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LA ROTTURA DELLA STABILITA' INTERNAZIONALE - POLITICA DI POTENZA E RIARMO

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LA ROTTURA DELLA STABILITA' INTERNAZIONALE

POLITICA DI POTENZA E RIARMO

Restavano pochi margini per soddisfare le bramosie espansionistiche delle nazioni industrializzate. Le potenze emergenti mettono in discussione la spartizione del mondo operata dal colonialismo tradizionale. Si registrò per tanto il peggioramento dei rapporti internazionali e gli arsenali militari si attrezzarono per risolvere con la forza i crescenti contrasti. La corsa al riarmo privilegiò la marina. La Germania insidiò il primato inglese sui mari. Neppure l'imperialismo 515h78f economico trascurò l'uso della forza per tutelare i suoi interessi. Infatti, la diplomazia del dollaro statunitense fu rapidamente integrata dal presidente Roosvelt con la politica del "grosso randello".


LA PRIMA E LA SECONDA GUERRA BALCANICA

S'inasprirono i contrasti tra la Germania e il blocco anglo-francese. La tensione s'inasprì fino a rasentare il conflitto nel 1905 e nel 1911 quando la Germania tentò di fermare l'annessione francese del Marocco, infine tornarono nuovamente a galla tutti i problemi irrisolti della regione balcanica, generando una miscela esplosiva sempre meno controllabile. L'Austria e la Russia facevano leva su ogni incrinatura per affermare la propria egemonia nella regione. Il precario equilibrio fu rotto dall'Austria che aveva attratto nella sua sfera d'influenza la Bulgaria e aveva annesso la Bosnia-Erzegovina, sulla quale aveva avuto dal congresso di Berlino un semplice mandato amministrativo. La Serbia protestò e la Russia l'appoggiò prontamente, ma dinnanzi al minacciato intervento della Germania a fianco dell'Austria dovette rassegnarsi al fatto compiuto. L'iniziativa austriaca favorita dall'aggravata crisi dell'Impero Ottomano, stretto fra l'irredentismo dei popoli oppressi e i tentativi d'occidentalizzazione promossi dal movimento dei Giovani turchi. L'Italia procedette all'occupazione della Libia e gli ottomani abbandonarono i residuali possessi nella penisola balcanica. Tuttavia al termine della guerra (Prima guerra balcanica) emersero i contrasti tra la Serbia e la Bulgaria, mentre Russia e Austria soffiavano sul fuoco. Si riaprirono le ostilità (giugno 1913) tra Serbia, Grecia e Romania, contro la Bulgaria (Seconda guerra balcanica). La Bulgaria fu sconfitta (agosto 1913). Nello stesso anno a seguito di una rivolta popolare anti-turca, si rese indipendente l'Albania, verso la quale si proiettarono le ambizioni egemoniche austriache, serbe e italiane. Si profilava così un contrasto italo-austriaco per l'egemonia dell'Adriatico e un avvicinamento della Russia a Francia e Inghilterra.




PROBLEMI NAZIONALI DELL'EUROPA CENTRO-OCCIDENTALE

Problemi di carattere nazionale alimentarono focolai d'instabilità. La Germania si trovava alle prese con le aspirazioni autonomistiche delle popolazioni filo-francesi e alternava concessioni a misure di polizia. L'Inghilterra, dopo aver modificato in senso federativo i suoi rapporti con le colonie, vide inasprirsi i rapporti con l'Irlanda. Riemergevano infine tutte le contraddizioni che laceravano l'impero degli Asburgo e a parere del primo ministro Taafe non c'era ormai altro da fare che ritardare per quanto possibile la decomposizione di questo stato multinazionale. L'opera repressiva fu quindi integrata da parziali riconoscimenti delle istanze nazionalistiche, fra cui la concessione di una più ampia autonomia all'Ungheria o la parificazione in Boemia della lingua ceca con il tedesco e con il magiaro. Nella parte dell'impero soggetta direttamente all'Austria fu poi varato il suffragio universale maschile. Nuove tensioni di carattere sociale si sommarono ai preesistenti problemi nazionali.


CONTRADDIZIONI IN RUSSIA

Il rapido sviluppo economico accentua l'instabilità politica della Russia. Il rinnovamento economico, infatti, comportò costi sociali piuttosto pesanti. I lavoratori erano sottoposti ad un terribile sfruttamento, le loro esigue capacità di difesa e le enormi risorse minerarie del paese, favorirono l'afflusso d'investimenti stranieri, quindi gli utili realizzati rifluivano poi all'estero e la stessa politica dello zarismo era condizionata dai vincoli economici con le potenze occidentali.

Le ulteriori contraddizioni sollevarono nuovi fermenti sociali e nacquero nuove formazioni politiche ispirate dai modelli europei che il regime autocratico cercò di schiacciare: tra queste il partito social-democratico, diviso dal contrasto interno tra bolscevichi (la maggioranza) e menscevichi (la minoranza). Per esorcizzare i problemi politico-sociali l'autocrazia rilanciò nuovamente la repressione contro le minoranze etniche e religiose.




IL 1905, PROVA DELLA RIVOLUZIONE ANTI-ZARISTA

Il prestigio dello zarismo fu definitivamente compromesso dalla sconfitta russa nella guerra contro il Giappone (1904-1905). La crisi precipitò la domenica del 9 gennaio 1905, quando nella capitale un corteo popolare mosse verso il Palazzo per chiedere le libertà democratiche, la giornata lavorativa di 8 ore e miglioramenti economici. Dinnanzi alla vastità della manifestazione e nel timore del peggio le autorità ordinarono l'intervento dell'esercito che affrontò i dimostranti e lasciò sul terreno un migliaio di morti. Subito dopo la domenica di sangue le manifestazioni e le azioni armate contro il regime si moltiplicarono e si diffusero in tutto il paese. Nelle maggiori città gli operai promossero i soviet (consigli), col ruolo di centri del potere politico e amministrativo autonomi da quello ufficiale. Il soviet di Mosca si sostituì agli organi di governo istituzionali, mentre lo stesso esercito incominciava a disgregarsi. Nicola II fu costretto a promettere un'evoluzione in senso liberale del regime e concesse la Duma (un'assemblea eletta su basi censitarie e per la verità con poteri limitati). Poi attese il riflusso della lotta sociale per ripristinare l'assolutismo e consegnò il governo a Stolypin, il quale istituì corti marziali, ma operò anche la spartizione di terre distribuendole tra i contadini ricchi per fornire allo zarismo una base di consenso tra i ceti rurali favoriti dalla riforma.











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