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TEOCRITO - VITA, OPERE

greco



TEOCRITO

Ci troviamo in ambito nuovo, quello della poesia bucolica.

Teocrito è l'unico poeta ellenistico in cui non c'è una ricerca erudita accanto all'attività di poeta (tipo Callimaco nella Biblioteca o Apollonio Rodio, ecc.). Non ci è giunta notizia di un'attività di questo tipo riferibile a Teocrito. L'attività poetica è l'attività principale e unica. Però nella poesia di Teocrito c'è erudizione, con riferimenti colti. È comunque riflessa. Ma questa erudizione non è uno sfoggio di protagonismo di sapere, è uno dei tanti ingredienti.

Nella scelta degli argomenti aderisce in generale all'estetica di Callimaco, ma ha temi mitologici solamente per una piccola parte. L'aspetto più originale della sua produzione non si trova nella parte in cui ricorre al mito.

Teocrito fin dall'antichità viene presentato come l'inventore della POESIA BUCOLICA: un genere letterario che sceglie i protagonisti tra i pastori e i campi in uno sfondo che è costituito dalla natura e dalla vita agreste.

Però leggendo Teocrito si vede che la poesia bucolica è ad un livello stra alto: dunque non si può pensare sia il primo inventore: nulla si crea dal nulla, dunque ci dev'essere stato un percorso, che noi non possiamo ricostruire. Teocrito è senz'altro l'autore maggiore di questo genere e il più rappresentativo.



Sull'origine della poesia bucolica o poesia pastorale gli antichi fecero diverse ipotesi che a noi lasciano perplessi. Le uniche cose certe per noi sono questi due punti:

Questa poesia nasce in ambito popolare e di queste origini conserva alcuni aspetti anche se sono stati assorbiti in sofisticazioni raffinate.

Questa tradizione ha i primi sviluppi in Sicilia tra la popolazione dorica. E tra l'altro, Teocrito è siracusano.

Leggendo Teocrito si nota che non fu solamente un autore di poesia bucolica ma anche di MIMI: un genere letterario che riproduce scene di vita reale in forma drammatica (le persone parlato tra loro come serenate) ambientate fra la gente comune della quotidianità.

Oggi si ritiene che ci sia un legame stretto tra la poesia bucolica pastorale e il mimo. E questo viene pensato perché:

C'è in entrambi una struttura dialogata (lo si vede anche in Virgilio, che imita Teocrito).

Quotidianità delle situazioni.

Quotidianità dei sentimenti: tutti possono vivere come amare.

L'estrazione dei personaggi è simile

La differenza tra la poesia bucolica e il mino è che cambia lo scenario:

Poesia bucolica campagna;

Mimo città;

Anche il mimo ha avuto un'elaborazione letteraria in Sicilia: il primo autore è un certo Sofrone di Siracusa.

Poi nella ricercatezza di ambiente letterario ellenistico Teocrito pur adattandosi introduce un elemento di novità maturato nell'occidente ellenico (Italia meridionale) e anche questa poesia ha pure un tono esotico dato anche dal dialetto ionico usato in maniera inconsueta: fino allora il dialetto dorico era usato solo nella lirica corale.

Sia i carmi bucolici che i mimi hanno una struttura drammatica.

Sorge il dubbio: la fruizione avveniva attraverso la lettura o attraverso la rappresentazione?

Certo sembrano adatti alla recitazione, dunque può darsi anche fossero recitati, oltre che letti, pure la rappresentazione era fatta di fronte a un pubblico selezionato, colturamento, come poteva esserlo quello della corte.

Un altro elemento che notiamo è il realismo teocrito, che è un realismo particolare che produce un effetto definito ILLUSIONISTICO: è la realtà fino a un certo punto (anche in Menandro era così). I poeti ellenistici tendono a chiudere l'arte nella segregazione aristocratica e l'osservazione della realtà è raro che abbia la partecipazione dell'individuo umano. Comunque questa attenzione per realismo in Teocrito è attenzione per i ceti sociali che sono la maggior parte della società. Questo realismo permette un allargamento tematico: fa uscire dall'ambiente esclusivo della letteratura per letterati. Essendo in un paesaggio di campagna era anche una risposta ai condizionamenti dell'età: c'era un forte urbanesimo (che in molti provocava un desiderio di natura). Questo idillio dava la natura a chi era costretto alla città. Aiuta a evadere da una realtà troppo metropolitana.


VITA

Teocrito è di Siracusa, nasce intorno al 310 anche se per alcuni antichi è nativo dell'isola di Kos perché in un idillio ("Le Talisie") lui stesso descrive quest'isola nei minimi particolari. Vi ha abitato per molto e la sua stessa madre - Filina - era nativa dell'isola di Kos e Teocrito aveva amici lì, come Filita e Asclepiade, due autori che cita e che erano originari dell'isola: dunque non è così strano che conoscesse così bene Kos. Lui comunque si definisce siracusano.

In Sicilia ricevette il primo impulso per scrivere e tra l'altro c'è anche un paesaggio mediterraneo.

A Kos deve aver conosciuto un medico-poeta: Nicia di Mileto: siccome a Kos c'era una famosa scuola di medicina, lì Teocrito conosce Nicia. Comunque anche se è stato per lunghi anni a Kos, nel 275 tenta di tornare a Siracusa perché per fine anno o per l'inizio dell'anno successivo scrive un componimento a Ierone di Siracusa, stratega che diventerà il tiranno. Quando Teocrito si rivolge a lui in "Le Cariti", un carme in esametri, Ierone era ancora stratega. Teocrito chiede aiuto/protezione, cerca in Ierone un "mecenate". Queste speranze vengono deluse ma non sappiamo il perché. Alcuni mesi dopo, nel 274 egli si rivolge a Tolomeo Filadelfo per avere accoglienza a corte. E ha fortuna: va ad Alessandria, dove quasi sicuramente conosce Callimaco; la stima tra loro è reciproca: Callimaco in un epigramma cita un opera di Teocrito, "Il Ciclope" e la loda. È possibile che Teocrito a fianco di Callimaco abbia partecipato alle polemiche letterarie.

