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Ariosto

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Ariosto


Una lunga tradizione critica ha accreditato un'immagine di Ariosto come di un uomo non solo sedentario e contemplativo, ma anche furbescamente sornione, scettico, di un disimpegnato e disinteressato agli asp 121j94b etti concreti e pratici del vivere, tutto proiettato nel sopramondo fantastico della sua immaginazione poetica, delle sue invenzioni cavalleresche. Ma da tempo questa immagine è stata cambiata, facendo meglio luce sulla sua personalità, che appare ora più complessa e virile. Se l'immagine di Ariosto conserva i tratti della saggezza, della dedizione agli studi, dell'amore per la tranquillità e dell'otium litterarum, questa saggezza e questa aspirazione non appaiono più l'espressione di una placida natura contemplativa, né più il frutto di un atteggiamento disinteressato, ma appaiono l'espressione di una natura equilibrata, forte, robustamente realistica e il frutto di un'esperienza travagliata e sofferta, di una profonda conoscenza del mondo maturata anche attraverso difficili incarichi all'insegna dell'equilibrio e della forza morale.


Ludovico Ariosto nacque nel 1474. Studiò diritto e grazie a suo padre, che era funzionario degli Estensi, ebbe i primi contatti con il mondo cortigiano. Nel 1500 morì suo padre e gli lasciò la famiglia costituita da 10 tra fratelli e sorelle. Questo fu un brutto periodo per la sua vita e fu anche caratterizzato da difficoltà economiche. Nel 1503 entrò al diretto servizio del Cardinale Ippolito d'Este e vi rimase fino al 1517 anno in cui si rifiutò di seguirlo in Ungheria. Del suo mecenate Ariosto ci ha lasciato vari documenti a posteriori nei quali descrive Ippolito come un avaro, insensibile ad ogni valore e merito artistico che preferiva essere servito e apprezzava di più le missioni rischiose compiute da Ariosto per lui che le sue capacità artistiche e letterali. Tuttavia in questo periodo Ariosto compone l'Orlando Furioso e lo dedica al Ippolito lodandolo. Il periodo che parte dal 1517 è un periodo di crisi economica per Ariosto ma anche di crisi per l'Italia che viene minacciata dalle potenze straniere. Poi entra al servizio del Duca ma la crisi continua anche perché spesso non viene pagato o pagato troppo poco. In questi anni compone le Satire le lettere e i cinque canti, opere che mostrano il suo stato d'animo e testimoniano la crisi che sta passando Ariosto. Gli ultimi anni (a partire dal 1527) sono più sereni per Ariosto che ritorna a Ferrara. Il Duca gli affida compiti più prestigiosi come l'organizzazione di spettacoli a corte e prepara l'edizione definitiva del Furioso.




La vita di Ariosto, spesa a contatto con la corte, che egli seppe guardare con spregiudicato realismo, è un esempi di quella condizione sociale degli intellettuali che viene a verificarsi attraverso le vicende biografiche di alcuni nostri classici. Una parte della sua opera può essere letta come riflessione critica sulla corte e i cortigiani. Rappresentando la propria condizione egli seppe tratteggiare i rapporti tra signori e cortigiani: mette in nudo il meccanismo del potere, da cui l'intellettuale, e il poeta a maggior ragione, è inevitabilmente escluso. Secondo Ariosto bisogna accettare con realismo la propria condizione sociale, i propri doveri e cercare quell'equilibrio interiore che consenta di sopportare difficoltà e torti.


Le satire  


Le Satire ariostesche sono sette componimenti in terzine indirizzate ad amici e conoscenti che muovono sempre da una situazione o da un evento autobiografico per allargarsi progressivamente ad una analisi di una più generale realtà sociale, culturale e politica e a considerazioni per lo più moralistiche sugli uomini in quella realtà coinvolti. Come modello usa le Satire di Orazio ma le contamina con altri modelli più recenti e ne rafforza il colorito in senso più aspro. Anche sulle Satire ha pesato a lungo l'immagine di un Ariosto contemplativo pacifico e disinteressato alle cose del mondo. Nelle Satire è invece da valorizzare il dinamico contrasto tra una materia talora incandescente ed urgente e la volontà di controllo formale e di dominio artistico di quella. Infatti da un lato abbiamo l'esperienza di una realtà dolorosa e ingiusta vissuta dal poeta che lo porta a scatti d'ira e dall'altra abbiamo una concezione classicistica dell'arte che impone di porre un freno all'urgenza delle passioni e che insegna le tecniche di controllo formale. Le Satire ci trasmettono un tentativo di dominio delle passioni attraverso il freno dell'arte, ma ci trasmettono anche un impietosa e consapevole visione del mondo morale sociale e culturale in cui si trova a vivere Ariosto.


