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Geografia regionale - Riassunto da "La Lombardia tra Europa e Mediterraneo"

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Geografia regionale

Riassunto da "La Lombardia tra Europa e Mediterraneo"

I Lombardi, tra Europa centrale e mediterranea:

UNA TERRA "COSTRUITA": due caratteri fondamentali possono riconoscersi alla Lombardia: il radicamento con l'Europa centrale e la sua capacità di assimilare allo stile europeo le genti che si sono stanziate nella regione. È la più mediterranea delle regioni "mitteleuropee". Fino alla vigilia della rivoluzione industriale la base economica della regione è stata un'intensa produzione agricola e la vitalità dei centri urbani nell'organizzazione degli scambi non solo delle merci, ma anche delle informazioni e delle idee. È una civiltà idraulica ed il controllo delle acque fu in gran parte iniziativa privata, anche se guidata talora dai pubblici poteri per quanto riguarda le canalizzazioni di maggior mole. Il fervore delle intraprese di bonifica, dall'alto Medioevo al periodo comunale, ai lavori pubblici rinascimentali, fino all'espansione agraria dell'800, fu spesso stimolato dal confronto e dalla trasmissione dei modelli tecnologici sperimentati o realizzati contemporaneamente nelle pianure tra l'Elba ed il Rodano. È con l'espansione industriale che si accentuano anche l'immigrazione e l'assimilazione di cui oggi , la Lombardia è espressione tra le più tipiche d'Italia.



SOVRAPPOSIZIONE CONTINUA DI VICENDE, REALTÀ, UOMINI: prima del 629 anno in cui Dagoberto, re dei Franchi, usò il termine Langobardia, la Lombardia non era il territorio invaso dai Longobardi, ma il dominio longobardo in generale. Nella sua "Historia Langobardorum" Paolo Diacono parla della Liguria le cui città principali sono Milano e Ticino, chiamata anche Pavia. Sino all'epoca preistorica la regione al centro dell'Italia settentrionale era stata sede di popolazioni dedicate alla caccia, alla pesca, favorite dalla ricchezza d'acqua. Esse si collocavano principalmente lungo le direttrici delle grandi vallate, come la Valtellina e la Valcamonica. Dopo gli insediamenti palafitticoli dell'età litiche, la civiltà delle terramare, sparse dal Milanese al Mantovano nell'età del bronzo e i resti numerosi dell'età del ferro testimoniano una crescente umanizzazione del territorio lombardo. L'epoca in cui gli insubri, di stirpe gallo-celtica, fecero la loro comparsa nella Pianura Padana si può ascrivere alla seconda metà del I millennio a.C. E' certo, invece, che ad essi e ad altre tribù della stessa stirpe si deve la fondazione di Mediolanum ("posto in centro alla pianura"). La bellicosità dei Galli ebbe a scontrarsi non solo con le popolazioni confinanti, ma anche con le avanguardie dell'espansione romana, prima della sottomissione avvenuta all'inizio del II secolo a.C. Da allora l'assimilazione della civiltà e dei costumi di Roma fu piena fino all'acquisizione della cittadinanza nel 49 a.C. La regione fu inserita nell'impero, mentre la sua capitale diventava un municipium romano. Il territorio veniva diviso in tre regioni. Milano è il centro più vivace; infatti cinque strade s'irradiano dalla città: una, attraverso Verona ed Aquileia, raggiungeva i Balcani, la seconda, attraverso Como e lo Spluga, i paesi nordici, la terza a Roma, la quarta a Genova, l'ultima superando Ivrea, Aosta, il Gran San Bernardo e il Piccolo San Bernardo, univa Milano ai Paesi d'oltralpe. Diventa per un secolo sede imperiale (editto costantiniano del 313). Un secolo dopo, fu assoggettata dai Longobardi e Pavia diventa la città principale (a Monza vanno i privilegi della regina Teodolinda) e Mantova inizia ad affermarsi nei secoli IX e X. Nel periodo franco venne costituita la marca di Lombardia che corrispondeva all'attuale più una parte dell'Emilia. Anche nell'epoca franca Milano resta un centro vitale.

OPERE DI VALORIZZAZIONE AGRARIA IN EPOCA MEDIEVALE: c'è un'espansione dell'agricoltura intorno alle città. Notevole contributo era dato dai monasteri. I monasteri necessitavano di vaste estensioni di terreno da coltivare per essere autosufficienti. Il disboscamento, il dissodamento, la bonifica e il drenaggio delle acque paludose, la regolazione delle acque erano fra le attività prime dei monaci (es. monastero di Bobbio nel Pavese e di Leno, le abbazie di Chiaravalle.). Le città lombarde nel primo secolo dopo il mille vanno assumendo una fisionomia propria (sempre più autorità ha Milano).

UNA PRIMA AGGREGAZIONE TERRITORIALE ED ECONOMICA INTORNO A MILANO: la trasformazione dei comuni in signorie, lungo il secolo XIII, accelerò il processo d'aggregazione politica di una parte del territorio lombardo intorno a Milano. Alla supremazia milanese si sottrasse Mantova, dalla fine del Duecento, mentre Bergamo e Brescia la subirono fino ai primi decenni del XV secolo. Dopo la signoria dei Della Torre, quelle dei Visconti e degli Sforza rappresentarono per Milano e il suo territorio, un periodo di sviluppo. Milano vide il sorgere d'opere imponenti: castello, duomo. C'è sviluppo economico di Milano.

IL CULMINE DELLA "CIVILTÀ IDRAULICA" E L'INSEDIAMENTO RURALE: in epoca comunale continuarono ad essere realizzati grandi lavori idraulici. Milano ebbe una fossa interna per difesa. Dopo la vittoria di Legnano, i milanesi cominciarono lo scavo di un canale navigabile, derivato presso il Lago Maggiore dal Ticino (Naviglio Grande) che dopo aver attraversato Magenta ed Abbiategrasso giungeva sino a Milano. Alla metà del Trecento fu dato l'avvio alla costruzione del Naviglio Pavese. E' di questi secoli il sorgere della cascina "a corte", costruita in forma quadrata intorno ad uno spazio sul quale si affacciano tutti gli edifici necessari alla vita (soprattutto nella zona di pianura). Nella zona di collina dell'alta Lombardia, dove le coltivazioni erano meno estese le cascine si raggruppavano in borgate. Nel XIV secolo e XV molti nobili cittadini temendo d'incorrere in arbitri violenti, lasciarono le città stabilendosi nei loro feudi campagnoli ("ruralizzazione" della classe superiore lombarda tornò a vantaggio dell'economia agraria).

LE PREMESSE DI UNA MODERNA ORGANIZZAZIONE ECONOMICA: dopo che nel XVI secolo il ducato di Milano cadde sotto la Spagna, la vita economica della capitale lombarda ebbe un regresso, in un clima di fiscalità e abusi. Nel primo Cinquecento Milano perse la Valtellina, assoggettata ai Grigioni (solo nel 1797 è riunita). Nel 1706 c'è il passaggio al governo austriaco e c'è organizzazione e rigore amministrativo. Nella prima metà del secolo (guerra di successione austriaca), il territorio ducale si modificò nei confini avvicinandosi a quello dell'attuale Lombardia (anche se perde il Novarese, la Lomellina e l'Oltrepò). Poi c'è il governo di Maria Teresa e Giuseppe II che portano la Lombardia sulla strada della modernità. C'è il sorgere di istituti di educazione, l'Università di Pavia; nel XVIII secolo si vanno ricostituendo i raggruppamenti artigiani e c'è un ripresa produttiva del settore manifatturiero. Anche la conduzione agricola subisce un rinnovamento (figura dell'affittuario). Nella seconda metà del secolo le leggi di riforma agraria del sovrano austriaco portarono allo smembramento del latifondo. C'è un esodo verso le città. L'occupazione francese dei secoli XVIII-XIX abolì quanto restava dei privilegi nella trasmissioni delle proprietà private e diedero a nuovi strati sociali emergenti la possibilità di accedere alla proprietà fondiaria. Nel 1805 Milano è capitale del Regno d'Italia napoleonico, dopo il congresso di Vienna. Nei p 454g62e rimi decenni dell'Ottocento si svilupparono ancora di più le attività manifatturiere.

UNA STRAORDINARIA Capacità DI ASSIMILAZIONE: nella prima metà del secolo si ebbero notevoli progressi tecnici con l'adozione di nuovi metodi e colture redditizie (patata). Nella seconda metà del secolo la regione lombarda era unificata e andava assumendo l'ordinamento economico e sociale attuale. C'è qui il suo carattere di assimilazione. C'è il fiorire di tessiture e nella seconda metà dell'Ottocento una classe borghese, urbana, commerciale e professionale diede l'avvio a imprese.

RIVOLUZIONE INDUSTRIALE ED EVOLUZIONE CULTURALE: sorgevano le prime imprese meccaniche, chimiche, siderurgiche. Accanto alle linee ferroviarie principali nascevano negli anni Settanta le Ferrovie Nord, la ferrovia del Gottardo (univa Lombardia e Svizzera centrale). Nel 1881 c'è un'esposizione internazionale e nel 1883 Milano ha la prima centrale idroelettrica europea e la seconda del mondo dopo New York. C'è uno sviluppo culturale: la Scala, Politecnico, Bocconi, la Cattolica e nel 1920 la Statale.

L'INCIDENZA DEI CONFLITTI MONDIALI SUL PROCESSO DELLO SVILUPPO: le due guerre mondiali incisero profondamente, soprattutto la seconda per le industrie. La struttura produttiva dell'industria lombarda è rimasta imperniata sui settori metalmeccanico, elettrotecnico, petrolchimico, tessile, abbigliamento.

NUOVE STRUTTURE URBANE E FLUSSI DI IMMIGRAZIONE: la città resta il centro amministrativo e commerciale e così si assiste all'arrivo di immigrati. Nel secondo dopoguerra arrivano i meridionali problemi d'alloggio ed assistenza. Adesso c'è un distribuirsi delle attività secondarie e degli insediamenti abitativi.

La Lombardia, regione nodale: un quadro geografico: occupa più di un tredicesimo della superficie territoriale, ponendosi al quarto posto per estensione preceduta da Piemonte, Sicilia e Sardegna, ma primo per numero di comuni e popolazione residente. Ruolo notevole dell'allevamento bovino e suino. Milano è la città con più alta densità in Italia e la quinta europea (prima c'è Mosca, Londra, Parigi ed Essen). C'è un elevato numero di occupati (più in senso industriale). Consistente è la dotazione regionale nel settore finanziario, nell'istruzione universitaria, nel commercio. Problemi sono: intensità del traffico automobilistico, presenza di extracomunitari.

Una rilettura della naturalità di del territorio:

QUALE NATURA IN LOMBARDIA?: a partire dalla metà del secolo scorso la Lombardia si avvia verso quello sviluppo industriale e terziario moderno (entrambi fagocitatori di spazio e natura) che caratterizza l'evoluzione recente della nostra regione. La "natura naturale" non abita più né qui né in alcuna parte del nostro pianeta. L'attuale esigenza di natura vuol dire tentazione arbitraria e utopistica di ricostruire ciò che non può più esistere. Esiste in Lombardia una naturalità "di ritorno"; ciò vale per quelle aree alpine e prealpine, dove alle attività tradizionali non si sono sostituite o accompagnate le attività terziarie. Sono aree in cui la presenza umana è la rara eccezione.

