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"Sulla pace" è un titolo posteriore; infatti è stato pubblicato senza titolo. Difende la pace di Filocrate (fra Macedoni e Ateniesi), che invece prima egli stesso non apprezzava. Deve fermare gli Ateniesi che sono disposti a fare guerra contro Filippo, ma non sono pronti. In quest'orazione Demostene ricorda il fatto che aveva citato quanto Filippo II fosse pericoloso, quando ancora avrebbe potuto essere fermato, ma non era stato ascoltato; ora è inopportuno muovere guerra contro Filippo: la sconfitta sarebbe garantita. Non è diventato filo-macedone, ma sa che Atene perderebbe, quindi sconsiglia un attacco inopportuno contro Filippo.
L'orazione si divide in:
esordio: primi 3 paragrafi;
argomentazione: inizia al quarto.
Non è classica come struttura perché c'è un attacco ex-abrupto o in medias res: non c'è una vera introduzione.
Demostene ricorda che la situazione è orrenda e rimprovera gli Ateniesi che tendono prima ad agire e poi a pensarci, dimostrando un atteggiamento superficiale.
I critici si chiedono cosa sia Demostene:
guida del popolo ateniese;
attraverso una politica egoistica, sfrutti il popolo.
Il Leski sostenne che Demostene fu la guida morale del popolo, anche se non l'hanno seguito sempre: non perde tempo a blandire gli ateniesi. Dà dimostrazione dell'ambiente difficile delle assemblee ad Atene, se anche nell'edizione pubblicata scrive: "Se volete ascoltarmi, smettetela di fare tutto questo baccano", vuole sottolineare tutto il rumore che fanno.
1. "Vedo, o Ateniesi, che la situazione nella quale ci troviamo presenta una notevole difficoltà e confusione non solo per aver trascurato molti nostri diritti e per non esserci la possibilità di dire qualcosa di utile su di essa, ma anche per il fatto che (neppure una cosa utile tutti) circa le stesse soluzioni nessuno ha la stessa opinione degli altri, ma gli uni la pensano in un modo, gli altri in un altro".
Vedo: so bene, mi rendo conto che la situazione è:
: complessa, con poche possibilità di soluzione
: turbolenta.
J Fa riferimento alla pace di Filocrate. Abbiamo lasciato perdere occasioni quando era il momento opportuno; ora la situazione è talmente confusa, che è difficile cercare di sbrogliarla. La cosa che più la rende grave è che tutti la pensano in modo diverso anche sull'analisi delle stesse cose (περι των υπολοιπων), non si riesce ad uscire dalla situazione proprio per questo, ci sono troppe idee diverse, non siamo uniti in una valutazione comune delle cose su cui discutiamo.
Ora inizia il rimprovero: se ci troviamo in questa situazione è perché voi agite prima di decidere, prendendo decisioni affrettate.
2. "Essendo per natura difficile e complesso il prendere decisioni, voi lo avete reso ancora molto più complesso, o Ateniesi: infatti tutti gli altri uomini sono soliti valutare prima di agire, voi invece lo fate dopo aver agito"
: genitivo assoluto con valore di causa. Prendere decisioni è già difficile di per sé: voi avete peggiorato la situazione.
C'è una forte contrapposizione data dal μεν/δε fra αλλοι παντες ανJ e υμεισ: tutti gli uomini pensano, voi no. È un attacco violento: da qui si è pensato ad una forma di disprezzo di Demostene nei confronti del popolo Ateniese, ma più che 929e48j altro qui c'è la rabbia di chi vede ignorati i suoi suggerimenti perché le decisioni non vengono prese in modo ponderato, ma solo per il gusto di discutere. Per questo Demostene dice "mandate verso Filippo navi piene di decreti" evidenzia la superficialità di chi crede che basti una decisione per risolvere la situazione.
"Da ciò ne deriva, in tutto il tempo che io so, che chi vi rimprovera gli errori che avete commesso ha successo e sembra parlare bene, ma che vi sfuggano i fatti sui quali decidete"
: impersonale che regge l'oggettiva: si verificano insieme tali circostanze.
In tutto il tempo che io so = è sempre successo, da quando io ricordi è il vostro comportamento abituale.
Oις in attrazione (attrae l'accusativo);
di solito regge il genitivo, qui invece regge il dativo.
: valore eventuale.
