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INIZIO DEL "DE RERUM NATURA" - IL CONTRASTO DEL PROEMIO CON IL MESSAGGIO EPICUREO

latino



INIZIO DEL "DE RERUM NATURA"


IL CONTRASTO DEL PROEMIO CON IL MESSAGGIO EPICUREO


Lucrezio, nel scrivere il "de rerum natura", si era posto l'obbiettivo di liberare gli uomini dagli affanni e dai problemi esistenziali attraverso la promozione della filosofia epicurea: essa trasmetteva un messaggio liberatorio che esortava gli uomini ad eliminare le paure irrazionali, la superstizione, che Lucrezio identifica con la religio, e le passioni che provocano dolore e desiderio, impedendo quindi agli uomini il raggiungimento dell'atarassia, dell'imperturbabilità. La felicità, il piacere, infatti era secondo epicureo lo scopo della vita umana e la identificava con l'assenza di dolore fisico e spirituale. Inoltre la filosofia proposta da Epicureo negava l'interazione degli dei con la vita umana in quanto sono confinati nell'intermundio e dava un ruolo di grande importanza alla razionalità, alla ragione. Quindi l' "inno a venere"che fa da proemio all'opera, e il finale del libro che descrive la catastrofica peste che colpì Atene nel 430 a.C. possono apparire contrastanti con il contenuto del "de rerum natura". Infatti potrebbe essere disorientante l'invocazione di una divinità, quando Epicuro insegnava di non curarsi degli dei, e la descrizione della peste che è un chiaro esempio di reazioni irrazionali e della paura della morte che sempre Epicuro giudicava insensata. Ad una più attenta analisi, per 919b14j ò, si può capire come Lucrezio abbia consapevolmente inserito ad arte questi due episodi nel poema.




L' "INNO A VENERE"


Il poema si apre con un inno a Venere, la divinità simbolo della sensualità, del piacere e della bellezza. Così Lucrezio si pone in contrasto con la dottrina epicurea, che negava l'intervento da parte delle divinità sulle questioni umane, e con il resto del poema, che ha come obiettivo l'abbattimento delle superstizioni originate dalla religio.

In parte questa scelta è da attribuirsi ad una scelta stilistica che vuole l'invocatio all'inizio dei poemi epici, e infatti si possono distinguere le due parti che tradizionalmente compongono l'invocatio:

-il contenuto aretalogico, ossia la narrazione delle imprese e del potere. In questo caso Venere è identificata con il potere di dare fecondità a uomini, animali e terra attraverso il piacere cinetico che dà movimento a tutto l'universo

-il contenuto cletico, ossia la richiesta di aiuto rivolta alla divinità stessa.

Ma la motivazione principale è che Venere assume un ruolo quasi allegorico: Venere rappresenta l'istinto amoroso, la voluptas, corrispettivo dell'hedonè greca, che spinge gli esseri viventi alla procreazione (v1 hominum divomque voluptas, v13 perculsae tua vi). Alla divinità vengono attribuiti poteri vivificanti (il risveglio della natura, la sensualità naturale e gioiosa, l'amore). La divinità diventa quindi la personificazione ideale che Lucrezio utilizza per mettere in termini poetici il principio generatore che stava alla base della dottrina epicurea (v2 alma venus(alere=nutrire)v20 ut cupide generatim saecla propagent). Le numerose espressioni che si riferiscono a Venere come l'essenza dell'amore nel vero e proprio senso di atto sessuale mettono in rilievo proprio il significato allegorico della dea come simbolo del piacere cinetico. Infatti tutto l'inno è concentrato attorno a questo principio che mette in moto tutto: dalle stelle(v2 caeli subter labentia signa) alla rigenerazione della natura(v7 tibi suavis tellus summittit flores).

Tutto al passaggio di venere sembra animarsi, anche lo stesso paesaggio che ride (v8 tibi rident aequora ponti)che contribuisce ad inserire la scena in un locus amenus dove tutti gli animali sono come "spinti" al desiderio amoroso da Venere che viene individuato da diverse espressioni tutte appartenenti alla stessa area semantica della seduzione amorosa come v4 concelebras, v5 concipitur, v11 genitabilis aura v15 capta lepore, v16 cupide, v19 blandum amorem, v20 cupide.

Inoltre, secondo alcuni studiosi, Venere sarebbe stata invocata da Lucrezio anche con la finalità di un duplice omaggio:

-a Memmio, destinatario dell'opera, il cui nome tutelare era proprio quello di Venere;

-a tutti i romani perché proprio Venere sarebbe, per la tradizione romana, la madre di  Enea, Progenitore di tutti i romani v1 Aeneadem genetrix e della gens Iulia.


