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L'età medievale (V-XV secc.)

storia



L'età medievale (V-XV secc.)


INTRODUZIONE


1.1. Il concetto di Medioevo


Verso la fine del XV secolo gli umanisti italiani - i primi lucidamente consapevoli della profonda differenza tra la civiltà cristiana e la civiltà classica del 535j91f mondo greco-romano - coniarono l'espressione "età di mezzo" per indicare quel lungo millennio di decadenza e di imbarbarimento della cultura classica che era iniziato con la caduta dell'Impero romano e dal quale essi proclamarono la loro distanza dedicandosi a riscoprire il pensiero e la letteratura dei classici nella loro integrità e assumendoli come nuovi modelli per il presente.




Nata come categoria culturale e letteraria, l'"età di mezzo" divenne ben presto anche una categoria storica, attraverso la riflessione della storiografia rinascimentale (da Flavio Biondo a Leonardo Bruni al Machiavelli) sulle cause della caduta dell'Impero romano.

Infine, l'espressione "medio evo" apparve per la prima volta nella Storia del medio evo dal tempo di Costantino il Grande fino alla caduta di Costantinopoli per mano dei Turchi scritta nel 1688 dal tedesco Cellario (Cristoforo Keller).


Dal Settecento a oggi il Medioevo è stato oggetto di studi, dibattiti, polemiche particolarmente vivaci che via via hanno espresso giudizi talora radicalmente opposti e al contempo hanno tuttavia contribuito a delineare sempre meglio la fisionomia dell'età medievale.


la cultura illuministica settecentesca ha pronunciato una netta condanna del Medioevo, accusato di essere stato un'epoca dominata dalla superstizione religiosa, dal fanatismo e dall'offuscamento della ragione, dall'anarchia feudale (costruendo così quel marchio negativo che ancora oggi accompagna parole come "medievale" o "feudale"), ma ha avuto tuttavia il merito di avviare per la prima volta (con i francesi Voltaire, Condorcet, Montesquieu, con l'italiano Muratori, con gli inglesi Robertson e Gibbon) un'accurata ricostruzione storica del periodo;


la cultura romantica del primo Ottocento ha operato un radicale e polemico rovesciamento del giudizio illuministico, rivalutando nel Medioevo il momento primitivo e aurorale della nascita della cultura, dello spirito e delle nazioni in Europa, momento che aveva visto trionfare la giovinezza germanica sulla decadenza romana e la civiltà cristiana sul mondo pagano


la cultura positivistica della seconda metà dell'Ottocento ha introdotto nello studio del Medioevo il metodo scientifico dell'analisi rigorosa dei documenti e delle testimonianze, ampliando così il livello di conoscenze sul periodo; tuttavia ha impresso il marchio della sua impostazione evoluzionistica anche sulla storia medievale interpretandola come il percorso progressivo della civiltà dalla decadenza al suo rifiorire in età moderna;


la storiografia novecentesca ha infine reso giustizia al Medioevo impostandone lo studio al di fuori di giudizi precostituiti, analizzandolo nella sua estrema articolazione e complessità (storia politica, economica, sociale, storia della mentalità e dei valori, ecc.) e vedendo comunque nel Medioevo un momento fondamentale del costituirsi della civiltà europea.



1.2. La periodizzazione dell'età medievale


Anche lo studio del Medioevo, come lo studio di qualsiasi altra età storica, pone fondamentali problemi di periodizzazione. La periodizzazione è infatti un fondamentale strumento concettuale dello storico ma si tratta di uno strumento estremamente delicato e complesso: i periodi storici (età classica, età medievale, età moderna, ecc.), infatti, non sono qualcosa che si presenta bell'e fatto e già dato ma sono il frutto di ben precise scelte interpretative dello storico.

Questo non deve far ritenere che la storia e le sue periodizzazioni siano meramente "frutto di invenzione" e che, dunque, non ci sia alcun rigore nello studio storico. La ricerca storica procede attraverso l'applicazione del metodo scientifico: ossia formulando ipotesi interpretative a partire dall'esperienza e saggiando questa ipotesi attraverso prove documentarie che portano a sostenerla o a rifiutarla. Il problema non è neppure dato dall'esistenza di una pluralità di tesi interpretative diverse e magari contrapposte. Ognuna di queste tesi, infatti, può ben avere una sua legittimità e aprire prospettive di lettura e di approfondimento sulla realtà storica in oggetto.

Occorre, però, essere consapevoli del punto di vista interpretativo a partire da cui tali letture storiche vengono delineate e tener conto di queste differenze nel momento in cui si utilizzano le diverse periodizzazioni.