L'assurdo è il loro amore della discussione per la discussione, fine a sé stessa, e chi vi rinfaccia ha successo e sembra che parli bene. Piacciono gli oratori che parlano bene, però non ascoltate i consigli per non commettere errori, ma ascoltate i rimproveri. Demostene non era ascoltato quando diceva che erano pazzie, ma poi lo apprezzavano quando li andava a rimproverare. Non vi rendete conto dei fatti sui quali state decidendo. È un attacco al modo di procedere degli ateniesi, che amavano la parola per la parola.
3. "Tuttavia benché le cose stiano così io credo, e sono salito sulla tribuna essendone convinto, se volete ascoltarmi smettendo di fare baccano e di litigare, come si addice a chi decide nell'interesse della città e su argomenti di tale portata, che sarà possibile sia parlare sia decidere cosa, grazie alle quali la situazione attuale diventerà migliore e le cose trascurate saranno recuperate."
Dopo aver dato un quadro tremendo della situazione, ου μην αλλά, tuttavia: se no non sarebbe venuta a parlare, ha qualcosa da dire!
: l'oratore saliva su una tribuna per poter parlare il verbo vuole quindi dire "parlare".
Sono convinto di queste cose e quindi parlo, aggiunge, con un'eventuale: se volete smetterla e starmi a sentire (Jορυβειν = fare casino).
: sarebbe "vincere dopo la battaglia", quindi in questo caso "litigare"; il pubblico sta litigando, quindi non lo ascoltano. Non avevano sugli stessi argomenti nemmeno opinioni in comune.
: è opportuno smetterla, dato che stiamo decidendo su cose importanti come la salvezza della città; ritengo che sia ancora possibile decidere cose per migliorare la situazione e recuperare le occasioni perdute.
= attrazione del relativo.
Qui finisce l'esordio, abbastanza violento, è un'azione d'urto di rimprovero che denuncia la situazione attuale e il loro atteggiamento. Ora entra nel vivo dell'argomento e ha bisogno di accreditarsi, cita episodi nei quali aveva previsto come sarebbero andate male le cose ma nessuno lo ha ascoltato. Definisce di cattivo gusto dire: "Ve l'avevo detto", però lo dice lo stesso, cita tre episodi nei quali aveva capito come sarebbe andata a finire la situazione, ma non l'hanno ascoltato. Tende ad accreditarsi come un politico lungimirante che è in grado di cogliere la situazione, mentre al pubblico sfugge cosa stia capitando. Non cita i nomi dei nemici, dice solo τις, τινεσ sono Filocrate, Eschine: non c'è delicatezza, lo fa per disprezzo, nel senso che non meritano neanche di essere citati con il loro nome.
4. "Sapendo bene, o Ateniesi, che parlare di ciò che uno ha detto personalmente e di sé stesso è sempre utile per chi ha il coraggio di farlo, io lo ritengo una cosa così volgare e rozza che pur vedendo che è inevitabile, ugualmente esito a farlo."
: perchè so bene che chi ha il coraggio, la sfacciataggine di parlare di se stesso, in realtà con voi funziona, è utile perché voi apprezzate. Voi state a sentire chi viene a vantarsi e ripetere le cose che ha detto prima, io la ritengo una cosa negativa, pur vedendo che è inevitabile; non vorrei farlo cime compromesso, ne cita solo 3. Dice che esita, ma poi lo fa tranquillamente: è una preterizione, figura classica dell'oratoria.
"Ritengo che voi potreste giudicare meglio su ciò che dirò ora, richiamando alla memoria brevemente le cose dette in precedenti occasioni da me."
E' un periodo ipotetico di terzo tipo (αν + infinito, ma con valore potenziale). La protasi ha il participio.
: può avere due costruzioni:
può reggere il genitivo ρηJ , allora μικρά ha valore avverbiale
può reggere l'accusativo μικρά, e il genitivo è un partitivo.
È meglio la prima ipotesi, perche se no al posto di μικρά avrebbe detto ολιγα.
C'è un riferimento alla questione dell'Eubea, dove c'erano diverse città in lotta. Una era Eretria, che aveva un tiranno Plutarco, e aveva problemi sia interni che esterni, quindi chiese l'aiuto degli Ateniesi; Demostene sconsigliò di mandarlo, ma loro si fecero convincere da Eubulo(?) ed Eschine, capi del partito macedone; sapevano che l'intervento sarebbe stato dispendioso per la città. Plutarco in Eubea trovò altre città alleate contro Atene. La battaglia fu mal condotta; Plutarco voleva liberarsi di quest'aiuto che non portava risultati e tradì gli Ateniesi, vendendoli agli altri; Atene dovette quindi riscattare i soldati traditi. Miracolosamente gli Ateniesi riuscirono a vincere, senza comunque ottenere grandi risultati. Demostene è schifato, per disprezzo non cita nemmeno quelli che appoggiarono questa campagna, li chiama τινες, alcuni.
