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ISTITUZIONI, SOCIETÀ ED ECONOMIA

geologia



istituzioni, società ed economia


lo stato egiziano

Le formazioni statali antiche presentano strutture che si riscontrano anche negli Stati moderni; tuttavia, l'Egitto faraonico si caratterizza per il suo costante rifarsi ad un modello divino che permea di sé non solo le componenti teologiche, ma anche i simboli del potere. Il re è l'interfaccia tra la divinità e gli uomini, ed il suo ruolo istituzionale non può prescindere da un apparato ideologico nel quale è centrale la legittimazione divina della sua autorità: egli si proclama figlio del dio Sole Ra, e nel Nuovo Regno questo aspetto viene ribadito attraverso l'elaborazione teologica della Nascita Divina, nella quale si afferma la discendenza del sovrano dal dio Amon-Ra.



Il processo di formazione del modello statale

L'Egitto faraonico, legato all'istituto regale, si raccoglie intorno a componenti ideologiche attraverso le quali si esprime l'autocosci 242j95c enza della compagine statale. Tali componenti costituiscono quei modelli che si ripropongono nel corso della storia della Valle del Nilo, permettendo di riconoscere quell'organicità che caratterizza la cultura nilotica.

Il modello statale dell'Egitto ha una lunga storia alle spalle: le sue prime attestazioni possono essere fatte risalire ai momenti formativi della cultura (periodo di Naqada II), e sembrano dipendere dal processo di sedentarizzazione. Il legame che si stringe tra queste prime comunità ed il territorio dove esse vanno a stanziarsi costituisce la premessa per il formarsi di un insieme di miti e simbologie territoriali che avranno un peso notevole nell'Egitto storico: la parcellizzazione dell'unità statale in distretti (sp3wt) accompagnerà l'autocoscienza territoriale fino al tramonto della cultura faraonica, proponendoci un Egitto che riconosce al suo interno delle specificità subordinate all'unità culturale ed ideologica.

Il divenire dell'Egitto attraverso le sue fasi arcaiche lascia tracce evidenti: la Pietra di Palermo, documento di tipo annalistico relativo ai regni più antichi, conserva memoria di una fase precedente all'unificazione, nella quale le signorie locali, perse la loro individualità, vengono evocate attraverso il gruppo degli Spiriti Eletti, che precedono i sovrani storici, gli stessi che si incontrano nel Papiro dei Re di Torino. Il dominio su un Paese la cui autocoscienza è ancora in fieri si esprime nelle loro corone: la serie di Spiriti Eletti conservati indossa la Corona Rossa del Basso Egitto, e se ne può immaginare una analoga con la Corona Bianca dell'Alto Egitto, andata persa. Il senso di questa rappresentazione diviene chiaro se si pensa a quel monumento celebrativo dell'unificazione che viene considerata essere la Tavolozza di Narmer: il sovrano esprime un livello superiore di potere con due corone che vengono attribuite allo stesso personaggio sui due lati dell'oggetto.

Lo Stato pone in essere anche un apparato di immagini capace di esprimerne l'autorità e la forza: la decorazione della tomba di un signore locale, la Tomba 100 di Hierakonpolis, prevede il tema della sconfitta dei nemici, che sarà ricorrente nell'iconografia faraonica; analoghi temi sono riscontrabili anche su oggetti cerimoniali, quali pugnali e teste di mazza. Viene così a stringersi un legame tra il sovrano e la conflittualità positiva, la stessa che riscontriamo nella Tavolozza di Narmer e che fa riferimento ad un quadro politico di Stati cantonali.

Il formarsi dello Stato è accompagnato dal delinearsi di un'élite che costituisce la cerchia più stretta di collaboratori del sovrano, e nella quale si identifica la cultura faraonica ufficiale. L'autocoscienza di questo gruppo si afferma successivamente negli Insegnamenti, un genere letterario che accompagna la cultura faraonica e nel quale ha un ruolo centrale il concetto di Maat; autore dell'Insegnamento è un altro funzionario (ad esempio Ptahotep, visir di Isesi). Narmer, celebrando con il suo regno l'unificazione dello Stato, è accompagnato da alcuni personaggi nei quali si sono riconosciuti uno scriba, il portasandali ed il visir. Questa semantica della corte svilupperà un'ideologia in cui gli elementi regionali vengono raccolti intorno alla figura unificante del sovrano: una situazione che si risolverà architettonicamente nel complesso di Djoser a Saqqara (III dinastia), dove la pietra rende eterno questo addensarsi di elementi simbolici intorno alla tomba regale.

Il dualismo nord-sud, fondamentale per l'apparato simbolico faraonico, è frutto di una serie di conflitti che si risolvono all'interno della cultura di Naqada. L'espansione politica che parte da sud è successiva ad un processo di unificazione culturale che porta la cultura di Naqada nel Delta prima che questa parte del Paese venga a far parte integrante delle Due Terre. Il Mito di Horus e Seth rifletterebbe questa situazione conflittuale che si risolve all'interno della stessa compagine meridionale di Naqada.

Il processo formativo dello Stato si protrae fino al Medio Regno con delle espressioni provinciali che vengono progressivamente assorbite nella cultura ufficiale; questa situazione si riflette nelle titolature dei signori locali (nomarchi). In questo equilibrio di forze va segnalato l'anonimato di un'élite che, pur riconoscendo l'importanza di certi cambiamenti, non li attribuisce a personaggi storici: un'eccezione può riconoscersi nella figura di Imhotep, ideatore del complesso di Djoser a Saqqara.

L'Egitto si configura con forme faraoniche attraverso un processo che copre un vasto arco di tempo. L'unitarietà del processo va contro la scansione cronologica: la serie di Antico Regno, Medio Regno e Nuovo Regno, intervallati da tre Periodi Intermedi, è riconducibile ad una tradizione evidente in età ramesside, nella quale a determinati sovrani corrisponde l'inizio di altrettanti periodi.

Questo progredire attraverso forme di governo giunge a piena maturazione con il Nuovo Regno, quando si media tra realtà politica e mito dello Stato; un simile fenomeno è reso possibile da una situazione sociale particolare, nella quale l'iniziativa individuale riesce ad esprimersi con maggiore autocoscienza. La gestione politica da parte del palazzo si fa più articolata: l'Archivio di Amarna ci parla di una rete di contatti commerciali e diplomatici di ampio raggio, portati avanti con un atteggiamento impensabile in precedenza.

Gli insediamenti

I centri abitati egiziani si raggruppano in città e villaggi, caratterizzandosi come centri di ridistribuzione delle risorse. Il palazzo reale non è nel centro abitato, ma costituisce un insediamento autonomo, con una propria rete di servizi e personale; la pianificazione degli impianti tende ad affermare delle strutture regolari, con mura di cinta d'impianto quadrangolare.

