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un popolo di costruttori
l'architettura civile
L'architettura egizia è conosciuta soprattutto attraverso le grandi vestigia dei templi e delle sepolture. Il motivo deve essere ricercato nella miglior conservazione di queste strutture rispetto a quelle relative alla vita civile e cittadina. Luoghi di culto e tombe erano realizzati in pietra, a differenza degli abitati che prevedevano un vasto utilizzo del mattone di fango e paglia essiccato al sole. Questo materiale non ha permesso una conservazione duratura nel tempo di molte strutture, portando ad una grande lacuna nelle conoscenze sull'urbanizzazione nell'Egitto antico. Non mancano esempi di città e villaggi, ricostruibili attraverso ciò che è rimasto delle loro piante. La zona del Delta presentava una concentrazione maggiore di abitati rispetto alla Valle, anche se la particolare situazione archeologica della zona e la sovrapposizione di strati successivi non sempre ne hanno permesso un'identificazione sicura.
Gli insediamenti meglio conosciuti sono quelli di el-Lahun, Deir el-Medina e Ama 212j97c rna, l'antica Akhetaton. Questi costituiscono situazioni particolari all'interno del panorama urbanistico egizio. Si tratta di abitati sorti per scopi precisi e abbandonati una volta esaurita la loro ragion d'essere. La mancanza di stratificazioni successive, dunque, ha permesso una migliore lettura dei dati archeologici.
L'insediamento di el-Lahun, conosciuto anche come Kahun, nome dato dall'archeologo inglese Petrie, sorgeva al limite sud-orientale della semioasi del Fayyum. L'antico nome egiziano, Hotep-Senuseret, "Possa Sesostri essere appagato", lascia supporre che nacque come insediamento per gli operai che lavoravano nella vicina piramide di Sesostri II, per poi divenire la sede dei funzionari che si occupavano del mantenimento del culto funerario del sovrano. La presenza di un sindaco a el-Lahun alla fine del Medio Regno fa supporre che fosse diventata una città con una propria autonomia. Si trattava di un insediamento a pianta rettangolare, con abitazioni e strade disposte ortogonalmente, che si sviluppavano su tre quartieri differenti. Quello orientale presentava abitazioni dalle dimensioni sorprendenti. Un altro quartiere ospitava il palazzo reale, dimora del sovrano allorché faceva visita alla città per controllare i lavori del suo complesso funerario, mentre in quello occidentale si trovavano abitazioni più modeste.
Il sito è molto importante anche per la quantità di papiri che vi sono stati ritrovati. Questi, scritti in ieratico, sono un'inesauribile fonte di notizie sulle istituzioni religiose ed amministrative all'epoca del Medio Regno. L'esistenza di un centro ben pianificato e protetto da una cinta di mura costituiva una delle diversità principali di el-Lahun rispetto ad altre città. Lo stesso isolamento e chiusura dell'insediamento è riscontrabile a Deir el-Medina e ad amarna, risalenti al Nuovo Regno.
Deir el-Medina costituisce il miglior esempio di abitato "artificiale" di quest'epoca. Il villaggio, che ospitava gli artisti che lavoravano all'allestimento delle tombe delle necropoli reali tebane con le loro famiglie, fu abitato per almeno 500 anni. La sua origine, legata all'istituzione della comunità operaia, risale agli inizi della XVIII dinastia. Rimase in uso fino alla fine dell'età ramesside, quando molti operai si trasferirono all'interno delle mura del vicino tempio di Medinet Habu.
Gli scavi di Deir el-Medina, condotti tra gli anni '20 e '50 del XX secolo, hanno portato al ritrovamento di una grande quantità di reperti, tra cui migliaia di ostraka iscritti e molti papiri, che hanno permesso la ricostruzione della vita che si svolgeva nel villaggio, e hanno gettato luce su molti aspetti del sistema socio-economico egiziano del Nuovo Regno. Il villaggio era situato in uno uadi isolato che richiedeva l'approvvigionamento quotidiano d'acqua.