Il Medioevo è un'epoca storica durata circa un millennio, comunemente e convenzionalmente divisa in due distinti periodi scanditi dalla data simbolica dell'anno Mille:

l'Alto Medioevo, che va dal V alla fine del X secolo, caratterizzato dal crollo dell'Impero e della civiltà romani; dalla crisi economica e sociale che spopola città e campagne, riduce al minimo gli scambi commerciali e svaluta la cultura in un mondo dominato dal cristianesimo; dal costituirsi di una civiltà rurale prima sotto i regni romano-barbarici e poi sotto la rinascita dell'Impero con Carlo Magno; dall'affermazione infine dell'anarchia politica e del feudalesimo;

il Basso Medioevo, che va dall'XI alla fine del XV secolo, caratterizzato - sempre nell'ambito di un'Europa feudale e cristiana - da una intensa ripresa economica e accompagnata dall'espansione demografica e dal rifiorire degli scambi e delle città; dal tramonto del ruolo politico delle grandi figure ideali del Papato e dell'Impero; dall'affermazione della borghesia comunale e di una nuova mentalità e di una nuova cultura laiche e terrene; dal costituirsi delle monarchie nazionali in Europa.


1.3. Il dibattito storiografico sugli inizi del Medioevo


Il problema della datazione dell'inizio del Medioevo ha dato origine a un secolare dibattito che ancor oggi non può dirsi concluso. Il dibattito è particolarmente interessante perché si intreccia da un lato con la questione della crisi e del crollo dell'Impero romano (e quindi non solo la data ma soprattutto le cause) e dall'altro con la questione delle  caratteristiche distintive della prima fase medievale (economia, società, istituzioni e quindi nuove ipotesi di datazione).


La storiografia tradizionale datava l'inizio del Medioevo al 476 d.C. (anno della deposizione dell'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo, da parte del generale romano di origine barbarica, Odoacre). Questa datazione privilegiava l'aspetto istituzionale - e cioè la scomparsa dell'autorità imperiale e della stessa figura dell'imperatore nell'Occidente romano - e al contempo considerava le invasioni barbariche (o migrazioni dei popoli germanici) come la causa della caduta dell'Impero romano e con essa della fine della civiltà antica, una tesi che si diffuse nella storiografia europea dell'Ottocento. La causa della crisi dell'Impero romano era dunque concepita una causa esterna, come un virus che penetrando in un corpo di per sé sano dall'esterno lo infetta, indebolisce e porta alla morte.


Ma l'indagine sulle cause della caduta dell'Impero romano ha portato molti storici a individuare diverse ipotesi alternative fondate su possibili cause interne che, provocando la crisi strutturale dell'Impero, ne avevano già indebolito l'edificio rendendolo proprio per questo più esposto alle invasioni. Come vedremo, al mutare delle cause muta anche la periodizzazione e la datazione relativa all'inizio del Medioevo.


Già nel Cinquecento, Machiavelli aveva individuato la crisi dell'Impero romano nella sua stessa costituzione imperiale e non più repubblicana. Anche gli lluministi lavorarono in tal senso: Montesquieu indicò l'eccessivo potere dell'esercito e del lusso delle classi dominanti, Voltaire e soprattutto Gibbon il diffondersi del cristianesimo in quanto disgregatore della cultura e del senso dello stato romani. Altri autori sottolinearono maggiormente l'importanza degli aspetti economici: Marx parlò del declino del modo di produzione  schiavistico, Weber della crisi economico-finanziaria del tardo Impero. Lo storico Rostovzev, a sua volta, sottolineò l'importanza della crisi della cultura romana.


Di qui la tendenza di alcuni storici a retrodatare il momento della crisi dell'Impero romano e con essa l'inizio del Medioevo: al 410 con il sacco di Roma ad opera di Alarico, al 313 con il riconoscimento del cristianesimo ad opera dell'imperatore Costantino, al periodo a cavallo tra il III e il IV secolo con le riforme istituzionali di Diocleziano, alla crisi economico-sociale del III secolo.


Negli anni Trenta del Novecento, al contrario, l'indagine sui caratteri economici, sociali e culturali del periodo che va dal III all'VIII secolo ha portato alcuni storici a spostare ben dopo il 476 l'inizio del Medioevo:


la tesi di A. Dopsch in Economia naturale ed economia monetaria (1930) secondo il quale non è rilevabile in Occidente una frattura sostanziale sul terreno economico e sociale prima e dopo le invasioni barbariche, fa cadere la tesi convenzionale del crollo dell'Impero romano e con esso della fine della civiltà antica a causa delle invasioni barbariche;


H. Pirenne, in Maometto e Carlomagno (1937), avanza l'ormai famosa tesi che il modello economico, sociale e culturale del mondo romano crolla in Occidente soltanto con l' VIII secolo, in conseguenza della definitiva rottura dell'unità mediterranea avvenuta ad opera dell'espansione islamica. Soltanto allora l'Occidente europeo è costretto a spostare il centro della sua civiltà, ormai definitivamente rurale, nel cuore dell'Europa continentale e costruisce un mondo radicalmente nuovo con l'incoronazione imperiale di Carlo Magno e la formazione dell'Impero carolingio.