Nel II millennio, questo tipo d'insediamento pone al centro del proprio impianto il tempio. L'impianto abitativo tende ad avere un rapporto organico con i centri economici costituiti dal tempio e dalla proprietà privata; accanto a questi si pongono i centri gestionali ed amministrativi, legati al potere centrale e la cui rilevanza nella comunità dipende dall'importanza e dalle dimensioni dell'abitato. L'impianto del tempio, concepito come fortezza contro gli attacchi del caos, fornisce il modello per gli insediamenti fortificati nubiani del Nuovo Regno: la cinta fortificata racchiude gli elementi costitutivi del centro, dimostrando un'organicità d'impianto che si ripropone con regolarità.

Alcuni centri divengono il modello urbano egiziano: il caso più significativo è Tebe, la cui importanza si lega al prestigio del santuario nazionale di Amon a Karnak; ma anche la capitale dei sovrani della XII dinastia, Itjettaui, dovette occupare un posto particolare nell'immaginario urbano faraonico, se diventò un sinonimo per "residenza".

Tipici sono gli insediamenti temporanei, dipendenti da complessi funerari regali. Il caso più significativo è costituito dal villaggio di Deir el-Medina, legato alla necropoli reale del Nuovo Regno nella Valle dei Re ed occupato da operai specializzati che lavoravano alla decorazione dei sepolcri faraonici.

Il paesaggio è rurale: gli insediamenti si frazionano nel territorio e dipendono dall'assetto dell'area coltivata. L'immaginario egiziano vedrà sempre nella campagna il modello d'insediamenti: le scene che decorano le tombe rappresentano paesaggi agresti, e lo stesso Aldilà viene concepito come "campi" nei quali il defunto trascorre la propria esistenza da beato.

La diffusione del modello

Il modello statale egiziano ebbe un impatto notevole sul territorio: la forza del sistema ne favorì l'esportazione anche al di fuori dei confini.

I rapporti con l'esterno: l'archivio di Amarna

I rapporti con l'esterno possono esemplificarsi per mezzo del ritrovamento, nel palazzo di Akhenaton ad Amarna, di un Archivio in accadico che testimonia lo sviluppo di una rete di contatti diplomatici con le più grandi potenze del periodo e con gli Stati vassalli.

La documentazione è un'eccezionale testimonianza dell'ingresso egiziano nella cultura internazionale del periodo. La presenza nella capitale egiziana di un gruppo di specialisti capaci di interpretare una lingua ed una cultura diverse da quella faraonica è particolarmente significativo: questi specialisti egiziani devono aver avuto a disposizione una serie di supporti didattici per acquisire le competenze necessarie all'espressione corretta nella lingua internazionale del tempo.

L'importanza di questa serie di testi sta nella distinzione tra grandi e piccoli stati: il faraone è capo di uno dei regni più prestigiosi del periodo, e si rivolge agli altri sovrani chiamandoli "fratelli": questo tipo di rapporto afferma l'esistenza di una cultura palatina tipica del Tardo Bronzo, capace di dar vita ad un codice di comportamenti che si realizza nello scambio di doni e nelle richieste di matrimoni. Diverso è il tenore delle comunicazioni con i vassalli, nelle quali si percepisce il diverso livello tra i due interlocutori, ed il contenuto delle lettere è maggiormente rivolto al controllo dei traffici commerciali ed alla risoluzione di contenziosi.

La coscienza di sé nello Stato faraonico

La cultura nilotica delineò i propri tratti secondo modi e forme specifici: le sue istituzioni riflettono una visione più generale della realtà, nella quale spazio e tempo diventano due parametri fondamentali nel delineare il carattere dello Stato nel suo essere sincronico e nel suo divenire diacronico.

Lo spazio

Una cultura che sottolineò sempre il suo legame con il territorio come quella egiziana sviluppò un apparato simbolico ed ideologico per il riconoscimento del proprio confine nazionale: il limes si fece segno della realtà ordinata, contrapposta al mondo circostante, ostile e caotico: si delinea un territorio legato alla Maat, espressione della positività del creato, in dialettica con la pressione di un mondo esterno nel quale prendono forma le forze del caos. Questa caratterizzazione del confine nella sua accezione cosmica e politica si riflette in una specializzazione lessicale: il confine politico è espresso da t3s, mentre quello cosmico è dr. Il primo si muove in una realtà storica, ed è garantito dal re come capo militare. Il dr, invece, segna il confine tra l'universo ed il caos; il suo uso indica una completezza di tipo divino, e si riflette nella regalità in funzione dogmatica e ideologica.

Nel corso del Medio Regno, l'interesse politico  per le regioni a sud di Elefantina dette vita ad un articolato sistema di fortificazioni. Questa serie di strutture militari erette lungo il corso del Nilo è anche espressione ideologica, come nel caso della zona di Semna (a sud della II cateratta): la fortezza principale, eretta sulla riva occidentale, è fronteggiata da un analogo edifico a Kumma, e da un muro difensivo più a sud, il vero confine meridionale egiziano del periodo; a questo complesso si collega anche la fortezza di Uronarti, poco a nord di Semna. Il sistema è mirato al controllo delle vie d'accesso all'Egitto: la struttura di Semna è concepita come un punto di transito obbligato, tanto che la pista attraversa il corpo della fortificazione. Il forte diviene la porta obbligata per accedere in Egitto, una struttura che segna simbolicamente l'interfaccia tra l'ordine egiziano ed il mondo circostante.

Questo valore simbolico è ribadito anche nella stele fatta qui erigere da Sesostri III (XII dinastia), il sovrano che concepì questo sistema di fortificazioni: il re stabilì qui il confine meridionale del suo regno, limite estremo del mondo ordinato oltre il quale regna il caos. È la legittimità del potere che determina i confini del Paese, e la realizzazione si completa attraverso un apparato simbolico nel quale il messaggio pubblico svolge un ruolo fondamentale. L'effigie reale garantisce la presenza costante di quell'ordine che è un tema ricorrente nel Medio Regno, cui si accompagna la volontà costante di precisare il limite della propria realtà. La stele diviene uno strumento capace di esprimere questa volontà di ordine, e nello stesso tempo consente al faraone di attuare un intento che rispecchia l'ordine cosmico.

Le stele delimitano anche la realtà ultraterrena. Egitto e cosmo vengono a sovrapporsi nel loro essere legati alla Maat, spazio distinto dal non-essere che nell'ideologia può essere rappresentato dalle regioni circostanti alla Valle del Nilo.

Il tempo

Il divenire storico dell'Egitto non fu mai percepito nelle fonti indigene secondo i parametri della disciplina storica: tuttavia, la memoria di fatti e vicende rilevanti accompagna il formarsi dello Stato unitario.

Queste prime affermazioni di ricordo scritto, tra le quali il deposito di vasi appartenenti a sovrani delle prime dinastie scoperto nel complesso di Djoser a Saqqara, costituiscono l'ossatura di una serie di liste di sovrani. Il regno di Djoser segna una tappa fondamentale nello sviluppo dello Stato faraonico, e la sua tomba fu considerata degna di conservare al suo interno un insieme di materiali pregiati come i vasi in pietra realizzati per i sovrani del passato; questi vasi sono anche espressione della sacralità dell'istituto monarchico.

La provenienza archivistica dei dati utilizzati nella redazione delle liste ha una lunga storia, che può essere fatta risalire alle "etichette" lignee o eburnee, sulle quali venivano registrati avvenimenti di particolare importanza dei regni più antichi (dinastie I-II).

