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"L'ETICA CRITICA"
La
riflessione della filosofia sui problemi etici si sviluppa soprattutto nei
momenti di crisi dell'eticita' intesa come insieme di valori, e cioe' quando le
norme che parevano ovvie vengono messe in discussione e non funzionano piu' i consueti
criteri di legittimazione e i principi riconosciuti per stabilire cio' che e'
bene e cio' che e' male.
I primi a porre il problema morale in senso filosofico sono Socrate e i
sofisti, nella polis del secolo V A.C., dove una nuova classe egemone, arricchitasi
attraverso intraprendenza commerciale, si va sostituendo alla nobilta' terriera
che ha dalla sua il diritto della na 616e48g scita.
I sofisti insegnano che la virtu' e' insegnabile, giacche' consiste
essenzialmente in un complesso di regole tecniche per il corretto vivere in
societa'.Cosi' il criterio di legittimazione passa dalla nobilta' della stirpe
alla funzionalita' sociale dei comportamenti e al successo che essi riescono a
garantire.
Contro questa posizione che privilegia fattori incontrollabili, quali
ricchezza, fortuna, abilita' oratoria, Socrate e poi Platone rivendicano il
riferimento dei giudizi etici a regole certe, le idee, guardando alle quali
ogni uomo ragionevole puo' riconoscere il giusto e l'ingiusto.
Platone, pero', e' piu' attento al nesso su cui avevano insistito i sofisti,
tra virtu' e politica, al punto che , secondo lui, tutte le virtu' sono
prescritte a tutti, ma diverse virtu' devono corrispondere ai diversi ruoli
sociali che ciascuno ricopre.
Il criterio ultimo di eticita' restano comunque le idee che garantiscono il
fondamento dei giudizi etici, la loro contemplazione, senza ulteriori fini
pratici, costituisce il massimo bene per l'uomo.
Aristotele, invece, teorizza esplicitamente che l'etica non puo' ispirare al
rigore della geometria, come afferma nell'Etica Nicomachea, e costruisce la sua
etica in un confronto assai puntuale, con il costume, le tradizioni esistenti,
le istituzioni politiche.
Il principio del bene e del male non e' l'efficacia pratica e politica della
condotta, come affermavano i sofisti, non la natura metafisica dell'essere come
teorizzava Platone, ma nelle facolta' che appartengono naturalmente
all'uomo.L'etica e' fondata sulla natura, che e' principio che muove ciascun
individuo e le sue facolta' dall'interno.
In questo quadro di fondazione naturale dell'etica, Aristotele mantiene il
primato platonico della contemplazione perche' la facolta' piu' alta dell'uomo
e' il pensiero, il sommo bene, la felicita' e la perfezione per l'uomo
consistono essenzialmente nell'esercizio del pensiero, il quale assurge a
massima dignita' quando si applica agli oggetti piu' alti, cioe' a Dio
stesso.Aristotele rappresenta il punto di arrivo dell'etica classica, la sua
fondazione dell'etica sulla natura risolve l'ambiguita' tra legittimazione
metafisica e legittimazione politico-civile della moralita' della condotta.
Dopo Platone ed Aristotele, la speculazione perde vigore nelle stesse loro
scuole, l'Accademia e il Peripato, in esse si analizzano per lo piu', soltanto,
senza continuarle, le dottrine dei due grandi e illustri maestri, mentre al di
fuori di esse vengono ripresi antichi motivi presocratici, i quali, pero'
anziche' costituire il fine delle nuove ricerche, vengono subordinati al
concetto negativo della vita vissuta, con una prevalenza dei problemi pratici,
morali, nel desiderio di risolvere il problema della felicita'.
La saggezza, cioe', prevale sulla verita'; la verita' conserva ed assume valore
soltanto come necessario preliminare per risolvere il problema del vivere bene,
da giusti, felici; interessa il problema del fine; prende cosi' rilievo l'etica
e, piu' tardi, il problema del destino ultimo dell'uomo.
Da questo attegiamento derivano prima di tutto i due piu' celebri sistemi etici
del mondo antico, stoicismo ed epicureismo.
Tra le varie tendenze, nello stesso tempo in reazione al dogmatismo acritico
con cui si assumevano o si ripetevano principi e soluzioni delle varie scuole,
porta la sua critica dissolvente, espressione tuttavia di una esigenza di piu'
approfondita fondazione della ricerca storica, lo scetticismo, cosi' denominato
a cagione della scepsi (critica), da esso instaurata che lo porto' alla
conclusione che nulla di certo sia possibile conoscere, affermare o fare.
Lo stoicismo ammette che solo la conoscenza giusta, mediante una chiara
conoscenza del mondo, puo' essre guida nella condotta e nel comportamento.Il
cosmo e' perfetto, il male non esiste se non soggettivamente, da un punto di
vista personale.Davanti ai propri mali il saggio resta imperturbabile (apatia),
cio' che avviene e cio' che deve avvenire e quando avviene e' sempre il meglio.
Lo stoico sostiene con animo invitto le avversita'e si astiene con animo forte
da ogni cosa che possa turbarlo, diversamente ecco l'atto di liberta' del
suicidio.
L'epicureismo cerca la felicita' e, come gli stoici chiede le ragioni del
vivere inperturbato alla sapienza, comprendere per poter essere felici.Felice
e' chi, non avendo bisogni, non prova desiderio.Piacere, in realta', non e'
altro che cessazione di un desiderio o di un bisogno che si consegue solo
limitando i bisogni, unico mezzo per avere la calma, che e' il piacere
perfetto.Cosi' una dottrina sensista e fondata sul piacere, si configurava come
una dottrina della rinuncia con il suo ideale nell'atarassia e nell'aponia.
Lo scetticismo a sua volta, ha per programma una indagine critica, per cercare
un po' di verita' tra tanti principi ispiratori dell'agire umano.Gia' la
sofistica di Protagora aveva negato la possibilita' di raggiungere il vero;
Pirrone da Elide con piu' rigorosa impostazione, afferma che non e' possibile
conoscere la verita', il saggio non si turba, puo' abbandonarsi all'atarassia
stoico-epicurea.Questa la consequenza di avere negato l'esistenza e la
possibilita' di un criterio per discernere e stabilire il vero, il buono e il
giusto nei confronti del falso, del male e dell'ingiusto.
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