L'ACQUA, ELEMENTO UNIFICANTE DI UN PAESAGGIO MUTEVOLE: partendo da settentrione troviamo la montagna (Gottardo, Pizzo Bernina, Adamello). Il passaggio tra montagna e pianura non è netto; già le Prealpi, prevalentemente calcaree, con la loro altimetria meno accentuata creano una zona di transizione verso le basse terre meridionali, anticipando la funzione della fascia collinare. Questa è costituita in gran parte dalle morbide groppe dei depositi morenici pleistocenici; insieme all'altro esiguo lembo di collina dell'Oltrepò pavese. La connessione tra pianura e montagna è rappresentata dall'elemento fisiografico dei laghi prealpini (Lario, Sebino). La pianura occupa il restante 47% (le pianure: da una parte la pianura alta, asciutta, terrazzata, ciottolosa, permeabile; dall'altra la pianura basa, irrigua, impermeabile, agricola. Il limite fra le due è segnato dalla fascia delle risorgive. L'acqua è stata importantissima (società idraulica). Da nord a sud c'è un complesso di serbatoi naturali costituiti dalle neve e dai ghiacciai (100 kmq), dai laghi (599 kmq), dalle falde freatiche e dai fontanili, dai fiumi e dai canali. Con la regolazione delle acque si tende a portare i laghi ai massimi livelli a fine maggio per far fronte all'irrigazione durante l'estate (funzione di serbatoio dei laghi prealpini ampliata). Il trasferimento delle acque dai laghi prealpini alla pianura non è affidato solo alle pur regolate aste naturali, ma anche ad un sistema di canalizzazione (ebbe impulso dopo la battaglia di Legnano nel 1776). C'è pericolo di inondazione per il Seveso all'inizio degli anni Ottanta è stato realizzato il canale Scolmatore di Nord-Ovest che in caso di piena del Seveso e degli altri corsi d'acqua raccoglie le acque in eccesso e le convoglia nel Ticino. All'alimentazione dei canali contribuiscono i fontanili (terzo grande serbatoio idrico della Lombardia) che sono sorgenti perenni e limpide distribuite a centinaia nella parte mediana della pianura in una fascia che si distende dal Ticino al Mincio con un larghezza minima di tre chilometri nel Mantovano ed un massimo di trenta nella Lomellina. Hanno una temperatura media di 12° e non si ghiacciano d'inverno, mentre sono fresche d'estate (usata per la tecnica della "marcite" prima dagli Umiliati nel XI secolo e poi dai Cistercensi).

NATURA TRAVOLGENTE, NATURA TRAVOLTA: c'è pericolo di eventi catastrofici naturali (frane nella provincia di Sondrio, alluvioni, dissesti); è molto fragile come regione dal punto di vista geodinamico, anche se spesso è colpa dell'uomo e dei suoi lavori. C'è inquinamento delle acque (sono molto più limpide in montagna). Critica è la situazione di altri inquinanti legati al notevole incremento del numero di autoveicoli (mancano interventi in merito) e c'è il problema dello smaltimento dei rifiuti industriali.

FRA LUCI E OMBRE VERSO IL 2000: c'è una crisi dei beni ambientali primari, come l'acqua. Bisogna recuperare gli spazi dismessi per creare aree verdi (es. Parco del Ticino).

La Lombardia vista dallo spazio: fra le forme di controllo a distanza e dall'alto bisogna collocare le tecniche di telerilevamento.

IL TELERILEVAMENTO: si intende quell'insieme di tecniche, strumenti e mezzi interpretativi che permettono di estendere e migliorare le capacità percettive dell'occhio umano, fornendo all'osservatore informazioni qualitative e quantitative su oggetti posti a distanza (tre fasi: ripresa, elaborazione e interpretazione dei dati). L'obiettivo è quello di produrre le mappe tematiche del territorio (mappe dove sono descritti alcuni temi come l'idrografia, la copertura vegetale, la qualità delle acque, l'urbanizzato, la copertura nevosa, l'uso del suolo.). È evidente la differenza con l'obiettivo della Fotogrammetria (produzione di mappe metriche). Per la ripresa dei dati ci si avvale di satelliti e aerei. Le informazioni trattate nel telerilevamento sono riferite all'energia elettromagnetica, sia essa di origine solare e riflessa dalle superfici, sia essa emessa in via spontanea per effetto termico. La data di nascita del Telerilevamento coincide con quella della fotografia (1839), ma dovrà passare molto tempo prima delle applicazioni. Dalla seconda guerra mondiale si determina lo sviluppo di questa tecnologia, con l'uso della pellicola infrarosso falso colore, i dispositivi a scansione e l'applicazione delle tecniche radar. Il 23 luglio 1972 dalla base americana di Vandemberg (California) venne lanciato il primo satellite per le osservazioni terrestri denominato ERTS-1. Fra i Paesi che furono e sono presenti nel campo del Telerilevamento spaziale oltre agli USA ci sono l'URSS, la Francia, il Giappone, l'India, l'Europa (tramite l'agenzia ESA). La lettura e susseguente rappresentazione del territorio avviene quasi sempre a scansione e cioè con esplorazione ordinata di strisce al suolo, per di più in modo discreto e cioè per elementi finiti di superficie chiamati pixel che compongono la scena. L'informazione non visibile viene poi tradotta in immagine visibile con alcuni artifici in modo da essere adattata alle nostre capacità percettive e comunicative e quindi interpretata: una ripresa all'infrarosso termico può essere rappresentata in un'immagine in bianco e nero.

LA PRODUZIONE DI MAPPE TEMATICHE: il processo che porta alla realizzazione di mappe tematiche passa attraverso tre fasi: la ripresa dei dati, l'elaborazione dei dati e l'interpretazione. C'è capacità di ripresa multitemporale. I dati ripresi si presentano sotto forma analogica o digitale (più ampie possibilità di calcolo). Per realizzare la mappa tematica delle zone vegetate rispetto a tutto il resto, sapendo che la vegetazione riflette un po' di luce in banda verde e riflette molto nella regione dell'infrarosso vicino assorbendo energia in banda blu e rossa, basterà imporre al calcolatore di esaminare i dati forniti dalle quattro immagini riprese nelle bande citate e verificare la simultanea esistenza delle quattro condizioni.

MAPPE DI VARIAZIONE: uno degli scopi è l'osservazione dei cambiamenti avvenuti nel territorio, procedendo per confronto.

CASI DI STUDIO: l'immagine di tutta la Lombardia (l'acquea risulta nera e la vegetazione riflette molto ed è chiara, i centri abitati sono in grigio), l'isola di calore su Milano (le zone con aria più inquinata risultano più "fredde"), la frana di Valtellina del 1987 (per confronto maggiore pendenza dei versanti).

Radici europee e mediterranee nella cultura e nel paesaggio lombardi:

IL PAESAGGIO LOMBARDO ALLA VIGILIA DELL'ETA' MODERNA: durante la lunga fase che arriva fino alla fine dell'età visconteo-sforzesca e alla prima discesa dei francesi in Italia nel 1494, questo ambiente, già individuabile sotto il profilo geo-morfologico come la regione dei grandi laghi prealpini, formata dall'insieme dei bacini idrografici a essi inerenti, che si estendono dallo spartiacque alpino fino al Po, è venuto infatti sempre più caratterizzandosi in modo unitario, differenziandosi rispetto alle aree limitrofe. È indubbio che il lungo periodo di soggezione a Roma abbia lasciato delle tracce molto profonde nella stessa organizzazione dello spazio regionale lombardo e del paesaggio; le grandi linee della centuratio romana improntano l'orientamento dei filari e dei campi., come pure il tracciato dei confini e delle vie vicinali. È stato sotto la spinta della conquista romana che il territorio compreso tra il Ticino ed il Mincio è venuto articolandosi in una serie di insediamenti urbani: Pavia, Lodi, Cremona, Mantova.Dopo la disgregazione dell'ordine romano e il periodo delle invasioni barbariche sono venuti emergendo fattori di riorganizzazione del territorio di matrice continentale. Particolarmente importante è stata l'attività di dissodamenti e bonifiche avviata dopo l'anno 1000 ad opera dei grandi monasteri e che ha avuto proprio nella curtes un centro propulsivo determinante. I disboscamenti, i dissodamenti hanno portato a creare il nuovo paesaggio del basso Medioevo. C'è poi in pianura l'introduzione di innovazioni di derivazione nordica come l'aratro a versoio e l'affermarsi della proprietà individuale del suolo. Nelle aree lacuali c'è l'introduzione dell'olivo e degli agrumeti (nel XIII secolo dai francescani). C'è il primo affermarsi della "civiltà idraulica" con la costruzione di canali. Nel periodo basso medievale la regione stava raggiungendo sotto il profilo ambientale una situazione peculiare. Nel XV secolo c'è l'introduzione del riso e nel Quattrocento del gelso (Sforza).

L'EVOLUZIONE DELL'ECONOMIA LOMBARDA ENTRO LA FINE DEL SECOLO XVIII E I SUOI RIFLESSI SUL PAESAGGIO: a partire dal Cinquecento le attività produttive regionali (soprattutto quelle agricole) hanno fatto registrare importanti sviluppi in grado di riflettersi in modo significativo anche sul paesaggio. C'è un avanzamento della rete irrigua nella bassa pianura. A partire dalla metà del Seicento c'è un'ulteriore estensione dopo la crisi (affitto capitalistico e affermazione cascina). C'è ridimensionamento della piantata a partire dal Settecento e dalla metà del Seicento c'è l'affermarsi del gelso e del mais. C'è un vistoso rafforzamento del tessuto manifatturiero, in particolare in Brianza e nell'Alto Milanese. In montagna si sviluppa l'industria del ferro.

LE TRASFORMAZIONI OTTOCENTESCHE E LO STEMPERARSI DELLA MATRICE MEDITERRANEA: nel corso del XIX secolo l'economia regionale ha proseguito il suo cammino di sviluppo. La bassa pianura irrigua ha prodotti più tipici (lattiero/caseari e riso). Il paesaggio è costituito da cascine e borgate agricole. C'è l'affermazione della risaia nelle province di Pavia e di Milano. C'è poi nella bassa l'allevamento bovino e in collina la gelsibachicoltura. C'è la realizzazione di strade e perdono rilievo le vie d'acqua, anche se con i battelli a vapore si poteva collegare Pavia, laghi, Po ed Adriatico. C'è l'affermazione della rete ferroviaria (importante per Milano l'apertura del Gottardo nel 1882). C'è l'avvio dell'industrializzazione moderna con conseguente degrado ambientale: primi opifici nel distretto Ticino-Olona.

LE GRANDI TRASFORMAZIONI TRA Età GIOLITTIANA E SECONDO DOPOGUERRA: a partire dagli inizi del Novecento il paesaggio e la realtà lombardi si sono trovati a registrare trasformazioni radicali grazie anche all'accelerazione demografica e al conseguente processo di urbanizzazione. Milano diventa il maggior centro commerciale e finanziario (anche per le industrie siderurgiche come la Falck e la Breda); c'è quindi l'attivazione di una rete di tranvie per i pendolari. In montagna ci sono cambiamenti dovuti all'industria elettrica di provenienza statunitense. La bassa risulta tagliata fuori dalla meccanizzazione. Montagna stravolta anche dal turismo di massa.

Lombardie immaginarie e Lombardie reali tra Europa e Mediterraneo:

SOLO PADANA: pressappochismo territoriale nella definizione di Padania.