L'impianto più antico del villaggio, risalente a Thutmosi I e circondato da un muro di cinta, fu distrutto da un incendio in epoca amarniana. Alla fine della XVIII dinastia fu riorganizzato, e l'aumento del numero di case portò alla costruzione di un secondo muro. Al momento della sua massima espansione, nella XIX dinastia, comprendeva una settantina di abitazioni all'interno della cinta muraria e una quarantina al suo esterno. Le case sorgevano ai lati di una strada centrale coperta, che attraversava il villaggio da nord verso sud. Queste erano realizzate secondo un piano molto simile, che variava per le abitazioni appartenenti alle famiglie più importanti. Gli esempi più antichi non poggiavano su fondamenta, a differenza di quelli più recenti, che presentavano fondamenta realizzate in pietra su cui si elevavano i muri in mattoni crudi. Questi erano dipinti di bianco ed erano interrotti da una porta in legno che si affacciava sulla via principale. Si trattava di pochi ambienti contigui, coperti da un tetto di foglie e legni intrecciati. Molte abitazioni presentavano una scalinata interna, che conduceva ad una terrazza superiore, e uno spazio scavato nel terreno adibito a cantina. Il villaggio comprendeva una zona riservata alle sepolture, cappelle per il culto ed un tempio, fondato da Amenhotep III e ricostruito in epoca tolemaica.
La città di Akhetaton, oggi Amarna, fondata dal faraone Akhenaton verso la fine della XVIII dinastia, costituisce un esempio di insediamento del Nuovo Regno. Fu abitata solo durante parte del regno di questo sovrano, per poi essere abbandonata dopo circa 25 anni. Alla fine dell'epoca amarniana, venne rasa al suolo e servì da cava per la costruzione di altri siti vicini. La città doveva essere pronta intorno al V o al VI anno di regno di Akhenaton e, oltre a rivestire il ruolo di capitale, fu anche il centro di massima diffusione del nuovo pensiero religioso. Il sito prescelto fu uno spazio mai edificato in precedenza e non legato ad alcuna divinità, posto sulla sponda orientale del Nilo di fronte all'antica Hermopolis. La scelta fu influenzata dalla conformazione territoriale dell'area, che richiamava la forma del segno geroglifico akhet, rappresentante il disco solare che sorge tra due colline e utilizzato per esprimere la parola "orizzonte". La città fu chiamata, infatti, Akhenaton, che in antico egiziano significa "l'Orizzonte di Aton", in onore del dio principale adorato in questo periodo, rappresentato in forma di disco solare.
L'insediamento non era circondato da mura, mentre il suo territorio era delimitato da 14 stele di confine, 11 sulla sponda orientale del Nilo e tre su quella occidentale. Il nucleo urbano principale era costituito da un insieme di edifici civili e religiosi, in mattoni crudi e legno, raggruppati nella zona più prossima al fiume. Le costruzioni principali erano il palazzo reale e il grande tempio di Aton. Quest'ultimo, sul modello dei templi solari della V dinastia, presentava un ingresso monumentale in forma di pilone, seguito da una serie di corti aperte. Il grande palazzo reale ospitava gli appartamenti statali, l'harem e vari ambienti, tra cui i magazzini e la sala del trono. Un'arteria tagliava in due il nucleo abitativo centrale e un ponte collegava la zona del palazzo reale con la residenza privata della famiglia del sovrano. Del palazzo reale facevano parte anche gli archivi di stato, da cui proviene un grande numero di tavolette d'argilla, riportanti la corrispondenza della famiglia reale con i principi ed i funzionari del Vicino Oriente. All'estremità settentrionale ed a quella meridionale dell'abitato sorgeva un altro gruppo di edifici: tra questi il "palazzo settentrionale" ed il Maru Aton, una specie di giardino finalizzato alla meditazione religiosa ed al riposo.
Amarna era provvista di una necropoli che si sviluppava su due aree ai margini della pianura che ospitava la città. Le tombe furono scavate per i funzionari ed i membri della corte, ma non tutte servirono al loro scopo, dal momento che furono in molti a farsi seppellire altrove alla fine dell'epoca amarniana. Il settore sud-est, a metà strada tra l'abitato e la necropoli, ha fornito le prove dell'esistenza di un villaggio riservato agli operai, caratterizzato da una pianta regolare, divisa in sei settori da cinque vie.
il tempio
Per gli Egizi il tempio era il luogo dove dimorava la divinità, ma allo stesso tempo costituiva un anello fondamentale del sistema economico egizio. Il tempio non era concepito solo come un edificio, ma come la trasposizione in architettura di idee religiose e visioni teologiche. Questo aspetto emerge dall'aspetto simbolico del tempio e dalle sue varie componenti, che lo legavano alle credenze relative alla nascita del mondo ed alla visione che avevano gli Egizi dell'universo. I templi erano il luogo dove sorgeva la collina primordiale da cui aveva avuto origine la creazione, e i loro elementi costitutivi erano visti come trasposizioni pietrificate della natura e dell'universo. La sala ipostila rappresentava il mondo, e la decorazione dai toni scuri che era alla base delle colonne e dei muri richiamava il colore delle acque primordiali. Le colonne erano alberi e piante che si levavano verso il cielo, rappresentato dal soffitto, dipinto di blu e punteggiato di stelle.
