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LE CONDIZIONI DELLA DONNA AFGHANA

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LE CONDIZIONI DELLA DONNA AFGHANA


Nel paese dei talebani, le donne sono considerate e trattate come feccia, usate per perpetuare la specie, soddisfare i bisogni sessuali degli uomini e occuparsi delle pulizie domestiche; in base ad alcuni "illuminanti" versetti del corano - come: "le vostre donne sono come un seme da coltivare e quindi potete farne quello che volete" (2:223) - o a interpretazioni delle scritture che altri islamici non fondamentalisti non ritengono verosimili, gli uomini hanno potere assoluto sulle donne e queste sono private di ogni diritto: dietro ai loro burqa, i soffocanti veli integrali che le ricoprono da capo a piedi, non possono neanche vedere, respirare, parlare, ridere, liberamente e se malauguratamente i loro passi giungono all'udito di un uomo, rischiano di essere fustigate pubblicamente per il ludibrio delle folle.

Private di un volto, 919j99j di una voce, di libertà di movimento, della stessa dignità di essere umano, non paghi i talebani vorrebbero privarle anche del pensiero e della volontà. Spesso ci riescono: le donne che fino al 1994, anno in cui i talebani hanno preso il potere, esercitavano la professione di medico, ingegnere, infermiera o qualunque altro mestiere, sono state nascoste dietro il burqa e segregate in casa sotto lo stretto ed asfissiante controllo degli uomini, con i vetri oscurati per evitare che qualcuno, da fuori, possa scorgerle, picchiate brutalmente per ogni minima violazione della particolare legge coranica riconosciuta dai talebani. Costrette a queste insostenibili condizioni di vita, molte donne di lasciano morire, altre si suicidano, anche dandosi fuoco - quando ad appiccarlo non è lo stesso marito - oppure muoiono per mancanza di cure mediche, visto che non possono essere visitate da medici uomini e le donne non possono più studiare e lavorare.altre sono afflitte da comprensibili problemi psichici. 
Schiacciate tra fondamentalisti Jehadi e talebani, le donne afgane non riescono a scorgere una via d'uscita: i fondamentalisti Jehadi (che sembrano essere preferiti dal mondo occidentale), hanno commesso i peggiori crimini contro le donne, e poiché sempre più aree vanno sotto il controllo dei talebani, anche se il numero delle violenze e dei crimini perpetrate contro le donne diminuisce, le restrizioni dei talebani continuano a ucciderle nello spirito e a privarle della stessa esistenza umana. Le donne afgane che sono riuscite a far sentire la loro voce al mondo, sono solite dire: 'i Jehadis ci stavano uccidendo con fucili e spade ma i Talebani ci stanno uccidendo col cotone'. 
La polizia religiosa, formalmente il Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, agisce sotto ordine diretto del supremo leader talebano Mullah Mohammed Omar. La polizia è un organo molto potente per rafforzare l'austera versione dei talebani dell'Islam. 
Le restrizioni e i maltrattamenti dei Talebani verso le donne includono: 
1. Completo divieto di lavorare fuori di casa, il che vale anche per insegnanti, ingegneri e la maggior parte delle professioniste. Solo alcune donne medico e infermiere hanno il permesso di lavorare in alcuni ospedali a Kabul. 
2. Completo divieto per le donne di attività fuori della casa se non accompagnate da un mahram (parente stretto come un padre, un fratello o un marito) 
3. Divieto di trattare con negozianti maschi (mi piacerebbe sapere come possono trattare con negozianti femmine visto che le donne non possono lavorare e uscire di casa da sole).
4. Divieto di essere curate da dottori maschi (Ciò vuol dire che nella maggior parte dei casi non vengono curate affatto, poiché le donne non possono studiare, né lavorare e le donne medico, rarità ereditata dal periodo che precede la dominazione talebana, lavorano solo negli ospedali dei centri urbani.
Ricordiamo che recentemente l'ospedale italiano di Emergency a Kabul è stato chiuso dai talebani proprio perché non tolleravano che le donne e gli uomini lavorassero e mangiassero insieme. L'ospedale curava le vittime della guerra in corso, che dura da 21 anni, ed è stato chiuso dopo un raid effettuato dalla polizia religiosa talebana che ha picchiato il personale ospedaliero e ha portato via tre dipendenti. Le organizzazioni straniere, come l'ONU e gruppi privati, forniscono la maggior parte dei servizi sociali fondamentali in Afganistan. Tuttavia, spesso i talebani entrano in conflitto con loro, soprattutto con i movimenti che si oppongono alle restrizioni per le donne). 
5. Divieto di studiare in scuole, università o altre istituzioni educative (I Talebani hanno convertito le scuole per ragazze in seminari religiosi) 