LOMBARDIE NON PADANE: la concentrazione della popolazione nella pianura media e alta s'è accentuata negli ultimi trent'anni; solo di recente si verifica una consistente deconcentrazione del polo massimo, Milano. Alla qualificazione "padana" si accompagnano evidenti caratteri ambientali assunti a luoghi comuni: freddo, nebbia, clima sfavorevole. La Lombardia è l'unica regione che possiede laghi prealpini postglaciali e soltanto in Lombardia le acque sono regolate.

L'EUROPA NEL PAESAGGIO E NELLA POSIZIONE: è vicina al Mediterraneo, ma è anche molto vicina all'Europa moderna e contemporanea. Sulle Alpi s'incontrano tre universi linguistici diversi: latino, germanico e slavo.

ILLUMINISMO CULTURALE COME VERA EUROPA: l'autore ha più rispetto per gli Stati Uniti, piuttosto che per la confederazione svizzera per quanto riguarda il federalismo. La Lombardia dei Verri, di Beccaria è per l'autore la vera Europa.

POCA EUROPA, MOLTA EUROPA: Milano no regge il confronto con le altre capitale europee: per parcheggi, per gli aeroporti, l'inquinamento delle acque (lo Stato italiano è molto tollerante, poiché ha alzato la soglia di tollerabilità), i parchi regionali sono molti.

LA PICCOLA VEDETTA LOMBARDA, L'AMBIENTE E L'EUROPA: tra Voghera e Montebello della Battaglia si eleva un vecchio frassino: è quello della piccola vedetta lombarda di De Amicis e nel 1992 ha rischiato di essere abbattuto per far posto ad una superstrada. Non ci sono più i fiori intorno alle rogge con cui è stato coperta la piccola vedetta. Per entrare in Europa la Lombardia deve pensare di più a questi problemi.

Organizzazione territoriale e cultura lombarda oggi:

DAL MODELLO DI ACHILLE AL MODELLO DI ULISSE: a metà degli anni Ottanta c'è una moltiplicazione dell'imprenditorialità. Nel 1986 la nascente struttura a rete poteva essere definita come il passaggio dal modello di Achille al modello di Ulisse; Ulisse è più duttile e preferisce arrivare allo scopo in via indiretta, quando questa si dimostra più sicura, poiché egli no si limita ad agire e reagire, ma riflette sulle conseguenze dei suoi gesti.

IL LAVORO, LO SPAZIO E IL TEMPO: negli anni Ottanta la Lombardia ha registrato un vero e proprio crollo degli occupati privi di titolo di studio o con la sola licenza elementare, mentre gli occupati diplomati o laureati sono raddoppiati e in alcuni segmenti di laureati tecnici si è verificato un razionamento dell'offerta. Oggi sono evidenti i fenomeni di congestione e soprattutto ci si lamenta della scarsità di tempo nelle grandi città.

L'AVVENTO DELLO SPAZIO-TEMPO: c'è la dispersione della "folla dispersa". Tra gli anni Ottanta e Novanta è diminuito il numero di lettori, ci sono bassi consumi culturali, compresi libri e televisione che caratterizzano gli adulti. Il ceto dirigente sembra rappresentare le difficoltà a collocarsi entro le nuove coordinate di spazio e tempo. Lo spazio e il tempo non sono più risorse illimitate.

LA RIORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DI UNA FOLLA DISPERSA: il contesto sociale appare ostile. La geografia della Lombardia si è spostata verso Oriente.

STRUTTURA A RETE DEL TERRITORIO E CULTURA DELLA COOPERAZIONE: l'innovazione nasce dal basso. Il dominio della metropoli è stato messo drasticamente in discussione negli anni Ottanta.

UNA NUOVA CAPACITA' DI GOVERNO: c'è un'espansione a nebulosa. Il governo si deve occupare di fermare il degrado.

LA POVERTÀ' DI RAPPRESENTANZA E DI SOLIDARIETÀ': nel 1991 la crisi economica era solo annunciata. La sperequata distribuzione di ricchezza si manifesta sempre nei periodi di grande trasformazione. Più ricchi a Pavia, Cremona, Mantova e Sondrio. Più poveri a Como, Varese e Brescia. Adesso la povertà è visibile e si tratta di miseria.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: le tecnologie dell'informazione hanno rafforzato la base sia dell'economia sia della società e del territorio, provocando una torsione rispetto al tradizionale modello gerarchico sia dell'economia sia della società e del territorio. La mancata corrispondenza tra pensiero, parola e azione, se può essere fonte di malessere per la persona, è all'origine del malfunzionamento e dei rischi di disgregazione della nostra organizzazione territoriale, senza un sistema di valori,

L'organizzazione territoriale della Lombardia: processi e caratteri recenti:

PREMESSA: la Lombardia si identifica nell'immaginario collettivo con l'area forte del Paese. Grande varietà presenta anche la morfologia del territorio, che va dall'alta montagna alla bassa pianura, trapassando dalle Alpi alle Prealpi, dalla fascia collinare e lacustre all'alta pianura.

LA VARIETÀ TERRITORIALE DI FRONTE AL "MIRACOLO ECONOMICO": la stessa suddivisione morfologica tra montagna, collina e pianura non è più in grado oggi di offrire una griglia di lettura determinante. Ben conosciuta all'opinione pubblica è la fase del miracolo economico di fine anni Cinquanta - inizio anni Sessanta, che ha portato la Lombardia, o meglio, la sua fascia centro-occidentale e alcune aree isolate orientali e meridionali a raggiungere i suddetti primati e Milano a consolidare quella posizione di "capitale economica" d'Italia. I processi di crescita appaiono concentrati dentro e attorno alle maggiori aree urbane, ma anche diffusi in ambiti non propriamente urbani.

I MUTAMENTI DEGLI ANNI SETTANTA: il consolidamento dello sviluppo economico, soprattutto industriale e la sua progressiva diffusione "periferica" nell'Italia di mezzo, in conseguenza del "boom" di quegli anni, una serie di crisi colpisce l'economica mondiale e naturalmente italiana, a partire dal 1973, anno del primo shock petrolifero. Ciò provoca, o almeno sollecita, profonde modificazioni negli assetti economico - produttivi: l'accentramento e la concentrazione del relativo potere decisionale in alcuni grandi gruppi, anch'essi insediati nelle aree e nelle città centrali. La "razionalità urbana" non appariva più in grado di governare i diversi sistemi economico - territoriali. Un profondo malessere ha colpito soprattutto gli strati giovanili più disagiati e marginali, specie residenti nelle periferie urbane: dalla difficoltà di reperire occupazione stabile e soddisfacente, alla caduta delle tensioni ideali del periodo precedente consumismo indiscriminato, piccola delinquenza.C'è la crisi del territorio con l'emergenza residenziale, la carenza degli alloggi e l'aumento dei loro costi, specie nei maggiori centri abitati, inquinamento, crisi di alcuni settori o grandi complessi industriali (cassa integrazione, licenziamenti.). Alla riorganizzazione urbanistica delle città e delle periferie, fa riscontro l'affermarsi definitivo di un tendenza al calo dei residenti nei centri maggiori a favore di un incremento degli abitanti di quelli minori, di molti comuni rurali.

IL DECONGESTIONAMENTO DELLE AREE CENTRALI: a scala regionale o di "area metropolitana" i fenomeni di concentrazione demografica e industriale non sono affatto scomparsi, ma si sono, per così dire, diluiti al centro e invece diffusi su spazi più ampi, ma a esso intimamente legati. Così nelle aree non urbane nonostante la comunanza di alcuni problemi sociali ed ambientali i segni dell'evoluzione appaiono opposti a quelli del centro: esse mostrano incrementi della popolazione, aumenti dell'occupazione extragricola per decentramento dalle metropoli congestionate di attività produttive o di servizio e d'ufficio e per nascita di attività industriali locali. sviluppo periferico. In Lombardia esistevano già delle aree che si potrebbero dire di "sviluppo periferico": dalla Brianza mobiliera e tessile al Vigevanese calzaturiero, al Comasco e alla Val Seriana tessili, alle valli bresciane siderurgiche e meccaniche, la direttrice Legnano - Busto Arsizio - Gallarate. La geografia dell'industria lombarda negli anni Settanta registra una rilevante evoluzione: perde occupati sia in termini relativi che assoluti, vedendo di frequente un incremento quantitativo del terziario, dei servizi e delle attività d'ufficio. La crescita maggiore si registra nelle province di Bergamo e di Brescia, dove si rafforzano i vecchi nuclei industriali, ma anche compaiono numerose attività di trasformazione leggere nelle fasce d'alta, ma pure della bassa pianura. Decentramento degli impianti e delle attività produttive. La contrazione degli addetti all'industria procede quasi in parallelo con quella demografica.

I SISTEMI PRODUTTIVI LOCALI: questi processi di riorganizzazione del settore secondario hanno prodotto fenomeni di espansione della base industriale in tutta la fascia centrale della Lombardia, morfologicamente costituita da alta pianura e collina, ma anche dando luogo a "infiltrazioni" nelle basse valli prealpine e con un progressivo ampliamento verso la bassa pianura. Sono stati individuati in Lombardia ventotto sistemi produttivi locali, variamente specializzati e diversamente classificati in base a vari parametri. Il territorio regionale non mostra più vaste ed interrotte sacche di spopolamento e di arretratezza economica, ma semmai aree di scarso peso economico impiegando tempi di pendolarismo sopportabili.

GLI ANNI OTTANTA: LA RIAFFERMAZIONE DELLA "CENTRALITÀ" METROPOLITANA: gli spazi "centrali" tornano a mostrare sintomi di recupero di una propria vitalità e funzionalità specifica: borse, grandi gruppi economico privati e pubblici, banche, società finanziarie, istituzioni, partiti politici, sindacati, associazioni di lavoratori e imprenditori, università, centri di ricerca, gruppi editoriali.strutture ospedaliere, impianti ludico - sportivi, grandissima distribuzione (ipermercati, centri commerciali.), fiere, centri per congressi. Ci sono anche centri - satelliti come Milano - San Felice.C'è un tentativo di recupero delle aree dismesse (Bicocca - Tecnocity.); c'è diminuzione dei colletti blu e un aumento dei "colletti bianchi", cioè degli addetti ai servizi processo di terziarizzazione per l'Italia. L'occupazione secondaria è tuttora molto alta in tutta la regione.

LA METROPOLI, LO SVILUPPO PERIFERICO E I RETICOLI URBANI: la città centrale, il "Core" metropolitano non sono più depositari esclusivi delle funzioni e del potere urbani - metropolitani. La posizione di Milano appare assai interessante.

IL RUOLO DI MILANO, LE ISTITUZIONI, LA POLITICA: c'è una posizione dominante della metropoli lombarda in campo economico, ma anche in quello dei servizi alla produzione e delle "forme di telecomunicazione più rare". Difficile è il confronto internazionale: manca un grado alto di apertura internazionale, insufficiente propensione alla modernizzazione del sistema economico italiano, carenti sinergie tra industria, ricerca, terziario avanzato. Importante è poi il contesto politico - istituzionale - burocratico per le politiche economiche (edilizia residenziale, infrastrutture. Si aggiungono poi le difficili condizioni finanziarie.