L'Orlando Furioso


L'Orlando Furioso sintetizza meglio di ogni altra opera lo spirito rinascimentale. Ad Ariosto si deve riconoscere una consapevolezza dei limiti esistenziali e morali dell'uomo e una precisa consapevolezza della crisi politica e culturale che si veniva profilando all'orizzonte della storia e della civiltà italiana. Nell'Orlando Furioso si devono cercare i segni del raggiungimento di una matura e consapevole armonia etica, che è dominio di sé e dai propri moti, e di una complessa armonia stilistica ed espressiva, che è dominio di una materia problematica e di una forma letteraria difficile. Ma l'equilibrio, la saggezza e l'armonia non nascono da una visione ottimistica del reale ma da un'analisi spregiudicata e pessimistica del Furioso, ripetutamente ribadita sin dalla prima stesura. La materia del Furioso non è costituita dalle antiche istituzioni cavalleresche ma da quella moderna concezione della vita e dell'uomo che in ogni pagina del poema è presente liberamente celebrata. Il poema cavalleresco si trasforma così in romanzo pieno di passioni e aspirazioni degli uomini. La materia del Furioso l'Ariosto la trova già preordinata nella precedente tradizione letteraria e così prende spunto dal poema di Boiardo per continuare le storie d'amore tra i cavalieri e Angelica. Il suo poema è la continuazione dell'Innamorato di Boiardo ma ce un distacco ideologico tra i due poemi. Infatti il poema di Boiardo si conciliava bene con i valori della cavalleria mentre la pazzia di Orlando si colora di sfumature tragicomiche: l'amore da valore cortese si trasforma in fonte di insania per l'uomo. Sin dall'inizio si nota quell'impasto di serietà e riflessione che domina tutta l'opera. L'opera si sviluppa in tre filoni che si intrecciano tra di loro: la guerra tra cristiani e saraceni, l'amore di Orlando e Angelica e l'amore contrastante tra Ruggero e Bradamante. La struttura complicata e variata è solo in apparenza aperta (infatti non c'è un cornice che ingloba tutto). Questa apertura gliela dà il senso estroso del libro che è incalcolabile e molto vario. Nel Furioso manca la fiducia in qualche disegno provvidenziale. La concezione della vita nel Furioso è laica e questa porta con se l'intrecciarsi continuo delle vicende che così non seguono un filo conduttore. Questo conferisce l'apertura al poema. Tuttavia alla fine il poema si chiude in modo tale da evitare alti intrecci e altre storie. Inoltre i continui interventi del narratore danno al poema l'unità e la coesione della struttura. Questi interventi suggeriscono l'idea di una presenza governatrice e ordinatrice del racconto che lo rende armonico. Anche la tecnica dell'entrelacement conferisce coesione e unità al racconto. L'armonia del Furioso risiede proprio in questo controllare per nulla rigido e meccanico, e capace anzi di dare l'impressione della multiforme varietà della vita, ma non meno coesivo e unificante. Nel Furioso domina la visone laica del mondo. Infatti è il caso, nel senso di un imponderabile intersecarsi di percorsi, che domina l'universo esistenziale dei personaggi. Anche la magia è usata e ha funzione di elemento fantastico di grande presa del pubblico. L'uomo in definitiva si trova a dover far ricorso alle proprie abilità di forza, coraggio e astuzia per trionfare nei limiti concessigli dalla fortuna (caso). Sul piano della storia il principio di causalità rispecchia la concezione pessimistica di Ariosto in quanto determina il vanificarsi degli sforzi della vita.

Ariosto ha una visone pessimistica dell'uomo e delle sue capacità. Secondo lui la volontà, la razionalità e la virtù sono meno determinati per l'esito delle azioni umane. Questo suo giudizio lo esprime simbolicamente in alcuni canti: la ricerca vana di angelica nella selva o il palazzo di Atlante.

Ariosto apprezza i valori come la ragione, l'amore, il senso dell'onore, la lealtà e il coraggio ma ad essi si contrappongono costantemente il potere irrazionale del caso e della passioni. Domina una crisi dei valori etici umanistici e una difficoltà di attuarli in un mondo dominato dalla cieca fortuna e dalle passioni irrazionali. Il riscatto del pessimismo Ariosto lo ottiene nella armonia del poema. Ariosto domina la propria materia dandole una forma dinamicamente equilibrata e composta che è segno tangibile della conquista dell'equilibrio interiore e della matura saggezza.

L'equilibrio è presente anche nella lingua. Ariosto varia molto il registro stilistico in base alle situazioni, ora tragiche, ora comiche, ma alle fine ottiene un tono bilanciato e complessivamente omogeneo. Anche nello stile continua questa ricerca. Ariosto usa ottave dinamiche ed equilibrate con i primi versi fluidi e gli ultimi due pieni di forza e che spesso danno slancio all'ottava successiva. Anche le figure retoriche e gli stilemi seguono questa ricerca di equilibrio.











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