|
|
Letteratura Latina
L'età arcaica
L'età arcaica delle letteratura latina si estende cronologicamente
fra il 240 ed il
Il mondo greco del III sec. a.C 222b11c . stava ormai attraversando pienamente la cosiddetta età ellenistica, un momento, sotto il profilo letterario, di intenso ripensamento di tutta la cultura precedentemente elaborata, in cui intellettuali, sempre più eruditi, i filologi, si cimentavano sia nell'archiviazione, in maestose biblioteche, del maggior numero di opere e di autori possibile, sia nella produzione di nuova letteratura, soprattutto riciclando e metabolizzando stili ed usi accreditati e fissati come canonici. Centri di sapere erano Alessandra d'Egitto, Antiochia, Pergamo, Atene, Taranto ed altre città, da dove, a partire dal III sec., affluirono a Roma numerosi studiosi che poi la nobilitas impiegò volentieri nelle proprie dimore, prevalentemente con mansioni didattiche. Fra gli aristocratici Romani, la cultura, a partire da questo periodo, cominciò ad essere giudicata uno strumento importante per accedere all'alta società romana e destreggiarsi abilmente nell'agone politico e fra le accanite rivalità interpersonali o fra gentes; la trasmissione del sapere, tuttavia, fu attività relegata a schiavi o liberti, in quanto ritenuta infamante per un cittadino. Il mondo greco, del resto, era ammirato come culturalmente superiore e più evoluto, così che, sin dalle origini, il confronto fra latino e greco si rese sempre più acceso, fino a provocare la divisione della società fra tradizionalisti, di orientamento politico conservatore, strettamente legati al latino e apertamente ostili al greco, e quanti invece non disdegnarono per sé e per i propri rampolli un'educazione d'impronta ellenizzante, che si compattarono in circoli e cenacoli, ristretti e molto selettivi. Col III secolo, viene progressivamente diffondendosi a Roma anche la moda del libro, che se da un lato apre ad un pubblico potenzialmente più vasto la consultazione delle opere, dall'altro, per gli alti costi di produzione, la raffinatezza dei prodotti e la scarsa alfabetizzazione, restringe la cultura ad una cerchia privilegiata di istruiti, capaci non solo di leggere e scrivere, ma di farlo senza problemi sia in latino che in greco.
Fra i generi letterari che
Il primo poeta epico latino fu
Livio Andronico (285 ca. - 200 ca.
a.C.). Originario di Taranto, nel
I. Motivo letterario: in ossequio al gusto alessandrino per il meraviglioso ed il fiabesco, le peripezie d'amore ed il romanzesco, l'Odissea era il poema che si prestava meglio a soddisfare certe aspettative del pubblico colto romano;
II. Motivo etnico-leggendario: i Romani si ritenevano discendenti del troiano Enea e preferivano naturalmente seguire le avventure per mare di Ulisse, in qualche modo a lui assimilabile, che leggere di come Troia venne sconfitta e distrutta;
III. Motivo storico-sociale: Roma si stava espandendo nel Mediterraneo, stava conoscendo nuove culture e si appassionava a leggere delle vicende di navigazione Ulisse, per mari e luoghi esotici e lontani, a contatto con dei, ninfe e creature mostruose;
IV. Motivo morale: la pietas[4] di Ulisse e di sua moglie Penelope erano esemplari per i canoni etici della società romana.
Sicuramente non secondario, però, dovette essere anche il fatto che Omero era comunemente ed inconfutabilmente ritenuto dagli intellettuali latini ed ellenistici non solo l'iniziatore dell'epica, bensì il padre insuperabile dell'intera, più avanzata e raffinata cultura greca nel complesso: confrontarsi direttamente con lui rendeva Livio Andronico un "alter Homerus" nel mondo e nella cultura romani e segnava la nascita delle letteratura epica latina assolutamente sotto i migliori auspici.
La traduzione artistica, che Livio approntò, non fu affatto semplice: è con l'Odus(s)ìa, infatti, che si rendono necessari una nuova lingua poetica ed un nuovo stile, coraggiose scelte metriche, sintattiche e lessicali ed una creatività originale, capace di tradurre non solo il testo, bensì anche i valori, di cui questo fosse portatore, da una lingua ad un'altra e, quindi, da una cultura ad un'altra. Molti nomi, di eroi o dei, e molte situazioni, che i Romani avrebbero avuto difficoltà a capire e tollerare, furono alterati, sulla base dei dettami del mos maiorum, secondo un processo sistematico di "romanizzazione[5]" del testo omerico. Il lessico fu forzatamente arcaico, solenne e granitico, in ossequio alle antiche tradizioni preletterarie italiche. Tipicamente ellenistici, invece, furono il gusto per il pathos e l'enfasi drammatica della narrazione. L'Odusìa fu molto popolare, già appena fu pubblicata, e continuò per secoli ad essere insegnata e fatta imparare a memoria .
6. Della stessa generazione di
Livio Andronico, Gneo Nevio (270 ca.
-
Il Bellum Poenicum neviano fu
il primo poema epico-storico, di argomento nazionale romano, composto negli
anni della II Guerra Punica (219-
Dal greco aìtion, che significa causa, la poesia eziologia è quel filone dell'epica, particolarmente popolare in età ellenistica, che si approfondì nella ricerca minuziosa di miti o leggende rare, a giustificazione di toponimi, festività tradizionali ed altri elementi di storia e cultura dei luoghi e delle loro popolazioni.
Proprio di Livio Andronico fu, secondo la tradizione, il primo dramma in lingua
latina, rappresentato a Roma nel
Gli autori di teatro ed in generale gli scrittori sono ancora definiti, con parola italica, ed un po' avvilente, scribae e non ancora con il grecismo poetae.
Il concetto di pietas, nel mondo Romano, ha sempre difficile definizione: scrupolo religioso e familiare, si tratta del vincolo che fonda il legame del singolo con gli dei, con i propri antenati e con la propria famiglia, su valori morali di servizio, rispetto ed osservanza delle consuetudini.
L'esempio più eclatante si ha già da quello che è plausibilmente ritenuto il primo verso dell'opera, in cui l'omerico, e greco, Musa, viene sostituito dall'italico Camena, nome di una particolare tipologia di ninfe che fu poi presto associato alla poesia, sulla base di paretimologie che lo ricollegavano al verbo cano.
Cfr. Hor. Epist. II, 1, 69 sgg.: Orazio ricorda la propria fanciullezza a scuola, quando ancora il severo maestro Orbilio, a suon di vergate, lo costringeva ad imparare a memoria versi e brani interi dell'Odusìa liviana.
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2024