La storiografia contemporanea preferisce così lasciar cadere la tesi convenzionale del crollo violento dell'Impero romano sotto le invasioni barbariche (e quindi pone in secondo piano il valore del 476 come data di rottura tra due epoche) e sottolinea la sostanziale continuità e autonomia del periodo III-VII secolo, il quale


da un lato funziona come un'epoca che divide la civiltà romana da quella medievale (età tardo antica);

dall'altro è un'epoca dotata di caratteristiche proprie, la cui dimensione di "crisi" assume non tanto il significato negativo della decadenza della civiltà antica, bensì esprime il processo di trasformazione profonda delle strutture economiche, politiche e sociali del mondo antico e il costituirsi in sua vece delle tre civiltà romano-barbarica, bizantina e islamica. Da questa rottura dell'unità mediterranea, con l'VIII secolo, nascerà nell'Occidente continentale l'Europa carolingia, cristiana e feudale, e inizierà il Medioevo.



LA ROTTURA DELL'UNITA' MEDITERRANEA (IV-VII SEC).


L'Impero romano fu essenzialmente una comunità mediterranea, e cioè un variegato complesso di popoli gravitanti sul Mediterraneo al cui centro regnava Roma, che li unificava sotto il suo imperium con la forza delle armi, del diritto, della cultura.


A partire dal III secolo d.C. il mondo romano entrò in crisi e riuscì a sopravvivere ancora per due secoli - tutto ripiegato nella propria difesa - grazie all'opera di imperatori come Diocleziano (284-305) e Costantino (306-337), le cui riforme modificarono però in senso assolutista i caratteri dello stato romano e approfondirono la divisione già in atto tra un Oriente economicamente, culturalmente e militarmente più forte ed un Occidente più debole.


Intanto, durante il IV secolo, il cristianesimo usciva dalla condizione di religione perseguitata (l'ultima persecuzione avviene nel 303 sotto Diocleziano) fino a celebrare il suo trionfo divenendo una religione tollerata con l'Editto di Milano di Costantino (313) e addirittura l'unica religione ufficiale dell'Impero romano con l'Editto di Tessalonica di Teodosio (380). Con l'ulteriore Editto di Milano del 391, Teodosio proibì ogni altro culto e ordinò la chiusura di tutti i templi non cristiani: il politeismo precristiano sopravvisse solo nei villaggi (pagi) e venne perciò designato col nome di paganesimo.


Alla morte di Teodosio (395), l'Impero romano venne diviso in una parte orientale ed in una occidentale. La separazione avrebbe dovuto essere solo amministrativa ma tra le due aree imperiali si produsse una divisione sempre più marcata. Infine, nel V secolo, le invasioni barbariche diedero il colpo finale all'unità dell'Impero romano. Nell'area occidentale, sollecitate dallo spostamento verso ovest degli Unni (popoli nomadi mongoli delle steppe asiatiche), le popolazioni germaniche dei Goti, Visigoti, Alani, Vandali, Svevi, Burgundi ecc. sfondarono il confine imperiale attraversando il fiume Reno (406). Dopo alcuni anni di migrazioni e saccheggi nei ricchi territori imperiali (nel 410 i Visigoti di Alarico saccheggiano Roma, la "città eterna"), le popolazioni germaniche si sedentarizzarono creando realtà politiche nuove: i regni romano-barbarici. Nel 476 l'ufficiale di origine germanica, Odoacre, depose, nell'indifferenza generale, l'imperatore romano d'Occidente in carica - Romolo Augustolo - e inviò le insegne imperiali a Bisanzio in segno di riunificazione dell'unità imperiale. Di fatto, l'Impero romano d'Occidente era definitivamente crollato. Al contrario, in Oriente l'Impero riuscì a resistere alle invasioni e, seppure con caratteristiche sempre più assolutistiche e teocratiche, conobbe una nuova grandiosa storia millenaria dal momento che il suo crollo sarebbe avvenuto solo nel 1453 con la conquista di Costantinopoli ad opera dei Turchi. Tale evento decisivo rappresenta uno dei possibili indicatori della fine del Medioevo e dell'inizio dell'Età moderna.


Nella prima metà del VI secolo, l'imperatore Giustiniano (527-565) tentò di restaurare l'unità dell'Impero romano mediterraneo riunificandolo attraverso una grandiosa politica estera di riconquista rivolta contro i Persiani ad est e contro i Vandali, i Visigoti e i Goti (guerra greco-gotica in Italia 535-553) ad ovest. Rientra nel progetto della renovatio imperii anche il grandioso lavoro giuridico di raccolta e di riorganizzazione del Corpus iuris civilis svolto da una commissione di esperti guidata da Triboniano tra il 528 e il 534. Ma il sostanziale fallimento della restaurazione imperiale (nonostante le iniziali vittorie militari i territori vengono rapidamente perduti di nuovo, a vantaggio delle stesse o di altre popolazioni barbariche) ribadì l'ormai definitiva separazione tra Oriente e Occidente.