5. "Infatti, o Ateniesi, come primo punto, quando certa gente vi convinceva, mentre la situazione nell'Eubea era sconvolta, a portare aiuto a Plutarco e a iniziare una guerra priva di gloria e dispendiosa, primo e unico io presentatomi all'assemblea, mi opposi. E (solo non fui fatto a pezzi) per poco non fui fatto a pezzi da coloro che vi convincevano a commettere molti e gravi errori per un guadagno irrisorio. E passato poco tempo, dopo aver subito un trattamento vergognoso e patito cose quali mai nessuno tra gli uomini sulla terra ha patito da parte di coloro a cui ha portato aiuto, tutti voi riconosceste la malafede di coloro che vi avevano convinto ad assumere questa posizione e che chi aveva detto la soluzione migliore ero io."
J : quasi feci, letteralmente "solo non" per poco non mi facevo fare a pezzi da πεισάντων coloro che hanno fatto l'intervento (non li cita) l'intervento è indicato come "commettere molti e gravi errori" senza ricompensa.
: Infinito sostantivato: dopo che vi siete trovati in una situazione vergognosa, dovendo riscattare i vostri soldati che erano stati ceduti da Plutarco in cambio della pace, e aver subito un trattamento così, mai subito da nessuno avete capito che non bisognava andare ad aiutare uno che poi li avrebbe traditi.
J : nemmeno un alleato, subiscono questo trattamento da parte di una persona che erano andati ad aiutare!
: malvagità, malafede, tradimento portano la distruzione di Atene! è gente che fa apposta: in realtà non è vero, ma li presenta come disonesti e traditori per far risaltare la sua onestà. Se Plutarco ha fatto una cosa del genere, era disonesto di natura, non bisognava fidarsi!
Poi cita un secondo episodio, quello di Neottolemo: è il nome d'arte di un attore ateniese. In questo periodo l'attore iniziava ad essere un professionista. Neottolemo viene definito "Neottolemo l'attore", come attività specifica. La sacralità del teatro, in origine consacrato a Dioniso, conferiva all'attore l'aideia, una sacralità, intoccabilità. Questo faceva l'intermediario fra Filippo ed Atene nella pace del 45; lavorava sia ad Atene che in Macedonia; andò avanti e indietro fra Atene e Filippo; Demostene ne parla come se l'ambasceria fosse solo sua. Per capire qual era l'atteggiamento di Filippo verso quella che sarà la pace di Filocrate venivano infatti mandate persone che non avevano cariche, che erano lì "per caso".
6. "E di nuovo dunque, o Ateniesi, vedendo che l'attore Neottolemo si valeva grazie alla sua professione dell'immunità e compiva i più grandi mali contro la città e riferiva a Filippo ciò che succedeva tra voi / rivoltava in senso favorevole a Filippo l'incarico ricevuto da voi, e
aveva il controllo dell'assemblea
manovrava la situazione,
venuto in assemblea vi dissi, senza nessuna personale inimicizia con lui, né per calunnia, come stavano le cose, come divenne chiaro dalle vicende dopo queste."
: vedendo indica che Demostene stava seguendo con attenzione l'evolversi delle vicende ad Atene; e ha visto sotto i suoi occhi l'attore che, resosi conto della sua intoccabilità, ha fatto i più grandi mali (μεγιστα κακά): cosa ha fatto di preciso? Sono accuse vaghe e iperboliche. Aveva il controllo della boulè o faceva la spia a Filippo e dirigeva la situazione a suo favore? Stava tramando a favore di Filippo, senza che loro se ne accorgessero.
Demostene non lo fa per motivo personale, ma per amore verso la città; non lo fa nemmeno per calunniare gli altri, così senza motivo; vuole salvare la città. Gli oratori greci lo dicono sempre, confessano di essere disinteressati. Quello che aveva detto è stato confermato dai fatti.
7. "E a questo proposito, io non chiamerò in causa coloro che parlarono a favore di Neottolemo, infatti
non ce n'era neanche uno;
ed erano non uno = erano molti,
ma voi stessi."
