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Mazzini, Giuseppe (Genova 1805 - Pisa 1872), uomo politico, patriota e rivoluzionario italiano

storia



Mazzini, Giuseppe (Genova 1805 - Pisa 1872), uomo politico, patriota e rivoluzionario italiano, uno dei principali sostenitori dell'unità d'Italia.

La sua formazione politica maturò nell'ambiente familiare e nella lettura delle opere dei giacobini francesi e del poeta Ugo Foscolo. Il fallimento dei moti del 1820-21 orientò e incentrò la sua riflessione sugli ideali di patria e libertà. Affiliato nel 1827 alla Carboneria, contribuì a rafforzarne l'organizzazione cospirativa in Liguria, Toscana e Lombardia fino a che, nel 1830, non venne arrestato a Genova in seguito a una delazione. Dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere in attesa di processo, al momento della scarcerazione gli fu imposta dalle autorità la scelta tra il confino e l'esilio. In questo periodo operò il distacco dalla Carboneria e cominciò a delineare un nuovo progetto di unità nazionale, da realizzare con il consenso di tutta la popolazione italiana.

Mazzini: La giovine Italia

Gli ideali di "uguaglianza, libertà e umanità", qui citati sulla copertina del periodico di propaganda della Giovine Italia, furono alla base del movimento fondato da Giuseppe Mazzini a Marsiglia nel marzo 1831, con lo scopo di aggregare quelle forze che lottavano per la costituzione in Italia di una 111c21b repubblica indipendente e unitaria. L'associazione si disgregò dopo il fallimento della spedizione garibaldina in Savoia nel 1834 e si sciolse definitivamente nel 1848.

Scelto l'esilio, si recò prima in Svizzera e quindi a Marsiglia dove fondò la Giovine Italia (1831), associazione politica che si poneva come obiettivo l'educazione del popolo in vista di un'insurrezione generale, che portasse a un'Italia unita, repubblicana e democratica. Attraverso il periodico della Giovine Italia propagandò le sue idee finalizzate a superare il modello rivoluzionario delle sette, da lui giudicate elitarie, a favore di una più ampia adesione popolare al moto risorgimentale: i concetti di popolo e di nazione furono al centro della sua analisi politica, che si sviluppò in direzione della scelta repubblicana. Per un breve periodo la sua attività clandestina tra i fuoriusciti italiani lo avvicinò al rivoluzionario Filippo Buonarroti e alle sue organizzazioni politiche, da cui tuttavia dovevano in seguito separarlo forti divergenze sul piano ideologico.



Nel 1833 Mazzini fece opera di propaganda fra i soldati dell'esercito sardo, ma il complotto venne scoperto e vi furono decine di arresti e numerose condanne a morte. Una seconda azione rivoluzionaria, basata sull'intervento di un esercito di volontari che avrebbe dovuto penetrare in Savoia passando dalla Svizzera, fallì nel 1834 e lo stesso Mazzini venne condannato a morte in contumacia. La Giovine Italia subì un duro colpo ma Mazzini, per il quale gli ideali patriottici si fondevano con quelli religiosi, era ormai certo che il popolo fosse il depositario della provvidenza divina e che il raggiungimento dell'unità nazionale dovesse essere solo il primo passo verso un'Europa composta da nazioni libere, democratiche e repubblicane. Ispirato da questi princìpi, ampliò il proprio obiettivo e unendosi ad altri rivoluzionari stranieri fondò a Berna la Giovine Europa (1834).

Nel 1835 pubblicò il saggio Fede e avvenire, in seguito più volte ristampato, che rappresenta un importante manifesto teorico delle sue idee. Alla fine del 1836 dovette lasciare la Svizzera, dove si era rifugiato, e si trasferì a Londra, dedicandosi a studi letterari, all'attività di giornalista e conferenziere, e organizzando scuole per i figli degli emigrati italiani. Il soggiorno londinese fu decisivo nella maturazione del suo pensiero politico, che si aprì alla questione sociale, assumendo i diritti dei lavoratori tra i punti di forza della sua lotta, come teorizzò negli scritti raccolti sotto il titolo I doveri dell'uomo: sintesi del pensiero mazziniano, l'opera ebbe grande fortuna.