La tipologia dei templi si ispirò ad un modello di base: ciò permette di ritrovare elementi comuni negli edifici sacri di tutte le epoche. Differenze più marcate sono riscontrabili nei complessi piramidali dell'Antico Regno, che comprendevano, oltre a varie cappelle, due edifici con funzione templare, legati al culto del re morto. Si trattava del tempio in valle, che costituiva l'ingresso al complesso, e il tempio funerario, dove venivano svolte le più importanti cerimonie funerarie. Le due strutture erano collegate da una rampa affiancata da mura, spesso ornate con bassorilievi. A partire dalla IV dinastia, con il complesso piramidale di Chefren, la pianta del tempio funerario fu stabilita secondo uno schema fisso che comportava un ingresso a pilastri, cui faceva seguito una corte colonnata aperta, che conduceva alla parte più interna dell'edificio. Questo ambiente chiuso, provvisto di spazi per le statue del sovrano, era seguito da magazzini e dal vero e proprio santuario.
All'Antico Regno risale una variante derivata dal tempio funerario del complesso piramidale, costituita dai templi solari, costruiti da alcuni sovrani della V dinastia in diversi siti della necropoli menfita. L'esempio meglio conservato è quello di Niuserra ad Abu Ghurob. I templi solari mostravano analogie strutturali con i più antichi templi connessi alla piramide, e allo stesso tempo ricalcavano il modello del tempio di Heliopolis del dio sole Ra, oggi scomparso. Il tempio si trovava al centro di un complesso più vasto, che comprendeva un'entrata, costituita da un vestibolo e collegata ad una struttura a valle tramite una via processionale coperta. La parte principale del tempio aveva l'aspetto di una corte aperta, provvista di un altare che sorgeva davanti ad una struttura a forma di obelisco tronco, simbolo del benben. Questo, secondo la teologia eliopolitana, rappresentava la prima pietra irradiata dal sole al momento della creazione.
Le costruzioni templari del Medio Regno non sono conosciute in modo approfondito. Ciò dipende dal fatto che la maggior parte dei templi del periodo furono inseriti in programmi costruttivi delle epoche successive, venendo inglobati in strutture più elaborate del Nuovo Regno. Tra i casi più significativi c'è il complesso monumentale del dio Amon a Karnak, che rappresenta un cantiere di restauri, distruzioni e rifacimenti durato due millenni, a partire da un nucleo originario risalente al Medio Regno.
Uno dei più antichi esempi di architettura religiosa e funeraria di quest'epoca è il tempio di Montuhotep II a Deir el-Bahari. Si tratta di un complesso innovativo che ispirò molte costruzioni di periodi successivi, come il tempio della regina Hatshepsut, costruito nello stesso sito. Il complesso di Montuhotep II, addossato alla parete rocciosa, prevedeva un tempio per l'accoglienza ed una rampa processionale ascendente che conduceva al tempio funerario vero e proprio, caratterizzato da una disposizione a terrazze di diversa altezza. Il legame con i più antichi complessi piramidali è evidente, anche se la differenza risiede nel fatto che la sepoltura non era costituita da una piramide, ma inclusa nell'edificio stesso.
Altri esempi significativi di architettura religiosa del Medio Regno sono i templi di Medinet Madi, di Qasr es-Sagha e la "cappella bianca" di Sesostri I. Tutti sono accomunati da un'estrema purezza di forme. La "cappella bianca", una cella periptera di dimensioni contenute, realizzata a Karnak dal secondo sovrano della XII dinastia, in occasione del suo giubileo, mostra un esperto uso del rilievo abbinato ad un'attenta incisione dei testi e ad un'accurata disposizione delle scene. Sesostri I ha lasciato testimonianze di attività costruttiva in quasi tutti i principali centri religiosi dell'Egitto.