La 1) sembra più spontanea, ma non ha senso che bisogno ha Demostene di parlare se non c'era nessuno?! è giusta la 2) significa che erano molti che lo sostenevano, poteva fare quello che voleva. Non accusa quello che Neottolemo ha potuto fare, ma accusa loro che non l'hanno ascoltato, ma si sono fidati di Neottolemo e l'hanno sostenuto.
"Infatti se foste stati a vedere una tragedia al teatro di Dioniso e non si fosse trattato invece della salvezza e della politica comune, non avreste ascoltato così favorevolmente lui, né così ostilmente me".
Fa un paragone di quarto tipo. E' un'iperbole.
Fa l'esempio della rappresentazione di una tragedia: cita questa questione, che comunque era personale; non riguardava l'interesse della città. La salvezza della città è un'iperbole
Un attore e una tragedia la si poteva accogliere bene o male. Dice che l'applauso che potevano presentare ad una tragedia non avrebbe potuto essere più grande dello sfavore con cui avevano accolto me, mi avevano disapprovato quando avevo cercato di metterli in guardia, e senza capire l'importanza della situazione avevano appoggiato Neottolemo. Cita poi un altro caso negativo che riguarda Neottolemo.
8. "E ritengo (invero) che voi tutti ora vi siate accorti che, andato allora dai nemici ripetendo che avrebbe riportato qui i beni guadagnati là, avrebbe contribuito alle spese dello stato, eppur ripetendo continuamente questo e cioè che sarebbe stato terribile il prendersela con coloro che portano qui i beni di là, dopo che raggiunse l'impunità grazie alla pace, dopo aver venduto i beni immobili che aveva qui, dopo aver portato questo denaro da quelli si è fermato lì."
J J "ve ne siate accorti", dato che poi dirà: "ve l'avevo detto!"
Di questo attore sappiamo poco, evidentemente era famoso, era un attore professionale e non dilettantistico. Κταοπμαι: aveva questi beni perché se li era guadagnati. Aveva lavorato in Macedonia, era andato lì con la scusa di disinvestire il denaro e portarlo ad Atene, per contribuire al benessere di Atene, ma in realtà fece il contrario: vende quello che aveva qui, per andare ad abitare là. Non solo non ha investito qui il denaro che diceva che avrebbe portato ad Atene, ma ha anche venduto quello che aveva qui per portare denaro là. E' quasi un traditore. Probabilmente però non era perseguibile per tradimento in termini legali, anche se non ne sappiamo tanto.
La pace di Filocrate permetteva di portare denaro dalla Macedonia ad Atene; lui però lo porta da Atene alla Macedonia, ma comunque godeva di αδεια: immunità, per cui dal punto di vista giuridico era intoccabile.
E' una delle prove, un caso in cui Demostene può dire: "Ve l'avevo detto" e poi doveva essere una questione che bruciava, perché era l' "idolo delle folle".
9. "Questi due episodi di cui io parlai prima, testimoniano circa i fatti allora avvenuti, che furono chiaramente denunciati da me quali erano, in modo preciso e giusto".
Ora arriva il terzo episodio importante, tocca interessi di un certo peso per gli Ateniesi Filocrate, Eschine e i filo-macedoni, per convincere gli Ateniesi a firmare la pace, promisero che la pace avrebbe avuto clausole favorevoli per gli Ateniesi, che invece non comparvero nella stesura definitiva.
10. "Il terzo punto, o Ateniesi, e dopo aver parlato di questo unico ancora parlerò di ciò per cui mi sono presentato, riguarda quando noi ambasciatori giungemmo dopo aver ottenuto i giuramenti circa la pace, mentre alcuni allora promettevano che Tespi e Platea sarebbero tornate ad essere abitate e che Filippo, se fosse stato forte, avrebbe salvato i Focesi, che la città dei Tebani sarebbe stata distrutta e che Oropo sarebbe stata vostra e che vi sarebbe stata resa l'Eubea al posto di Anfipoli, e voi, ingannati in queste speranze e illusioni, abbandonaste Focea senza ricavarci nulla e senza per altro comportarvi in modo nobile, apparirà chiaro che io né vi ingannai su nessuna di queste promesse, né tacqui, ma anzi vi dissi, come so che ricordate, che né sapevo nulla di queste cose, né le credevo e che pensavo anzi che chi le raccontava dicesse vuote parole."