Dopo Alessandria torna a Kos, dove nel 260 vennero scritte "Le incantatrici", "Tirsi", "I mietitori", ed è probabile che subito dopo muoia.


OPERE

Sotto il nome di Teocrito abbiamo diversi componimenti:

w    Trenta componimenti che gli scolii antichi definiscono ει̉δύλλια. [Quando Leopardi scrive fa riferimento a Teocrito, infatti i suoi Idilli partono sempre con descrizioni di tipo naturalistico].

w    Ventisette epigrammi, riconosciuti autentici 22 o 24.

w    Un carme figurato: "La Zampogna" (anche Pan la suonava = ambito bucolico). Il carme figurato è un TECHNOPAIGNION: componimento costruito da una serie di versi di lunghezza diversa che riproducono visivamente l'immagine del titolo [i futuristi riprenderanno questo mezzo].

w    Un frammento (cinque esametri) di un carme intitolato "Berenice I", la madre di Tolomeo Filadelfo. Qui Teocrito la celebra anche se morta e divinizzata.

w    Altre opere di argomento vario:

un poemetto che celebrava le eroine (tipo il Catalogo delle donne di Esiodo).

Le speranze.

Le pretidi.


IDILLI

I trenta idilli che abbiano provengono da una raccolta bucolica fatta all'età di Silla (morto nel 78 aC) da Artemidoro di Efeso. La raccolta bucolica non ha solo componimenti di Teocrito ma anche di "imitatori": Mosco e Bione, più altri autori sconosciuti del primo e secondo secolo aC.

Di questi trenta idilli che la raccolta attribuisce a Teocrito, la critica ne definisce con sicurezza autentici una ventina. Per gli altri ci sono dubbi o la critica è negativa.

I carmi non autentici sono:

Il 19 ° - "Il ladro di Miele";

Il 20 ° - "Il bifolchetto";

Il 21 ° - "I pescatori";

Il 23 ° - "L'innamorato";

Il 25 ° - "Il Eracle uccisore del leone [di Nemea]";

Il 27 ° - "Il colloquio d'amore";

L'8 ° e il 9 ° - ma non tutti sono concordi, anzi più recentemente si sono rivalutati;

Il 26 ° - "Le baccanti" o "Le lenee" - ma non tutta la critica è concorde.

Tra gli idilli autentici il gruppo dei carmi bucolici in senso stretto sono:

Il primo e quelli dal 3° all'11°. Complessivamente dunque sono 10 (come le Ecloghe Virgiliane).

Gli altri hanno carattere diverso.

Tre componimenti sono dei mimi, ambientati in città:

Il 2 ° - "Le incantatrici" o "L'incantatrice";

Il 14 ° - "L'amore di Cinisca";

Il 15 ° - "Le Siracusane";

Componimenti di carattere epico-mitologico:

Il 13° - "Ila";

Il 24° - "Eracle bambino" ;

Questi due potremmo definirli epilli, così come il 18° - "L'epitalamio di Elena" e il 26° - "Le Lenee" o "Le baccanti".

Tutti questi carmi sono in dialetto dorico che è impreziosito da omerismi. Il metro per questi componimenti è l'ESAMETRO.

Invece ci sono altri quattro carmi di vario argomento in dialetto ionico-omerico:

Il 12 ° - "Il giovinetto amato" - canto d'amore efebico ;

Il 16° - "Ierone";

Il 17 ° - "Tolomeo";

Il 22 ° - "I dioscuri" - inno in cui dopo un proemio parla di Castore e Polluce, li celebra e rielabora due temi già trattati: 1) da Apollonio Rodio (contemporaneo) all'inizio del II libro delle Argonautiche, e 2) da Pindaro, autore di epinici, nella decima Nemea;

Il sedicesimo e il diciassettesimo fanno parte della poesia encomiastico-celebrativa.

Due idilli, il 28 °  e il 31 ° che sono due carmi lirici sono scritti in dialetto eolico.

Altri tre componimenti cantano l'amore efebico. Questi carmi in dialetto eolico sono anche in metro eolico lirico.

Il 28 ° -  "La conocchia" (spola per filare) era per accompagnare un regalo che era proprio una conocchia.

Eccezion fatta per i quattro carmi lirici (28°, 29°, 30° e 31°) gli altri sono in esametri dattilici, a parte l'8° che è pseudo-teocriteo. Particolare per un contesto esametrico ma all'interno c'è un canto amebeo (botta/risposta) in distici elegiaci (versi 23-60).

Il termine utilizzato per indicare questi componimenti è IDILLIO: termine tecnico con cui si definiscono le opere di Teocrito. È un diminutivo: ει̉δύλλιον in greco è un diminutivo attestato solamente nei componimenti di Teocrito.

Il senso del termine ci sfugge, ogni commentatore ha una spiegazione diversa e quindi ci sono diverse interpretazioni:

Ει̉δύλλιον = composizione breve e piccola e fatta derivare da εί̃δος (= la visione) piccola visione, piccolo quadro;

Partendo sempre da εί̃δος: è un εί̃δος del discorso, un tipo di discorso (ingloba componimenti di varie tematiche).

Deriva dal verbo εί̃δω = rendo simile, perché i discorsi che troviamo all'interno di questi componimenti sono simili al personaggio.

Teocrito non voleva dare con questo termine un'indicazione specifica ma indicare genericamente tutti i suoi componimenti. Sarebbe sempre da ricollegare al termine εί̃δος comunque.