La sistematizzazione di questo criterio di registrazione si ha nella Pietra di Palermo, di età ramesside. Ogni anno di regno viene ricordato anche secondo parametri amministrativi (livello della piena del Nilo e censimento biennale del bestiame); accanto a questi, dati significativi sono quelli relativi ad avvenimenti cultuali ed i riferimenti a vicende specifiche.

La legittimità regale e le esigenze rituali si riflettono in alcune fonti, come la Lista di Abido (XIX dinastia), con la sequenza di sovrani oggetto di culto da parte di Sethi I e dell'allora erede al trono Ramesse II. La Lista è concepita come un atto cultuale in onore degli antichi re, un'"offerta funeraria regale" fatta a Ptah-Sokar-Osiride; la serie di sovrani, che assomma a 76, è fatta cominciare con mni, da identificare con il Menes della tradizione manetoniana e considerato il fondatore della cultura. I singoli re sono rappresentati dai rispettivi cartigli disposti su due file sovrapposte, sotto le quali è una serie di cartigli di Sethi I.

Un criterio di completezza sembra sottintendere all'intento del Papiro dei Re conservato a Torino: la sequenza dinastica non si ferma alle prime dinastie, ma fa risalire all'indietro l'istituzione della monarchia in un momento mitico, che s'identifica con la serie di regni divini. La completezza si fonde con una legittimazione dell'istituto faraonico, la cui fondazione viene fatta risalire all'età degli dei.

La sequenza dinastica egiziana comincia dunque con una serie di dei, cui seguono gli Eletti ed i sovrani umani. Questo modo di ricostruire il passato lega in una serie ininterrotta il momento fondante, costituito dai regni divini, con i successori umani, passando attraverso la serie intermedia degli Eletti; la legittimità non è indispensabile in questa successione, e l'intento di completezza è testimoniato dall'annotazione della durata di ogni regno, con l'aggiunta dei totali di periodi più lunghi. La memoria archivistica è fondamento per una revisione del passato nel quale mondo divino e realtà umana si fondono.

Questa continuità tra il regno degli dei, collocato in un passato mitico, ed i successivi regni umani, è confermata anche da altri documenti. Tra questi, la Stele dell'anno 400 collega la nascita della XIX dinastia con la figura di Seth, del quale si fornisce una titolatura regale; una titolatura regale è attribuita anche a Shu e Amon nel Papiro Magico Harris; in Bassa Epoca, nei testi del Naos di el-Arish, si descrive il regno di Shu e Geb sulla terra; Osiride ha, nel tempio di Hator a Dendera, una completa titolatura regale. Un caso emblematico è costituito da Aton, la cui dottrina si legò fortemente al ruolo del sovrano: non solo il suo nome venne scritto all'interno del cartiglio, ma la sua essenza venne concepita in termini regali, tali da richiedere la celebrazione di quelle feste giubilari che segnano il rinnovarsi del potere faraonico.

Lo Stato conserva memoria dei fatti attraverso modi non oggettivi, perché l'esperienza passata è un bagaglio di tradizione e di legittimità necessario per il presente; la storia diviene qualcosa da conservare, mentre il passato, cioè i fatti, vengono lasciati nell'oblio. Il passato come fonte di autenticità e la riflessione su di esso sono prerogativa dell'élite. Il succedersi dei fatti è registrato e reinterpretato secondo parametri culturali che riflettono l'istituzione statale faraonica.


il sovrano

Lo Stato egiziano riassume la sua identità nella figura del leader, il cui ruolo è ideologico e teologico. Egli incarna i principi che regolano la vita in Egitto secondo parametri di ordine, ed è l'unico capace di garantire un corretto rapporto con il mondo divino.

Questa specificità del faraone si riflette nella decorazione dei templi: le scene di culto prevedono come unico attore il sovrano, anche se la quotidianità dei riti era affidata ad un corpo di sacerdoti.

La componente ideologica e teologica che permea il faraone necessita di una legittimazione che consenta al re di inserirsi all'interno della serie di sovrani la cui memoria è conservata dai posteri.

La legittimità di un sovrano non si accompagna necessariamente ad un giudizio positivo dato al suo regno. All'interno della stessa dinastia è possibile incontrare re giudicati in modi diametralmente opposti dalla posterità. Il caso tipico è costituito da due sovrani della IV dinastia, Snefru e Cheope: il primo divenne un modello di faraone benevolo, mentre il secondo impersonò il tiranno, come lascia intendere la tradizione dei Racconti del Papiro Westcar.

I caratteri del sovrano egiziano

Il faraone esprime quella Maat che ha segnato il momento fondante della creazione: il suo agire deve riflettere la positività dell'atto creativo, ed i suoi pronunciamenti divengono affermazioni con efficacia legislativa. La regalità è un ufficio, intorno al quale si svilupperà un filone letterario particolarmente produttivo.

La legittimità del sovrano si esprime attraverso una titolatura che comprende, nella sua forma classica, cinque nomi; attraverso di essi, si esprime il programma politico del sovrano ed il legame che egli stringe con determinati membri del mondo divino.

Nome di Horus: identifica il sovrano come incarnazione del dio Horus;

Nome-nbty ("delle Due Signore"): esprime il rapporto con le dee dinastiche dell'Alto e Basso Egitto, Uadjet (cobra del nord) e Nekhbet (avvoltoio del sud);

Nome di Horus d'oro: caratterizzazione del sovrano non ancora perfettamente chiarita (legame con il falco solare o immagine cultuale in materia preziosa);

Nome dell'incoronazione: denota il sovrano come re dell'Alto e Basso Egitto;

Nome personale: è il nome dato all'erede prima della sua accessione al trono, caratterizzato dal titolo s3-rc, "figlio di Ra", che esprime la discendenza diretta del futuro sovrano dal dio Sole.

La componente ideologica che permea la funzione faraonica propone sempre diversi livelli di lettura dei testi che si riferiscono al sovrano: il suo intervento nella realtà è riletto in chiave mitica, cercando aderenza tra il fatto specifico ed il precedente divino che deve guidare l'intento regale. Questa caratteristica è evidente nei testi di restaurazione: l'agire del re rimanda continuamente al momento creativo ("la Prima Volta"), dando valore fondante al suo agire.

Questa corrispondenza tra piano mitico e realtà storica si realizza solo quando il potere si afferma in tutto il Paese: nei momenti "critici" sembrano riemergere specificità locali.

La regalità come istituto trascendente

Queste componenti trascendenti si esprimono anche attraverso fatti specifici della cultura egiziana. La rilevanza ideologica e teologica del sovrano implica un riconoscimento da parte del divino: egli ricorre ad alcuni espedienti che devono garantirgli il mantenimento di uno status che può essere accostato a quello delle divinità.

Il primo monumento in pietra conosciuto in Egitto, la piramide a gradoni di Djoser a Saqqara, si caratterizza per un insieme di strutture il cui scopo è particolare: accanto ad impianti destinati al culto funerario del re, la cinta muraria racchiude alcuni edifici la cui fruizione è riconducibile alla celebrazione del giubileo regale. Nel corso di questa cerimonia, il potere regale viene rinnovato dopo un periodo di circa trent'anni, per essere poi periodicamente confermato a cadenze più ravvicinate.