Il tempio di Medinet Madi fu edificato alla fine della XII dinastia per la dea Renenutet, secondo un piano che prevedeva una piccola sala ipostila che conduceva ad un ambiente su cui si aprivano tre santuari. Interessante è il tempio di Qasr es-Sagha, a nord del lago del Fayyum, che è totalmente privo di iscrizioni. Una dettagliata analisi delle strutture, il ritrovamento di un frammento con iscrizione del Medio Regno e la scoperta nei dintorni di una città degli operai datata al Medio Regno, ne hanno assicurato la datazione a quest'epoca, al regno di Sesostri II.
Nel Nuovo Regno, l'espansione economica e territoriale del Paese portò ad un afflusso di ricchezza e di forza lavoro che permise la costruzione di moltissimi nuovi edifici templari, oltre allo sviluppo di strutture preesistenti. L'apice costruttivo fu raggiunto nella XVIII dinastia, all'epoca di Amenhotep III, con una ripresa agli inizi della XIX con Ramesse II, che lasciò testimonianze della sua attività in quasi tutti i centri religiosi del Paese.
A quest'epoca risale la codificazione della pianta del tempio, che prevedeva un'entrata monumentale, detta pilone, che dava accesso ad una sala ipostila seguita dal santuario vero e proprio. Il pilone era costituito da due torrioni trapezoidali, con i muri inclinati e rastremati verso l'alto, che inquadravano un portale di grandi dimensioni. I motivi scelti per la loro decorazione riguardavano soggetti che mettevano in luce la forza del sovrano. Il pilone era spesso preceduto da un dromos, un viale d'accesso: a suo ornamento compariva una serie di sfingi. Il tempio era inserito in un'area più ampia, circondata da un recinto in mattoni di fango. Questi erano disposti su letti concavi e convessi per riprodurre simbolicamente il movimento delle acque dell'oceano da cui emerse la collina primordiale al momento della creazione dell'universo. L'elaborazione ed il moltiplicarsi degli elementi di base raggiunse dimensioni estreme nel tempio di Karnak. Caratterizzato da uno sviluppo su due assi, comprendeva tre cinte: quella del tempio di Amon e quelle dalla sua compagna Mut e del dio Montu-Ra. L'estensione dell'area aumentò nel tempo e fece sì che il tempio ricoprisse una posizione di primaria importanza tra i centri cultuali del Paese fino al periodo romano.
La nuova pianta fu utilizzata non solo per i templi del culto divino, ma anche per i "templi dei milioni di anni", i complessi templari nei quali il sovrano veniva adorato associato ad Amon-Ra. I "templi dei milioni di anni" furono costruiti dai sovrani del Nuovo Regno sulla sponda occidentale di Tebe. Il Ramesseo ed il tempio di Medinet Habu sono due esempi tebani, mentre quello di Amenhotep III a Soleb lo è per la Nubia.
Le principali testimonianze templari risalenti al III Periodo Intermedio sono costituite dai templi di molte città del Delta, come Tanis, Sais e Bubastis. Alcuni di questi siti furono al centro di arditi programmi costruttivi delle epoche successive, come Sais durante la XXVI dinastia. Stando al racconto di Erodoto, il suo tempio andava annoverato tra i più splendidi di tutto l'Egitto. In epoca persiana, soprattutto nelle prime fasi della dominazione, i sovrani achemenidi continuarono a edificare nuovi templi secondo gli antichi modelli e ne rimaneggiarono i più antichi. Un esempio è il tempio di Amon, costruito da Dario I a Hibis, nell'oasi di el-Kharga. Sembra che alla fine dell'epoca tarda, durante la XXX dinastia, si sia sviluppato lo stile architettonico che caratterizzerà i templi dell'epoca greco-romana.
Con i Tolomei, la costruzione di edifici cultuali ebbe un notevole impulso. Il motivo deve essere ricercato nei fondamenti del potere della nuova dinastia. Questi sovrani vollero presentarsi al popolo egizio come i discendenti degli antichi faraoni, e svilupparono elaborati progetti costruttivi secondo i modelli tradizionali, pur adottando innovazioni che implicarono una commistione fra lo stile locale e quello ellenistico. Furono ristrutturati antichi templi i cui lavori erano stati interrotti durante le invasioni persiane, e vennero iniziati nuovi programmi costruttivi che si ricollegavano alla tradizione faraonica. Nell'Alto Egitto si sono conservate le testimonianze più significative di tale attività, nei templi di File, di Kom Ombo e di Edfu. Anche la zona del Fayyum fu interessata da un'intensa attività edilizia, come prova il rimaneggiamento del tempio di Iside-Thermuthis a Medinet Madi, e la zona del Delta, la cui particolare situazione archeologica rende difficile il recupero delle vestigia.