LA LOMBARDIA VERO IL 2000: LUCI E OMBRE, POTENZIALITÀ E DIFFICOLTÀ: la regolazione delle acque rischia di essere travolta dalla crescita edilizia o dall'incuria della nostra generazione. Ha molte potenzialità, ma è afflitta da situazioni di degrado e da problemi irrisolti. Bisogna che ci sia uno sviluppo delle potenzialità e risolvere i problemi, anche per un unità europea più concreta.

Tecnologie avanzate nell'industria:

IL PROBLEMA CENTRALE: la disponibilità di tecnologie nuove e ogni volta avanzate è stata in ogni tempo un elemento cruciale per il benessere e per la sicurezza delle società umane. Nel XVIII secolo le innovazioni sono state ancora più radicali e molto numerose e hanno dato luogo a uno sviluppo duraturo per una serie concomitante di condizioni economiche e sociali favorevoli quali lo sviluppo dell'agricoltura (grazie alle bonifiche), la divisione del lavoro e la specializzazione.La seconda rivoluzione industriale raggiunge la fase più acuta negli anni di transizione dall'Ottocento al Novecento con l'introduzione di nuove organizzazioni del lavoro e con il primo apparire di alcune fonti di energia che ritroveremo nella terza che si svolge durante la prima metà del XX secolo e ha come elementi caratterizzanti l'elettricità, il petrolio, l'automobile, la chimica, nonché l'inizio dell'aeronautica. La necessità di nuove tecnologie è legata alle rapide trasformazioni dei sistemi economici nei paesi più avanzati e in particolare: all struttura della domanda finale, alla accresciuta variabilità della domanda, alla progressiva "dematerializzazione" dei processi produttivi che impiegano beni capitali sempre più avanzati. Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta erano state le innovazioni di prodotto che hanno maggiormente sollecitato la crescita della produzione industriale.. Nel decennio successivo si affermarono sempre più le innovazioni di processo, alle quali ci si affidava per ridurre il fabbisogno di materie prime e di materiali intermedi. Schumpeter divideva distingueva l'invenzione (idea potenzialmente passibile di sfruttamento commerciale, ma non necessariamente realizzata), l'innovazione (introduzione commerciale di un nuovo o migliore prodotto oppure l'applicazione di un nuovo o migliore processo produttivo), la capacità tecnologica (conoscenza accumulata su un metodo per avere un prodotto o un processo), cambiamento tecnologico (evoluzione temporale delle tecniche produttive impiegate), ricerca e sviluppo (insieme di attività scientifiche e tecniche finanziate ed eseguite da imprese, enti o istituzioni). Le innovazioni sono divise in cinque tipi: produzione di un nuovo bene, introduzione di un nuovo metodo di produzione, apertura di un nuovo mercato, conquista di una fonte di approvvigionamento, riorganizzazione di un'industria. In versione moderna queste cinque forme sono queste attività: di processo, di prodotto, organizzative, commerciale, degli input intermedi. Secondo l'OCSE si è in presenza di ricerca e sviluppo se l'obiettivo principale dell'attività consiste nell'apportare miglioramenti nei prodotti e nei processi, mentre non si può parlare di R&S se l'obiettivo consiste nel trovare nuovi sbocchi commerciali. Concorrono a tale attività la ricerca pura, applicata e di sviluppo. Gli impulsi provenienti dall'economia sono: espansione del mercato, convenienza a ridurre i coefficienti di produzione e i costi, variazioni di prezzi relativi dei prodotti. La definizione per tecnologie avanzate è diversa, ma ha comuni denominatori: personale impiegato nella R&S, spese relative, grado di sofisticazione tecnica dei prodotti, complessità del processo produttivo, frequenza dei cambiamenti tecnologici. Un ruolo centrale viene riconosciuto all'elettronica. Il cambiamento tecnologico è un aspetto del processo di sostituzione tra i fattori produttivi e può venire espresso con la funzione di produzione, usata per descrivere metodi alternativi di input di fattori ed è definita come l'insieme delle tecniche efficienti per produrre nell'unità di tempo considerata un quantità y di output. Nel lungo termine il cambiamento si produce quando l'imprenditore passa da una delle tecniche già sviluppate a un'altra, ancora fra quelle potenziali y (funzione della produzione) = f (K, L) dove K è il capitale e L il lavoro (prima c'era anche il fattore terra). C'è anche la funzione di Cobb - Douglas: y = AC dove e dove a è il parametro che misura il grado di efficienza nel modo di organizzare l'attività produttiva. I materiali hanno avuto un grande rilievo nell'innovazione industriale.

LA DIFFUSIONE DELL'INNOVAZIONE: Hagerstrand ha sottolineato l'influenza della distanza nelle comunicazioni interpersonali valutando l'effetto di vicinato, ossia la relazione fra la probabilità di contatto tra per persone e la distanza. Sul modo di diffusione delle innovazioni ha certamente influito lo specifico tipo di sviluppo industriale e la sua distribuzione sul territorio nei diversi periodi. Adesso si parla di "reticolo urbano" per interpretare il decentramento. I settori a elevata tecnologia sono considerati footlose e la risposta gli stimoli dei singoli fattori al loro interno varia a seconda che i fattori siano la disponibilità di lavoro, di alloggio, di infrastrutture.

LE NUOVE TECNOLOGIE E IL PAESAGGIO: dopo la seconda guerra mondiale la rivoluzione agricola è stata caratterizzata da innovazioni decisive quali la selezione spinta delle specie animali e vegetali, nove varietà di riso.,l'impiego di fertilizzanti. Oggi le scoperte delle biotecnologie possono avere notevoli conseguenze nel paesaggio agrario (disboscamento e desolazione). L'introduzione di nuove tecnologie nelle attività manifatturiere ha influito notevolmente sul paesaggio (scorie, cortine di fumo, villette nuove e stratificazioni.).

TECNOLOGIE ED AMBIENTE: con il miglioramento delle tecnologie i settori industriali stanno riducendo il contenuto in materiali dei loro prodotti e tendono verso i cicli chiusi, con poche emissioni dannose e grande recupero dei materiali. In Lombardia c'è rischio maggiore di inquinamento delle acque.

LE TECNOLOGIE AVANZATE IN LOMBARDIA: l'innovazione tecnologica ha un ruolo specifico nel promuovere lo sviluppo economico e la competitivà delle singole regioni. L'area milanese ha potuto continuare a rafforzare la propria struttura grazie alla presenza di una serie di elementi quali la manodopera specializzata, i servizi alle imprese. La scarsa interazione tra industria e servizi viene attribuita al prevalere di una cultura di impresa fortemente accentratrice che non ama delegare delicate funzioni. Le nuove tecnologie non sono state estranee al processo di relativa diffusione territoriale dell'industrializzazione in Lombardia che ha comportato consistenti trasformazioni qualitative.

Nuove tecnologie nel terziario: l'innovazione rappresenta l'unica vera risorsa di qualunque sistema chiuso. Via via che il processo di costituzione del "villaggio globale" procede, tali sistemi, originariamente "aperti" sul resto del mondo tendono a diventare sempre più "chiusi" e perciò si spegne il contributo energetico offerto dall'introduzione di risorse nuove. .

LA LOMBARDIA COME POLO D'INNOVAZIONE: la regione è il principale polo di creazione e di applicazione delle innovazioni tecnologiche in Italia e tra i più importanti in Europa. Lo sviluppo delle nuove tecnologie non è generalmente il prodotto di aziende specializzate nel settore della ricerca di nuove soluzioni tecnologiche, ma di imprese direttamente produttrici che hanno sviluppato nel proprio interno centri di studio che si propongono come obiettivo lo sviluppo di nuovi processi di produzione e di gestione di risorse e strutture. Negli ultimi decenni il sistema produttivo nazionale ha abbandonato la forte concentrazione territoriale (MI - VA - CO) per espandersi in direzione di altre province lombarde e della altre regioni italiane, cominciando ad intaccare quella meridionale. La dimensione dell'apparato produttivo e di servizio non è la sola condizione per lo sviluppo di una consistente attività di R&S. Le altre condizioni sono la forte articolazione dimensionale degli apparati e la forte specializzazione produttiva, se non a livello regionale almeno a quello locale. La Lombardia rappresenta entrambe queste caratteristiche.

UN FENOMENO URBANO: accanto a questi tre specifici elementi ce ne sono altri: la città, la contiguità con centri di ricerca (in Lombardia affidato alle Università). L'innovazione lombarda è di tipo applicativo, tesa cioè alle applicazioni pratiche delle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche e al loro adattamento ai processi produttivi attivati e così compare una situazione di minore dipendenza del sistema innovativo regionale dalla rete urbana.

GLI EFFETTI TERRITORIALI DELL'INNOVAZIONE: la maggior parte delle innovazioni porta singolarmente contributi così modesti alla trasformazione dei processi produttivi, che i suoi effetti sulla distribuzione territoriale degli impianti sono difficilmente individuabili, essendo efficaci solo sui tempi lunghi. Una prima considerazione riguarda il ruolo del fattore innovativo nel processo di diffusione territoriale del sistema produttivo. Nella seconda metà del secolo si è assistito a un sempre più marcato decentramento dell'attività produttiva e di servizio, ma specialmente della prima, che ha portato al coinvolgimento di aree sempre più lontane. In questo quadro il contributo dell'innovazione tecnologica non sembrerebbe trascurabile. La maggior parte però delle innovazioni porta solo piccoli e insensibili miglioramenti.

UN COMPORTAMENTO CONTRADDITTORIO: tra i fattori di delocalizzazione ci sono: alcuni di ordine economico (costo del personale, costo di locazione.), altri di ordine strutturale (mancanza di aree di espansione.), altri di ordine sociale (non reperibilità di personale per lavori pesanti.) e altri come diseconomie esterne (limiti di rumorosità, di traffico, la concorrenza.). L'innovazione interviene come fattore di attenuazione del loro effetto decentratore; consente di contenere i costi globali della manodopera, di ridurre la domanda di spazio operativo, di superare la carenza di personale non qualificato, di ridurre rumorosità, di migliorare la produttività. L'effetto di ristrutturazione territoriale prodotto dall'innovazione tecnologica è di sostegno alla rilocalizzazione e al decentramento degli impianti, quando investe in maniera massiccia l'insieme dei processi produttivi adottati, mentre opera in senso contrario (rivitalizzazione dei vecchi insediamenti) quando coinvolge solo aspetti particolari di tali processi produttivi.

L'INNOVAZIONE NEL TERZIARIO: l'innovazione non sembra essere un fattore delocalizzante molto importante nel caso del terziario. Bisogna fare una distinzione tra le attività terziarie, separando quelle al servizio del consumatore da quelle al servizio dell'azienda. Le prime sono fortemente attratte dalla domanda e pertanto è questa a determinarne la localizzazione. Le altre sono più legate all'attrazione degli organismi di riferimento (imprese, aziende di servizio.). Una seconda distinzione andrebbe fatta riguardo alle tipologie delle attività considerate. L'innovazione che più ha interessato il terziario appartiene allo stesso ambito delle applicazioni tecnologiche, quello dell'informatica e della telematica. Benché non trascurabili anche altri tipi di innovazione tecnologica (sistemi di riproduzione), il settore ha registrato una sostanziale trasformazione rispetto agli schemi tradizionali solo con la comparsa e l'accessibilità dei sistemi di gestione. C'è una maggiore libertà localizzativa. Però la minore domanda occupazionale unita al minor bisogno di spazio, attribuisce un peso maggiore agli altri fattori di localizzazione, che per il terziario sappiamo essere prevalentemente urbanocentrici e attenua le spinte al trasferimento.