Nel corso del Nuovo Regno, l'affermarsi del culto di Amon a Tebe si lega alla figura del sovrano: la manifestazione più evidente di questa corrispondenza si ha nella celebrazione di una cerimonia, la Festa di Opet, durante la quale una processione portava l'immagine cultuale di Amon-Ra dal santuario di Karnak nel vicino tempio di Luxor. Qui aveva luogo l'unione mistica tra il re e la divinità, che forniva al sovrano quel potere che si era progressivamente indebolito nel corso dell'anno. Era dunque previsto un palazzo regale all'interno della cinta di Karnak.

Il legame tra il dio ed il faraone regnante doveva essere particolarmente stretto già all'inizio del Nuovo Regno; quando Amenhotep IV/Akhenaton affermò una nuova dottrina e una nuova teologia, tale corrispondenza si fece ancora più stretta, giungendo a considerare Akhenaton il demiurgo attraverso cui ha luogo la creazione voluta da Aton.

Il carattere regale del tempio di Luxor venne evidenziato da Haremhab (XVIII dinastia), incoronato in questo santuario. Il legame tra Amon-Ra ed il sovrano venne ribadito nel corso della XVIII dinastia anche attraverso la Nascita Divina (Hatshepsut a Deir el-Bahari e Amenhotep III nel tempio di Luxor), creazione teologica per mezzo della quale il re viene proclamato discendente diretto ed erede di Amon-Ra.

La famiglia regale

Il potere che si accentra nelle mani del leader della comunità egiziana si riflette anche nel suo entourage; la corte è formata dai membri dell'élite inseriti all'interno dell'amministrazione e dai suoi famigliari. Quest'ultimo gruppo viene inserito, nell'Antico Regno, all'interno dei quadri amministrativi, giungendo a rivestire cariche di prestigio. Dalla V dinastia si assiste ad un ridimensionamento dell'importanza dei principi di sangue, per giungere al Medio Regno, durante il quale hanno un'importanza minore.

La madre del sovrano regnante è una figura importante all'interno dell'harem, l'istituzione che segue il re nei suoi spostamenti e nel quale si possono sviluppare rapporti conflittuali. L'harem costituisce il fulcro di un complesso sistema amministrativo, dal quale dipendeva anche una cospicua gestione patrimoniale.

Le principesse, figlie del sovrano, sembrano meglio delinearsi rispetto ai principi, mentre le grandi spose regali assommano competenze politiche e dogmi di natura teologica ed ideologica. La Grande Sposa del Re non è solo la figura più importante all'interno dell'harem, ma dal punto di vista politico è in grado di gestire direttamente rapporti diplomatici con gli altri Stati; sul piano ideologico e dogmatico, è ammessa al contatto diretto con il sovrano, nel quale s'incarna il principio divino. Tra i suoi titoli compare quello di "Colei che può vedere Horus e Seth" (cioè il re), e partecipa ai momenti significativi della regalità. La regina si configura come la controparte femminile del sovrano, degna di incarnare principi divini.

Un caso unico nella storia egiziana è costituito da Hatshepsut (XVIII dinastia), la quale, divenuta reggente del nipote Thutmosi III, seppe affermare il proprio ruolo politico fino a cingere la corona, facendosi riconoscere faraone. Una donna legittimata nel suo ruolo regale comportava necessariamente aggiustamenti dogmatici per un ruolo a metà fra l'umano ed il divino, e soprattutto perché nel re s'incarnava il dio Horus; il problema fu risolto con ritocchi alla titolatura di Hatshepsut, che potè fregiarsi di un protocollo completo, nel quale spicca il nome di "Horus al femminile".

A Tebe si affermò un istituto che godette di particolare fortuna, quello della Divina Adoratrice di Amon-Ra: attraverso di essa, la casa regnante potè garantirsi il controllo della Tebaide e delle ricchezze detenute dal Possedimento di Amon.

La carica, nata durante la XVIII dinastia, godette di particolare fortuna in Epoca Tarda: con l'unificazione egiziana condotta dai sovrani della XXV dinastia, essa venne ripresa e concessa ad una principessa di sangue reale; il nubilato che caratterizzava questa figura faceva sì che non si potesse affermare a Tebe il potere di una famiglia sacerdotale, e permetteva alla dinastia regnante di ribadire, attraverso l'adozione della successiva Divina Adoratrice da parte della vecchia, il ruolo determinante nella politica tebana. La Divina Adoratrice era considerata la sposa di Amon-Ra, e come tale figurava nel processo creativo.

Dal Medio Regno si affermò l'istituto della correggenza tra il sovrano in carica ed il suo successore designato; questo meccanismo sembra andare contro il dogma della regalità unica, e tuttavia costituisce un'importante testimonianza per delineare gli equilibri che si profilavano all'interno della famiglia regale. Riconoscere in un determinato principe l'erede designato, infatti, significava imporre una chiara volontà all'interno del processo di successione.

La residenza regale

La famiglia regale ed il gruppo di persone che costituisce la corte fanno capo ad un Possedimento che ne garantisce il mantenimento. La residenza del sovrano è una struttura che può avere una vita relativamente breve, o finalizzata a determinate esigenze.

La Residenza è una struttura complessa cui fa capo un'amministrazione articolata; accanto ad una principale, la corte disponeva di una rete d'impianti secondari, il cui mantenimento era affidato ad aziende agricole istituite ad hoc, poste sotto il diretto controllo dell'amministrazione centrale (Papiro Wilbour). Queste residenze erano affiancate da una serie di palazzi annessi a edifici di culto e da strutture usate nel corso delle cerimonie giubilari.




la società

I modelli relazionali che si affermano all'interno dello Stato faraonico esprimono il carattere più specifico della società egiziana: il singolo è parte di un complesso dinamico, la cui organizzazione riflette un assetto che deve essersi delineato nella più alta antichità. Col tempo si sono poi affermate specificità che segnano il divenire storico del Paese.

La famiglia

Il nucleo fondamentale della società egiziana è costituito dalla famiglia; in essa non si esprimono solo i vincoli parentali, ma anche un apparato importante nell'economia faraonica. Il vincolo fondante per il rapporto famigliare, il matrimonio, è in Egitto un semplice contratto (privo di valore sacramentale), con il quale i contraenti uniscono le loro condizioni; esso può essere rescisso in qualsiasi momento, e le sostanze della famiglia tornano nelle mani dei singoli membri. Accanto ad una sposa ufficiale, è possibile trovare delle concubine.

Durante il Medio Regno, il modello famigliare diventa significativo, perché delinea rapporti che non si fondano solo su vincoli di sangue, ma su di una capacità gestionale più ampia: la famiglia diviene un gruppo compatto di membri, legati tra loro nella gestione delle risorse proprie della singola unità famigliare. Il modello che si afferma è quello del clan gentilizio, nel quale la subordinazione di alcuni membri ai capi si esprime attraverso un lessico famigliare che ne specifica la dipendenza. Il capo del gruppo è dunque attorniato da una serie di membri che partecipano al mantenimento della comunità.