LEGGI NOTE SUL LIBRO!
Cita ora il punto importante dell'ambasceria e della signatura della pace di Filocrate, che Demostene deve subire (Demostene davanti a Filippo cercò di opporsi).
: non cita mai gli avversari, dice "qualcuno" - è una forma spregiativa, sono una massa di cretini o "traditori". In genere non usa neanche il nome Filippo (qui non ha scelta se no non si capirebbe più niente); in genere lo indica come il nemico; gli altri però non li chiama proprio nemmeno "quelli", ma alcuni, privi di identità.
Avevano promesso tutte queste cose, anche la distruzione di Tebe (antica avversione tra Tebe e Atene). Il loro comportamento (l'abbandono della Focide da parte degli Ateniesi) non fu ουτε συμφορως ουτε καλως non ottengono nulla e per di più ci fanno anche una brutta figura (non volevano muoversi, aspettavano l'evolversi della situazione).
οτι: oggettiva finale molto forte per ribadire il concetto, non usa l'ottativo obliquo ma l'indicativo presente: quello che dicevo allora lo ribadisco oggi.
: di queste finte promesse e vantaggi Demostene non ne sapeva niente, non ne aveva sentito parlare e gli sembrano assurde, Filippo dalla posizione forte in cui si trovava non avrebbe fatto queste concessioni. Anzi chi stava parlando (τον λεγοντα non usa neanche più τις, non rinforza il soggetto, ma riporta sono l'azione di parlare) stava soltanto ληρειν: dava aria ai denti.
Ora spiega: ha appena citato 3 esempi con una forma di climax; gli altri volevano ingannarli, oppure erano tanto cretini da crederci? Lascia volutamente in dubbio. Si chiede perchè allora lui ci è arrivato?
l eutukia: ho avuto la fortuna di rendermi conto di queste cose. C'è sempre l'elemento del caso, non assoluto ma voluto dal Dio, la buona sorte ha fatto sì che io vedessi meglio degli altri;
l disinteresse: io non ho mai avuto niente da guadagnarci = sottinteso: gli altri sono corrotti (non lo dice mai direttamente).
11. "Dunque io non attribuirò a una straordinaria mia abilità, o Ateniesi, tutti questi episodi nei quali risulta evidente che io riesco a vedere meglio degli altri, né mi vanterò di capire e di prevedere per nessun altro motivo eccetto che per 2 che vi dirò."
: su 23 capitoli totali, ne ha occupati 10 per raccontare questi eventi per rendersi credibile, ricorda giorni brucianti per gli Ateniesi, nei quali può dimostrare la sua abilità. Dice che non si vanterà di:
: sostantivo dalla radice di δεινός, indica qualcosa che esce dalla norma straordinarietà
: capacità notevole (endiadi)
non sono un veggente, tutto ciò non è dovuto se non a due elementi che potrei dirvi: è una forma di preterizione, che serve a destare l'attenzione ("non parlerò di." e ne parla). αν ειπω: eventualità: perché non sono indispensabili al discorso.
11-12. "Una, o Ateniesi, grazie alla buona fortuna che io vedo dominare ogni capacità e saggezza che c'è fra gli uomini, l'altra perché giudico e valuto senza corruzione i fatti e nessuno potrebbe dimostrare nessun guadagno collegato a ciò che io ho amministrato e ho sostenuto".
: dominare, reggere totalmente
Torna δεινοτητος e σοφια: forma di saggezza innata che c'è nell'uomo nel prendere la decisione giusta, è dominata:
dalla fortuna;
dall'Onestà
εχο + infinito = potere.
Non si può dimostrare che collegato alla mia attività politica c'è un λημμα guadagno materiale, dalla radice di λαμβανω, quello che si ottiene materialmente, non è un vantaggio di prestigio e gloria. Nessuno potrebbe mai dire che lui ha subordinato ad un guadagno la sua attività politica o oratoria.
"Dunque il vantaggio mi risulta chiaro e giusto qualunque 1) esso risulti dai fatti; 2) cosa risulti dai fatti".
Qualunque sia il vantaggio che emerge dai fatti, io riesco a capire se è un vero vantaggio e qual è quello giusto.
In qualunque situazione, io riesco sempre a vedere il vero vantaggio per la città.
"Ma quando si metta del denaro come su una bilancia, ben presto si allontana e attira la valutazione che ne consegue verso il basso e uno che fa questo non sarebbe più in grado di valutare in nessun caso rettamente e utilmente".