IL TERZIARIO COMMERCIALE: non ha ancora registrato significativi stimoli alla trasformazione, anche se c'è tendenza alla destrutturazione del ciclo aziendale e ad un collegamento in rete con la clientela (ampliamento del mercato).

IL TERZIARIO AVANZATO: rientrano quelle attività che operano prevalentemente al servizio delle aziende, sia in risposta alle loro esigenze, sia rivolgendosi direttamente al consumatore, ma in nome e per conto di quelle. Comprende le attività di engineering, di lobbying (difesa interessi delle aziende), di marketing, di consulenza, di supporto amministrativo, di formazione e ricerca.

I SERVIZI PUBBLICI E QUELLI PER IL PUBBLICO: l'innovazione è significativa: collegamenti in rete (es. uffici anagrafici), home - banking verrà meno il bisogno di centralità di molti servizi e si attenuerà il ruolo delle sedi periferiche che ridurranno la loro operatività a quelle funzioni per le quali la presenza fisica è ineliminabile (apposizione di una firma.).

I SERVIZI DI FORMAZIONE: l'innovazione tecnologica nei servizi di formazione e di istruzione è fenomeno sicuramente recente nella nostra esperienza. Le tecniche di istruzione a distanza potranno dare solo un contributo parziale all'attività scolastica dei primi livelli, mentre potranno diventare determinanti ai livelli della scuola per adulti. Le più innovative esperienze si possono dividere in due tipologie: uso determinante degli strumenti di comunicazione di massa (radio, televisione) e che incontrano nel corpo docente le minori difficoltà di accettazione. Il loro limite è l'unidirezionalità del messaggio. La seconda raggruppa tutte quelle proposte che si fondano sull'uso del software didattico, con programmi interattivi. I limiti sono nei costi del materiale e delle reti. Sul piano territoriale gli effetti saranno: centri quaternari in cui si elaborano le idee e centri terziari di semplice impartizione delle proposte.

Lombardia governata e Lombardia progettata. I collegi elettorali per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica:

IL PROBLEMA OGGETTO DI STUDIO: la riforma delle leggi elettorali ha introdotto il sistema maggioritario.

LA REALTÀ LOMBARDA E I COLLEGI ELETTORALI: la legge ha modificato la precedenti suddivisione in circoscrizioni unificando le due della parte settentrionale della regione includenti rispettivamente le province di Varese, Como, Sondrio, Bergamo con Brescia, aggiungendo la nuova provincia di Lecco. Si è pure unificata la circoscrizione della Bassa Lombarda, includendo Pavia e Lodi, staccate da Milano, nella preesistente circoscrizione delle province di Cremona e Mantova. Alla Lombardia sono spettati 47 senatori, di cui 35 da eleggere in collegi uninominali. Per la Camera sono spettati 98 deputati. Non sempre un collegio corrisponde ad un territorio locale, che più degli altri sarà in grado di esprimere un'adeguata rappresentanza.

"TERRITORI LOCALI E COLLEGI": la metropoli lombarda è stata suddivisa in sei collegi elettorali per il Senato (tra cui Sesto e Bresso) e in 11 collegi elettorali per la Camera dei Deputati. Brescia manda al Senato un unico rappresentante e per la Camera il comune viene diviso in due parti. Difficoltà di esprimere opinioni per alcune zone.

Il caso di Milano: competizione senza strategia

PREMESSA: le fasi di trasformazione vengono normalmente vissute come momenti di crisi. Milano può competere con città come Lione, Stoccarda? L'individuazione di strategie di sviluppo e di adeguate politiche urbane è la strada più seguita all'estero.

I FATTORI STRUTTURALI E QUELLI VOLONTARISTICI DELLA COMPETITIVITÀ DELL'AREA METROPOLITANA MILANESE: due tipi di fattori spiegano la capacità competitiva dell'area milanese: i fattori strutturali e quelli volontaristici (impegni internazionali.). A livello economico il mutamento più significativo è il processo di de industrializzazione. La posizione dell'area milanese tende a perdere importanza rispetto alle altre province. Negli anni Ottanta perde posizioni per quanto riguarda i settori di produzione di autoveicoli e chimici e di riduzione di R&S. In pieno sviluppo risulta il settore dei servizi alle imprese e quello del credito. C'è un calo della popolazione, fa c'è un aumento del numero del suolo occupato determinando una domanda di spazio residenziale pro capite. Si assiste all'abbandono del capoluogo di numerose unità locali (aree dismesse). Negli anni Ottanta sorgono problemi di traffico privato, di sosta di autoveicoli, di immigrazione extracomunitaria, di carenza di alloggi e di degrado ambientale. Milano risulta penalizzata per condizioni di insediamento (offerta immobiliare, salari, costo della vita, tasse..), per la qualità e disponibilità di infrastrutture e per alcuni aspetti della vita (sistema sanitario e traffico). Risulta sullo stesso livello delle città nord europee rispetto alla qualità urbana (turismo, cultura.), ai servizi avanzati e alla formazione. Tre punti riguardano Milano: Milano come cerniera con il mercato internazionale per le regioni del sud Europa, prospettive di Milano in Europa, settore delle comunicazioni.

GLI ELEMENTI VOLONTARISTICI DELLA COMPETIZIONE: c'è più povertà, più occupazione, più universitari non residenti, commercio in crescita ed anche il settore finanziario e del credito. Il modello di gestione (modalità con cui un sistema urbano attraverso un'articolazione istituzionale elabora gli input o riesce a tradurli in output): non è mai esistito un asse amministrazione - governo. Le politiche urbanistiche sono state inutili (linea tre non collega Linate.). Adesso c'è una ripresa progettuale (dell'Università.). Il Comune di Milano sembra essere il "grande assente". Poi c'è la mancata attuazione degli interventi per l'instabilità politica, il sistema clientelare, l'incompatibilità politico - amministrativa dei progetti.

CONCLUSIONI: esistono rischi di perdita di leadership. Non vanno trascurate le implicazioni che potrebbero derivare da scelte fatte in tema di regionalismo/federalismo su scala nazionale. Ci deve essere un coordinamento d'alcuni segmenti dell'élite tecnico - amministrativa.















Riassunto da "La regione della geografia"

La regione geografica: un paradigma scientifico tanto antico quanto attuale

ANTICHITÀ DEL CONCETTO DI REGIONE GEOGRAFICA: il concetto di regione è uno dei cardini della scienza geografica di cui non solo accompagna, ma addirittura precede la stessa nascita. L'esigenza di regione, cioè il bisogno di dividere il territorio in aree distinte e di sentirsi parte di una di esse, non è sorta in epoca storica nelle società e nei gruppi umani evoluti che volevano pianificare e modellare l'ambiente in cui vivevano. Essa è innata e caratteristica dell'uomo fin dalla sua comparsa sulla terra e già nei primi anni della sua vita. L'uomo vuole infatti circoscrivere ciò che conosce per possederlo e al tempo stesso proiettarsi verso ciò che gli è ancora sconosciuto.

UNIVERSALITÀ DEL CONCETTO DI REGIONE: l'esigenza di esplorare senza sosta la superficie terrestre unita a quella di suddividere e racchiudere entro confini stabilita gli spazi esplorati (regionalizzare il territorio) ha accomunato popoli, paesi e società di lontane e diverse epoche storiche. L'esigenza di regione scaturisce in età moderna e massimamente in questa seconda metà del XX secolo, non più dalla necessità di difendersi, ma dalle accresciute possibilità di intervenire sul territorio e ancora dal diffuso bisogno di territorialità. La consapevolezza di poter modificare il proprio ambiente ha insomma reso gli uomini sempre più sensibili e attenti alla delimitazione del loro campo d'azione. Le società postindustriali capaci di progettare e programmare l'organizzazione del territorio hanno anche appreso quanto sia importante sottoporre a controllo gli interventi sull'ambiente e avvertono oggi l'urgenza di delimitare gli ambiti territoriali in cui esplicare circoscrivendola la loro azione.

AMBIGUITÀ E ATTUALITÀ DEL CONCETTO DI REGIONE: difficoltà di definire la regione come oggetto di studio. Si prendono in esame quattro diversi modi di considerare il rapporto uomo - ambiente che corrispondono a diversi livelli del concetto di regione. Esiste un'idea di regione che prescinde dalla presenza dell'uomo sul territorio considerato e costituisce un primo livello di ripartizione degli spazi terrestri e coincide con la regione naturale, prodotta dalle forze dell'ambiente fisico e popolata e modificata dalla presenza delle società animali. Ora è solo un mito nella memoria dell'uomo; si trova solo negli spazi inospitali (disabitati) e nelle aree popolate da società urbanizzate ad elevato sviluppo tecnologico dove l'ambiente naturale riemerge. Il secondo livello dell'idea di regione è quello in cui la presenza dell'uomo sul territorio entra nel ciclo biologico della natura senza alterarlo né modificarlo: è il livello biologico dell'idea di regione ed interessa le aree occupate dalle società umane, dedite al nomadismo (caccia, raccolta, agricoltura itinerante). Poi si passa all'idea di regione umanizzata, cioè di regione plasmata dall'uomo che stabilisce un rapporto di superiorità nei confronti dell'ambiente naturale. La regione non è ancora tuttavia un prodotto culturale progettato. L'ultimo livello di regione è quello culturale. Il rapporto uomo - ambiente viene riscoperto dal gruppo umano e dall'individuo in tutta la sua problematicità e si impone a qualunque scala geografica una pianificazione. L'uomo è diventato talmente potente rispetto alla natura che deve imparare a controllare se stesso se vorrà controllare il suo ambiente e stabilire con esso un sano rapporto.

Storia recente del concetto di regione: nella storia della scienza regionale è possibile indicare tre momenti: il primo a cavallo dei secoli XIX e XX, quando nasce la geografia moderna che riconosce come oggetto di studio l'interpretazione del rapporto uomo - ambiente. Il secondo a metà del nostro secolo quando avviene il distacco dalla tradizione vidaliana e il coinvolgimento sempre più diretto della geografia regionale nei programmi di gestione e pianificazione del territorio; il terzo in questi anni '80 che segnano il superamento dei paradigmi precedenti in uno sforzo di chiarificazione.

L'INTERPRETAZIONE AMBIENTALISTA DEL RAPPORTO NATURA - UOMO: la svolta epistemologica di inizio secolo era stata provocata dall'acquisita consapevolezza che oggetto dell'analisi geografica non fosse tanto l'ambiente fisico - morfologico, quanto piuttosto il rapporto che unisce ciascun gruppo umano alle condizioni naturali in cui si trova a vivere. Tale svolta ha generato due scuole geografiche contrapposte: quella in cui il rapporto uomo - ambiente trovava rigorose spiegazioni nei caratteri fisici della natura e quella che insisteva nel considerare il peso della storia e del livello culturale del gruppo umano nella determinazione di tale rapporto. Si è soliti indicare come caposcuola del primo indirizzo, definito ambientalista o determinista, Friederich Ratzel. L'interpretazione ambientalista del rapporto natura - uomo si fonda sulla convinzione che esso risponda a regole e leggi definite che lo studioso deve scoprire attraverso l'analisi delle condizioni dell'ambiente naturale. Le vicende e le sorti di questa scuola geografica si legano strettamente agli eventi storici della prima metà del nostro secolo in particolare al nazismo e al fascismo (abbraccia programmi espansionistici della Germania e dell'Italia.

