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Immigrazione e senza fissa dimora

scienze



Immigrazione e senza fissa dimora

Gli immigrati extracomunitari rappresentano una componente importante della povertà estrema e

dell'esclusione abitativa, anche se con modalità e caratteristiche che li differenziano da altri tipi di

homeless. A differenza di quanto si verifica nella componente italiana del fenomeno, le persone

senza dimora d'origine extracomunitaria evidenziano, in genere, una forte motivazione

all'inserimento e all'integrazione sociale. Per quanto riguarda le altre variabili significative, si

osserva uno stato di salute generalme 252c22c nte soddisfacente, anche se limitato alle prime fasi di

permanenza sulla strada, e un livello d'istruzione superiore, nella media, a quello dei senza dimora

italiani. Inoltre, nel caso degli immigrati, è quasi del tutto assente la componente di disagio

psichico, anche se un certo numero di senza dimora immigrati manifesta dipendenza da sostanze

psicotrope (droga, alcool, etc.). Infine, a differenza dei senza tetto italiani, gli extracomunitari

possono fare riferimento a reti di relazioni formali e informali, legate alle comunità d'appartenenza,

che organizzano, in alcuni casi, la sistemazione alloggiativa di coloro che risultano esclusi

dall'abitazione. In altri casi, si registra invece la presenza di gruppi, anche consistenti, di senza



dimora immigrati, di comune provenienza geografica, installati in baraccopoli o in ripari di fortuna,

localizzati in aree rurali o alle estreme periferie metropolitane.

Fatte queste precisazioni di carattere generale, è necessario illustrare alcune differenze esistenti tra

le diverse comunità etniche, in ordine alla presenza di esclusione abitativa grave e di sacche di

senza fissa dimora o senzatetto. A questo riguardo, alcuni dati interessanti provengono da uno

studio realizzato nel 1999 dalla Fondazione Michelucci di Firenze, relativo alle condizioni abitative

e alle politiche d'accoglienza rivolte agli immigrati extracomunitari nella regione Toscana.

Dai risultati di tale studio, è possibile ricavare un quadro della povertà abitativa all'interno delle 12

principali comunità etniche presenti nella regione. Nel complesso, si evidenziano tre diversi tipi di

condizione abitativa: grave esclusione abitativa, disagio abitativo e situazioni alloggiative

accettabili.

Rientrano nel primo gruppo i cittadini provenienti dall'Albania, dall'ex Iugoslavia, gli albanesi del

Kosovo e gli immigrati provenienti dal Nordafrica. Per gli albanesi, ci sono gravi problemi

alloggiativi, soprattutto per gli irregolari ed i clandestini. Come sistemazioni prevalenti, ci sono

infatti le occupazioni di appartamenti, case abbandonate, edifici industriali dismessi, baracche

autocostruite, la sistemazione presso ripari occasionali (ponti, acquedotti etc.). In altri casi, si

osservano situazioni di sovraffollamento in alloggi reperiti attraverso contratti d'affitto stipulati da

connazionali. Gli albanesi del Kosovo presenti in Toscana, sono stimati nell'ordine di 2300 persone,

dei quali alcuni sono giovani in fuga dal servizio di leva obbligatorio. Anche se alcuni di loro

alloggiano in appartamenti in affitto, è molto frequente la sistemazione all'aperto o in ripari di

fortuna. Per quanto riguarda i nordafricani, negli ultimi anni si è registrato un miglioramento delle

condizioni alloggiative, anche se prevale ancora un forte disagio abitativo. Notevole la presenza di

marocchini e tunisini all'interno degli asili notturni e dei dormitori, così come l'occupazione

clandestina di edifici abbandonati e altre forme di alloggio in condizioni di grave emergenza

igienico-sanitaria (roulottes, automobili, baracche etc.). Va sottolinenato, tuttavia, che tali soluzioni

alloggiative tendono a diminuire, a favore di sistemazioni più adeguate, mentre le aree

precedentemente occupate vengono occupate da nuove ondate di immigrati, in genere di

provenienza albanese. Di un certo rilievo, infine, il fatto che a Firenze una trentina di immigrati

marocchini, in alcuni casi con le rispettive famiglie, ha partecipato alle iniziative del Movimento di

lotta per la casa, attraverso l'occupazione di appartamenti e altri locali inutilizzati. Per i cittadini

dell'ex Iugoslavia, permane uno stato di grave disagio abitativo, determinato in parte

dall'associazione, nell'immaginario comune, dei profughi iugoslavi con gli zingari. A questo



riguardo va rilevato come, da parte delle istituzioni pubbliche, alla concessione del permesso di

soggiorno per ragioni umanitarie non siano seguite ulteriori iniziative d'accoglienza (meno del 4 %

dei profughi ha ottenuto una sistemazione alloggiativa dalle autorità locali).

Rientrano nel secondo gruppo di situazioni alloggiative alcune comunità etniche contraddistinte da

disagi e difficoltà abitative di varia natura, che giungono tuttavia solamente in alcuni casi a forme

estreme di esclusione: cittadini provenienti dalla Cina, dalle Filippine, dalla Nigeria e dal

Sudamerica. I cinesi, per lungo tempo, hanno operato una stretta identificazione tra spazi di vita e

spazi di lavoro, utilizzando come alloggio gli stessi capannoni industriali dove venivano svolte le

attività produttive. Le cattive condizioni abitative di tali ricoveri, ospitanti più "famiglie allargate",

multigenerazionali, hanno provocato nel tempo una crescente rigidità delle Forze dell'Ordine, che

hanno provveduto, in tempi recenti, a effettuare una serie di sgomberi. Tali episodi, hanno

determinato a loro volta la presenza sulla strada di un certo numero di cinesi, in attesa di soluzioni

alloggiative migliori. Tra i nigeriani e i sudamericani, solo una percentuale del 30 - 40 % gode di

una situazione alloggiativa accettabile, mentre piuttosto diffusi appaiono i fenomeni di

sovraffollamento e coabitazione forzata. Infine, contrariamente a una credenza diffusa, solamente il

50 % degli immigrati filippini risiede presso il domicilio del datore di lavoro, mentre per tutti gli

altri è piuttosto diffusa la pratica della coabitazione, spesso in condizioni di sovraffollamento.

L'ultima categoria individuata comprende una serie di comunità nazionali per le quali la situazione

abitativa non costituisce fattore di rischio sociale. Ci si riferisce agli iraniani, agli egiziani, ai

capoverdiani ed ai senegalesi (da rilevare, all'interno di questi gruppi, una quota consistente di

studenti universitari). Una comunità straniera segnata da gravi forme d'esclusione abitativa, che non

appare inclusa nello studio della Fondazione Michelucci, è quella rumena. Dalle informazioni che

provengono dalle Caritas diocesane, i rumeni appaiono come un gruppo di immigrati ad alto rischio

d'esclusione abitativa, con una forte componente interna di senzatetto e senza dimora. Ad esempio,

dai dati riguardanti un campione di 7591 immigrati extracomunitari, che hanno rinnovato nel 1998

la tessera Caritas presso il Centro Stranieri di Roma, appare come i due terzi dei rumeni versino in

gravi condizioni alloggiative, sistemati in alloggi precari e di fortuna, in aree periferiche e

degradate, tra cui i depositi di sfasciacarrozze ubicati nei quartieri periferici del Casilino,

Prenestino, Collatino e Centocelle. Sembra che i rumeni ricorrano al mercato degli affitti solo per

pochi mesi l'anno, privilegiando le baraccopoli e altre soluzioni auto-organizzate, mentre circa un

quarto di essi viene accolto da parenti o amici.







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