IDILLI BUCOLICI

1° idillio: "Tirsi" o "Il canto"

È forse il più celebrato e imitato: due personaggi, un capraio e un pecoraio (Tirsi). Dopo reciproci complimenti il capraio invita Tirsi a cantare la storia di Dafni (un mitico bifolco siracusano) e questo capraio promette a Tirsi come ricompensa una capra gemellipara perché fa più latte e un altro premio: una tazza con due anse molto capace. Di questa tazza viene fatta una descrizione minuziosa: consente di giustapporre in una sola composizione due parti molto distinte con una tecnica allora di moda.

La canzone di Tirsi ha un carattere molto popolaresco: c'è un ritornello che intercala i versi che sono asimmetrici. Viene così raccontata la storia di Dafni che muore d'amore ma non è data nei particolari. Tutto il mondo agreste manifesta il dolore per questa morte.

Ci sono due parti: 1) canto e 2) cornice gara.

Arrivano diversi personaggi a visitare Dafni come il dio Ermes, i pastori, e tutti gli chiedono qual è il suo male ma non ci sono risposte. Arriva anche Priapo che è rozzo e istintivo e Afrodite che sorride di nascosto: è contenta ma finge di essere addolorata. Lei è spietata: ha vinto Dafni. Gli rammenta che lui si era cantato di poter combattere l'amore, e invece. e lui risponde che lei stessa è stata vinta da amanti, come Adone o Anchise e le ricorda la ferita di Diomede. Invoca poi Pan perché prende la sua zampogna e si augura che la natura venga sconvolta dalla sua morte: che il cervo insegua le cagne, che il pino faccia le pere. La morte viene narrata velocemente. Poi torna al capraio che loda Tirsi e gli dà dei doni. Termina con una battuta popolaresca sul capraio che viene definito lascivo.

Mostra il rapporto contraddittorio di Teocrito con l'epica e la lirica. L'emulazione verso l'epica antica sta nella descrizione della coppa che rivaleggia con la descrizione delle armi di Achille, ma anche nello scudo (opera pseudo-esiodea) di Eracle. C'è dunque dell'emulazione verso l'epica antica. Ma c'è anche una simbologia nelle scene figurate: riferimenti a contemporanei e a tematiche originali. Emulazione e superamento dell'epica forma dialogica. E c'è anche la trattazione oscura di un mito originale che è fondamentale per la poesia bucolica. È il pastore poeta che soffre per amore. Nel canto rappresentato da Tirsi (esperto di poesia bucolica) il tema erotico e il παθος rimandano alla lirica, ci fanno pensare a Stesicoro, Saffo e ci sono riferimenti anche alla tragedia.

C'è anche l'utilizzo del ritornello: qualcosa che rinvia alla lirica popolare: mescolanza di elementi dotti e popolari.


2° idillio: "Le incantatrici"

È un mimo.


3° idillio: "La serenata"

Il capraio affida i versi a Titiro per una serenata ad Amarillide. Ci sono particolari molto realistici accanto a riferimenti dotti.

Apparentemente è una poesia popolaresca ma solo un certo pubblico può godersi i riferimenti colti.


4° idillio: "I pastori"

È un mimo agreste. C'è ancora Amarillide che è una fanciulla morta. È un dialogo tra due pastori (i nomi si ripetono): Batto e Coridone. Siamo nella fattoria di Egone a Crotone che è un bifolco sportivo; infatti Egone era ad Olimpia e Coridone aveva la custodia delle sue mucche.

I personaggi nel dialogo sono delineati attraverso la tecnica del contrasto: Batto è beffardo, maligno, mette in dubbio le doti sportive di Egone, ironizza sul fatto che egli abbia lasciato in mano a uno di poco conto per inseguire un miraggio. Coridone invece è speculare: i difetti di Coridone sono opposto all'interlocutore. Mentre Batto è furbo, Coridone è ingenuo, subisce passivo le battute e non le capisce. Se Batto non ammira Egone, invece Coridone ammira in modo sincero la forza atletica di Egone e ricorda un suo episodio: dopo aver mangiato otto focacce Egone aveva trascinato per una zampa un toro e lo aveva regalato ad Amarillide.

Dopo aver sentito citare il nome di Amarillide, Batto ha una reazione. Da ciò si vede che Batto era innamorato e che evidentemente ha questo rimpianto della fanciulla e che Egone è stato un rivale di Batto avendole regalato il toro. Si capisce che aveva ricambiato i sentimenti d'amore e Batto non era stato preso un considerazione.

Batto era invidioso e provava gelosia: il suo giudizio su Egone è dunque condizionato. Coridone tocca dunque un punctum dolens. Finisce con una battuta popolare.


5° idillio: "Capraio e pecoraio"

È studiatamente realistico. Rappresenta un agone bucolico con riferimento diretto alla realtà.

È opinione accreditata che la poesia bucolica prese origine dalle gare che c'erano tra i pastori. Questa dev'essere stata la partenza: ce lo dice l'etimologia comparata. Si è capito che la letteratura bucolica nasce dalle gare di poesia che si facevano. Teocrito parte da qui per fare in realtà una cosa molto letteraria.

Le gare popolari di canto erano sempre fra due contendenti e avevano degli elementi essenziali:

C'era un giudice di gara scelto dalle due parti;

Veniva pattuito prima un premio;

C'era la proclamazione di un vincitore;

I contendenti cantavano alternandosi su timi o improvvisati o prestabiliti e le norme che regolavano la gara si basavano sul parallelismo tematico-formale che si stabiliva fra i loro canti.

Tutti questi elementi (a parte nel V componimento) negli idilli di Teocrito sono scomparsi o modificati.

La corrispondenza e la contrapposizione, avendo perduto il carattere immediato della funzionalità sono rimaste come note stilistiche del genere bucolico.

Leggendo il V idillio riusciamo a seguire la dinamica della poesia bucolica nel suo evolversi: da attività quotidiana a genere letterario.