Anche gli imperatori romani proseguirono nella stessa linea dei loro predecessori, attuando un programma edilizio che mirava ad attestare la loro presenza sul suolo egiziano. Restano testimonianze della loro attività a Esna e a Dendera nell'Alto Egitto, e a Khalabsha in Nubia. Esempio dell'azione di abbellimento e completamento di costruzioni già esistenti è l'edificio noto come "chiosco di Traiano" a File. Questo è costituito da quattordici colonne, con capitelli compositi, collegate da muri di intercolumnio che costituiscono un'innovazione dell'architettura templare dell'epoca greco-romana. Dall'Epoca Tarda fino a quella Romana, all'interno del recinto di molti templi era situato un edificio particolare, detto "mammisi", in cui era celebrato il mistero della nascita del dio che era adorato nel tempio o, se questo apparteneva ad una divinità femminile, era celebrata la nascita del suo figlio divino.
Dopo il decreto di Teodosio del 391, la cessazione dei culti pagani corrispose alla chiusura dei templi, che furono trasformati in chiese oppure utilizzati come cave di pietra.
una "dimora per l'eternità"
La tomba rappresentava per gli Egizi molto più di un semplice ambiente destinato alla conservazione del corpo del defunto. Sin dalle prime dinastie, le sepolture presentavano dei caratteri che le rendevano simili a dimore in cui lo spirito del morto trovava il necessario per la sopravvivenza ultraterrena. Il loro scopo funzionale emerge dai temi scelti per la decorazione parietale, dall'arredamento e dalla struttura stessa dei sepolcri.
Le forme e le tipologie delle tombe mutarono nel tempo per ragioni diverse, che andavano dalla situazione economica del defunto ai cambiamenti legati all'evoluzione delle concezioni funerarie ed al luogo scelto per la costruzione.
Durante il periodo protodinastico, i sovrani della I e alcuni di quelli della II dinastia furono seppelliti ad Abydos, mentre i primi due della II dinastia a Saqqara, dove si trovava già una necropoli di alti funzionari. La tomba reale appariva come l'espressione del potere terreno del sovrano, rivestendo la stessa importanza concettuale che aveva il palazzo. Si trattava di grandi sepolture i cui imponenti muri esterni, a rientranze e sporgenze, ricordavano quelli dei palazzi.
La mastaba, il cui nome deriva da una parola araba che significa "panca", indica un tipo di sepoltura adottato dall'epoca protodinastica fino all'Antico Regno. Il suo elemento distintivo era la sovrastruttura, in mattoni crudi o in pietra, con le pareti inclinate. Questa subì successive trasformazioni durante i vari periodi della storia egizia, fino ad essere costituita da numerosi ambienti. La parte che emergeva dal terreno era collegata tramite un pozzo alla camera funeraria vera e propria.
A partire dall'epoca di Djoser della III dinastia, per circa mille anni, i sovrani egizi adottarono la tomba in forma di piramide, espressione della divinità stessa del faraone oltre che del suo potere temporale. Innegabile è il legame con il sole e il destino ultraterreno del re: la piramide era la pietrificazione dei raggi solari e, con la sua forma ascensionale, doveva permettere al re defunto di raggiungere il cielo. Si riconoscono due tipi fondamentali: la piramide a gradoni e la "piramide vera", inserite all'interno di un complesso più ampio.