La capacità dell'istituzione famigliare di rimodellare le proprie parti e le proprie competenze ne hanno fatto il nucleo del sistema di relazioni sociali ed economiche: nella famiglia è stata riconosciuta la componente di base dell'assetto statale, nel quale le varie casate si raggruppano in funzione dialettica con la famiglia del sovrano.

La condizione femminile

Una caratteristica della società egiziana è lo status della donna. La donna in Egitto godette di autonomia economica e legale; ciò non implicò un'effettiva equiparazione della donna all'uomo, quanto l'affermazione di una propria autonomia gestionale che le consentiva di agire in prima persona nella vita sociale.

Questa condizione non permise alla donna di occupare le stesse posizioni detenute dall'altro sesso all'interno dell'amministrazione e del clero: il tasso di alfabetizzazione femminile doveva essere molto basso, e per questo l'accesso ad una carriera amministrativa restava precluso. All'interno del sacerdozio, inoltre, le donne non ebbero mai un ruolo particolarmente significativo.

La dimensione tipica per la donna in Egitto è quella domestica. Questo legame con l'abitazione è espresso da uno dei titoli femminili più frequenti: nbt-pr, "signora della casa", attraverso il quale si manifesta il forte legame che si stringe fra la sfera domestica e la gestione della sposa del capofamiglia.

L'abitazione poteva ospitare anche delle figure subalterne, come le concubine. La pratica non sembra essere stata ampiamente diffusa nella società: la poligamia era infatti dipendente dal reddito del capofamiglia.

L'autonomia della donna nella società è testimoniata dalla sua possibilità di agire legale: ella può disporre di una rendita e di possedimenti, ha capacità testamentaria e può rescindere contratti.

Successione e legittimazione

Il rapporto padre-figlio è frequente nella documentazione egiziana. Lo svolgimento delle pratiche funerarie viene presentato come il compito naturale del figlio vivente nei confronti del padre defunto, un rapporto nel quale si perpetua la vicenda osiriana che vede il giovane Horus sconfiggere i nemici del padre Osiride, garantendone il dominio nell'oltretomba. Non mancano casi in cui il figlio si rivolge al padre defunto chiedendo aiuto nei confronti di pericoli; casi del genere sono conosciuti nelle Lettere ai Morti, testimonianza di un legame famigliare che supera la cesura costituita dalla fine della vita.

Il perpetuarsi di un rapporto così stretto è presupposto necessario per la legittimazione del successore.


l'amministrazione

Il funzionamento di un apparato statale complesso come quello egiziano si basava su di una macchina amministrativa nella quale i livelli d'appartenenza sembrano riuscire ad interagire con equilibrio. Questo insieme di competenze trova punto di raccordo nella figura del visir.

Il visir è al vertice della piramide di funzioni amministrative: da lui dipendono diverse agenzie governative che gestiscono i vari settori della vita pubblica. Nel Nuovo Regno, la tomba tebana di Rekhmira, visir di Thutmosi III, ci ha tramandato un testo nel quale sono raccolti i compiti e le prerogative del funzionario nell'amministrazione, e che va sotto il nome di Istruzioni per il visir. Attraverso questa testimonianza, si è ricostruito il modo di procedere di questa alta carica nella gestione del proprio ufficio: a capo dell'amministrazione egiziana, egli era affiancato da dipartimenti cui facevano capo i settori della vita pubblica. Nel suo potere esecutivo, era affiancato da tribunali locali e centrali, attraverso i quali era amministrata la giustizia.

La legittimazione dell'atto amministrativo è conferita dalla presenza del sigillo; per mezzo di questo, la sfera amministrativa afferma la propria competenza e fornisce il riconoscimento ufficiale all'atto espresso dal documento. Detentore di questa legittimazione era il "Soprastante al sigillo", cui si affiancava l'antica carica di origine settentrionale di "Guardasigilli del Re del Basso Egitto".

La gestione della forza-lavoro

L'accumulo di risorse consente la realizzazione delle grandi opere pubbliche; questa operazione si basa sul ciclo agrario regolamentato dai regimi della piena. Col tempo, l'organizzazione del lavoro portò alla standardizzazione dei procedimenti amministrativi ed operativi: prova ne è da un lato l'organizzazione di corvées per le grandi opere pubbliche, e dall'altro la regolarizzazione nei sistemi di realizzazione delle opere stesse.

Il regime delle corvées si fonda sull'impossibilità di svolgere lavori nei campi inondati durante il periodo della piena: i contadini erano reclutati per lo svolgimento di opere edilizie. Questa maggior disponibilità di manodopera consentiva di arricchire la forza-lavoro, ma le competenze tecniche degli specialisti andavano gestite in modo tale da non sbilanciare il procedere dei lavori nei cantieri: a queste esigenze di ottimizzazione deve aver dato risposta uno staff costituito da persone capaci di razionalizzare le diverse componenti del cantiere. Strumento indispensabile di questa razionalizzazione è la scrittura, per mezzo della quale diviene possibile fissare dei criteri nella burocrazia.

L'apparato dell'Antico Regno mostra un'amministrazione nella quale i due posti chiave, il visir ed il soprastante ai lavori, sono progressivamente sottratti alle competenze della famiglia regale per essere detenuti da membri dell'aristocrazia non legati al re da vincoli di sangue. Questo fenomeno è accompagnato da altri due fattori: il progressivo incremento delle cariche amministrative ed il declino delle figure dei principi di sangue; il fenomeno viene affrontato nel corso del Medio Regno.

Il meccanismo che domina la pianificazione del lavoro in Egitto è quello della turnazione: lo svolgimento di una determinata attività viene regolamentato attraverso una scansione di turni che fanno ruotare il personale. I Papiri di Abusir (V dinastia) mostrano il meccanismo in funzione già in questo periodo.

Il personale viene gestito da un'amministrazione che scandisce i compiti nel rispetto delle singole specializzazioni e secondo una turnazione rigorosa: ogni dipendente alterna un periodo d'attività con altri di riposo. Durante lo svolgimento dell'incarico, il singolo viene riconosciuto nel suo ruolo, occupando aree abitative specifiche: una testimonianza di questo si ha nelle città delle piramidi, insediamenti destinati a quel personale che era addetto alle attività legate alla sepoltura regale. Questo sistema nella regolamentazione del lavoro investe globalmente l'attività pubblica, ed anche il sacerdozio segue l'espletamento del culto nel rispetto di una turnazione che porta alla formazione di gruppi di sacerdoti che le fonti greche chiamano phylae.

Non mancano incarichi specifici che rispondono a determinate esigenze dello Stato. In questo ambito rientrano le spedizioni minerarie, la cui organizzazione deve aver implicato una pianificazione delle forze analoga a quella delle grandi opere pubbliche. Queste spedizioni, infatti, implicavano una conoscenza puntuale del territorio e delle popolazioni locali, con le quali gli Egiziani dovevano essere in grado di avere rapporti: ciò spiega la presenza, già in periodi molto antichi, di interpreti o esploratori, capaci di entrare in contatto con le popolazioni locali.