Mentre l'Occidente romano-barbarico, frazionato nei regni sopravvissuti alla riconquista bizantina, vide emergere la potenza del regno dei Franchi, l'Oriente bizantino si dovette impegnare a fondo per difendersi dalle aggressioni esterne. L'Italia, prima riconquistata dai greci (553) venne poi invasa dai Longobardi (568) divenendo una terra di frontiera tra Longobardi e Bizantini e perdendo la sua unità politica per  1300 anni (fino all'unità del Regno d'Italia del 1861). La Chiesa romana si separò sempre più dalla Chiesa orientale sia per motivi dogmatico-dottrinali sia per questioni politiche (dal momento che in Oriente il potere imperiale tendeva a controllare strettamente la Chiesa laddove in Occidente, in assenza di un'autorità politica suprema, era proprio la Chiesa romana ad emergere come soggetto politico teso a promuovere la propria autonomia anche territoriale.


Infine, nel VII secolo, la predicazione di Maometto (570-632) diede vita in Arabia alla religione monoteista dell'islam. I principi ispiratori dell'islam sono molto semplici: 1) Allah è l'unico Dio, buono e potente creatore di tutti gli uomini, i quali gli devono riconoscenza e sottomissione totale; 2) chi non si sottomette a Dio sarà punito, dopo la morte e il giudizio universale, con il castigo eterno, così come i ricchi che non si "purificheranno" facendo le elemosine ai poveri in atto di sottomissione a Dio. La rivelazione divina ricevuta da Maometto venne affidata al Corano e le pratiche religiose che devono compiere i fedeli sono i cinque doveri fondamentali ("i pilastri dell'Islam"): la professione di fede, la preghiera cinque volte al giorno con il viso rivolto verso la città santa de La Mecca, il digiuno dall'alba al tramonto nel mese di ramadam (IX mese del calendario lunare islamico), l'elemosina (un decimo del reddito) da devolvere alla comunità per fini assistenziali, il pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita. Iniziata la sua predicazione a La Mecca, costretto dalle potenti famiglie mercantili meccane a fuggire a Medina (622 egira), Maometto rientrò vittorioso a La Mecca alla testa dei suoi fedeli (630) e diede vita ad una società unificata dal monoteismo religioso. Dopo la sua morte nel 632, le risorgenti rivalità tribali vennero superate proiettando la  società araba in una aggressiva politica estera di conquiste che darà vita, nel volgere di pochissimi decenni (inizio VIII secolo), ad uno dei più grandiosi imperi della storia esteso dall'Indio alla penisola iberica.


All'inizio dell'VIII secolo, l'antica unità mediterranea era terminata per sempre: sul Mediterraneo si affacciavano tre mondi e tre civiltà profondamente diversi: l'Occidente romano-barbarico, l'Impero bizantino in Oriente, l'Impero islamico.


Durante l'arco cronologico considerato (IV-VII secc.) si producono fondamentali trasformazioni anche dal punto di vista economico e sociale. Quello romano, per quanto essenzialmente agricolo, era un mondo di città e di traffici commerciali fondati sulla stabilità della moneta. A partire dal III secolo, la crisi economica porta alla decadenza delle città e dei commerci e alla progressiva ruralizzazione della vita economica dando vita al nuovo modello dell'economia curtense.

La piccola proprietà terriera condotta da contadini liberi tende a sparire mentre si afferma sempre più la grande proprietà terriera (la villa), articolata in due parti: la pars dominica - lavorata da schiavi alle dirette dipendenze del proprietario - e la pars massaricia - suddivisa in lotti di terra (mansi) affidati ai contadini. Al di là delle differenze tra questi ultimi - coloni (uomini liberi) e servi casati (uomini asserviti) -, i contadini che lavorano i mansi di proprietà signorile tendono a fondersi in un'unica nuova figura: il servo della gleba.  Quest'ultimo, pur non essendo più uno schiavo di proprietà del signore, non è neppure un uomo libero ma è legato alla terra (gleba), per cui viene venduto e acquistato con essa, deve sottostare al proprietario terriero e lavorare per lui sia il manso affidatogli sia la terra della pars dominica nei periodi di più intensa attività agricola. In tal modo, la società del basso Impero e Altomedievale si presenta come stratificata in un piccolo gruppo di uomini liberi (essenzialmente grandi proprietari terrieri sempre più caratterizzati dall'uso delle armi) e in un vasto e indistinto ceto di servi della gleba, nel quale tendono a confondersi le precedenti distinte figure dello schiavo e del piccolo proprietario libero.