L'INTERPRETAZIONE STORICO - SOCIALE E LA NASCITA DELLA GEOGRAFIA REGIONALE MODERNA: quasi contemporaneamente alla nascita dell'indirizzo ambientalista, in Francia Paul Vidal de La Blache dimostrava come il rapporto natura - uomo fosse il risultato di relazioni assai più complesse di quelle causali rigorosamente determinabili. Egli provava che i gruppi umani scelgono forme di insediamento e di organizzazione territoriale sulla base di interessi non esclusivamente materiali e secondo il livello di sviluppo tecnologico - culturale a cui sono pervenuti. L'affermazione chiave diventa: conosci la società per conoscere il suo ambiente geografico. È un'interpretazione possibilista. Da essa derivano alcune posizioni epistemologiche sicure: non è possibile stabilire attraverso l'esame degli aspetti fisici del territorio leggi universalmente valide che regolano univocamente il rapporto uomo - ambiente + lo studio della realtà geografica deve essere applicato ad ogni singolo caso come ad una realtà unica e irripetibile da interpretare nella sua individualità e originalità. È la nascita della geografia regionale moderna che viene oggi definita geografia regionale classica. Se nei primi decenni del secolo è rimasta piuttosto circoscritta entro i confini nazionali della Francia, perché poco giovava alla formulazione delle teorie e delle leggi razziali; più tardi invece è stata accettata. La proposta scientifica di Vidal imponeva una trattazione globale di tutti gli aspetti della realtà geografica. L'esame dei singoli territori doveva essere condotto con una visione di sintesi che non trascurasse alcun carattere fisico o antropico del territorio. Lo schema espositivo prevedeva: un'introduzione; la presentazione degli aspetti fisici del territorio (morfologia.); la trattazione degli aspetti demografici ed economici (popolazione, attività.); un excursus storico che servisse a spiegare le attuali condizioni del territorio e infine la conclusione nella quale il ricercatore con "esprit de finesse" (impiegando la sua capacità intuitiva) riusciva a cogliere l'originalità e l'individualità del rapporto che legava quella particolare società umana all'ambiente in cui viveva.

LA REGIONE GEOGRAFICA DOPO LA SECONDA SVOLTA EPISTEMOLOGICA: verso la metà del XX secolo è possibile collocare la seconda svolta epistemologica nuova geografia. Oggetto dell'analisi regionale diventano non più gli elementi e i caratteri della regione concreta osservata, ma le relazioni tra gli elementi, i flussi che li uniscono e che determinano la coesione dello spazio geografico. La regione viene così a coincidere con l'area in cui si estendono e si svolgono tali relazioni. Il primo a parlare di regione funzionale è il francese Etienne Juillard, espressa non solo dai flussi economici che lo cementano, ma anche da quelli politici, sociali e culturali. L'indirizzo funzionalista nasce comunque in seno all'ambiente anglosassone. La caratterizzazione economica dell'indirizzo funzionalista trova giustificazione nelle vicende storiche che interessano negli anni '60 i paesi occidentali. La ricostruzione postbellica e il conseguente sviluppo delle città e delle attività industriali avevano posto il problema della delimitazione degli spazi da gestire e valorizzare. Economisti francesi e soprattutto tedeschi ed americani elaborano i dati relativi ai caratteri economici del territorio e pervengono alla gerarchizzazione degli spazi sulla base delle funzioni in essi presenti. Ora l'interesse della ricerca regionale si ferma sulle regioni urbane e industriali.

IL CONCETTO DI REGIONE NEGLI ANNI '80: la reazione all'indirizzo funzionalista non tarda a venire. Le critiche già dagli anni '70 si appuntano su tre aspetti: due di carattere metodologico e uno di carattere ideologico dai quali nasceranno nuovi indirizzi di ricerca nell'ambito della geografia regionale. Le condizioni storiche sono: la crisi petrolifera che a partire dal 1973 ridimensiona la potenza economica dei paesi più industrializzati, la consapevolezza di non riuscire sempre bene a prevedere il comportamento della popolazione e la difficoltà a dirigere lo sviluppo urbano insediativo. Viene messa in discussione la rigidità statica della struttura e si accusa poi l'indirizzo funzionalista perché elabora dati relativi alla realtà economica presente considerandola valida ed immutabile abbracciando un'ideologia conservatrice. Dalle critiche scaturiscono nuove nozioni di regione fondate su base esistenziale (indirizzo comportamentale) o ideologica (indirizzo critico - marxista). Dagli anni '80 la ricerca regionale si trova a mutuare dalla fisica e dalla biologia o a formulare vere e proprie leggi che regolano i processi evolutivi delle strutture territoriali (indirizzo sistemico). Due indirizzi di ricerca alle soglie del terzo millennio vanno delineandosi: l'indirizzo geo - sistemico e quello semantico. Li accomuna la consapevolezza della complessità della realtà regionale e l'esigenza se non della legge, della teoria geografica; condividono la nozione di regione come di una realtà viva in continua evoluzione. All'attuale vivacità della riflessione epistemologica non è estraneo lo sviluppo tecnologico. La regione è diventata una realtà da progettare, rispettare, riconoscere affettivamente.

OGGETTO E STRUMENTI DELLA RICERCA REGIONALE: REGIONE COME "DATO", COME "FATTO", COME "PRODOTTO": la regione è stata intesa in diversi modi: come un dato o anche come un contenitore, come una costruzione intellettuale o addirittura come un mito. Se si prendono in considerazione le diverse interpretazioni del rapporto natura - uomo: ambientalista, storico - sociale, funzionalista, radicale - marxista, sistemica e fenomenologico - semantica, si riescono a delineare tre diversi modi di considerare la regione: come oggetto - dato, come fatto - prodotto e come realtà da costruire. La regione considerata come un dato rimanda alla concezione della verità scientifica che esiste al di fuori e al di là dell'uomo (regio est ens). L'idea di regione come risultato dell'azione dell'uomo scaturisce invece dall'interpretazione storico - sociale del rapporto uomo - ambiente (regio est factum). Essa fa derivare solo dalla storia e dalla civiltà la comprensione dell'organizzazione del territorio. La nozione di regione come realtà da inventare è comune invece a tutti gli indirizzi contemporanei ed è intrinseca anche in quello storico - sociale. Entro questa concezione stanno tanto l'idea di regione prodotta dall'agire umano e modificabile dall'uomo, quanto quella di regione progetto nata dalla fiducia nella possibilità di trasformare l'ambiente e di riuscire a dare vita a forme di organizzazione territoriale (regio est fieri). Sono diversi gli strumenti della ricerca e l'impianto ideologico. Le accuse formulate dai funzionalisti e da quelli geo - sistemici nei riguardi degli studi regionali di taglio fenomenologico - semantico si appuntano sullo scarso rigore scientifico del metodo. Al contrario vengono criticate per l'eccessivo ricorso alle metodologie matematiche.

LO SCOPO DELLA RICERCA REGIONALE ACCOMUNA LE PIÙ ATTUALI INTERPRETAZIONI DEL RAPPORTO UOMO - AMBIENTE: REGIONE COME "PROGETTO": lo scopo dell'analisi regionale: nell'ambito dell'interpretazione funzionalista del rapporto uomo - ambiente le caratteristiche dei diversi spazi regionali sono sempre colte e presentate come espressione di contrapposte positività e negatività da colmare: centro - periferia, ricchezza - povertà evoca l'immagine da una parte di aree sviluppate e dall'altra di aree depresse. Le differenze regionali su cui ci hanno invitato a riflettere l'indirizzo storico - sociale e quello fenomenologico - semantico scaturiscono da condizioni di vita e tradizioni culturali distinte per la loro originalità

Il concetto di regione nella geografia francese contemporanea: la Francia può essere considerata come la terra di elezione degli studi regionali per Vidal de la Blache, ma anche perché tra i geografi d'oltralpe è sempre stato vivace il dibattito.

LA MIGLIORE TRADIZIONE GEOGRAFICA CONIUGATA CON LE PIÙ ATTUALI TEORIE DELLO SPAZIO REGIONALE: si è detto che la base su cui si poggia e da cui parte la geografia regionale contemporanea consiste nella concezione unitaria del sapere geografico. Per essa il rapporto natura - uomo compone in un unico oggetto di studio tutti gli aspetti della realtà territoriale interpretandoli in chiave ambientalista o antropologica. Il peso esercitato dalla natura nella determinazione dell'organizzazione del territorio da parte di un gruppo umano veniva ridimensionato dalla scuola vidaliana senza che tuttavia si arrivasse a negarne o a trascurarne il ruolo. Restava valida la concezione unitaria della scienza geografica (a cui aderisce Jacqueline Beaujeu - Garnier che scrive "la regione è lo spazio in cui tutti gli insiemi coincidono; è la ripartizione geografica per eccellenza". La definizione che poi dà della scienza regionale ribadisce la sua concezione integralista; la nostra disciplina viene infatti definita "lo studio globale di un parte di territorio, individuata come si vuole", cioè in base ad un ampio ventaglio di criteri. Secondo lei le esigenze che portano a suddividere lo spazio geografico sono di carattere amministrativo organizzativo. Afferma che il termine "polo" da cui deriva la nozione di regione polarizzata, deve essere utilizzato con un'ampia accezione riferendolo non solo ad un centro urbano, ma ad ogni elemento capace di determinare flussi di convergenza (es. abitazione). Il polo di gravitazione non è dunque solo quello economico. Le tre caratteristiche essenziali di un sistema sono: la sua morfologia, il suo funzionamento e la sua evoluzione e ripropone il percorso tradizionale della ricerca geografica: presentazione del territorio, popolazione ed attività economiche, storia dell'organizzazione.

IL DISTACCO DELLA GEOGRAFIA REGIONALE TRADIZIONALE COME RECUPERO DELLA PIENEZZA DEL MESSAGGIO VIDALIANO: Paul Claval nel tratteggiare la storia recente della geografia regionale afferma che fino agli anni 50 la geografia si è concentrata in ricerche sperimentali su singoli casi regionali rifiutando le teorizzazioni e le generalizzazioni e affermando la necessità di analisi induttive e di dettaglio. Solo dopo gli scritti di Levis-Strauss e con l'affermarsi dello strutturalismo i geografi francesi si dedicano alla sistemazione dei casi studiati ordinandoli in tipologie astratte. Si arriva alla specializzazione della ricerca regionale e ci si allontana dalla tradizione vidaliana come da quella concezione del reale considerato unità non parcellabile. Claval propone una sua concezione operativa e pragmatica di regione. Egli sostiene che per comprendere il significato del termine regione non c'è che un modo: regionalizzare e avverte che la divisione dello spazio non costituisce un'operazione logica esclusivamente geografica (il concetto di regione ha valore universale). Regione è "un quadro che si modifica per un verso perché la vita, le tecniche cambiano e per altro verso perché cambia il nostro modo di rappresentarcelo.

