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Ricordiamo
per la conoscenza oceanografica che Il governo britannico finanziò la più
grande spedizione mai affrontata fino ad allora: una nave,
Le catene montuose che si ergono nel fondale sono chiamate dorsali medio-oceaniche. In alcuni punti possono raggiungere altezze tali da arrivare a emergere al di sopra della superficie del mare e formare isole Altre strutture visibili sono le cosiddette fosse oceaniche, lunghe e strette depressioni che si trovano al largo delle masse continentali La crosta continentale prosegue al di sotto del livello del mare con una parte sommersa pianeggiante a debole pendenza, adiacente alla linea di costa, chiamata piattaforma continentale che si raccorda con i fondali oceanici per mezzo di una zona con pendenza maggiore chiamata scarpata continentale. L'insieme di piattaforma continentale e di scarpata continentale viene chiamato zoccolo continentale.
La zona pianeggiante 252b17c che costituisce la maggior parte della superficie del fondale oceanico viene chiamata piana abìssale; su di essa si ergono monti sottomarini (seamounts), che talora presentano una cuna appiattita a causa dell'erosione da parte delle correnti oceaniche (guyot).
I sedimenti oceanici
Le piattaforme più estese sono quelle dell'Australia settentrionale, dell'Asia occidentale, dell'Europa settentrionale e delle coste atlantiche del Sud America
La piattaforma è interessata da una accentuata sedimentazione di detriti che provengono prevalentemente dall'erosione continentale. Si tratta di depositi terrigeni di vario tipo depositati dalle acque dei fiumi, dai ghiacciai, dal vento, dall'azione del moto ondoso, a cui si aggiungono depositi piroclastici e sedimenti vari. In molte zone, dove la velocità di sedimentazione è particolarmente accentuata, la piattaforma è soggetta a movimenti isostatici verso il basso a causa del peso dei detriti accumulati (subsidenza)
La
scarpata continentale, che raggiunge la profondità di 3000-
Le melme calcaree sono composte da gusci di globigerine (foraminiferi), pteropodi e coccoliti. Esse sono attualmente ben distribuite nella zona umida equatoriale e nelle zone umide temperate fino a circa 50° di latitudine Nord e Sud.
Le melme
silicee derivano dalla deposizione di gusci di
diatomee (fitoplancton) e di radiolari (zooplancton). Le melme a diatomee sono diffuse principalmente in una fascia a latitudini medio-alte .Alla
profondità di 4500-
Quindi se per profondità inferiori possiamo trovare contemporaneamente melme calcaree e silicee anche associate e mischiate in concentrazioni varie, sui fondali a profondità maggiore troveremo solo melme silicee. Il livello in prossimità del quale la concentrazione dei carbonati nel sedimento è nulla viene detto profondità di compensazione dei carbonati.
Le argille rosse sono sedimenti
molto fini trasportati prevalentemente dal vento e con un tasso di
sedimentazione molto basso, dell'ordine di
GLI STUDI DI PALEOMAGNETISMO
Lo studio dei minerali magnetici presenti nelle rocce consente di ricostruire il campo magnetico terrestre del passato. Rocce ignee effusive come i basalti, che costituiscono la crosta oceanica, sono ricche di minerali, come la magnetite, dotati di suscettività magnetica. I cristalli di questi minerali, se sottoposti a un campo magnetico esterno e a una temperatura inferiore al punto di Curie, acquisiscono una magnetizzazione termorimanente, comportandosi come aghi di bussole e orientandosi nella stessa direzione del c.m.t. esistente in quel momento.
Anche nelle rocce sedimentarie è possibile effettuare studi di questo tipo: in questo caso i minerali magnetici acquistano una magnetizzazione detritica residua e si orientano durante la precipitazione del sedimento nel mezzo acquoso prima della deposizione sul fondale. Dagli studi che vengono effettuati su rocce ignee si può ricavare l'intensità, la declinazione e l'inclinazione del c.m.t.;
con le rocce sedimentarie invece si può calcolare con precisione solo la declinazione magnetica, poiché in quest'ultimo caso i minerali magnetici tendono a depositarsi in posizione parallela alla superficie e possono subire una magnetizzazione indotta anche dopo la deposizione. È possibile in ambedue i casi ricavare dati precisi sulla latitudine a cui si trovava la roccia al momento della formazione ma non sulla longitudine.
ESPANSIONE DEI FONDALI OCEANICI
Nel 1962 il professor Harry Hess ipotizzò che la deriva continentale avvenisse a causa dell'espansione dei fondali oceanici e pensò alle correnti convettive del mantello come possibile motore dell'espansione. Secondo Hess la presenza di materiale caldo ascendente al di sotto delle dorsali oceaniche provocherebbe la formazione di nuova litosfera oceanica mediante apporti di materiale fuso derivante dalla fusione parziale del mantello. Il nuovo materiale occuperebbe gli spazi che si formano lungo l'asse delle dorsali a causa degli sforzi distensivi che i rami ascendenti e laterali delle correnti convettive inducono sulla litosfera sovrastante. I continenti avrebbero così un ruolo passivo nei loro spostamenti, in quanto trasportati dall'astenosfera. Hess suppose che man mano che la nuova litosfera veniva a forrnarsi, la crosta più vecchia venisse riassorbita all'interno dell'astenosfera in prossimità delle fosse oceaniche, le strutture più profonde riconosciute sui fondali.