Mazzini: L'attuazione degli ideali mazziniani

Nel biennio rivoluzionario 1848-49 Mazzini, dopo un soggiorno in Francia dove fondò l'Associazione nazionale italiana, fece ritorno in Italia per partecipare insieme con Carlo Cattaneo al movimento patriottico di Milano, quindi per dar vita a un governo democratico a Firenze e dirigere poi la breve esperienza della Repubblica Romana, durante la quale prese parte con Aurelio Saffi e Carlo Armellini al triumvirato che governò Roma fino al 30 giugno 1849, quando la Repubblica dovette arrendersi all'esercito francese. Nuovamente costretto a fuggire si ritirò in Svizzera, dove nel 1850 fondò un'associazione patriottica europea chiamata Comitato democratico europeo, insieme con l'ungherese Lajos Kossuth e il francese Ledru-Rollin. Rientrò quindi a Londra nel 1851, da dove continuò a organizzare l'opera di propaganda per l'indipendenza e l'unità italiana attraverso l'associazione Friends of Italy. Diede il suo appoggio all'insurrezione antiaustriaca scoppiata nel Regno Lombardo-Veneto tra la fine del 1852 e l'inizio del 1853, il cui fallimento costò la vita a molti patrioti (vedi Martiri di Belfiore): a questa ennesima sconfitta Mazzini reagì fondando il Partito d'azione, tramite il quale ispirò e appoggiò alcuni tentativi insurrezionali, tra cui la spedizione di Carlo Pisacane in Campania.

Nel 1857, recatosi a Genova, cercò con un colpo di mano di impadronirsi di un deposito di armi, ma l'azione venne scoperta e gli fruttò una seconda condanna in contumacia. Mazzini riparò nuovamente a Londra e allo scoppio della seconda guerra d'indipendenza, pur deprecando l'alleanza franco-piemontese (vedi Accordi di Plombières), che a suo giudizio asserviva l'Italia allo straniero, invitò il popolo a combattere contro l'Austria. Nel 1860 raggiunse Giuseppe Garibaldi a Napoli, nell'infruttuoso tentativo di spingerlo a continuare l'impresa dei Mille e liberare Venezia e Roma. Di nuovo in esilio a Londra, nel 1864 partecipò alla fondazione della Prima Internazionale, ma presto si trovò in aperto contrasto con le tesi di Karl Marx e se ne allontanò; egli esercitò una forte influenza nelle società operaie italiane che si stavano organizzando all'inizio degli anni Settanta, e al cui interno era rappresentata una forte corrente repubblicana che si ispirava al pensiero e all'azione di Mazzini.

Nel 1870 organizzò e condusse personalmente una spedizione militare per liberare Roma, che nelle sue intenzioni doveva partire dalla Sicilia: fermato a Palermo, venne incarcerato a Gaeta; uscì poco dopo grazie a un'amnistia, ma fu di nuovo costretto all'esilio, prima a Londra e poi a Lugano. Stabilitosi in Italia nel 1872 sotto il falso nome di dottor Brown, trascorse i suoi ultimi giorni a Pisa, circondato dagli amici a lui più vicini.



Mazzini: Il pensiero politico


Mazzini subordinava il concetto di Patria a quello più ampio di Umanità, auspicando che il concetto di nazione sarebbe stato superato a favore di una federazione fra i popoli europei che, da un lato, avrebbe permesso la rimozione delle tensioni internazionali sanando le ferite nazionaliste e, dall'altro, avrebbe permesso lo sviluppo anche dei popoli più poveri. La nazioni sarebbero dovute giungere a questo nuovo assetto geopolitico spinte dalla comprensione della "legge morale" a cui tutte sono soggette. Il pensatore democratico intravedeva già negli anni '30 come la vecchia idea d'Europa, nata a Vienna nel 1914, non potesse reggere al progredire impetuoso della Storia. In tale considerazione vi è una consonanza con il filosofo tedesco Hegel che, nel 1831, affermava che in breve tempo l'Europa avrebbe ceduto il primato agli Stati Uniti. Contrariamente ad Hegel, che intendeva le nazioni in una naturale e reciproca competizione, Mazzini le considerava necessariamente cooperanti in nome dell'Umanità di cui ogni singola nazione è parzialmente manifestazione.