6. Obbligo di indossare un lungo velo (Burqa) che le copre da capo a piedi. La vista, molto sfocata, è permessa da alcuni forellini minuscoli all'altezza del viso. Se a causa della difficoltà visiva, le donne inciampano e il burqa lascia intravedere le mani o le caviglie, vengono picchiate e fustigate.
7. Sono previste frustate, botte e violenza verbale per le donne non vestite secondo le regole Talebane o per le donne non accompagnate da un mahram. 
8. Frustate in pubblico per le donne che non hanno le caviglie coperte. 
9. Lapidazione pubblica per le donne accusate di avere relazioni sessuali al di fuori del matrimonio. Molte coppie di amanti sono state lapidate a morte per questa regola (da una "cultura" permeata di discriminazione e violenza, che non prevede sentimenti e amore, non potrà nascere che altra violenza, in un circolo vizioso senza fine)
10. Divieto di uso di cosmetici (A molte donne con unghie dipinte sono state tagliate le dita) 
11. Divieto di parlare o di dare la mano a uomini non mahram. (praticamente le donne tacciono sempre e sono costrette a parlare con se stesse oppure a dimenticare la propria voce.)
12. Divieto di ridere ad alta voce. Nessuno straniero dovrebbe sentire la voce di una donna. (Immagino che questa regola non venga mai infranta: le donne in Afganistan hanno ben pochi motivi per ridere.)
13. Divieto di portare tacchi alti perché producono suono quando camminano ( Un uomo non deve sentire i passi di una donna) 
14. Divieto di andare in taxi senza un mahram 
15. Divieto di essere presenti in radio, televisione, o incontri pubblici di qualsiasi tipo. 
16. Divieto di praticare sport o di entrare in un centro sportivo o in un club. 
17. Divieto di andare in bicicletta o motocicletta anche se con il mahram 
18. Divieto di indossare vestiti colorati vivaci. In termini Talibani questi sono colori 'sessualmente attraenti' (come al solito "il maggior peccato della religione è il suo precedere l'esperienza": questa è caratteristica comune anche al cristianesimo e a molte altre religioni e sette e dimostra come sia più facile evitare la tentazione che affrontarla con maturità e intelligenza)
19. Divieto di incontrarsi in occasioni di festa o per scopi ricreativi. 
20. Divieto di lavare i vestiti vicino a fiumi o in luoghi pubblici. 
21. Tutti i nomi con la parola "donna" sono stati cambiati. Per esempio, il "giardino delle donne" è diventato il "giardino della primavera".
22. Divieto di apparire sui balconi di appartamenti o case. 
23. Pittura obbligatoria di tutte le finestre cosicché le donne non possano essere viste da fuori delle loro case. 
24. Divieto per i sarti maschi di prendere misure per le donne o cucire vestiti femminili (se si possono chiamare vestiti.)
25. Divieto di bagni pubblici femminili 
26. Divieto per uomini e donne di viaggiare sugli stessi bus. I bus pubblici sono ora stati nominati 'solo per uomini' o 'solo per donne' 
27. E' vietato portate i pantaloni, anche sotto un burqa. 
28. Divieto di fotografare o filmare. 
29. Divieto di fare foto di donne per giornali e libri o di appenderle sulle pareti delle case e dei negozi. 
Ma anche gli uomini sono privati di alcuni diritti fondamentali, anche se ciò è comune ad altri paesi islamici. I Talebani hanno deciso di rendere più gradevole e solare la vita di tutti, con queste regole:
- Vietato ascoltare musica 
- Vietato a tutti guardare film , televisione e video 
- Vietato celebrare il capodanno (Nowroz) il 21 marzo. I Talebani hanno proclamato la festa non islamica. 
- Vietato celebrare il Giorno del Lavoro (1 maggio) perché è considerata una festa 'comunista' 
- Tutti i nomi non islamici devono essere cambiati in nomi islamici 
- Obbligo per i giovani afgani di tagliarsi i capelli
- Gli uomini devono indossare vestiti islamici come il cappello, non si devono radere e non devono ornare le loro barbe, che invece devono crescere lunghe per uscire da un nodo sotto il mento. 
- Tutti devono seguire le preghiere nelle moschee cinque volte al giorno 
- E' vietato tenere piccioni e giocare con uccelli, considerandolo non islamico. Chi viola queste norme sarà imprigionato e gli uccelli uccisi. E' vietato anche far volare aquiloni. E' vietato tenere uccelli e animali in gabbia (con la sola eccezione delle donne.)
- Tutti gli spettatori che incoraggiano gli sportivi devono cantare 'allah-o-akbar' (Dio è grande), ma è vietato applaudire 
- Chiunque sia trovato in possesso di libri proibiti sarà punito con la morte. 
- Chiunque si converta dall'Islam a un'altra religione sarà punito con la morte. 
- Tutti gli studenti devono portare il turbante. I talebani dicono : "Niente turbante, niente formazione". 
- Le minoranze non musulmane devono portare un contrassegno distintivo o cucire un pezzo di tessuto giallo sui vestiti, per differenziarsi dalla maggior parte della popolazione che è musulmana. Proprio come facevano i nazisti con gli ebrei. 
E così via ...