LA REGIONE GEOGRAFICA COME PRODOTTO DELLE ATTIVITÀ UMANE: Pierre George dice che "la regione è una porzione di spazio terrestre individuata.mediante un criterio che la caratterizza nel suo complesso" (1970). Il problema della definizione di regione si sposta a quello della determinazione del criterio con cui la si individua. La regione è neutra nel senso che trova una sua connotazione non in un preciso contenuto territoriale, ma nel criterio che il ricercatore decide di adottare per individuarla. Soprattutto oggi lo sviluppo è legato agli interventi degli organismi internazionali e diventa così necessario allargare l'idea di regione in comparazione delle singole realtà locali. George perfeziona la sua definizione di regione affermando che si può coglierne l'individualità attraverso l'esame dei caratteri semplici (clima, densità.), sia dei caratteri complessi (tipo di organizzazione territoriale.). Il George indica tre aspetti statici e uno dinamico che caratterizzano la regione: la regione è integrata, nella regione esistono legami tra le diverse componenti del territorio, la regione è polarizzata, la regione è organizzata da agenti e fattori dinamici. Ha una spiccata sensibilità per i problemi politico - sociali. All'economia riconosce un ruolo fondamentale.

LA REGIONE GEOGRAFICA FUNZIONALE DI ETIENNE JUILLARD: la regione diventa una realtà funzionale. La componente economica si esprime con forze di attrazione e di aggregazione delineando così la "aree di gravitazione". Il concetto di regione polarizzata deriva da un approfondimento e da una riduzione dell'idea di regione funzionale di cui è padre Etienne Juillard. La regione naturale per questo studioso costituisce un oggetto di ricerca autonoma e fecondo da quale il geografo regionalista potrà opportunamente attingere al pari di quanto fa dai campi di indagine di altre discipline. Il paesaggio geografico risulta composto dall'interazione tra gli elementi e le strutture della natura e dei gruppi umani. Lo stesso ambiente naturale può dare vita a paesaggi diversi a seconda delle sue risposte all'azione umana. La regione individuata e studiata attraverso il paesaggio geografico così inteso trova in esso la composizione unitaria dei suoi caratteri fisici ed antropici come dei suoi problemi e tutto rimanda al concetto tradizionale di regione di sintesi tanto caro alla geografia della prima metà del nostro secolo. Individua tre caratterizzazioni: la regione dato, la regione funzionale e la regione mutevole. La regione intesa come oggetto di studio concreto coincide con il concetto di paesaggio (combinazione di tratti fisici e umani che danno ad un territorio una sua fisionomia) e la regione naturale costituisce in questo ambito uno di tali insiemi omogenei. Lo sviluppo e la diversificazione delle attività economiche producono l'uniformizzazione del paesaggio come del genere di vita delle popolazioni. Lo spazio viene considerato come "un campo d'azione di flussi di ogni origine" (polarizzazione economica, forze di attrazione migratoria, legami creati dalle relazioni commerciali, forze di coesione politica, sociale e spirituale, forme di inerzia che agiscono da freno). La nozione di regione funzionale si confonde con lo spazio organizzato da una metropoli e dai suoi centri satelliti. Poiché la regione funzionale è una realtà mutevole nel tempo e nello spazio essa può trovarsi in qualsiasi parte della terra ed ha pertanto un valore universale. "Conseguenza dello sviluppo, l'organizzazione regionale ne è la condizione. In effetti essa si traduce nello spazio. Essa è il principio della pianificazione, spontanea e volontaria del territorio."

L'INDIRIZZO FUNZIONALISTA E LA RIVOLUZIONE QUANTITATIVA: oltre che di forze economiche lo Juillard parla anche di forze di coesione politica, culturale e sociale. La polarizzazione del territorio si fonda su un'interpretazione esclusivamente economica dell'organizzazione del territorio e del rapporto uomo - ambiente. Con l'indirizzo funzionalista (anni '70) ci si preoccupa di nuovo di individuare le leggi che regolano lo sviluppo territoriale. Il maggior contributo è venuto dall'ambiente anglosassone. Tra i principali sostenitori troviamo Racine, Brunet.

LA REGIONE GEOGRAFICA SI MODIFICA NELLO SPAZIO E NEL TEMPO: la dimensione storica della regione non resta completamente trascurata. Bernard Kayser definisce la regione polarizzata "uno spazio preciso ma non immutabile inscritto in un quadro stabilito". La regione cambia solo perché si trasforma nel tempo, ma anche in relazione al suo quadro di riferimento. La regione per questo studioso ha tre caratteristiche: legami tra abitanti, organizzazione intorno ad un centro autonomo, integrazione funzionale in un economia globale. È l'idea di regione polarizzata fondata essenzialmente sulla funzionalità economica del territorio, ma inserita in un rapporto di integrazione e di scambio sovra - nazionale.

LA REGIONE GEOGRAFICA COME "DIMENSIONE DI VITA": l'interesse rivolto alla società e all'uomo più che all'ambiente naturale caratterizza l'idea di regione proposta da Armand Fremont. La regione intesa come "spazio vissuto" ci riporta ad una dimensione concreta dello spazio geografico e ci allontana dall'idea di uno spazio delimitato sotto la spinta di esigenze pragmatiche e amministrative. Individua tre tappe nell'evoluzione del concetto di regione: la prima identifica la nozione di regione con quella di piccolo stato, la seconda è quella della geografia classica dove la nozione di regione viene cancellata e si parla di paesaggio, la terza è quella della regione contemporanea dei pianificatori. "La regione, se esiste, è uno spazio vissuto". Si parla di "rivoluzione qualitativa".

LA REGIONE GEOGRAFICA COME "STRUMENTO DI POTERE": Yves Lacoste critica il concetto di "regione vissuta" definendolo irreale, non tanto perché soggettivo, quanto perché in nessun caso la regione ideata potrà coincidere con quella percepita. Gli interessi che muovono il gruppo dominante verso la suddivisione dello spazio sono sempre lontani. "La regione è un'organizzazione collettiva che parte dal potere dello stato ed implica il coinvolgimento di una superficie sufficientemente ampia da poter essere rappresentata su una carta geografica; la regione è sempre cartografata e in genere le persone non sanno leggere le carte geografiche". L'idea di regione quale risultato della sopraffazione e della lotta tra le classi sociali cresce e si inserisce nell'alveo dell'interpretazione critico - marxista del rapporto uomo - ambiente. L'analisi della struttura economica della società responsabile della differenziazione delle classi sociali è alla base del pensiero di Marx.

NECESSITA DELLA REGIONE GEOGRAFICA: Alain Reynaud definisce queste due tendenze costanti della geografia regionale: "nostalgia dell'omogeneità e desiderio d'eternità". La consapevolezza che l'evoluzione dei quadri regionali sia determinata da impulsi esterni più che da forze endogene lo spinge a parlare di "region - eclatee" e a negare l'esistenza di vere "unità regionali". Distingue tra i due termini di "spazio e regione" e privilegia gli aspetti sociali rispetto a quelli fisico - morfologici; propone allora di abbandonare entrambi: il primo perché troppo vago e il secondo perché troppo ambiguo e di adottarne uno nuovo: la classe socio -spaziale. La ricerca regionale ha scopi economici, sociali e culturali (rispetto per lo spazio in cui vive).

LA ROTTURA CON LA TRADIZIONE ALLA SCOPERTA DELLA REGIONE - SISTEMA, REALTÀ VIVA E CONCRETA: Roger Brunet ci offre una definizione molto articolata della regione geografica alla quale approda attraverso tre passaggi o livelli teorici successivi. Nel primo la regione è considerata una porzione di spazio; nel secondo livello prende invece in considerazione la regione come organismo amministrativo. Il terzo livello di suddivisione dello spazio è quello geografico. "La regione è uno spazio che si definisce attraverso caratteri comuni in rapporto gli uni agli altri e tali che le variazioni di questi rapporti all'interno dello spazio considerato sono inferiori alle variazioni che essi hanno all'esterno dello spazio". Parla di sistemi regionali. L'individualità della regione geografica deriva dalla sua posizione rispetto a questi campi di forze concetto di posizione geografica.

LE TEORIE DELLO SPAZIO REGIONALE: Jean Marc Holz prova a chiarire prima il concetto di spazio geografico e poi quello di regione avvertendo tuttavia che lo spazio geografico deve essere considerato non soltanto come una realtà banale e concreta, ma anche come una realtà "pensata". La natura mista dello spazio geografico (oggettiva e soggettiva insieme) è stata riscoperta con la "rivoluzione qualitativa". Lo spazio "è l'immenso reticolo delle relazioni reali o possibili, concrete o astratte aventi come punto di appoggio ogni lembo di territorio concreto e ogni singolo soggetto che lo abita". L'autore riserva il termine regione solo alle unità territoriali organizzate su base prevalentemente agricola e poco aperte agli scambi.

LA REGIONE INTEGRATA: secondo la geografia francese l'integrazione dello spazio regionale si verifica "quando unità spaziali differenziate contribuiscono alla formazione e coesione di una sola regione, si adeguano ad essa rispettando le condizioni del suo funzionamento e si adattano tra loro per attenuare conflitti e tensioni". A "cementare" la regione contribuiscono fattori endogeni (dinamica demografica) ed esogeni (investimenti nell'industria..).

L'INDIRIZZO FENOMENOLOGICO - SEMANTICO: nella seconda metà degli anni '70 l'approccio fenomenologico - esistenziale porta il Fremont a parlare di "spazio vissuto". Tutti pongo l'accento sulla comprensione soggettiva della realtà geografica e sulla necessità di astrarre da essa per rappresentarla attraverso l'immaginazione. Il contrasto ideale che separa questo indirizzo dal funzionalismo economico e pragmatico appare fin troppo evidente. Negli anni '80 l'indirizzo fenomenologico conosce un'evoluzione: la proposta è di passare dall'analisi della percezione, del linguaggio e del comportamento dell'uomo (approccio esistenzialista) allo studio delle idee, dei valori e del significato della stessa organizzazione di vita (approccio semantico), di passare dallo studio delle apparenze (fenomenologia) all'esame dei segni (semiologia).

VERSO UN NUOVO PARADIGMA ALLA RISCOPERTA DELLA DIMENSIONE CULTURALE DEL TERRITORIO: la nozione di regione proposta da Pierre Dumolard dà conto di questo duplice recupero (recupero della dimensione diacronica) e al tempo stesso della necessità di non trascurare i fattori culturali in un tentativo di sintesi che abbraccia i due indirizzi: quello di ispirazione neo - vidaliana (semantico) e quello di derivazione funzionalista (sistemico). Egli definisce la regione un "sistema aperto complesso; la struttura regionale costituisce la configurazione di questo sistema in un momento preciso". Il solo principio su cui si fonda il concetto di regione è la sua coesione nel tempo e nello spazio. Il Dumolard indica nella funzionalità e nella comunità di cultura i due fattori di coesione del territorio regionale. Il sistema regionale è aperto, vive delle sue relazioni interne (entropia) e soprattutto esterne (sinergia) perché sono queste ultime che lo arricchiscono e lo stimolano a crescere impedendogli di chiudersi e morire autoconsumando la sua stessa energia (risorse naturali, le forze di lavoro umane e meccaniche, investimenti, informazioni).