Contrariamente a Machiavelli , Mazzini si interessa alle nazioni in quanto popoli e non stima i "principi" che le guidano poiché, come ha detto Fançois Mitterand , "Sono le nazioni, qualora ne siano in grado a fare grandi i propri governanti".

Come molto acutamente è stato osservato, «le concezioni di Rosmini e Gioberti sono dominate dall'idea di tradizione; il pensiero di Mazzini è dominato dall'idea di progresso. Ma l'apparente antitesi delle due concezioni, e l'aspra polemica che su di essa s'impernia, non riescono a celare la loro identità d'ispirazione: il progresso stesso è la tradizione ininterrotta del genere umano, come la tradizione non è che il suo progresso incessante. Tuttavia accentuare, come fa Mazzini, il concetto di progresso implica una differenza importante dal punto di vista pratico-politico; giacché significa far servire l'idea della tradizione al fine della trasformazione della società e delle istituzioni anzicché al fine della loro conservazione» (N. Abbagnano). Giuseppe Mazzini (1805-1872) è stato definito appunto «apostolo di una nuova era», nuova sia dal punto di vista storico-politico che da quello religioso. Su quali presupposti filosofici egli fonda il suo ideale? «Dio è Dio e l'umanità è il suo profeta». Tra Dio e l'umanità non c'è abisso: l'umanità è l'«incarnazione» di Dio, incarnazione continua, incessante. Essa, nel suo sviluppo, manifesta e compie la legge di Dio, la legge divina del progresso storico, al di là degli obiettivi immediati delle volontà individuali. Essa, insomma, è la vera «testimone» di Dio e «la sola interprete della legge di Dio sulla terra». La Storia, pertanto, non è solo storia umana, ma anche, e soprattutto, storia divina: è il progressivo compimento del regno di Dio sulla terra attraverso l'opera dell'uomo. Il compito dell'uomo, pertanto, è di secondare consapevolmente l'azione che attraverso di lui la Divina Provvidenza attua nel corso degli eventi. Come può l'uomo attingere la verità, cioè conoscere la direzione, individuare gli obiettivi della sua azione? Ricorrendo alla «coscienza» e alla «tradizione». Infatti nella coscienza si può cogliere la volontà divina e nella tradizione si può riscontrare già il suo parziale compimento. Esse sono quindi i soli criteri per la verità, purché usati in modo coordinato: infatti la coscienza individuale, isolata in se stessa, porta all'anarchia, mentre la tradizione, da sola, induce all'immobilismo e al dispotismo. E che cosa indicano coscienza e tradizione? La Rivoluzione Francese ha concluso quel moto storico verso l'affermazione dei «diritti dell'uomo» in quanto individuo. L'epoca post-rivoluzionaria apre ora il discorso, secondo il Mazzini; dei «doveri dell'uomo» cioè quelli connessi al fatto che l'individuo, reso ormai sovrano, per progredire ulteriormente deve «aprire» la sua esistenza, allargare il suo essere fino ad identificarsi con la realtà mistica dell'umanità. Se dunque finora egli ha conquistato la sua libertà, ora deve lottare per la «libertà» e per il «progresso» dell'Umanità. Ciò egli può fare agendo all'interno delle «sfere» della «famiglia» e della «nazione», entro cui solo l'individuo può perseguire «il perfezionamento morale di se stesso e d'altrui», o, per dirla in modo diverso, «il perfezionamento di se stesso attraverso gli altri e per gli altri» Chi concepisca la vita in tal modo, sentirà evidentemente d'avere una missione da svolgere. «La vita è una missione»; essa dev'essere guidata da una sola legge, quella del «dovere», che indica, quale scopo degli individui come dei popoli, l'impegno costante al loro riscatto da ogni schiavitú, alla realizzazione cioè della libertà, con la quale si compie il progresso dell'umanità verso una nuova società umana che realizzi in sé il Regno di Dio. La costituzione dell'unità politica dell'Italia è per Mazzini, dunque, un dovere «religioso», un obiettivo prossimo perché gli italiani vivano come nazione, superando ogni oppressione e divisione e realizzando