I più antichi esempi di piramidi, risalenti alla III dinastia, erano costituiti da una serie di gradoni sovrapposti, e presentavano la camera sepolcrale ipogea sottostante alla piramide stessa, alla quale si accedeva attraverso un cunicolo sotterraneo. La loro forma richiamava quella di un'enorme scala, che permetteva allo spirito del sovrano l'ascesa al cielo. Prendendo come esempio il complesso funerario del re Djoser, oltre alla piramide stessa, anche le strutture ad essa collegate erano circondate da un grande muro di cinta, realizzato a sporgenze e rientranze, ma in pietra e non più in mattoni. Questo fu il primo esempio di trasposizione nella pietra delle strutture in legno e giunchi tipiche dei periodi precedenti, e costituì un modello per le costruzioni funerarie successive. La maggior parte degli edifici che si trovavano all'interno del muro di cinta era finalizzata alla celebrazione eterna della festa giubilare del sovrano, richiamando nella struttura architettonica l'aspetto dei padiglioni utilizzati durante le celebrazioni atte al rinnovamento dei poteri del re. Caratteristica di questi complessi più antichi è il fatto di presentare nella parte meridionale della cinta una sepoltura secondaria, la cui funzione resta incerta e che in seguito si trasformò nelle piramidi satelliti presenti nei complessi delle "piramidi vere". Queste, il primo esempio delle quali risale alla IV dinastia, costituiscono un'evoluzione della piramide a gradoni, assumendo la struttura rigidamente geometrica che le contraddistingue. Fu Snefru a adottare per primo il nuovo modello, realizzato pienamente nella "piramide rossa" situata a Dahshur. Le piramidi della IV dinastia, in particolare quelle della piana di Giza, appartenenti a Cheope, Chefren e Micerino, toccarono un grado di perfezione e di purezza di forme che rimase insuperato nelle epoche successive. Il complesso piramidale del nuovo tipo, circondato da una cinta meno imponente degli esempi più antichi, comprendeva le strutture innovative del tempio in valle e della rampa processionale che lo collegava con il tempio funerario.
La tecnica utilizzata per la costruzione di questi imponenti edifici resta in parte un mistero; tuttavia, è stato possibile formulare diverse ipotesi. Si cominciava con la scelta del sito, l'elaborazione di un progetto e la decisione sull'orientazione della piramide. Una volta spianata l'area e disposte le prime pietre, si procedeva alla costruzione di un punto d'approdo su un canale del Nilo per accogliere le barche cariche di blocchi provenienti dalle cave. I blocchi erano trascinati per mezzo di slitte, il cui scorrimento era agevolato da fango bagnato. Si procedeva alla collocazione di un primo strato di blocchi e si erigeva una rampa. Secondo alcuni studiosi, la rampa saliva a spirale lungo le pareti della piramide, secondo altri era una rampa rettilinea perpendicolare a uno dei lati. Si trattava probabilmente di rampe in mattoni crudi rinforzati da legno di palma. I blocchi venivano issati grazie all'utilizzo di leve. Le rampe, una volta terminata la costruzione, andavano demolite. La fase finale del lavoro prevedeva il rivestimento esterno con blocchi realizzati con il calcare di Tura, una cava situata tra le moderne Maadi ed Helwan, di cui resta un esempio nella parte sommitale della piramide di Chefren a Giza.
Per quel che riguarda i costruttori delle piramidi, non si trattava di schiavi, ma di artigiani ed operai liberi che prestavano la loro manodopera secondo la volontà del sovrano. Scavi recenti hanno riportato alla luce le vestigia sia di villaggi dove questi risiedevano, sia della necropoli ove erano sepolti.
Durante la V dinastia, le dimensioni delle piramidi diminuirono notevolmente. Il materiale più utilizzato era il calcare, con il quale venivano realizzati piccoli blocchi irregolari che non permisero una buona conservazione delle strutture.
A partire da Unis, le pareti interne delle piramidi cominciarono a presentare iscrizioni, dette "Testi delle Piramidi", attestate in questa sede fino all'VIII dinastia. Con il passare del tempo, la mutata situazione economica del Paese e la rielaborazione del concetto della sovranità durante il I Periodo Intermedio e il Medio Regno portarono alla costruzione di piramidi più semplici. Il mattone crudo divenne il materiale prescelto per il nucleo della piramide, rivestito con lastre di calcare.
Le contemporanee tombe provinciali attestano la ricchezza e l'alta posizione economica raggiunta dai funzionari dell'amministrazione statale. Risalgono al Medio Regno molte tombe scavate nella falesia di fronte ad Assuan, sulla riva destra del Nilo, o quelle di Asiut, le cui pareti esano decorate con rilievi di altissima qualità. Alla stessa epoca è databile la necropoli di Beni Hasan. Le sepolture, disposte su due file parallele, presentano diverse tipologie a seconda del periodo e della disponibilità economica del defunto, ed erano decorate con pitture a soggetto talvolta inusuale.