Il quinto idillio è ambientato in campagna, in Calabria tra Turi e Sibari (un po' più a nord di Crotone) lungo un fiume che si chiama Crati.

Due pastori, ossia un capraio - Comata - e un pecoraio - Lacone - si lanciano insulti.

Lacone sfida Comata nel canto, ed egli accetta. Pattuiscono un premio e invitano una persona - il taglialegna Morsone - a fare da giudice.

Cantano alternativamente due versi ciascuno. Comata fa da proponente e Lacone fa da rispondente. E lo fa con lo uguale numero di versi utilizzati da Comata e parlando dello stesso tema. I temi sono tipici della poesia popolare: amore, battute scurrili, abbondanza.

La sintassi è elementare, il discorso è scorrevole. Nel dialogo sono presenti la vivacità e la freschezza tipiche dell'improvvisazione (anche se questo ovviamente non è improvvisato). In realtà la struttura è complessa ed elaborata.

C'è un perfetto sistema di rispondenze sia verticalmente che orizzontalmente:

a P1 corrisponde R1

a P2 corrisponde R2  sistema orizzontale

a P3 corrisponde R3

a P4 corrisponde R4


Muse / Apollo

Fanciulla / fanciullo    stessa funzione ma si oppongono sul genere,

Clearista / Cratida


Verticalmente nella serie di proposte e di riposte si vede che le diverse proposte stanno in relazione tra loro così come le risposte:

Musa [P1] -/- Apollo [R1]

Fanciulla [P2] -/- Fanciullo [R2]

Nome femminile [P3] -/- Nome maschile [R3]

Superiorità amore femminile [P4] -/- Superiorità amore maschile [R4]

Lo svolgimento dell'agone ha dunque quattro norme fondamentali:

In ogni coppia ci vuole un parallelismo tematico rigoroso ma anche formale tra proposta e risposta [rispondenza orizzontale];

Esiste una rispondenza esterna delle coppie che regola le proposte e le risposte di uno stesso gruppo [rispondenza verticale];

In ogni gruppo ogni risposta condiziona la proposta della coppia successiva;

Due risposte anche non consecutive stanno di regola fra loro nello stesso rapporto delle due proposte corrispondenti. Pianificazione perfetta della struttura

Se si viola questa regola allora c'è la sconfitta.

La struttura anche se non sembra è abbastanza complessa. Ogni intervento è fatto in due versi. Se la quarte regola non è rispettata, c'è la vittoria.


6° idillio bucolico: "Pastori e poeti"

Abbiamo il tema della gara, un carme in forma narrativa, dedicato ad Arato ("I fenomeni" a cui si riferisce Virgilio nelle Georgiche).

È una competizione poetica tra due bovari. C'è una terminologia tipica. Il tema è l'amore di Polifemo per Galatea. (tema uguale all'11°). Sembra che il contenuto dell'11° idillio sia qui presupposto, però la situazione è diversa: nell'undicesimo Polifemo è innamorato di Galatea ma non è corrisposto, e vede come unico rimedio il canto. È il mito tradizionale.

Qui invece l'iniziativa è di Galatea ma il ciclope è ormai guarito dal mal d'amore e si mostra indifferente, dunque è come se si dovesse già conoscere l'undicesimo.

La gara si svolge con due bucoliasmoi (canti contrapposti).

Il primo a cantare è Dafni che si rivolge al ciclope (come se fosse Galatea). Dameta gli replica come fosse Polifemo.

C'è un parallelismo tematico perfetto. Nel canto di Dafni il protagonista è Galatea, in quello di Dameta è Polifemo. C'è l'opposizione di generi maschile e femminile, più le corrispondenze.

Nel bucoliasmos di Dafni (proponente) ci sono tre motivi:

Avances di Galatea / indifferenza di Polifemo

La cagna abbaia contro Galatea

Amore bizzarro che mostra belle le cose che non lo sono.

Ovviamente le tre proposte vogliono tre risposte da Dameta che mostrano il punto di vista del ciclope.

La differenza tra l'idillio V e il VI è una questione di forma:

Il V è un canto amebeo (procede per botta e risposta)

Nel VI ogni canto viene formulato si seguito senza interruzione da parte dell'altro. Comunque l'ordine poi resta sempre lo stesso.

La differenza è formale ma anche sostanziale: nelle gare poetiche in teoria le difficoltà dovevano essere paritarie, ma nell'idillio VI il proponente condiziona il rispondente ma non è condizionato da lui. Evidentemente è una stilizzazione letteraria.

Vengono eliminati sia il giudice che la proclamazione di un vincitore. Dunque non c'è né vincitore né vinto. Si fanno un dono reciproco ma non c'è chi vince. Si chiude il quadretto raffinato in bellezza, la natura viene concepita come spettacolo di estrema gioia.




7° idillio: "Le talisie"

È importante perché qui abbiamo l'esposizione della poetica di Teocrito. Il componimento è in forma narrativa. Il protagonista è lo stesso autore ma sotto lo pseudonimo di Simichida. È per gusto letterario. Diventa una mascherata. Bisogna vedere qualcosa di diverso. L'azione si svolge nell'isola di Kos in estate, nel tempo della trebbiatura. La scena è in un paesaggio campestre sotto una canicola molto forte. Si racconta che Simichida (che parla in prima persona) si reca in campagna al podere di un certo Frasidamo con Antigene perché vuole celebrare con i due la festa di Demetra detta "le talisie".

Questo Simichida e gli altri due, fanno circa metà strada quando incontrano il capraio Licida che abborda il poeta Simichida e gli chiede dove stia andando. Simichida lo elogia dicendo che suona bene la zampogna, gli dice dove sta andando e lo invita a una gara presentandosi come "una sonora bocca delle muse" da tutti definito il miglior cantore ma non superiore né al nobile Sicelida di Samo né a Filita di Kos. La riposta del capraio Licida è di offrire a Simichida il suo bastone pastorale  e di accettare l'invito. Seguono poi i due bucoliasmoi .