: tu retorico. Se uno mette il denaro da una parte e il giudizio dall'altra, nella metafora della bilancia il denaro fa pesare quel piatto, che scende verso il basso chi deve giudicare la situazione non riesce a valutare giustamente, ma è trascinato verso il denaro, e prende la decisione utile per sé, non ha più la lucidità che gli permette di decidere. Lui è sempre stato incorrotto, il suo vantaggio non è mai centrato, quindi può giudicare meglio.
Ora entra nella questione, dopo aver parlato di sé e aver riportato gli esempi: la guerra contro Filippo e il mantenimento o meno della pace.
13. "Io dico dunque che bisogna avere questa prima considerazione come principio, e cioè che uno se vuole procurare alla città alleati o un trattato o qualcos'altro lo farà se non elimina la pace che abbiamo ora, non perché sia nobile né degna di voi".
Primo punto: dobbiamo tenere presente che ora dobbiamo mirare al bene della città, ma senza eliminare la pace. Non perché la rispetti in quanto onorevole, ma perché non si può fare altro. Eliminare adesso la pace significa tirarsi tutto addosso e non è il momento, non saremmo in grado di sostenerlo; sarebbe rovinoso eliminarla.
"Ma qualunque essa sia, bisognava piuttosto che non avvenisse (come opportunità ai fatti) in rapporto alla situazione, piuttosto che avvenuta ora sia da voi annullata. Infatti ci siamo lasciati sfuggire molte occasioni in presenza delle quali allora la guerra sarebbe stata x noi più sicura e facile di ora".
La pace non è degna di noi, quindi non la difendo per questo motivo, ma non avrebbero dovuto stringerla, piuttosto che ora denunciarla. Abbiamo avuto tante occasioni per fare guerra contro Filippo quando era più semplice, allora bisognava combattere; ora che addirittura c'è una pace la situazione è pericolosissima: noi non siamo pronti, lui non è facile da sconfiggere e avrebbe degli alleati. E' il momento peggiore per rompere la pace.
14. "Come secondo punto, bisogna stare attenti, o Ateniesi, che noi portiamo questi, che ora si sono riuniti e che affermano di essere anfizioni, alla necessità e all'occasione di una guerra comune contro di noi."
Secondo punto: è assurdo voler fare guerra ora; poi questa guerra porterebbe tutti quelli che sono alleati di Filippo a farci guerra, daremmo loro αναγκη la necessità di entrare in guerra, e inoltre προφασις la scusa, l'occasione per unirsi contro di noi: fa riferimento alla questione dell'anfizionia di Delfi, nella quale Filippo si era inserito, per ottenere una patente di grecità. Demostene l'ha capito e gli nega questo diritto: dicono di essere anfizioni: gli nega la possibilità di esserlo, e con questa, il riconoscimento di entrare nella politica greca.
Loro sono già uniti con questa scusa, sono un blocco, se attacchiamo uno, li attacchiamo tutti e avranno la scusa di cui valersi per fare una guerra comune contro Atene.
"Io infatti se facessimo di nuovo una guerra contro Filippo circa Anfipoli o un'altra rivendicazione di questo genere particolare, nella quale non c'entrino Tessali, né gli Argivi, né i Tebani, io penso che nessuno di questi combatterebbe contro di noi e meno di tutti, e nessuno si metta a strepitare contro di me prima di aver ascoltato, i Tebani, non perché abbiano un atteggiamento favorevole noi nostri confronti, né per fare cosa favorevole a Filippo, ma perché sanno bene che anche se qualcuno dice che sono scemi, se ci sarà una guerra tra loro e noi, loro ne ricaveranno tutti gli svantaggi, mentre un altro se ne starebbe ad aspettare i vantaggi".
Atene ha inimicizie da tutte le parti. Tebe è il nemico tradizionale. La politica di Demostene mira a staccare Tebe da Filippo, quindi fare un'alleanza panellenica contro Filippo. Gli Argivi erano gli unici del Peloponneso ad essere rimasti alleati di Atene nella guerra del Peloponneso, ma ora, dopo che, in funzione anti-tebana, gli Ateniesi avevano iniziato contatti con Sparta, si erano tirati contro anche gli Argivi. Atene ha lo svantaggio di essere riuscita ad inimicarsi tutti i Greci. Questi non vedono l'ora di andare contro Atene, ma se facessimo una guerra contro Filippo per la questione di Anfipoli (importante per il commercio) o per altre rivendicazioni particolari, di cui non importa a nessuno, i Tebani non combatterebbero contro di noi.