Unità amministrative

Il controllo statale si esprime anche attraverso forme specifiche di assetto del territorio. Lo Stato egiziano, dalla matrice rurale, presenta nell'Antico Regno una forma caratteristica di unità amministrativa territoriale: la hwt. Attraverso questa struttura, la Corona controlla un territorio specifico attraverso un agente governativo che sovrintende alla gestione e ne risponde direttamente al sovrano.

La hwt dell'Antico Regno è la testimonianza più significativa della gestione del territorio: essa viene a coincidere con una postazione di frontiera, sovrapponendo la funzione di controllo a quella difensiva. La diffusione dell'unità amministrativa nel territorio riflette una razionalizzazione del controllo locale. Questa struttura si configura come un centro amministrativo fondamentale nell'assetto territoriale dell'Antico Regno, il mezzo col quale la Corona afferma un proprio dominio nella gestione delle risorse locali.

Un'altra unità amministrativa ed economica caratteristica dell'Egitto faraonico è la fondazione pia. Nato per consentire lo svolgersi del culto funerario, questo istituto caratterizzò il paesaggio nilotico, dando vita a forme specifiche di gestione economica. La fondazione pia si caratterizza come un fondo le cui rendite vanno a coprire le esigenze per il mantenimento di un culto funerario; casi particolarmente conosciuti sono quelle per il culto dei sovrani dell'Antico Regno, i cui templi funerari richiedevano una notevole disponibilità di risorse.

Centri amministrativi importanti nella vita egiziana sono anche i santuari, la cui gestione era affidata ad un personale laico che affiancava gli specialisti addetti al culto. Alcuni di questi erano detentori di cospicui fondi agrari e risorse di altra natura; il loro mantenimento era riconosciuto dal sovrano mediante decreto, che ne stabiliva l'assegnazione, e la cui pubblicità doveva garantire eventuali soprusi successivi.

Esercito e sacerdozio

Funzioni vitali dello Stato egiziano, l'esercito ed il sacerdozio costituiscono indicatori delle evoluzioni prodottesi all'interno della società. In entrambi i casi, si assiste ad una progressiva specializzazione nelle funzioni, e nello stesso tempo ad una diversa coscienza che caratterizza questi due gruppi sociali.

Esercito. La formazione dello Stato egiziano si è accompagnata a momenti di tensione all'interno delle diverse compagini del Paese: i conflitti più antichi implicavano il ricorso alla popolazione civile che veniva arruolata per le esigenze belliche del momento. Il delinearsi di una compagine statale deve aver portato ad uno slittamento di parte del gruppo alla specializzazione militare: l'arruolamento divenne uno strumento per la gestione centrale, non solo per una politica di aggressione, ma anche di controllo dei confini; non mancano testimonianze di un esercito cittadino, che costituiva la struttura difensiva dei distretti.

Le forme di controllo che si affermano durante il Medio Regno caratterizzano a tal punto la cultura del periodo da influenzare anche il paesaggio oltremondano: a partire da questo periodo l'Aldilà si popola di guardiani che traspongono nel regno di Osiride l'ordine mantenuto dal re in terra.

Il Nuovo Regno vede la sistemazione definitiva di una carriera militare che diviene strumento per accedere ai vertici dell'apparato statale, compreso il trono. Questo processo non comportò solo una sistematizzazione dei ruoli, ma anche una presa di coscienza dei militari nei confronti dei civili. Questa nuova componente sociale divenne oggetto di attenzioni particolari, come il mantenimento dei veterani dopo la loro messa a riposo.

Un caso particolare è costituito dall'uso di forze mercenarie, i cui primi casi sistematici si hanno con i gruppi seminomadici del deserto orientale, arruolati nei quadri della polizia egiziana e componenti essenziali del servizio di pattugliamento delle zone a diretto contatto con gli sbocchi desertici. L'uso di mercenari divenne una caratteristica della polizia egiziana di Epoca Tarda, quando all'esercito costituito da indigeni si affiancarono forze di diversa estrazione.

In età greco-romana, la situazione subì un radicale mutamento: in un primo tempo, i quadri dell'esercito furono affidati a greci o greco-egiziani; in seguito, l'esercito di Roma s'installò in Egitto con un apparato organicamente collegato al sistema militare dell'Impero.

Sacerdozio. Il sacerdozio si configura fin dalle origini con caratteristiche che non investono direttamente il ruolo cultuale. Il solo ammesso alla presenza del dio nel tempio è il sovrano, ed egli è l'unico ad essere rappresentato nei rilievi templari mentre offre agli dei e svolge le cerimonie divine. La realtà dei fatti, tuttavia, prevedeva l'esistenza di un gruppo di specialisti addetti al culto. Il ruolo sacerdotale viene a configurarsi come un compito di routine, con una turnazione dell'ufficio analoga a quella dell'amministrazione; a questo viene a sovrapporsi la speculazione teologica.

La classe sacerdotale diventa col tempo una potenza nella società egiziana, grazie all'amministrazione del Possedimento Divino. La competenza del sacerdozio si arricchì di una componente politica, tanto che, al termine del Nuovo Regno, il clero tebano sviluppò una sorta di teocrazia che vedeva nel suo capo l'espressione di un potere regale detenuto da Amon-Ra, re degli dei.

La familiarità della classe sacerdotale con le espressioni più autentiche e antiche della cultura faraonica si espresse soprattutto in età greco-romana: i templi si fecero baluardi della cultura dei faraoni; i sacerdoti divennero i detentori di una sapienza antica che si esprimeva attraverso un linguaggio complesso, come il geroglifico tolemaico. I sacerdoti seppero dunque esportare il modello egiziano al di fuori dei confini nazionali.

Gli scribi e la conservazione dei documenti

L'apparato statale funzionava grazie ad un sistema di registrazione e conservazione di atti pubblici e privati: la gestione della forza-lavoro dipendeva da una corretta e funzionale organizzazione a livello centrale e locale; questa capacità è basata su di una classe di specialisti che domina un sistema scrittorio connaturato alla cultura faraonica.

La prima attestazione della classe scribale va ricercata in uno dei personaggi che accompagnano il re Narmer sulla sua Tavolozza; il titolo del personaggio è scritto per mezzo di una stella, lo stesso segno con cui si identifica la dea Seshat, patrona con Thot della scrittura; la grafia classica per "scriba" (ss) è costituita dal suo strumento principale, la tavolozza su cui veniva sciolto il materiale per scrivere, ne il giunco utilizzato per vergare il testo.

La produzione di documenti ufficiali presuppone una capacità di conservazione che si realizza in strutture apposite: sin dall'Antico Regno si conosce l'esistenza di atti ufficiali, prodotti dalla cancelleria regale, la cui conservazione è il presupposto necessario per il riconoscimento di un diritto.

Il documento è uno strumento fondamentale nella regolamentazione della vita sociale: attraverso di esso si garantisce una correttezza nei rapporti tra singoli, come anche l'affermazione di un diritto che sarebbe altrimenti affidato alla sola memoria orale. Il documento deve rispondere a necessarie forme, e una volta prodotto va conservato in una struttura apposita, l'archivio: qui i documenti sono raccolti e custoditi.

