture alla gerarchia, vietando quel che veniva definito il "libero esame". Poiché in gioco era la stessa autorità papale sui singoli sovrani, il riformatore John Wycliffe, a sostegno del re d'Inghilterra contro la Chiesa di Roma, giunse a tradurre la Bibbia in inglese, facendola divulgare dai suoi seguaci lollardi: per questo motivo il concilio di Costanza (1414-1418), ponendo fine allo scisma, ordinò di riesumarne il corpo e di metterlo al rogo. Il boemo Jan Hus fu invece messo al rogo da vivo, in quanto autore di opere teologiche contrarie alla Chiesa di Roma, ma soprattutto scritte in lingua ceca. Sia l'uno che l'altro ebbero grande influenza su Martin Lutero, il quale, sotto la protezione del duca di Sassonia, nel secolo seguente produsse, con la traduzione della Bibbia, la prima opera letteraria del tedesco moderno.

La diffusione delle traduzioni della Bibbia, assicurata dalla riproducibilità dei testi scritti in libri stampati, in seguito all'invenzione dei caratteri mobili per la stampa da parte di Johann Gutenberg (1456), costituì una formidabile spinta all'affermazione delle lingue nazionali e quindi all'autoidentificazione delle nazioni europee. Inoltre, la pratica del libero esame incoraggiò l'affrancamento della riflessione culturale, non solo dall'autorità ecclesiastica, ma da qualsiasi autorità precostituita, contribuendo a diffondere la cultura tra la borghesia e a scompaginare i rigidi schemi della scolastica. Questa tendenza filosofica, di cui era stato massimo esponente il domenicano san Tommaso d'Aquino, integrava tra loro due autorità: quella della rivelazione cristiano-giudaica giunta attraverso le Sacre Scritture secondo l'interpretazione ufficiale della Chiesa e quella del sistema logico e metafisico di Aristotele, conosciuto dapprima attraverso le opere dei grandi dotti arabi del XII secolo, come Averroè e Avicenna, e quindi direttamente. La corrente che si era opposta alla scolastica, rappresentata principalmente dal francescano Guglielmo di Occam e combattuta anche con le armi del diritto canonico, intendeva invece sottoporre a vaglio critico ogni verità consegnata dalla tradizione. Su questa base si sviluppò il pensiero dei secoli seguenti.









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