Licida canta una fanciulla che si chiama Agranatte, il secondo invece, dopo a un accenno all'amore per Mirto, ricorda l'amore non corrisposto di Arato per Filino. Mentre il capraio Licida all'augurio di buona navigazione verso Mitilene associa un'immagine semplice di vita pastorale, Simichida pone invece il raggiungimento di quella che definisce la άςυχία ( suprema meta della sua aspirazione). È un termine dorico, sta per ήςυχία, che significa calma, tranquillità, serenità. Dopo questo ultimo canto Licida consegna a Simichida il suo bastone e poi va per la sua strada mentre Simichida raggiunge il podere e celebrano la festa. Con un lieto quadretto bucolico termina l'idillio. La festa è celebrata nella natura. C'è l'invocazione a Demetra perché torni a sorridere stringendo nelle mani manipoli (pugni di spighe) e papaveri.

Pag. 244 del libro.

Si pensa anche che dietro a Licida ci fosse un altro poeta (essendo Simichida Teocrito). Si pensa inoltre che il racconto sia la trasposizione bucolica di un incontro tra i membri di un cenacolo poetico: forse quelli che si radunavano intorno a Filita di Kos. Quindi è tipo una mascherata bucolica. L'allegoria di qualcos'altro e che Licida fosse un poeta. Diverse identificazioni, si è passati anche alla sfera divina: Licida potrebbe essere un dio, secondo alcuni Apollo.

Se Licida fosse un poeta umano chi sarebbe? E se fosse un essere divino, chi sarebbe?

Gli studi più importanti sono di Puelma: il toro utilizzato da Teocrito per introdurre Licida è fortemente omerizzante: ricorda quando gli dei si incontrano o si presentano ai mortali.

Indirizza alla sfera del divino anche il tratto caratteristico di Licida che è il sorriso che torna ogni volta che egli parla o agisce e serve a decretare una qualità speciale che è di questo personaggio: il sorriso ripetuto.

Impossibile è cerca una spiegazione psicologica: il sorriso indica calma e sicurezza che accomuna gli dei dell'Olimpo ai pastori del mondo di Teocrito. Gli dei sono come i pastori teocritei. È significativo che questo idillio si chiuda con l'invocazione a Demetra che deve SORRIDERE.

Ci porta a pensare al divine.

Allo stesso tempo è anche in apparente contrasto con questo divino perché la descrizione è crudamente realistica, tipica dell'ambito pastorale: la pelle di un capro odoroso sulle spalle, il fatto che puzzasse di formaggio, il vecchio peplo, il bastone oleastro. Questa figura di Licida ha sia l'aspetto divino che quello realistico del capraio.

Però l'apparizione di Licida viene annunciata con toni e termini che rivelano l'epifania di un dio: sembra quasi un personaggio inviato dalle muse. Assolve una funzione che di solito era riservata alle muse. È evidente che questo personaggio ha una doppia funzione. Nel VII idillio non c'è una vera e propria competizione ma si respira comunque l'atmosfera agonale. Il tono è regale di un canto amebeo, anche se non c'è una vera contrapposizione [βουκολιάζεσθαι]

Licida ha il compito di investirlo. Alla domanda di Licida Simichida  mostra di aver apprezzato la sottile allusione e poi rivela il motivo del viaggio. Licida sembrerebbe per curiosità soddisfatto. Ma Simichida invita poi al canto bucolico. C'è una nuova proposta di Simichida che richiede una risposta e Licida risponde a tema. Deve dire come giudica Simichida poeta e se lo reputa degno di gareggiare. C'è non solo una risposta ma gli regala anche il λαγωβόλον, il bastone per guidare le capre. Lo consacra così con questo attuo a poeta dei pastori, delle muse bucoliche. In gergo letterario è l'investitura. È la scena madre. Il λαγωβόλον è comune a tutti i gradi della gerarchia pastorale, ma è anche simbolo di una categoria, della poesia bucolica. Offerta all'archegeta della poesia bucolica: Teocrito. Lo scopo è farsi consacrare poeta dei pastori da un pastore stesso,

Questa letteratura ellenistica non è comunque scritta per gli ignoranti: Teocrito presuppone che tutti conoscano Esiodo e la sua investitura presso le muse con lo scettro. Aipolos = fruizione delle muse per Esiodo. Il dono era il pregno di amicizia delle muse. Significa "rampollo d'oro fatto da Zeus plasmato per la verità". La spiegazione è data da Licida stesso, dice di biasimare l'architetto. Egli biasima nell'architetto il difetto opposto alla qualità che loda in Simichida. Ci sono giudizi negativi verso gli imitatori dell'epica. Sbagliano: infatti provano un'impresa non proporzionata alle loro forze naturali: fanno un peccato di tracotanza, contro natura. Simichida non cade in questi errori: segue le propria disposizioni naturali. Scelga la poesia più congeniale, commisurata alle sue capacità. "Rampollo di Zeus plasmato." = Simichida è poeta vero perché segue le propria disposizioni naturali senza provare imprese superiori alle sue capacità. Anche il canto di Filita di Kos e di Asclepiade di Samo sono come lui.

Licida rifiuta Omero per modello, è troppo alto e così anche gli altri due (che sono più bravi).

Asclepiade e Filita erano i maggiori rappresentanti del nuovo stile. Questa scena serve a Teocrito per affermare l'originalità e l'indipendenza da ogni modello e comunque collega così anche la sua arte con quel filone poetico che risale ad Esiodo: in età ellenista era contrapposto al filone epico-omerico. E rivendica a sé il primato della poesia bucolica. Cantando dà prova di capacità bucolica: ηυρετες (inventare).