3. LA NASCITA DELL'EUROPA (VIII-X SECC.)


Nell'VIII secolo si affermò nell'Occidente europeo - assediato dall'espansione islamica che minacciava la stessa Gallia, controllava il Mediterraneo e costringeva sulla difesa l'Impero bizantino - un processo di unificazione del continente guidato dall'espansione della monarchia franca, dallo sviluppo dell'autonomia politica del papato e dall'alleanza tra queste due forze.


Nella prima metà dell'VIII secolo, i Carolingi si affermano grazie alla loro potenza militare e fondiaria e grazie all'alleanza con il papato. Quest'ultima era stata favorita dalla precoce conversione al cristianesimo dei Franchi fin dai tempi del re Clodoveo (496 circa) e dalla opposizione carolingia all'avanzata araba nell'Europa cristiana (Carlo Martello bloccò gli arabi nella battaglia di Poitiers, nel 732). Recentemente si era tradotta nel reciproco appoggio dato dal papato al colpo di stato dei Capetingi ai danni della legittima ma inetta dinastia merovingia (751) e nelle due discese di Pipino il Breve in Italia per arrestare l'espansionismo longobardo ai danni di Roma (755 e 756). A seguito dell'intervento franco, i longobardi furono costretti ad abbandonare alcuni territori recentemente conquistati facendone dono al pontefice e dando così vita al primo nucleo del futuro "stato della chiesa". Per dare forma legale al proprio potere temporale, la Chiesa fece redigere in questi anni la celebre Donazione di Costantino, denunciata come falso storico da molti intellettuali già nel Medioevo ma dimostrata scientificamente tale solo dal filologo umanista Lorenzo Valla, nel XV secolo.


Nella seconda metà dell'VIII secolo, Carlo Magno (768-814) portò a compimento la politica iniziata dai suoi avi e realizzò una grandiosa politica espansionistica che portò all'unificazione dell'Europa continentale - Gallia, Italia longobarda e per la prima volta i territori germanici e slavi dal Reno all'Elba - e le diede una fisionomia politica, economica e culturale unitaria.

Carlo Magno venne incoronato imperatore dal pontefice Leone III (Natale dell'800). In tal modo venne ripristinata in occidente la figura dell'imperatore come sovrano politico di tutto il popolo cristiano e ribadita l'alleanza tra la monarchia franca e la Chiesa cattolica (la prima fungeva da braccio armato e difensore della seconda e quest'ultima legittimava la prima).

Rispetto all'antico impero romano vi erano però alcune fondamentali differenze:

dal punto di vista geografico, l'impero carolingio non era una realtà mediterranea bensì continentale il cui centro era ubicato nella Gallia e nell'area renana. Alla società romana caratterizzata da città legate da traffici marittimi si sostituì una società rurale fondata sull'arretrata economia curtense e caratterizzata da scarsità demografica, spopolamento urbano, scarsità di commerci.

dal punto di vista culturale e religioso, al politeismo pagano, alla tolleranza religiosa e alla laicità dello stato romano, al ricco sviluppo culturale della società romana si sostituì un mondo tendenzialmente unificato dal monoteismo cristiano, dominato da una Chiesa cattolica intollerante nei confronti di ogni altro culto, alleata del potere anche se pesantemente controllata dallo stato (cesaropapismo), depositaria del monopolio della cultura in una società sostanzialmente analfabeta (lo stesso Carlo Magno sapeva leggere ma non scrivere, i  chierici e gli uomini di chiesa - in particolare i monaci benedettini - erano gli intellettuali dell'epoca)

dal punto di vista politico-amministrativo, infine, all'ordinato mondo romano caratterizzato da una classe dirigente e da una burocrazia statale che si attenevano alla legge e al diritto si sostituì un mondo privo di centro politico e di leggi stabilite e fatte valere da una autorità riconosciuta pubblicamente. L'autorità imperiale si sosteneva solo in base alla figura eccezionale di Carlo (mentre si incrinerà con i suoi deboli successori) e ai rapporti di amicizia e fedeltà personale da lui stabiliti con le figure più importanti del regno. I conti, i duchi e i vassalli di Carlo si sentivano legati personalmente al loro comandante militare e non rappresentanti dello stato nei territori loro affidati (contee, ducati, signorie).


Ma poi l'unificazione dell'Europa non sopravvisse alla morte del suo grande artefice:

i suoi successori si disputarono l'eredità dell'Impero secondo la concezione patrimoniale dello stato tipica del mondo franco (lo stato era una proprietà privata del sovrano che veniva suddiviso tra gli eredi) e ne determinarono la divisione nei tre regni di Francia, Germania e Lotaringia (trattato di Verdun dell'843);

i grandi e piccoli vassalli riuscirono ad affermare la propria autonomia dal potere regio dando vita a signorie territoriali di fatto simili a piccoli regni autonomi e indipendenti (877 l'imperatore Carlo il Calvo, con il Capitolare di Quierzy concede ai vassalli maggiori l'ereditarietà delle terre date in beneficio e del titolo feudale  con i poteri connessi; 1037 l'imperatore Corrado II con la Constitutio de feudis concede anche ai vassalli minori l'ereditarietà dei feudi)

l'ultima ondata di invasioni di Saraceni, Ungari e Normanni sconvolse tra IX e X secolo l'Europa carolingia e decretò la definitiva disgregazione dell'Impero.