Un archivio particolare è quello del palazzo regale di Akhenaton ad Amarna, che viene chiamato "Casa della Vita", struttura che s'incontra più frequentemente annessa ai templi con il ruolo di scriptorium. Su questi documenti si stabiliscono diritti non solo legati all'ambito privato, ma anche cosmico.

I nomarchi ed il potere locale

La fine dell'Antico Regno è accompagnata dall'accresciuto potere di famiglie di nomarchi: questo nuovo assetto, interpretato come l'affermazione di un periodo di "autonomia", è segnale di un indebolimento del potere centrale; tale affermazione, tuttavia, esprime delle potenzialità locali che si appropriano di forme menfite, e seppe in seguito dar vita a fenomeni tipici del periodo, come lo sviluppo di necropoli provinciali di carattere monumentale.

Lo sviluppo di queste necropoli alto egiziane è importante per l'affermazione di nuovi complessi cimiteriali, nei quali la tradizione menfita della mastaba viene sostituita con i sepolcri scavati nella roccia. Un esempio di questa situazione si ha con la necropoli di Qubbet el-Hawa, dove furono sepolti i signori di Elefantina a partire dalla fine dell'età menfita. Il patrimonio testuale che accompagna le tombe riflette l'antica tradizione regale, con la ripresa del materiale più antico (Testi delle Piramidi) e con l'adozione di nuove tradizioni (Testi dei Sarcofagi).

L'affermazione di queste caste provinciali coincide con un assetto diverso dello Stato egiziano, nel quale la componente locale riesce ad esprimere le proprie individualità.

I titoli portati dai nomarchi del I Periodo Intermedio riflettono tradizioni che affondano le loro radici nelle caratteristiche locali; questi titoli esprimono un ruolo politico, sul quale si sovrappongono competenze militari e sacerdotali.

L'unità territoriale costituita dal distretto (o dall'unione di più unità distrettuali) è frutto di un processo che in parte si riappropria delle antiche competenze territoriali della comunità ristretta, in parte è frutto di nuovi equilibri politici ed economici. Le testimonianze epigrafiche del I Periodo Intermedio e del Medio Regno abbondano di notizie relative a scontri con distretti vicini, come anche di coalizioni che si stringono all'insegna del lealismo o della ribellione nei confronti del potere regale.

Un aspetto significativo all'interno delle competenze del governatore è costituito da quello religioso: egli riproduce la funzione regale nel suo aspetto ideologico e teologico.

Le competenze del governatore spaziano nei diversi campi della vita pubblica: egli necessita dunque di un apparato funzionale alle esigenze gestionali; la corte del governatore si arricchisce di figure mutuate dall'amministrazione centrale. Le Autobiografie dei capi locali parlano spesso della loro vicenda politica, ribadendo aspetti sociali che sembrano entrare nei topoi di questo genere testuale.

La mutata situazione si riflette anche nel genere degli Insegnamenti: i testi di questo periodo si fanno più politici, con la piena affermazione di importanti funzionari. La novità del periodo è costituita dal filone degli Insegnamenti regali, espressione di un nuovo modo di concepire la regalità (Insegnamento per Merikara e Insegnamento di Amenemhat I).

La situazione si ripropone ogniqualvolta il potere centrale mostra segni di indebolimento: il Paese torna ad un frazionamento che non segna una crisi dal punto di vista culturale, quanto una tensione verso forme autonome di gestione; quanto il singolo distretto si senta parte integrante di un'unità costituita dall'intero Paese è evidenziato dall'aderenza alla cultura e alla lingua nazionale.


diritto e legislazione

La documentazione egiziana non testimonia alcun tentativo di codificazione legislativa, né di elaborazioni che abbiano affrontato una teorizzazione della materia giuridica: la prima notizia indiretta circa una raccolta di leggi egiziane è contenuta della Cronaca Demotica, e sembra riflettere un'esigenza della dinastia persiana. I prontuari conosciuti non sembrano rispondere ad intenti didattici, e la documentazione scolastica non fornisce elementi al riguardo.

Il Codice Legale di Ermopoli, scoperto a Tuna el-Gebel, è un testo suddiviso in quattro parti; la sua natura è quella di una raccolta che può essere stata in uso nella pratica legale, ma il cui intento è ideale.

Il diritto

La conoscenza del diritto egiziano si fonda su un insieme eterogeneo di testi che accompagnano lo sviluppo dello Stato faraonico. La fonte del diritto, identificata con il concetto di Maat, si basa su di un insieme di consuetudini e costumi diffusi nelle province e costituenti il nucleo fondante del sistema legislativo.

La Maat costituisce il principio dell'ordine che domina l'universo: la sua istituzione segna l'avvento dl cosmo, ed il faraone si fa suo interprete.

Il ruolo della Maat

La positività della Maat si precisa nella sua contrapposizione con il concetto di Isefet, indicante uno stato d'iniquità: è la negazione dell'ordine divino realizzato nell'universo. Questo dualismo è alla base di una tensione costante che comporta la presenza attiva del sovrano nella scena universale.

Il sovrano non è solo il garante dell'ordine cosmico, ma è una figura istituzionale che si legittima attraverso un comportamento aderente all'ordine sociale ed alla cultura faraonica.

Il sovrano come fonte del diritto

Il potere legislativo è nelle mani del sovrano: il suo pronunciamento ha valore giuridico ed interviene nella risoluzione di contenziosi o nel riconoscimento di uno status. Lo strumento con il quale egli esprime questa capacità è il decreto. Questo documento è emesso dalla cancelleria regale e risponde a criteri formali che ne garantiscono l'appartenenza al genere. La rilevanza di questo documento è tale da affermarsi anche nell'Aldilà.

Il sovrano interviene in ambiti particolari, rispondendo ad esigenze contingenti che non trovano soluzione nella portata generica del dettato legislativo. Non mancano casi in cui un decreto viene emesso senza rispondere a richieste specifiche: il documento regale ha valore costitutivo in sé e sancisce uno status nuovo.

Anche i cambiamenti culturali non si realizzano attraverso un graduale processo di innovazioni, ma secondo un dettato istituzionale che parte dalla cancelleria regale.

La legge

Se il decreto interviene in una fattispecie, richiamando una norma generale, quest'ultima va identificata con un dettato nel quale si riflette la norma consuetudinaria unitamente ad un intervento legislativo. Nella vita sociale si fa riferimento alla legge, attraverso cui vengono regolamentati i rapporti dei singoli anche nei confronti dello Stato.

La legge si caratterizza come raccolta normativa che può anche essere di riferimento per l'intervento legislativo regale costituito dal decreto. Il carattere generale della legge la rende strumento capace di esprimere non solo la legge umana, ma anche una norma di carattere più universale, legata ad un diritto naturale. La legge esprime la correttezza del creato e la positività dell'esistenza, riflesso di un volere divino che garantisce a vitalità del cosmo. La violazione di questo diritto segna l'introduzione di elementi caotici che minacciano costantemente l'universo.