Una poesia sulla verità ed è anche termine che indica una poesia originale. Questa poetica della verità è in contatto con la teorizzazione di Aristotele: per lui lo storico deve riferire fatta davvero accaduti e al poeta lascia invece la libertà purché siano tali da essere simili a quelli che sarebbero potuti accadere secondo la legge della verosimiglianza (αλεθιαι verità). Un altro elemento è l' ασυχια, tranquillità, serenità. Fa venire in mente l' αταραξια di Epicureo. Teocrito nel mondo temporale vedere realizzata questa ασυχια. Idealizza i suoi pastori tanto che accomuna col sorriso il capraio agli dei olimpici. E la festa è idealizzata. Simichida lascia la città per la campagna: ασυχια. Deve esserci la serenità dell'uomo.


10° idillio: "I mietitori"

Più che un motivo bucolico è georgico: la scena è ambientata in un campo con due mietitori: Buceo, sognatore, e Milone, lavoratore infaticabile. Mentre sono al lavoro Milone deride Buceo perché non riesce a mantenere il ritmo e Buceo confessa il motivo: ha una pena d'amore. Milone sul subito lo sfotte di più poi lo invita a cantare. Buceo descrive Bombica, una schiava siriana. Lei è lontana e quindi lui canta questo rimpianto.

Milone invece nel suo canto parla delle fatiche dei mietitori. I due canti delineano così i caratteri dei personaggi. Nel canto di Buceo torna il motivo del canto come rimedio per le pene d'amore, nel secondo canto parenetico, il lavorare con più lena, e c'è anche il motivo SCOMMATICO (della presa in giro). Milone esorta i compagni ma anche punzecchia il fattore avaro che gli dà cibo e bevande cattivi. C'è una grande capacità di Teocrito di delineare i caratteri. Sembra quasi una commedia.


11° idillio: "Il ciclope"

"Il Ciclope" è una combinazione tra grottesco e tenerezza. Qui è il Polifemo tradizionale innamorato di Galatea che cerca conforto nel canto. Le dedica una serenata elencando le sue grazie e ricordando la prima volta in cui l'ha vista. Elenca le sue ricchezze rustiche (il cacio, ecc), vuole imparare a nuotare per seguire la ninfa negli abissi. Si chiude con un motivo di conforto: altre donne se non Galatea si innamoreranno di lui.

MIMI URBANI

Questi erano gli inni bucolici.

Ci sono in Teocrito anche dei MIMI URBANI:

Il secondo nell'antologia (L'incantatrice), il quattordicesimo (L'amore di Cinisca), il quindicesimo (Le siracusano). Inizio e seguito all'altro, poi sono stati cambiati di ordine.


2° componimento: "Le incantatrici" o "L'incantatrice"

Secondo la tradizione il titolo può variare tra plurale e singolare. Si preferisce la forma singolare, perché anche se i personaggi sono due, la schiava Testili è una maschera vuota, non parla, esegue semplicemente gli ordini.

Il tema è popolare: ossia quello di una fanciulla sedotta e poi abbandonata. C'è questo monologo di Simeta che tenta di riportare a sé il suo uomo con la magia.

Nella prima parte Simeta viene assistita da Testili e prepara un filtro d'amore. Lui è un atleta di nome Delfi. Siamo nella notte e lei ripercorre tutta la storia con Delfi. C'è anche un riferimento a dei giuramenti. Ma questo amore è durato troppo poco. Adesso lui non la ama più, probabilmente ama un'altra. Si ripromette di usare i suoi filtri magici. La parte più originale è la seconda perché nella solitudine della notte, quando la schiava non c'è più, fa un colloquio immaginario con la Luna effetto catartico. Termina con una visione di serenità. Si rivolge alla Luna: tu felice volgi i cavalli a Oceano, io sopporterò la mia passione. Lei non smette di amarlo ma ha ripreso l' ασυχια, la tranquillità. E c'è anche un ultimo verso l' εΰκαλος. È un attributo riferito alla notte: che nell'animo della donna produce serenità. È come uno smanio tra paesaggio/animo.

Nella seconda parte c'è anche un ritornello rivolto a Selene, alla Luna. Si chiude con una visione pacificante della luna e del cielo.

Emergono:

La dissacrazione dell'amore che Teocrito canta in maniera diversa, ma sempre intendendolo come tormento e malattia.

La funzione catartica della poesia e del canto, unico rimedio contro il mal d'amore. Questo ritorna in quasi tutti gli idilli amorosi (7°, 10°, 11°). Viene teorizzato nell'11°, indirizzato a Nicia di Mileto, amico medico definito amato dalla muse.

È una storia d'amore  narrata con semplciità. Non c'è la tenerezza ma l'amore dei sensi. L'erotismo e il lamento si fondono in un unico quadro.

Ci sono veemenza e rimpianto nella narrazione. Il linguaggio è immediato, termini prosastici con immagini di alta poesia.

Secondo gli scolii nella prima parte Teocrito si è ispirato a un mimo di Sofrone: "Le donne che pretendono di cacciare la dea". Da qui è stato tratto il nome della schiava Testili. Probabilmente è nua notizia vero. Un papiro ci conserva parte del mimo di Sofrone e confrontandoli si vede poco in comune perché lo stile di Sofrone è disadorno, scabro. Qualcuno ha fatto un confronto tra questa parte e la descrizione dell'incantesimo di Medea per Giasone fatta da Apollonio Rodio.

Per la seconda parte - il lamento - il modello forse è stato il fragmentum grenfellianum (dal nome dello scopritore), dove c'è il lamento di una donna abbandonata. Non si sa da chi sia stato scritto. Forse però c'è questo riferimento. Secondo il Wilamowitz questo secondo mimo apparterrebbe alla maturità, ossia sarebbe stato scritto nell'ultima parte della sua vita, perché al verso 115 si fa cenno al corridore Filino di Kos, e sappiamo che questi vinse nel 264 e nel 260 le Olimpiadi, dunque il mimo va collocato dopo. Però Filino del resto è un nome molto frequente a Kos. L'unico personaggio parlante è una donna, e questo è sintomo di una sensibilità letteraria moderna. Dopo Euripide viene dato grande spazio ala psicologia femminile, non solo nella commedia ma anche nell'ερος, nell'epica, qui in un mimo, ecc.