Purtroppo il mondo non parla abbastanza di questa drammatica situazione e si verifica un'assurda "sproporzione tra lo scarso inchiostro e l'abbondante sangue versato sull'Afghanistan" (W. Karim).

Le condanne ufficiali da parte dell'Onu e di altri enti non mancano, ma a queste non segue un'azione efficace, né una reale volontà di risolvere il problema. I motivi sono quelli ormai consueti: interessi di portata internazionale ed ingerenze dei paesi stranieri. Come dice Walid Karim, in un articolo dello scorso luglio dal titolo: "Afganistan: la pace imbavagliata", l'Afganistan ha conosciuto "la maledizione della guerra combinata con una buona misura di disinformazione, più una porzione di interessi di terzi e un'altra dose di ingerenze straniere".

Questa la condizione di quella terra e soprattutto di quel popolo martoriato: "più di due decadi di olocausto ininterrotto, un'opposizione democratica fisicamente annichilita quasi del tutto, più di un milione di morti, un esodo ­ il più numeroso del mondo ­ che è arrivato a superare i sei milioni di anime, un suolo irrigato con incompatibili progetti di oleodotti, coltivato con vaste piantagioni di oppio che è fonte dei due terzi di quello consumato in Occidente e seminato con mine che hanno mutilato o assassinato centinaia di migliaia di vittime".