L'amministrazione della giustizia

Il potere esecutivo in Egitto è affidato a consigli locali e centrali; il consiglio e il tribunale sono le istituzioni cui è affidata la risoluzione dei contenziosi e l'amministrazione della giustizia nell'ambito del diritto pubblico.

Il consiglio era formato dagli anziani e dalle personalità principali della comunità; ad esso era affidata la risoluzione dei contenziosi locali. La competenza di questa autorità investiva tutta la vita del villaggio. Per reati gravi, il consiglio era sostituito dal tribunale, che dipendeva dal visir.

L'amministrazione della giustizia si esprime attraverso un contraddittorio che vede le due parti in lite affermare la propria tesi davanti ad una corte presieduta dalla figura più autorevole della comunità.

A partire dal Nuovo Regno, in questo sistema si afferma il giuramento: esso testimonia un'amministrazione della giustizia posta direttamente sotto l'autorità della divinità, che ne garantisce la veridicità. Questo legame col divino è affermato anche dal luogo in cui viene amministrata questa giustizia, cioè il portale del santuario del dio chiamato a garante, mentre il ruolo di giudici è affidato ad un gruppo specifico di sacerdoti, i laocrites.

Il principio che regola la giustizia è quello redistributivo: tale meccanismo è evidente nel giudizio oltremondano, durante il quale il defunto vede proclamata la sua condizione di giusto davanti ad una corte di giudici infernali che potrebbe diversamente decretarne l'annientamento.

Espressione di questo principio è il "conteggio delle azioni" affidato a Thot; la scena del giudizio dell'anima (psicostasia) costituisce la rappresentazione di un giudizio che deve aver avuto a modello la pratica terrena. Il defunto è introdotto davanti ad una corte, alla quale proclama la propria condizione di giusto; il suo cuore viene pesato, e se esso lo conferma nella sua professione di innocenza, il defunto è proclamato giusto; allora viene presentato in trionfo al cospetto di Osiride ed ammesso tra i beati. Se invece il cuore non supera la pesatura, un mostro presso la bilancia (la Grande Divoratrice) è incaricato di annientare il dannato. Trasponendo questa scena nell'amministrazione della giustizia, la dichiarazione dell'imputato viene giudicata da un dio (o da una corte di giudici divini con un proprio presidente) cui è affidata la risoluzione del giudizio.

A capo del sistema di tribunali è il visir: a lui possono essere rivolti gli appelli provenienti dai tribunali locali, a garanzia di un'amministrazione distribuita in diversi gradi di giudizio.

Le pene comminate potevano essere estremamente varie: da quelle amministrative, che consistevano nel risarcimento della parte lesa nelle cause di diritto privato, si passa a pene più severe, comprese quelle corporali, per giungere, nei casi più gravi, alla pena capitale.


l'economia

La mancanza di un sistema monetario rende difficile la determinazione di quei fattori di scambio che sono connaturati con il nostro modo d'analisi. Tuttavia, l'Egitto faraonico seppe sviluppare una rete economica interna ed esterna. Il modello gestionale si basa su di un sistema burocratico che segna l'affermazione di principi razionali.

La razionalità di questo sistema burocratico domina già le più antiche fasi statali: in origine fu il censimento biennale del bestiame a scandire gli anni di regno di un sovrano. Nel Medio Regno, questa razionalità è riscontrabile non solo nella gestione delle risorse, ma anche in diverse forme di sapere. L'organizzazione della vita economica riflette un analogo processo mentale nel quale i diversi fattori che concorrono alla produzione della ricchezza ed alla sua successiva gestione sono concatenati fra loro: la tecnica burocratica cerca di dominare e regolarizzare questi rapporti, dando vita ad un tessuto economico legato alla società ed ai suoi meccanismi.

Forme di gestione economica

Il carattere rurale dell'Egitto faraonico si riflette nelle forme della sua economia: la gestione della terra riveste un'importanza notevole all'interno della documentazione giunta fino a noi; sono i prodotti della terra, infatti, a costituire uno dei parametri principali nel sistema di scambi.

Il sistema delle razioni con cui era retribuito il lavoro salariato si basava su quantità prestabilite di beni e presupponeva un rigoroso computo aritmetico. Questo sistema valeva solo per un valore quotidiano della prestazione lavorativa: produzioni specialistiche o di particolare pregio spostavano i parametri su una scala nella quale i metalli svolgevano il ruolo di merce di scambio. I pagamenti potevano essere effettuati dal privato con la cessione di beni o servizi.

La gestione delle risorse economiche rurali era dominata da istituzioni quali le fondazioni pie: questi istituti interessarono un'alta percentuale del suolo egiziano, divenendo importanti gangli economici.

La dipendenza di una consistente parte della popolazione da questo sistema fornisce un importante fattore di riequilibrio occupazionale. Il meccanismo della turnazione è attivo anche per chi è occupato in una fondazione pia.

Le risorse immesse nella circolazione di beni potevano entrare a far parte di possedimenti maggiori. Queste istituzioni maggiori richiedevano specialisti addetti alla gestione delle risorse accumulate e d alla circolazione di beni: si sviluppò così una rete di agenzie commerciali che potevano garantire anche il commercio internazionale.

I templi del Nuovo Regno

Nel corso del Nuovo Regno, la documentazione evidenzia il ruolo centrale dei grandi santuari nell'economia del Paese. Si delinea il peso del Possedimento di Amon nell'economia nazionale: questo arricchimento del tempio di Karnak è riflesso di un rapporto particolarmente stretto tra il faraone e Amon-Ra, che assurge al ruolo di dio nazionale e patrono della corona. Nella XX dinastia il tempio di Karnak costituiva la più importante istituzione economica dell'Alto Egitto, e una delle più rilevanti dell'intero Paese.

A Tebe si segnala anche la presenza di una serie di strutture cultuali che gestivano le loro risorse autonomamente: si tratta dei templi funerari ("templi dei milioni di anni") eretti sulla riva occidentale di Tebe e destinati al culto di Amon e dei sovrani defunti.

Il commercio

La specializzazione dei membri della comunità porta al necessario scambio di beni e prodotti, che diventano parte di una rete di contatti il cui sviluppo risale alle origini della storia egiziana: la stessa diffusione di tipi ceramici di Naqada nel Delta riflette l'esistenza di traffici tra le parti del Paese, la cui via principale doveva essere costituita dal Nilo; ben presto, l'area delle oasi occidentali entrò a far parte dell'orizzonte dei traffici egiziani. Sviluppo naturale e complementare è il commercio con i Paesi limitrofi.

L'assetto economico del Paese dipendeva anche da un mirato intervento legislativo che, tramite assegnazioni di beni e la definizione di un sistema di scambi afferma la centralità dell'amministrazione statale nello sviluppo economico.

Durante in Nuovo Regno, l'Egitto entrò a far parte di un orizzonte culturale più ampio, nel quale confluirono anche altre entità statali di particolare rilevanza. I rapporti tra questi Stati erano regolamentati da un codice comportamentale nel quale il commercio assunse un ruolo importante: attraverso lo scambio di doni, infatti, venivano rinnovati i vincoli intercorrenti tra le varie corti.




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