Tra il IX e il X secolo trionfò così in buona parte d'Europa l'anarchia politica e con essa si affermò il feudalesimo come sistema di governo, fondato sull'autonomia delle signorie territoriali dal potere regio e sul dominio dell'autorità signorile sulle masse contadine.


Soltanto in Germania la dinastia sassone riuscì ad affermare l'autorità del potere regio sul regno: Ottone I (936-973), forte dei suoi successi militari contro gli Ungari (955 battaglia della Lechfeld, in Baviera) potè restaurare il Sacro Romano Impero nella forma dell'Impero germanico (962) e imporre il proprio controllo sull'Italia e sul Papato. Ottone stabilì, con il Privilegium Othonis (962), che l'elezione pontificia venisse controllata dall'imperatore. Le conseguenze di tale iniziativa furono duplici: positive sia per l'impero (che rafforzò la sua legittimazione) sia per la Chiesa (che uscì da un torbido periodo di lotte per il controllo del seggio pontificio ad opera della nobiltà romana) ma anche negative (a seguito della politica cesaropapista di profonda ingerenza dell'impero nella vita della chiesa). Se al Privilegium Othonis si aggiunge poi la politica ottoniana dei vescovi-conti - per la quale, al fine di evitare la nomina di conti laici ai quali spettava ormai, dall'877, l'ereditarietà del titolo, l'impero provvedeva a nominare conti i vescovi (che, in quanto tali, non potevano avere eredi), finendo però in tal modo per legare sempre di più la chiesa al potere temporale e per aprire l'annosa questione della "lotta per le investiture", ossia di stabilire se spettasse alla Chiesa o all'Impero la nomina dei vescovi ai quali toccava una carica comitale -, si comprende perché la Chiesa, risorta e rafforzatasi grazie alla politica degli imperatori sassoni, finirà ben presto (nell'XI sec.) per entrare in urto con l'Impero stesso.


Intanto, mentre l'Europa cristiana si caratterizzava per la sua civiltà rurale e feudale, Bisanzio e l'Islam consolidavano sulle sponde del Mediterraneo la loro civiltà urbana e commerciale.

L'Impero bizantino riaffermò la sua forza grazie alla solidità del potere imperiale riuscendo a superare la crisi provocata dalle aggressioni esterne (Bulgari nei Balcani ed espansionismo arabo) e dalla lotta iconoclastica. Questa "battaglia contro le immagini sacre" aveva innanzitutto un significato religioso, in quanto voleva combattere il significato feticistico e miracolistico che le folle attribuivano alle immagini sacre per purificare la religione cristiana e rispondere così alla sfida dell'islam (che vietava la riproduzione della divinità) il quale accusava il cristianesimo di idolatria. Ben presto finì per rivelare un significato politico, dal momento che esprimeva il tentativo imperiale di imporre il controllo dello stato sulla religione e di combattere la potenza dei monasteri depositari di immense ricchezze fondiarie. Se l'impero uscì vittorioso dalla lotta iconoclastica in Oriente, riuscendo ad imporre il proprio controllo sui monasteri, lo scontro religioso finì però per allontanare sempre di più la chiesa orientale controllata dall'impero da quella romana, libera da controlli politici, avvicinando il momento della rottura (scisma del 1054).


Il mondo islamico, giunto all'apice della sua potenza, dovette arrestare la propria spinta espansiva e iniziò a subire un processo di disgregazione della sua unità politica che portò all'affermazione dei califfati autonomi (IX e X secolo).



4. LO SVILUPPO DELL'EUROPA FEUDALE E CITTADINA

(XI-XIII SECC.)


La cessazione delle aggressioni esterne (normanne, ungare e saracene) e lo smorzarsi della violenza feudale interna instaurarono in Europa, a partire dall'XI secolo, un nuovo clima di sicurezza politica e sociale che favorì l'avvio di una nuova fase economica e sociale della storia dell'Europa medievale, i cui tratti più significativi furono:

la rinascita dell'economia, che, dopo il Mille, conobbe tra secoli di ininterrotto sviluppo (fino alla crisi del XIV secolo) grazie alla crescita demografica, allo sviluppo dell'agricoltura, alla ripresa dei commerci marittimi e terrestri, al rifiorire delle città e del loro dinamismo produttivo;