la loro libertà; ossia è una tappa imprescindibile nel cammino verso la realizzazione dell'Umanità. Bisogna che gli individui rinuncino alla loro sovranità per riconoscersi in quella della Nazione, realtà super-individuale che sola può dare senso e direzione «superiore» all'azione individuale. Il vero sovrano dunque deve essere il Popolo, che, in quanto realtà collettiva, è il luogo d'azione della forza della Provvidenza con cui Dio guida e regola il corso del mondo. Solo identificandosi col Popolo l'individuo acquista coscienza del Fine religioso della storia, e del compito che egli, insieme agli altri, ha da realizzare concretamente, in un dato momento storico, per l'attuazione di quel Fine. In quanto caratterizzato da un compito «religioso» il Popolo è realtà religiosa. E lo Stato, ossia la sua organizzazione politica, non può non avere una funzione religiosa. Una politica senza una religione è un assurdo. Sicché assurdo è il concetto di Stato laico, o addirittura di Stato ateo. Lo Stato deve infatti assumersi l'onere di unificare il Popolo intorno alla sua missione e di promuovere cosí l'educazione progressiva verso la perfezione individuale e collettiva. In tal senso esso deve essere una Chiesa. Dati questi presupposti, era inevitabile che Mazzini si opponesse alla visione materialistica della storia quale delineata da Marx e da Engels, e contestasse l'azione della Prima Internazionale. Quella visione, a suo giudizio, negava proprio i tre elementi fondamentali della sua concezione: Dio, patria e proprietà. Senza Dio, l'umanità, a suo giudizio, procederebbe senza una legge, e pertanto non potrebbe attuare alcun progresso; i popoli non avrebbero un disegno complessivo in cui inscrivere la loro opera, e gli individui sarebbero abbandonati ai loro impulsi sensibili, che sono variabili e incoerenti, preda del loro arbitrio, fiduciosi solo nella loro forza, e senza timore per alcuna sanzione. Negare la patria, poi, significherebbe privarsi di un imprescindibile «punto d'appoggio» per il compimento del progresso, per il perfezionamento dell'uomo. Senza patria non v'è modo di rendere concreto il progresso, di assumerlo come fine individuale e collettivo. Sopprimere infine la proprietà individuale implicherebbe estinguere ogni incentivo alla produzione. L'uomo tenderebbe solo alla sua sopravvivenza, e non mirerebbe al suo benessere, né a quello della collettività in cui vive. La proprietà, sostiene Mazzini, è legittimata dal lavoro che la produce; essa è «il segno visibile della nostra parte nella trasformazione del mondo materiale, come le nostre idee, i nostri diritti di libertà e di inviolabilità della coscienza, sono il segno della nostra parte nella trasformazione del mondo morale». Se la società capitalistica, fondata sulla proprietà, ha prodotto e produce danni all'umanità, non per questo la proprietà perde il carattere di elemento stimolatore del progresso. La stortura delle società capitalistiche sta nel fatto che la proprietà è privilegio di pochi; camminare sulla via del progresso, allora, significa renderla sempre piú accessibile a un numero sempre maggiore di uomini attraverso il lavoro che essi compiono. Anche con Mazzini dunque si compie il recupero della tradizione spiritualistica italiana; anche per lui esso diventa il fondamento ideale per una visione complessiva della storia in cui si inscriva l'impegno politico dell'uomo dei suoi tempi per la soluzione, in senso «rivoluzionario», dei problemi da cui erano afflitte l'Italia e l'intera Europa. Per lui, quindi, la tradizione religiosa offre la base salda per l'unificazione e il progresso della società, delle nazioni e dell'umanità intera. L'uomo nuovo sarà, allora, l'uomo cosciente del suo destino e del suo compito; cioè sarà un uomo che si fa strumento consapevole - ma nel segno del progresso, non della conservazione - del disegno provvidenziale di Dio, trascendente-immanente.









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