W. Karim spiega le cause di questa tragedia: "Il peccato per cui il popolo afghano ha dovuto pagare un prezzo così alto alla storia è quello di occupare un territorio cuscinetto tra zone di importanza fondamentale per le potenze mondiali e regionali. D'altro lato, il costituire una realtà tanto eterogenea, acefala e di così varia composizione multietnica, è servito tradizionalmente per rendere difficile il controllo del territorio e dei suoi abitanti da parte di agenti esterni, incapaci di conferire con interlocutori rappresentativi[...]
"Dopo gli Accordi di Ginevra dell'aprile del 1988 nei quali si firmò la ritirata delle truppe sovietiche, l'Afghanistan fu abbandonato alla sua sorte tanto dai media e dalle agenzie umanitarie quanto dalle agende delle cancellerie. Sfiduciata e incredula a causa della sua stessa esperienza di tutto ciò che ha a che vedere con interventismo, promesse e salvatori della patria interni ed esterni, la gente afghana avrebbe potuto festeggiare il fatto di non importare più a nessuno per la prima volta in dieci anni, se non fosse per il fatto che fossero stati lasciati alla mercé di signori della guerra armati fino ai denti[.]
"Nessuno sembrava essersi fermato allora a pensare a come neutralizzare gli impressionanti arsenali letali di ultima generazione che erano rimasti lì, allo stesso modo che non ci fu chi proponesse di bloccare i grossi conti con migliaia di milioni di dollari provenienti da governi di tutto il mondo diretti alle differenti fazioni. L'appoggio finanziario che l'URSS assicurò ai suoi leali governi a Kabul superò più di 50 volte quello che era stato investito durante i 25 anni precedenti al 1979 in Afghanistan, in ragione di circa 5 miliardi di dollari all'anno. Quello che gli USA spesero appoggiando un pugno di partiti fondamentalisti che avevano le loro basi in Pakistan continuò a crescere soprattutto durante il mandato di Ronald Regan fino a superare i 500 milioni di dollari annui, quantità che fu come minimo pari a quella offerta da Arabia Saudita e da altri stati mecenati della guerra. Buona parte dell'arsenale che risale a quell'epoca, come gli Stinger nordamericani o gli Scud sovietici, continuano ancora oggi a compiere la loro missione a pieno ritmo".
In questo senso va sottolineato il ruolo degli USA nella tragedia storica ed umana del regime talebano. Nello scorso mese di marzo durante il congresso tenuto a Londra su "Terrorismo e Sicurezza Regionale : Sfide in Asia", Selig Harrison del Woodrow Wilson International Center for Scholars, un esperto USA dell'Asia Meridionale, ha detto che la Central Intelligence Agency (CIA) ha lavorato in collaborazione con il Pakistan per creare il mostro dei talebani, che oggi governano l'Afghanistan. Le sue parole sono state le seguenti: "Li ho avvertiti che stavamo creando un mostro. La CIA ha fatto un errore storico incoraggiando i gruppi islamici di tutte le parti del mondo ad andare in Afghanistan". Secondo Harrison, gli USA hanno dato 3 miliardi di dollari per creare questi gruppi e hanno accettato la richiesta del Pakistan di decidere su come spendere questi fondi. 
Harrison ha detto agli esperti della sicurezza presenti, di essersi incontrato con capi della CIA al tempo in cui le forze islamiche venivano rafforzate in Afghanistan. Ha detto : "Essi mi hanno riferito che queste persone erano fanatiche e che più crudeli erano più spietatamente avrebbero combattuto i sovietici". 
Harrison, che ha scritto cinque libri sui problemi dell'Asia e che ha avuto numerosi contatti con i capi della CIA e i leader politici dell'Asia Meridionale, è stato membro senior del Carnegie Endowment for International Pace fra il 1974 e il 1996, ed ora è un membro senior del Century Foundation. Nel corso dell'incontro ha ricordato anche una conversazione che ha avuto con il Generale Zia-ul Haq del Pakistan: "Il Generale Zia mi ha parlato di espandere l'area di influsso del Pakistan per controllare l'Afghanistan e poi per controllare anche Uzbekistan, Tajikstan, Iran e Turchia". Questo progetto continua ancora e secondo Harrison le vecchie associazioni fra le agenzie di spionaggio continuano. "La CIA continua ad avere collegamenti con ISI (Il servizio di spionaggio del Pakistan). Harrison oggi dice che quei fondi e quelle armi sono servite a dar vita ai talebani. "I talebani non vengono reclutati solo dalle "madrass" (le scuole di teologia dei Mussulmani) ma sono pagati dall'ISI (Inter Service Intelligence, il ramo di spionaggio del governo pakistano). "Ora i talebano stanno dando vita a un vero terrorismo". 
Harrison ritiene anche che la risoluzione N° 1333 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, che ha chiesto l'embargo per le armi ai talebani, sarebbe inutile "perché non prevede sanzioni contro chi non vi si attiene. Gli USA non sostengono i Russi che invece vorrebbero veder applicata la risoluzione". 
"Ora è il Pakistan che possiede la chiave per il futuro dell'Afghanistan" ha detto ancora Harrison "La creazione dei talebani è stato il punto centrale della visione panislamica del Pakistan".
L'analisi di W. Karim continua: "A partire dal 1988 l'amalgama fondamentalista avanza così lento come può fino a Kabul, distruggendo tutto ciò che incontra sul suo cammino. Gli USA e il resto dei tradizionali sostenitori dei muyaidìn sembrano perdere ogni interesse per l'Afghanistan quando alla fine si realizza la presa di Kabul nel 1992. Da allora si perpetua l'inerzia nella battaglia per il potere tra i gruppi di muyaidìn, sfociando in quattro anni di inimmaginabili abusi contro la popolazione civile nella più assoluta impunità.
In quasi un lustro, in cui l'estero sembra dimenticare l'Afghanistan, Kabul viene totalmente rasa al suolo, si saccheggia e vende al miglior offerente forestiero il patrimonio culturale e storico nazionale, il saccheggio acquisisce un fetore quotidiano e si estendono come piaghe i matrimoni forzati, i rapimenti e gli stupri di donne. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto responsabile di questi crimini il governo, presieduto da Burhamidán Rabbaní. E così continua ad essere una decade più tardi.
Mentre la popolazione non ne può più dei cosiddetti yehadis e cresce nelle menti afghane l'odio contro i nuovi tiranni, nelle scuole religiose del Pakistan già da anni è in gestazione un movimento in gran parte composto da giovani, soprattutto orfani e nella loro totalità maschi: i talebani. Alimentati chiaramente dal regime di Islamabad e con stretti legami con i servizi segreti (Inter Services Intelligence), queste migliaia di alunni a mala pena hanno avuto contatti con donne o con il loro stesso paese, nel quale alcuni non sono neanche nati e da cui altri sono fuggiti da bambini. 
Senza esperienza in campo di battaglia e senza disciplina militare ne' un comando unico facilmente identificabile, dalla loro reclusione nei seminari pakistani i talibani passarono in un paio d'anni a prendere Kabul e da lì a dominare più di due terzi del paese, con circa 25 milioni di abitanti e un territorio di142.715 Km2 più esteso della Spagna.
Come ciò sia potuto accadere va ricercato più in fattori esterni che nei meriti dei talebani. Da una parte, la popolazione esausta non ricevette i nuovi signori della guerra con le braccia aperte, però neanche pose ostacoli a chi si scontrava con i protagonisti di allora di anni di barbarie. D'altro canto, l'inestimabile appoggio ricevuto direttamente o indirettamente da parte di altri paesi andò crescendo man mano che si ritirava quello stesso aiuto ai suoi antichi beneficiari yehadi, che si erano rivelati incompetenti nella gestione degli interessi stranieri.
La questione del riconoscimento accordato ai talebani è qualcosa che fa impazzire il più sensato degli analisti, posto che oramai, malgrado solo tre stati li abbiano riconosciuti ufficialmente, i talebani hanno civettato con la diplomazia di mezzo mondo, inclusa quella nordamericana, la cui politica afghana può essere qualificata con qualsiasi aggettivo meno che trasparente. La maggioranza degli stati implicati, anche quelli che teoricamente sono nemici dichiarati dei talebani, hanno soppesato la possibilità di riconoscerli, in un momento o in un altro. Non per niente, dato che i talebani hanno vari assi nella manica. Il primo è essere padroni indiscussi di una zona strategicamente di valore per quelli che abbiano interessi nell'area. Un'altra importante carta è la presenza nel loro territorio di un Osama Bin Laden sotto stretto controllo, la cui estradizione negli Stati Uniti ben potrebbe in un dato momento essere motivo di qualsiasi contropartita.
Sembra che nessuno osi fare il primo passo del riconoscimento, praticando allo stesso tempo la politica del doppio metro nell'attesa che i yehadis si riorganizzino e recuperino ciò che hanno perso. O nell'attesa che l'opinione pubblica si dimentichi un'altra volta che esiste l'Afghanistan [.]