l'emergere di una nuova articolazione sociale che, nelle città, vide affermarsi il nuovo ruolo economico e politico della borghesia accanto al tradizionale ruolo dominante dell'aristocrazia feudale, nelle campagne. In queste ultime, almeno nell'Europa occidentale, venne gradualmente scomparendo l'economia curtense e la servitù della gleba a vantaggio di nuovi rapporti economici e sociali tra proprietari e contadini ormai liberi che pagavano canoni d'affitto monetari per le terre che lavoravano;

l'affermarsi della spinta espansiva europea che si indirizzò soprattutto verso il ricco Mediterraneo musulmano e bizantino, grazie all'iniziativa commerciale delle repubbliche marinare italiane (Amalfi e Pisa e ,soprattutto, Genova e Venezia) e all'iniziativa militare contro i musulmani che si espresse nella "reconquista" cristiana della penisola iberica, nella conquista normanna della Sicilia, nelle Crociate volte alla liberazione del Santo sepolcro. A ciò va aggiunta anche la "spinta verso est" dei contadini, dei cavalieri e dei mercanti tedeschi che cercavano nuovi spazi di espansione agricola e commerciale nei territori baltici al di là dell'Elba.


Dal punto di vista del quadro politico dell'Europa cristiana, vanno sottolineati almeno i seguenti processi:

la vittoria della riforma della Chiesa consentì al Papato di liberarsi dalla secolare tutela imperiale e di assumere un ruolo di primo piano nelle vicende politiche europee. Tra X e XI secolo, infatti, sorse un movimento di rinnovamento spirituale rivolto sia all'interno della Chiesa, contro la decadenza morale del clero, sia contro le ingerenze esterne nella vita della Chiesa da parte del potere temporale. Sollecitato inizialmente dagli stessi imperatori tedeschi, il movimento riformatore diventò un'esigenza diffusa nel corpo sociale cristiano (ordine Cluniacense, fondazione di eremi, movimento laico della "pataria" milanese,ecc.) e guadagnò alla sua causa gli stessi vertici dell'organizzazione ecclesiastica, tanto che fu lo stesso Papato ad assumere la guida del processo di riforma: attraverso la condanna della simonia e della clerogamia, la decisione di riservare ai soli cardinali l'elezione del papa (Niccolò II, Sinodo del Laterano 1059), la rivendicazione dell'esclusivo potere del papa nella nomina dei vescovi (Gregorio VII, Dictatus papae, 1075). Soprattutto su questi ultimi due punti, il Papato dovette scontrarsi con l'opposizione degli imperatori tedeschi, per i quali il controllo sul pontefice e sui vescovi - e quindi la pratica delle investiture ecclesiastiche - costituiva un insostituibile strumento di governo (a seguito del Privilegium Othonis del 962). Fu solo a seguito del durissimo scontro tra il pontefice riformatore Gregorio VII (1073-1085) e l'imperatore Enrico IV (1076-1085) che Chiesa e Impero si avviarono ad un accordo nel quale potere spirituale e potere temporale venivano rigorosamente distinti (Concordato di Worms, 1122), stabilendo con ciò un principio destinato a caratterizzare profondamente la vita dell'Occidente cristiano (sia rispetto al cristianesimo orientale dove il rapporto tra Chiesa e Impero era assai più stretto, sia rispetto al mondo islamico dove autorità politica e autorità religiosa erano e spesso sono ancor oggi tutt'uno).

Nel contempo, la nascita del movimento comunale fece emergere in molte città europee la nuova realtà politica dei Comuni, ovvero la conquista da parte delle comunità cittadine del diritto all'autogoverno e dell'autonomia politica nei confronti del potere feudale delle campagne. Il movimento comunale interessò in modo particolare le regioni in cui più intenso fu lo sviluppo economico. In Francia, nelle Fiandre e in Germania i Comuni ebbero un carattere nettamente borghese, limitarono la loro sovranità alle mura cittadine e, soprattutto, agirono in accordo con il potere monarchico centrale che in questo periodo si andava ricostruendo (dal momento che sia la borghesia cittadina, per tutelare i propri interessi economici e difendere le proprie libertà, sia i sovrani, per rafforzare la propria autorità sul territorio del regno, erano interessati a indebolire e contenere il potere dell'aristocrazia feudale delle campagne). Invece, nell'Italia centro-settentrionale, dove non c'era un forte potere centrale in via di formazione ma solo il potere imperiale tedesco debole e lontano, i Comuni si caratterizzarono per la loro origine spesso aristocratica (Comune consolare XI-XII sec.), per il dominio del contado, che li trasformò in veri e propri poteri territoriali in lotta con il potere imperiale (scontro con Federico I e con il nipote Federico II nella seconda e nella prima metà del XII-XIII secolo), per la complessa evoluzione istituzionale che, nelle continue lotte tra le fazioni aristocratiche da un lato e i ceti sociali dall'altro, sperimentò le diverse soluzioni dell'arbitrato esterno (Comune podestarile, fine XII secolo), del potere della borghesia comunale (Comune popolare, prima metà XIII secolo) e, infine, il potere personale di un signore, spesso appoggiato dalla fazione popolare antiborghese, che afferma il proprio dominio personale (Signoria, fine XIII e XIV-XV secolo).