Dopo il complesso di Amenemhat III ad Hawara, l'ultima grande realizzazione che preveda una piramide, il numero di piramidi costruite fino alla XIII dinastia, così come le loro dimensioni, è molto ridotto.
Con l'andare del tempo, i mutamenti economici, le invasioni straniere e i vari sconvolgimenti che ne seguirono, la sepoltura a piramide venne abbandonata e dal Nuovo Regno venne adottata la sepoltura ipogea, senza strutture in superficie.
A partire da Thutmosi I, quasi tutti i sovrani del Nuovo Regno di fecero seppellire in quella che oggi è conosciuta come Valle dei Re, uno uadi isolato sulla sponda occidentale dell'antica Tebe. Le motivazioni pratiche della scelta furono molteplici, tra cui la vicinanza con la nuova capitale e la sicurezza che sembrava derivare da una tomba ipogea lontana dal tempio funerario, meno accessibile ai ladri. La Valle si prestava alla sepoltura dei sovrani anche per motivi legati alla sfera cultuale e funeraria. La necropoli si trova sulla sponda occidentale del Nilo, che per gli Egizi corrispondeva al regno dei morti, e la zona è sovrastata dalla "Cima Tebana", un'altura di forma piramidale il cui aspetto richiama la tradizionale sepoltura faraonica.
È possibile riconoscere delle caratteristiche costanti nello sviluppo architettonico degli ipogei della Valle dei Re, anche se non fu mai adottata una pianta comune. Tutti presentano una scalinata, un corridoio discendente e la sala del sarcofago, dov'era sepolto il sovrano. Una differenza fondamentale è riscontrabile tra le tombe più antiche della XVIII dinastia e quelle della XX. Le prime presentano il corridoio discendente verso la sala del sarcofago piegato ad angolo retto, una caratteristica che non si ritrova nelle tombe più recenti, che si sviluppano su un unico asse. A partire dalla tomba di Horemheb, la rottura assiale è ridotta fino a raggiungere lo sviluppo totalmente rettilineo adottato per le sepolture della XX dinastia. Le ragioni di questi cambiamenti vanno ricercate nell'evoluzione delle credenze legate all'Aldilà e al destino ultraterreno del sovrano.
L'allestimento di una tomba reale come quelle della Valle dei Re richiedeva l'impiego di molto tempo e di un vasto numero di persone. Per questo, quasi tutti i sovrani cominciavano i lavori per la preparazione dei propri sepolcri nel primo anno di regno. Un gruppo di esperti capeggiati dal visir sceglieva il luogo dove si sarebbe dovuta scavare la tomba. Gli architetti ne disegnavano un piano e si procedeva alla fase iniziale del lavoro. Erano i tagliatori di pietra i primi a prestare la loro opera, scavando la roccia e sbozzando le pareti. Mentre questi procedevano nello scavo, un gruppo di stuccatori iniziava a stendere uno strato di muna, argilla mista a paglia e calcare, quindi uno strato di intonaco più fine, per terminare con uno strato di gesso diluito in acqua. Questa operazione aveva lo scopo di rendere la superficie delle pareti omogenea e pronta per accogliere la decorazione. I decoratori, dopo aver imbevuto una cordicella in una soluzione che conteneva ocra rossa, tracciavano con questa delle linee sulle pareti, preparando una quadrettatura della superficie che serviva per la disposizione dei testi e delle immagini. I soggetti e i motivi decorativi venivano realizzati da artigiani specializzati guidati da un capo disegnatore. Una volta tracciato il disegno, era il turno degli scultori e dei pittori. La gamma dei colori non era molto vasta: per ottenere il bianco si macinava la calcite con del solfato di calcio, oppure si ricorreva all'huntite, un minerale più raro e prezioso; il blu e il verde potevano essere ricavati per sintesi di diversi minerali; il nero era ricavato dal legno carbonizzato, mentre il giallo e il rosso dalla macinazione di ocre. Il tempo richiesto dalla preparazione di un sepolcro reale poteva variare; i fattori che potevano aumentare i tempi di realizzazione erano molti: da un piano complesso che prevedeva ambienti più numerosi, all'interruzione di uno scavo a causa della scarsa consistenza della roccia, che richiedeva il cambiamento del luogo prescelto.
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