"La musica per i prossimi tempi, se non cambia niente, sarà più morte, più fame e più esilio. Nuovi accampamenti di rifugiati vengono stanziati in Peshawar, città pakistana vicina all'Afghanistan, dalla fine del 2000. Vicino all'accampamento di Jalozai si estende uno di questi, dove si ammassano non meno di 14000 famiglie del nord dell'Afghanistan senza acqua, alimenti, medicine, ne' alcun aiuto. Fuggono dall'orrore della guerra che si combatte al nord del paese tra i talebani e gli yehadis.
Il governo pakistano ha minacciato di non riconoscere come rifugiati la numerosa popolazione afghana residente sul suo territorio e la presenza dell'ACNUR si è ridotta al dono di poche tende ­ con il logo dell'organizzazione ben visibile, questo sì ­ in un paesaggio desolante in cui a vista d'occhio non si riesce a scorgere la fine del precario accampamento di massa. Un breve comunicato informa a metà di maggio della "normalità" del posto. 25 bambini e bambine muoiono a Jalozai per disidratazione.

"Il panorama da lontano forse può stimolare la rassegnazione. Però malgrado tutto tra la popolazione afghana c'è resistenza. L'opposizione democratica è decapitata ai minimi storici, però anche così non cede un palmo nella sua lotta per quanto difficile essa sia.

Un chiaro esempio lo costituisce l'Associazione Rivoluzionaria di Donne dell'Afghanistan (RAWA).

In esilio a Jalozai o Islamabad, tanto come nell'interno, a Kabul o a Herat, chiamano alla ribellione le loro compatriote.

Hanno imparato molto bene a muoversi in un ambiente ostile e a sapere schivare le zone infide che sono costate la vita ad altre compagne.