Durante il XII e il XIII secolo, pertanto, la penisola italiana fu sede di una complessa partita politica che ebbe come protagonisti l'Impero, i Comuni, il Papato. All'inizio del XII secolo si era conclusa la "lotta per le investiture" con il Concordato di Worms che aveva segnato una sostanziale vittoria del Papato e favorito (grazie all'indebolimento dell'Impero) l'emergere dell'autonomia comunale. L'avvento della nuova casata imperiale degli Hohestaufen segnò, dalla metà del XII secolo, la ripresa del progetto ottoniano di imporre il potere imperiale in Italia e sul Papato. Si riaprì così un nuovo, lungo periodo di conflitti, che si svolse in due fasi principali. Nel XII secolo l'Impero, sotto la guida di Federico I Barbarossa (1152-1190), scese in lotta contro i Comuni i quali tuttavia, grazie anche all'appoggio papale, riuscirono a uscire vittoriosi dallo scontro (Lega lombarda, 1167; Battaglia di Legnano 1176; Pace di Costanza 1183). Nel XIII secolo Federico II (1220-1250), liberatosi dalla tutela papale che Innocenzo III (1198-1216) aveva esercitato per vent'anni sull'Impero, riprese la lotta contro i Comuni e il Papato, finché la sua morte improvvisa non pose fine al sogno della restaurazione imperiale in Italia. Dallo scontro, l'Impero uscì sostanzialmente sconfitto, non solo in Italia ma nella stessa Germania (dove riprese il sopravvento l'autonomismo delle forze feudali e delle città libere); il Papato riuscì a conservare la propria autonomia dall'Impero, ma vide fallire il suo progetto di egemonia sull'Europa cristiana. Dal conflitto emerse piuttosto il rafforzamento dell'autonomia dei Comuni italiani: nella crisi dei due poteri universali, i Comuni più forti iniziarono la lotta per la conquista dell'egemonia regionale (Genova e Venezia emersero come le principali città marittime e Firenze si avviò ad imporre il proprio dominio sull'intera Toscana).

Tra l'XI e il XIII secolo, mentre l'Impero e il papato si affrontavano in una drammatica lotta per la supremazia sull'Europa cristiana, si affermarono le nuove realtà politiche delle monarchie feudali. La monarchia normanna e la monarchia capetingia riuscirono infatti ad affermare la propria sovranità sui regni d'Inghilterra e di Francia sia valendosi di quegli stessi legami di dipendenza feudale che (fonte di anarchia politica dopo la disgregazione dell'Impero carolingio) divennero nelle mani dei sovrani strumento per vincolare a sé la nobiltà e per estendere i propri domini diretti nel regno. Sia costruendo una propria burocrazia in grado di raggiungere ogni angolo del regno e di sovrapporre la giustizia e il fisco regi al potere delle signorie feudale. Sia proponendosi come centro unificatore delle istanze dei diversi ceti di una società in sviluppo (i borghesi e i contadini trovarono nei sovrani un appoggio nella lotta per limitare i poteri feudali, la piccola nobiltà trovò spazio nei ranghi della burocrazia e dell'esercito). La nascita del Parlamento inglese e degli Stati generali francesi ribadì, infine, il rapporto sempre più stretto tra le monarchie feudali e le nazioni, i cui destini e interessi si legarono in modo indissolubile.

Nel contempo, sul finire del XIII sevcolo, declinarono le ambizioni universalistiche del Papato e dell'Impero. Il Papato, dopo la sconfitta subita da Bonifacio VIII ad opera del sovrano francese Filippo il Bello, cadde sotto l'influenza francese trasferendo addirittura la sede pontificia da Roma ad Avignone, in Francia (cattività avignonese 1305-1377). L'Impero, dopo aver superato la crisi dell'interregno (1250-1273) seguita alla morte dell'ultimo grande imperatore medievale Federico II, dovette ridurre la sua sfera d'azione al mondo tedesco e accettare l'autonomia di principi e città nello stesso Regno di Germania.



Il secolare conflitto tra Impero, Comuni e Papato si concluse, nella seconda metà del XIII secolo, con il declino del ruolo politico imperiale e papale, mentre ne uscì rafforzato il potere dei Comuni italiani, i più forti dei quali si avviavano a trasformarsi in signorie e in stati regionali, impegnati in un'interminabile competizione per il controllo politico della penisola.


Nel contempo, in Inghilterra e in Francia emergeva la nuova realtà politica delle monarchie feudali le quali erano riuscite, nel corso di un lungo processo iniziato nell'XI secolo, ad affermare la sovranità regia sul particolarismo feudale e ad unificare intorno alla corona le rispettive società nazionali.




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