Prima di dire Tebani dice che nessuno faccia casino, sa che scoppierà un tumulto: sono proprio odiati.
"Dunque non si getterebbero in questa situazione nel caso in cui non sia comune l'origine e la causa della guerra."
Periodo ipotetico.
16. "Nè se di nuovo combattessimo contro i Tebani x Oropo o x un'altra causa particolare, ritengo che non avremmo nulla da temere".
Periodo ipotetico del terzo tipo dipendente: se entriamo in guerra adesso ce li tiriamo tutti contro, perché gli forniamo una scusa perfetta. Esamina la situazione: Oropo era la città contesa tra i Tebani e gli Ateniesi; ora la guerra sarebbe una follia.
"E infatti penso che coloro che correrebbero in aiuto nostro e loro, se qualcuno attaccasse, verrebbero in aiuto, ma non concorrerebbero ad una guerra di aggressione con nessuno dei due".
Una contesa privata non interesserebbe nessun altro; chi entra in un'alleanza, lo fa a scopo difensivo; se un alleato tenta una guerra di aggressione, tutti gli altri non intervengono, e quello rimarrà solo.
17. "E infatti, i trattati di alleanza hanno questa caratteristica, quelli almeno di una certa consistenza, e la situazione per natura è questa, non in egual modo ciascuno è ben disposto né con noi, né con i Tebani circa l'essere salvi e dominare gli altri, ma tutti vorrebbero, per loro proprio interesse, essere salvi, nessuno invece che dopo aver vinto gli altri diventasse loro dominatore".
FINIRE DA QUI
"Che cosa ritengo temibile e da che cosa dobbiamo guardarci? Che la guerra imminente non dia a tutti una comune scusa e un comune motivo di reclamo".
"Se infatti gli Argivi e i Messeni e i Megalopolitani e alcuni dei rimanenti Peloponnesiaci quanti hanno gli stessi atteggiamenti politici ci saranno ostili x i nostri contatti con .... e perchè sembriamo approvare qualcuna delle azioni da loro compiute e se i Tebani ci sono ostili come dicono lo saranno ancora di più perchè accogliamo i loro esuli e in ogni modo.... la nostra ostilità".
"I Tessali perchè accogliamo gli esuli dei Focesi, Filippo perchè ci opponiamo affinchè lui faccia parte dell'Anfizionia, temo che tutti, ciascuno sdegnato x motivi personali, faccia una guerra comune contro di noi, mettendo avanti le decisioni degli anfizioni e inoltre ciascuno sarà trascinato a combattere contro di noi al di là del proprio interesse come quanto successe circa i Focesi".
"Sapete infatti certamente che ora i Tebani e Filippo e i Tessali pur non avendo affatto di mira ciascuno gli stessi obiettivi, tutti hanno compiuto le stesse azioni".
"X esempio i Tebani non poterono impedire che Filippo passasse e occupasse i passi, ne che lui, arrivato x ultimo, ricavasse la gloria di quanto fatto da loro".
"Ed ora i Tebani, quanto ad aver ripreso .... territori, hanno compiuto qualcosa al prezzo del loro onore e della loro gloria".
"Se infatti Filippo non fosse giunto, non ne sarebbe venuto nessun vantaggio a loro, non volevano questo, ma poiché desideravano recuperare Orcomeno e Cheronea, ma non potendolo fare, accettarono tutto questo".
"Dunque alcuni hanno il coraggio di dire che Filippo non voleva dare ai Tebani Orcomeno e Cheronea, ma vi fu costretto. Io dico a questi di farsi furbi, so infatti che questo non importava a lui più di quanto volesse occupare i passi e la gloria della guerra, del fatto che questo conflitto fosse stato eliminato grazie a lui e che i giochi Pitici fossero organizzati da lui, queste erano le cose che lui voleva moltissimo".
14/04 pp. 105 n. 23
" I Tessali non volevano nessuna delle due cose, né che i tebani s'ingrandissero, né che lo facesse Filippo, infatti pensavano che tutto questo fosse svantaggioso x loro, ma desideravano la sessione estiva dell'Anfizionia/ .............. e dominare su Delfi e cioè due obiettivi, aspirando a questo collaborarono a quello".
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