Un altro elemento è che soprattutto nella prima parte (versi 63) c'è il riferimento a pratiche magiche che avevano larga diffusione nell'ellenismo. Sono stati trovati molti papiri. Nella seconda parte c'è il realismo che è comunque temperato dal lirismo e dall'intimismo, conferiti dal fatto che c'è letterarietà, ossia riferimenti a modelli letterari: Apollonio Rodio, Sofrone, Saffo (nella descrizione del sentimento d'amore), ecc. È poesia riflessa.


14° componimento: "L'amore di Cinisca"

Sembra una scena da commedia. Tionico e Eschine sono due amici che si incontrano dopo molto. Eschine è molto invecchiato e Tionico lo sfotte. Eschine confessa che soffre perché la donna che ama - Cinisca - lo fa impazzire. Egli racconta che durante una scampagnata Cinisca stava zitta. un convitato aveva fatto una battuta e Cinisca era diventata rossa, e a un'altra allusione era scoppiata. Eschine aveva così capito che Cinisca ama un altro, tale Lico (lycos in greco = lupo). Eschine le dà due pugni, lei ha una reazione eccessiva, scappa. Sono passati due mesi da allora e non l'ha più rivista ma l'ama ancora. Manifesta il proposito di fare il mercenario per dimenticare. Tionico dice di arruolarsi nelle milizie di Tolomeo Filadelfo elogio del sovrano. È un racconto simpatico, ci sono degli spunti letterari mischiati a immagini e proverbi popolari, di vita quotidiana. Il fatto che sia presente l'elogio di Tolomeo ci fa pensare che sia stato composto tra il 270 e il 274 mentre Teocrito si trovava ad Alessandria. I pochi tratti dei personaggi li delineano per contrasto. La capacità di Teocrito è di rappresentare con sapienza psicologica Eschine soprattutto. Risulta simpatico perché ingenuo, schietto. Cinisca non è fedele, ma anche lei non sa fingere.


15° componimento: "Le Siracusane"

Risale allo stesso periodo del precedente, Ci sono degli accenni interni che sembrano mostrare che Teocrito è ad Alessandria nella corte di Tolomeo.

Il modello è "Le donne che assistono alle feste istmiche" di Sofrone, del quale componimento però non sappiamo niente.

Qui si riferisce a una festa celebrata nella reggia sotto il patrocinato della regina Arsinoe. Forse da Sofrone ha ripreso l'idea generale. L'avrà imitato nel descrivere le due donne siracusano in una terra diversa dalla loro. Spesso Teocrito utilizza per le caratteristiche dei personaggi la tecnica del contrasto. Qui invece sono molto simili, una è speculare all'altra.

Prassinoa e Gorgo sono come due gocce d'acqua anche se Prassinoa parla spesso anche a nome dell'altra. Sono due connette, di estrazione piccolo-borghese, lontane dalla loro patria, in una metropoli. Teocrito evidenzia le caratteristiche etniche che le accomunano e le rendono diverse dagli altri, dalla società in cui vivono. Ci introduce nella vita umile di due borghesi siciliote.

Mette a nudo i sentimenti - mediocri - che provano, i difetti, ecc.

Il mimo si divide in tre scene:

Siamo a casa di Prassinoa. Arriva Gorgo che dice di essere stanca di vivere in una grande città. Chiacchierano e si lamentano dei mariti. Il bambino di Prassinoa assiste e Gorgo l'avverte. Prassinoa all'inizio si trattiene e poi riprende. Poi si lavano, si vestono e di adornano. Escono poi con le schiave.

Siamo nella strada che porta alla reggia. C'è una grande folla, Prassinoa continua a chiacchierare, viene fatto l'elogio di Tolomeo Filadelfo che ha reso sicure le strada. Poi c'è la parata dei cavalieri del re, e le due donne rischiano di essere schiacciate e incontrano una vecchia che parla per oracoli. Davanti al palazzo c'è una gran folla, un uomo le aiuta ad entrare e Prassinoa lo ringrazia.

Siamo dentro al palazzo. Le due donne chiacchierano ad alta voce, ammirando quel che vedono. È la festa di Adone. Uno vicino a loto, stufo del cicaleccio, le sgrida sfottendole per la pronuncia diverse. Prassinoa lo rimbecca e lo concia per le feste con le parole. C'è il canto rituale per Adone e in questo canto si racconta la storia di Afrodite e Adone. C'è anche l'elogio di Arsinoe e di sua madre Berenice. Descrive la festa con i letti, le ricchezze, le'erba che sfiorisce preso come Adone, un sacco di oggetti: boccette, pergole versi, oro, avorio, tappeti. Il canto termina con l'invocazione rituale al dio affinché torni ancora. Gorgo va in estasi ma vede che è tardi e corre a casa a preparare il pranzo al marito. Saluta veloce e scappa via!

A differenza del secondo, qui lo stile è colloquiale a parte il canto festivo. Il tono del canto è degli inni, il resto è veritiero. Nell'interno abbiamo un'εκφρασις, la descrizione di un oggetto. Il tappeto istoriato in particolare. È un elemento molto utilizzato nella poesia ellenistica: nel primo idillio I, in Eroda, ecc. L'esempio precedente è in Omero ma anche in Eschilo (Teoroi) quando i satiri descrivono le antefisse del tempio.