ANOMALIE MAGNETICHE
La prova decisiva che confermava l'espansione dei fondali oceanici fu la scoperta di anomalie magnetiche nel corso degli studi effettuati con navi oceanografiche. Per anomalia magnetica si intende la differenza tra l'intensità del c.m.t. teorica (per la località in cui viene effettuata la misurazione) e la misura reale effettuata con il magnetometro. Se si registra un valore di intensità reale superiore a quella teorica siamo in presenza di un'anomalia magnetica positiva, poiché essa si somma a quella del c.rn.t. attuale, in caso contrario avremo un'anomalia magnetica negativa. Le anomalie magnetiche sono provocate dall'influenza di minerali ferromagnetici presenti nelle rocce, il cui effetto si va a sommare a quello del c.m.t. attuale
Nel 1961, al largo della costa occidentale del Nord America, si individuarono per la prima volta anomalie disposte a bande regolari parallele. Le rocce che sicuramente originano le anomalie sono i basalti in cui si trova una percentuale rilevante di minerali magnetici, tra cui spicca la magnetite.
Nel 1963 i geofisici inglesi Vine e Matthews avanzarono una brillante ipotesi che metteva in relazione l'espansione dei fondali oceanici con il fenomeno delle inversioni del c.m.t. L'ipotesi è molto semplice: in corrispondenza dell'asse delle dorsali viene generata nuova crosta oceanica dalla solidificazione del magma e della lava di composizione basica che risalgono dal profondo. Questo processo è continuo e genera bande di rocce simmetriche rispetto all'asse della dorsale. Nella lava basaltica in via di raffreddamento si trovano numerosi minerali ferromagnetici che, al di sotto del punto di Curie, acquisiscono una magnetizzazione termorimanente permanente, orientandosi parallelamente alle linee di forza del c.m.t. presente in quel momento e registrandone la polarità. La lava che si è solidificata, acquisisce una magnetizzazione orientata nella stessa direzione e verso del campo magnetico che l'ha indotta.
Se il c.m.t. subisce delle inversioni periodiche di polarità, allora queste verranno registrate dalla lava che fuoriesce costantemente dalle dorsali. Quando la lava si solidifica in presenza di un campo magnetico con polarità normale, l'intensità misurata del c.m.t. sarà maggiore di quella teorica poiché la magnetizzazione termorimanente della roccia si andrà a sovrapporre all'attuale polarità del campo magnetico, anch'esso normale: registreremo in questo caso delle anomalie positive. Quando viceversa la lava solidifica in presenza di un campo magnetico inverso, avremo una anomalia negativa poiché la magnetizzazione termorimanente si andrà a sottrarre a quella del campo magnetico attuale: in questo caso misureremo un valore di intensità minore di quello teorico.
Queste catene montuose sottomarine raggiungono altezze
da
Faglie trasformi
La rift valley non è una struttura continua poiché è fittamente spezzettata in segmenti di varia dimensione, dislocati da faglie quasi verticali e perpendicolari all'asse della dorsale. La maggior parte di esse non prosegue fino alla crosta continentale; infatti, solo nella zona compresa fra i tronconi adiacenti della rift valley si riscontrano ipocentri di terremoti poco profondi. Wilson propose di classificare queste strutture tettoniche come faglie trasformi. Sono diverse dagli altri tipi di faglie, poiché il movimento relativo dei blocchi a contatto tra due segmenti di rift valley è contrario a quanto ci si aspetterebbe se la dorsale si fosse effettivamente spezzata in seguito alla formazione delle faglie stesse. Dato che la velocità di espansione dei diversi tratti di rift valley di uno stesso oceano è pressoché identica, la loro separazione è da considerarsi originaria: risale cioè a una fase precoce di formazione dell'oceano e non si è formata come conseguenza dell'azione delle faglie trasformi. Verso l'esterno, man mano che ci allontaniamo dalla zona di rift, non si registrano più fenomeni sismici e la faglia diventa inattiva poiché i due blocchi di crosta oceanica a contatto si muovono nella stessa direzione e alla stessa velocità. Ogni tratto di dorsale genera indipendentemente nuova crosta oceanica ma, all'esterno della zona di rift, il fondale oceanico si espande, a una velocità dell'ordine di qualche centimetro all'anno, come se fosse un unico blocco solidale, allontanando i continenti che si trovano ai margini dell'oceano stesso.
ETà DELLE ROCCE DEL FONDALE
Un'ulteriore prova dell'espansione dei fondali oceanici venne fornita da ricerche effettuate dalla nave oceanografica Glomar Challenger a partire dal 1968. Il programma di ricerche prevedeva la perforazione e il campionamento di sedimenti costituenti i fondali oceanici, per studiarne la composizione e l'età. Le carote prelevate in tutti gli oceani del mondo fornivano un risultato emblematico: i sedimenti più antichi non avevano mai un'età superiore ai 190 milioni di anni. Nell'Oceano Atlantico questa età dovrebbe corrispondere più o meno al momento della fratturazione della Pangea, e quindi il mancato ritrovamento di sedimenti più vecchi era giustificato dal fatto che l'Oceano Atlantico non esisteva ancora. I sedimenti più antichi dell'Oceano Atlantico sono stati ritrovati al largo delle isole di Capo Verde e delle Bahamas; carote prelevate dai fondali dell'Oceano Pacifico hanno indicato che i sedimenti più antichi sono concentrati lungo le fosse oceaniche della zona nord-occidentale, in aree quindi lontane dalle dorsali. Dagli studi effettuati risulta inoltre che non solo l'età ma anche lo spessore dei sedimenti aumenta man mano che ci si allontana dalla dorsale. Per capire in che modo queste osservazioni confermano la teoria dell'espansione dei fondali oceanici prendiamo in considerazione il meccanismo di deposizione, dei sedimenti di piana abissale, cioè dei gusci calcarei e silicei degli organismi che precipitano sul fondo.
In prossimità della dorsale, la quantità di sedimenti presenti è assai ridotta poiché la crosta si è appena forrnata.
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