RAWA fu fondata nel 1977 dalla leader di sinistra Meena Keshwar Kamal, che credeva nella forza delle donne per organizzarsi in modo indipendente. Un killer del sanguinario partito yehadi Hezb-e-Islami l'assassinò all'età di trenta anni. Si tratta dell'unica organizzazione di donne afghana che si dichiari femminista e porta avanti il suo lavoro politico e sociale clandestino nella propria terra e semiclandestino in Pakistan. Essere solo donne in un luogo dove tale condizione implica essere meno di niente è stato, paradossalmente, un fattore che ha reso loro possibile sopravvivere politicamente. I sospetti che possono suscitare nel quotidiano sono minimi e in cambio sono molte le possibilità di muoversi con libertà realizzando il loro lavoro con altre donne non consapevoli.
RAWA possiede più di mezzo centinaio di scuole clandestine in varie provincie afghane. Allo stesso modo studiano nei loro centri in Pakistan circa 700 bambini e bambine. Un migliaio di donne beneficia oggi di 47 corsi di alfabetizzazione. In Afghanistan tutelano 33 orfanotrofi con un massimo di 20 posti in ognuno di essi per motivi di spazio e sicurezza, mentre in Pakistan gli orfanotrofi che funzionano sono attualmente 4 con circa 200 giovani; circa 40 donne in Pakistan e altre 100 dentro l'Afghanistan lavorano nei laboratori che RAWA gestisce per generare risorse economiche, specialmente per le numerose vedove di guerra (che non potendo lavorare sono costrette a chiedere l'elemosina).
Sono più di 2000 attiviste, distribuite in egual misura tra il Pakistan e l'Afghanistan con l'imprescindibile appoggio di altrettante simpatizzanti e di numerosi uomini. Questi ultimi, malgrado non facciano parte dell'organizzazione, sono un ingranaggio essenziale nel funzionamento del RAWA.
Con niente da perdere e molto per cui lottare, il minimo che esigono RAWA e altre organizzazioni di opposizione democratica è la fine dell'impunità per i criminali di guerra come passo previo per ottenere un governo laico e democratico in Afghanistan.
Sarà impossibile raggiungere questo obiettivo se continuiamo a permettere ai nostri governi di insistere ad appoggiare fantocci letali e torniamo a ignorare che l'Afghanistan esiste"(Stralci dell'articolo "Afghanistan: la pace imbavagliata" di W. Karim, tratto da www.rawa.org )
Come potete aiutare RAWA
· Proteste, marce, dimostrazioni a sostegno di RAWA e in solidarietà con le donne Afghane. 
· Organizzare riunioni, incontri, seminari ecc. per spiegare la situazione delle donne Afghane sotto i fondamentalisti. 
· Presentare RAWA e le sue attività a individui, gruppi, scuole, associazioni e altre organizzazioni nella nostra comunità. 
· Invitare membri di RAWA a parlare sulle sue attività, sulla situazione delle donne in Afghanistan e sui campi profughi, ecc. 
· Scrivere servizi sull'Afghanistan e sui crimini dei Talibani e dei Jehadi nelle vostre pubblicazioni o rendere consapevoli le vostre comunità di queste situazioni. 
· Organizzare raccolte di fondi con l'aiuto di amici o raccogliere medicinali o articoli di cancelleria, vestiti, calzature, strumenti medici, computer, fax ecc. e mandarli alle donne di RAWA per il loro lavoro. Consultate il sito www.rawa.org per una lista aggiornata delle necessità. 
· Scrivere lettere ai governi, ai rappresentanti politici , ai membri del parlamento e del senato sui seguenti punti: 
- Non riconoscere il regime antifemminista dei Talibani
- Una completa interruzione degli interventi dei paesi vicini negli affari interni dell'Afganistan.
- Protestare presso le Nazioni Unite per aver dato un posto ai fondamentalisti Jeghdi criminali e chidere all'ONU di sospendere il posto.
- Imporre sanzioni a quei paesi che offrono sostegno finanziario e militare ai Talibani e agli altri gruppi fondamentalisti in Afganistan.
- Mostrare sostegno per le organizzazioni rivoluzionarie e per gli individui che lavorano in Afganistan e in esilio in Pakistan.
- Una campagna per stabilire una pace reale e preparare il terreno per libere elezioni della Grande Assemblea in Afganistan.
- Esporre i crimini dei Talibani in organizzazioni internazionali.
· Oppure proporre idee per aiutare RAWA, la sola organizzazione femminista e antifondamentalista delle donne afghane www.rawa.org

Mandala (11 agosto 2001)







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