Si parla di realismo. C'è una poesia nata dalla realtà. Prevale lo spunto della realtà. Però non va considerato un resoconto di un vero dialogo, anche perché la cosa che più colpisce è la vivacità, il brio. Venne molto ammirato a dine dell'800 per via del verismo e dell'idea letteraria che cerca di rappresentare il mondo così com'è. Ma si trattava comunque di un giudizio un po' preconcetto. Oggi si dà più attenzione alla letterarietà più che al realismo. In più questo realismo in qualche modo è neutralizzato dall'effetto aulico del canto, dell'artista. È bilanciato dalla solennità. Da un lato ci sono punti in comune con la poesia giambico-realistica, dall'altro una letterarietà data dalla descrizione di oggetti, dall'inno stesso. Umanità ma anhe letteratura. Non volontà di rappresentare il mondo così com'è.


COMPONIMENTI DI CARATTERE MITOLOGICO

Rappresentano il punto di contatto tra Teocrito e Callimaco.

Il primo di questi è il tredicesimo:

13° componimento: "Ila"

Ila è un giovinetto amato da Eracle che viene rapito dalla ninfa di una fonte e Eracle non risucirà più a trovarlo. Questo episodio era presente nelle Argonautiche. Probabilmente è in rapporto cronologico tra questo Ila e le Argonautiche. L'ipotesi più avvalorata è che teocrito sia posteriore perché sembra esserci in Teocrito la volontà di contrapporsi ad Apollonio Rodio. Teocrito sembra essere più moderno rispetto ad Apollonio Rodio che è più rispettoso.

Teocrito lo introduce per consolare dalle pene d'amore l'amico Nicia di Mileto. La versione di Teocrito è più concentrata, raccolta per nuclei. Il racconto è imperniato sulla naturalità. Non si perde in dettagli inessenziali. Apollonio Rodio si dilunga di più alla maniera epica.


24° componimento: "Eracle bambino"

È uno dei componimenti più belli. Tratta di un episodio della vita del piccolo Eracle, meno nota delle altre imprese. Si racconta un episodio: Eracle era figlio di Zeus e aveva un fratellastro figlio sempre di Alcmena come madre, ma di Anfitrione di padre. L'unico modo che Zeus aveva per possedere Alcmena era di travestirsi da Anfitrione. Il gemello di Eracle è Ificle. I due bimbi mentre sono nella culla che è ricavata da uno scudo, vedono entrare due serpenti nella camera, che sono mandati da Era. Ificle strilla per la paura mentre Eracle prende il serpente e lo strozza. Intanto, richiamati dalle grida di Ificle, arrivano tutti e Eracle mostra loro il serpente strozzato.

C'è un'osservazione umoristico-affettuosa del mondo del bambino. Viene data attenzione a un episodio meno conosciuto.


18° componimento: "Elena"

È un epitalamio, un canto nuziale con cui si immagina le ragazze portino Elena al talamo di Menelao. Si rifà ad una tradizione popolare, ma ha reminescenze letterarie, tipo Saffo. È un saggio di come i poeti ellenistici sapessero rispondere e variare i temi precedenti.


22° componimento: "I Dioscuri"

Vengono qui uniti due episodi distinti:

Nel primo si racconta la storia di Polluce in una gara di pugilato contro il re dei Berberi (re Anico). Vince Polluce, che è esperto di pugilato.

Nel secondo Castore combatte con Linceo (assieme al fratello Ida) che volevano togliere ai Dioscuri le figlie di Leucippo, quindi c'è il contrasto per la conquista di queste ragazze. Così come Polluce vince Anico, anche Castore uccide Linceo e Ida viene fulminato da Zeus, padre di Castore e Polluce.

Il primo episodio era già stato trattato da Apollonio Rodio nelle Argonautiche, anche se non tutti concordano: potrebbe essere l'inverso. Se viene dopo è un tentativo di mettersi in competizione.


COMPONIMENTI ENCOMIASTICI

16° componimento: "Le grazie" o "Gerone"

È un encomio a Gerone II di Siracusa. Qui Teocrito si rivolge a lui raccontando delle Grazie che dopo aver mendicato tornando a mani vuote perché nessuno dei ricchi vuole dare denaro ai poeti. Invece la fama e il ricordo sopravvivono solo tramite la poesia. Viene fatto un riferimento a Simonide, un autore che assicurò l'immortalità alla famiglia degli Scopadi. Si rivolge a Gerone (o Ierone) per ricordargli che anche Ierone I ospitò poeti come Simonide, Pindaro o Bacchilide che ne avevano reso eterno il ricordo. Siccome nel componimento Teocrito non ha riferimenti alle imprese di Gerone, si pensa sia stato scritto verso - o prima - il 269 (morì nel 216) quando è al potere. Non sappiamo come reagì. Probabilmente non fu accolto perché Teocrito gira un po'.


17° componimento: "Tolomeo II detto il Filadelfo"

È databile post 270, perché questo encomio presuppone che la madre Berenice fosse già stata divinizzata e che il re avesse già sposato Arsinoe. È chiaro l'intento encomiastico. C'è anche una finalità pratica


CARME D'ACCOMPAGNAMENTO

28° componimento: "La conochia"

Serve ad accompagnare questo dono che è una conocchia mandata in dono da Teocrito alla moglie di Nicia. Le manda il dono e le manda, o immagina di mandare, il carme.


COMPONIMENTI DI AMORE EFEBICO

Sono il 12°, il 29° e il 30°

12° componimento

È un canto d'amore per un ragazzo molto sentimentale. Gli altri sono più convenzionali. Non viene sottolineato niente di particolare.


29° componimento

Si apre con un verso di Alceo di cui Teocrito imita lo stile. È un esperimento letterario.



*** PUNTI IMPORTANTI ***

Natura: rapporto importante

Amore: va sempre a finire male

Personaggi: mondo bucolico/città

Esperimenti letterario

Capacità di variare sul tema.



°°° * POETICA IN CALLIMACO: epigrammi, giambi, forse epigramma 28 è il più famoso.

°°° * POETICA IN TEOCRITO : Le talisie

°°° * POETICA IN ERODA : VIII





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