PRIMO LIBRO:

L'INNO A VENERE, ANALISI:


Aeneadum genetrix, hominum divomque voluptas,

Alma Venus, caeli subter labentia signa

quae mare navigerum, quae terras frugiferentis

concelebras, per te quoniam genus omne animantum

concipitur visitque exortum lumina solis:

te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli

adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus

summittit flores, tibi rident aequora ponti

placatumque nitet diffuso lumine caelum.

nam simul ac species patefactast verna diei

et reserata viget genitabilis aura favoni,

aëriae primum volucris te, diva, tuumque

significant initum perculsae corda tua vi.

inde ferae pecudes persultant pabula laeta

et rapidos tranant amnis: ita capta lepore

te sequitur cupide quo quamque inducere pergis.

denique per maria ac montis fluviosque rapacis

frondiferasque domos avium camposque virentis

omnibus incutiens blandum per pectora amorem

efficis ut cupide generatim saecla propagent.


TRAD:

Madre della stirpe di Enea, gioia degli uomini e degli dei,

Venere datrice di vita/generatrice, che sotto le stelle che percorrono il cielo

fecondi il mare carico di navi e le terrepiene di frutti,

grazie a te ogni essere vivente viene concepito

e può guardare, una volta nato, la luce del sole

Davanti a te e al tuo arrivo, o dea, si placano i venti



e fuggono le nubi del cielo, per te la terra laboriosa

fa nascere fiori soavi, grazie a te sorridono le distese

del mare e sereno il cielo brilla di luce diffusa.

Infatti, non appena si svela l'aspetto primaverile dei giorni

e libero prende forza il soffio vivificante di Zefiro,

per primi gli uccelli nel cielo annunciano te e il tuo arrivo,

o Dea, colpiti nel cuore dalla tua forza vitale.

Poi fiere e armenti balzano nei prati coperti di fiori

e guadano rapidi fiumi: così, avvinto dalla tua grazia,

ognuno ti segue con ansia dovunque tu voglia condurlo.

Infine per mari, monti e fiumi impetuosi,

attraverso le frondose dimore degli uccelli e le verdi

pianure, infondendo a tutti nel petto un dolce amore,

fai sì che con desiderio rinnovino le generazioni

secondo le stirpi.


Aeneadum

Genitivo plurale. Indica i "discendenti di Enea", cioè i Romani, così chiamati anche in Virgilio, En., VIII

Gentrix

da gigno

Divumque

arcaismo per divorum

Aeneadum. alma Venus

Accumulazione di vocativi; genetrix indica la nascita

Voluptas

Sostantivo connesso all'avverbio volup(e) [Velle ], che indica ciò che è conforme al proprio desiderio. Qui, appunto, "oggetto del desiderio"

Voluptas= il piacere inteso essenzialmente come assenza del dolore fisico e assenza di passioni

Alma

Connesso ad alo,is, ha il senso di "che dà la vita". Alo vuol dire "nutrire, alimentare, far crescere, sviluppare"

Caeli.signa

Complemento di luogo (subter + accusativo). Labentia è participio.

Signa caeli= propriamente sono le costellazioni

Navigerum

È un hapax (compare solo una volta su tutto il poema

Animant(i)um

Genitivo. Il termine, che in origine indicava anche le piante, è poi rimasto a indicare gli animali e, più in generale, gli "esseri viventi" Visit

dal verbo visere che è desiderativo di videre.

Exortum

C'è il senso dell'uscita da un luogo chiuso (EX-), quindi della nascita. Te..te..te..tibi

sono anafore

Daedala tellus

aggettivo di tradizione greca che significa letteralmente "lavorare con arte" la terra è intesa come un artefice che produce con cura le proprie opere


Summittit

Sub+mittere "far spuntare al di sotto": la dea fa rinnovare la natura dove passa

Suavis

sta per suaves ed è un accusativo plurale da unire a flores

Placatum

è il participio predicativo del soggetto caelum

Patefactast

è aferesi per patefacta est.

Genitabilis aura

L'aggettivo fa riferimento a geno, forma antica per gigno

Diva

Vocativo interscambiabile con dea

Perculsae

Participio di porcello, is, perculi, perculsum, percellere

Corda

Accusativo di relazione

Tua vi

ablativo (causa efficiente)

Inde. laeta

allitterazione

Tranant

dal verbo trans-nare

Amnis

sta per amnes (accusativo plurale da unire all'aggettivo rapidos)

Capta

è concordato con pecus

Lepore

Indica il senso di incanto che prende ogni essere alla vista della dea

Montis

accusativo plurale (complemento di moto per luogo)

Rapacis

accusativo plurale (rapax dal verbo rapere)

Virentis

sta per virentes

Generatim saecla propagent

Il termine saeculum (saeclum) indica la durata di una generazione umana (33 anni circa). L'intera espressione indica l'armonioso espandersi delle stirpi in seguito all'azione della forza vitale personificata in Venere.













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