DAL SISTEMA ECOLOGICO AL GEO - SISTEMA: UN NUOVO PARADIGMA?: la nozione di regione come sistema territoriale non è un'idea della geografia regionale contemporanea; anche in passato la geografia si è occupata di sistemi orografici e idrografici. L'idea di sistema regionale inteso come struttura in trasformazione è stata invece mutuata dalla fisica e dalla biologia e in tal senso ha sapore di novità (applicazione nel campo della geografia fisica e della geografica umana). Hildebert Isnard riesce a comporre in un unico paradigma tanto i canoni della ricerca regionale tradizionale, quanto i due più attuali indirizzi: quello funzionalista - sistemico e quello fenomenologico - semantico. Scrive infatti "uno degli scopi fondamentali della geografia è quello di mettere in evidenza l'esistenza di regioni definite attraverso caratteri specifici che derivano da fattori di differenziazione di ogni ordine". Lo spazio geografico costituisce una miniera di informazioni sulla società che lo abita. Il geo - sistema si distingue nettamente dall'eco - sistema biologico perché in esso l'intervento della società è consapevole, mentre nel secondo il gruppo umano si adatta soltanto passivamente alle condizioni dell'ambiente naturale. L'autore perviene alla definizione di geo - sistema attraverso una serie di riflessioni.

a)  Lo spazio naturale costituisce un eco - sistema

b)  Lo spazio geografico non risponde alla sua organizzazione (creazione dell'uomo)

c)  La società si definisce per il sistema di relazioni che costituisce la sua realtà profonda

d)  Lo spazio geografico si colloca nel punto di incontro tra i due sistemi: quello ecologico (natura) e quello sociale (società).

Lo spazio geografico presenta le stesse caratteristiche considerate fondamentali dalla teoria generale dei sistemi (Tgs) e legate ai principi di totalità, differenziazione, gerarchizzazione e finalità. Poiché lo spazio geografico è un prodotto sociale, esso esprime i rapporti tra i gruppi sociali dai quali una società viene definita, esso ha dunque un significato. Isnard esalta quindi una riflessione teorica. Resta tuttavia presente nella proposta di questo autore un rapporto fin troppo meccanico tra società e spazio geografico: la prima produce il secondo e il secondo genera la prima.

Il concetto di regione nella geografia anglosassone

I PRECURSORI DELLA SCIENZA REGIONALE: la prima distinzione tra geografia sistematica dei fenomeni generali e geografia regionale dei casi specifici si fa risalire alle osservazioni di Bernardo Varenio che a metà del XVII secolo separava lo studio della terra nei suoi aspetti comuni dallo studio dei singoli territori e dei vari paesi. Ancora oggi la descrizione degli individui territoriali unici ed irripetibili (geografia regionale idrografica) e l'interpretazione dei loro caratteri razionali che si ripetono in casi e condizioni analoghe secondo regole e leggi precise (geografia regionale nomotetica) fanno della scienza regionale una disciplina descrittiva e al tempo stesso semantica. Una seconda distinzione in Germania vede separate la geografia regionale non utilitaristica che suddivide il territorio in base alla varietà delle condizioni naturali e svela le leggi del rapporto uomo - ambiente attraverso lo studio del paesaggio e dei generi di vita e la geografia regionale volontaristica che privilegia invece l'analisi delle relazioni economiche. Vero anticipatore della concezione teorica dello spazio regionale può essere a giusto titolo considerato J. H. von Thunen (1826) che già nel secolo scorso costruisce un modello normativo per giustificare il diverso uso del suolo agricolo in funzione del mercato cui sono destinati i prodotti della terra. La teoria dell'economia agricola di questo studioso stabilisce i criteri di ripartizione dello colture in un'area pianeggiante sulla quale esercita la sua influenza una città - mercato cui è destinata la produzione agricola. Per ogni prodotto esisterà una distanza limite al di là della quale il costo di trasporto diventerà troppo elevato. Si deve invece ad Alfred Weber la formulazione della teoria della localizzazione industriale sempre fondata sull'analisi dei costi di trasporto delle materie prime e dei prodotti finiti di una fabbrica. La scelta della località ottimale in cui insediare un opificio industriale risponde alla preoccupazione di rendere minimi tali costi. La prima vera teoria dello spazio regionale è di August Losch che ha tentato di mettere a punto una teoria generale della localizzazione delle varie attività in un sistema economico nel quale posso variare sia i costi sia la domanda dei beni. Lo spazio geografico appare articolato in esagoni regolari che corrispondono alla superficie minima del mercato di ciascun produttore. Le aree di mercato e gli esagoni che la rappresentano hanno dimensione variabile e si intrecciano a formare una rete che si dispone a caso nello spazio assicurando sempre il servizio di ogni impresa per ciascun prodotto. Christaller disegna un reticolo di esagoni corrispondenti ad aree di influenza delle diverse città situate a seconda del loro livello. L'autore distingue sette livelli di centri urbani la cui importanza viene determinata dall'area di estensione della loro forza di attrazione in un sistema gerarchico rigido e preciso.

REGIONAL SCIENCE E NEW GEOGRAPHY IN AMERICA:

IL CONCETTO DI REGIONE NEI NUOVI INDIRIZZI DI RICERCA:

LA REGIONE NELLA GEOGRAFIA ANGLOSASSONE CONTEMPORANEA:

Il concetto di regione nella geografia italiana degli ultimi cento anni

LA SCUOLA GEOGRAFICA ITALIANA AGLI INIZI DEL XX SECOLO:

DALLA REGIONE NATURALE ALL'IDEA DI "PATRIA"

GEOGRAFIA REGIONALE E DISCIPLINE AFFINI: VERSO LA REGIONE STORICO - GEOGRAFICA

LA GEOGRAFIA REGIONALE ITALIANA NEL PERIODO INTERBELLICO:

LA SVOLTA DI META' SECOLO: DALLA DISTRIBUZIONE SUL TERRITORIO ALL'ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO:

LA GEOGRAFIA REGIONALE ATTIVA: UN PREZIOSO TENTATIVO FALLITO

IL FUNZIONALISMO E IL CRITICISMO MARXISTA DELLA PRIMA META' DEGLI ANNI '70:

DALLA REGIONE ALLA REGIONALIZZAZIONE:

L'ATTUALE INTERPRETAZIONE DEL CONCETTO DI REGIONE:

Pluralità di contenuti e di caratteri attribuiti alla regione geografica

OMOGENEITÀ ED ETEROGENEITÀ DELLO SPAZIO REGIONALE

LA REGIONE NATURALE

LA REGIONE STORICA

LA REGIONE ECONOMICA

LA REGIONE POLITICO - AMMINISTRATIVA:

QUALE DIMENSIONE PER LA REGIONE?:

Varietà di metodi e strumenti di analisi utilizzati per individuare e delimitare la regione geografica

LA REGIONE GEOGRAFICA TRA QUALITÀ E QUANTITÀ:

METODOLOGIE QUANTITATIVE UTILIZZATE PER L'INDIVIDUAZIONE DELLA REGIONE GEOGRAFICA:

METODOLOGIE QUALITATIVE UTILIZZATE PER L'INDIVIDUAZIONE DELLA REGIONE GEOGRAFICA:

IL DIBATTITO METODOLOGICO MASCHERA LA CONTRAPPOSIZIONE IDEOLOGICA:

Regione e pianificazione tra centralismo e localismo

PIANIFICARE PER CHI E PERCHÉ? IDEOLOGIA E APPLICAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA

LA NASCITA DEI REGIONALISMI:

LA REGIONE POLITICO - AMMINISTRATIVA "AL DI SOPRA E AL DI FUORI DELLE PARTI":

INTEGRAZIONE O SPECIALIZZAZIONE DELLO SPAZIO GEOGRAFICO?:

Il concetto di regione espresso da paradigmi paralleli: la sintesi regionale

PAESAGGIO E REGIONE GEOGRAFICA:

LA REGIONE DEI GENERI DI VITA:

STRUTTURE TERRITORIALI, CLASSI SOCIO - SPAZIALI E GEO - SISTEMI:

PRIMA CHE NELLA RICERCA LA SINTESI E' NELLA REALTÀ DELLA REGIONE GEOGRAFICA

Filosofia e scienza: la logica della ricerca regionale, proposta di un nuovo paradigma

DETERMINISMO E POSSIBILISMO NELLA LOGICA FILOSOFICA E SCIENTIFICA:

L'INTERPRETAZIONE DETERMINISTA: AMBIENTALISMO, FUNZIONALISMO, CRITICISMO MARXISTA:

L'INTERPRETAZIONE POSSIBILISTA: INDIRIZZO STORICO - SOCIALE, INDIRIZZO SISTEMICO, INDIRIZZO SEMIOLOGICO - SEMANTICO:

LE CORRENTI DI PENSIERO CHE ALIMENTANO I DIVERSI INDIRIZZI DELLA RICERCA REGIONALE:

LA REGIONE GEOGRAFICA VERSO IL TERZO MILLENNIO: PROPOSTA DI UN NUOVO PARADIGMA:




Riassunto da "Elementi di geografia umana"

UOMINI E PAESAGGI UMANIZZATI SULLA SUPERFICIE DELLA TERRA: la geografia umana descrive la ripartizione delle società umane sulla superficie della terra ed i segni da essa impressi sul paesaggio.

q   LA DIVERSITÀ DEGLI UOMINI: il primo aspetto geografico che ha colpito gli osservatori è la diversità tra gli uomini. A partire dal Rinascimento la conoscenza antropologica iniziò a fare rapidi progressi. Nel corso del XVIII secolo questa curiosità inizia ad essere improntata ad un certo ordine. Linneo le conferisce un nuovo orientamento e suddivide la specie in bianca, nera e gialla. Blumenbach (1752-1840) ricerca crani e scheletri e stabilisce il precetto della norma verticale, ossia fonda la descrizione ed il confronto dei carni in verticale. L'antropologia fisica è una scienza di origine tedesca o scandinava che nel XIX secolo incontra un grande successo in tutti i paesi europei. Si stabilisce una classificazione obiettiva più sottile (razza rossa considerata una ramificazione della razza gialla, per la razza nera si parla di australoidi o di razze primitive..). Da una generazione l'interesse per la suddivisione in razze è diminuito. I criteri riguardanti la morfologia ossea non sono stabili, perché l'altezza varia con il regime alimentare ed il modo di vita così come la forma del cranio, l'ematologia permette di fondare la distinzione dei gruppi su criteri al tempo stesso più numerosi e più stabili rispetto a quelli offerti dall'analisi morfologica. Non esiste mai la razza pura.

q   LA FORMAZIONE DELLA DENSITÀ. L'ECUMENE ED I SUOI MARGINI: la diversità del mondo che la geografia studia dipende dall'ineguale ripartizione della presenza umana e dalla molteplicità delle civiltà che dai contrasti che la conformazione umana rivela. Ciò che preoccupa Malthus è lo scarto tra tasso di incremento demografico e tasso di accrescimento delle risorse disponibili piuttosto che il semplice rapporto tra popolazione e superficie; l'Inghilterra nel 1870 diede inizio alla serie di Census of India. Vidal de la Blache pubblica nel 1877 delle "Osservazioni sulla popolazione dell'India inglese, con un carta della densità". Nello stesso periodo compaiono gli Annales della demografia internazionale (1877-1883). È da queste osservazioni che sono nate gli studi sistematici sulla formazione delle densità. Con il perfezionarsi delle tecniche dei trasporti e man mano che l'uomo comincia a proteggersi dal freddo, le barriere sono cadute: l'uomo ha conquistato l'Himalaya.Ma in questi ambienti ostili gli uomini si limitano a passare. Sulla carta delle densità i confini dell'ecumene appaiono come aree vuote o quasi: verso la metà del XVII secolo l'insieme dei nuovi mondi (America ed Oceania) non raggruppava che il 2% della popolazione mondiale. Dall'inizio del XIX secolo la crescita del nuovo mondo riprende e procede a ritmi più veloci che nel resto del mondo. Ora è l'Europa che va accumulando ritardo. Il tema ricorrente sulla carta è la giustapposizione tra zone ad alta densità e insiemi più scarsamente popolati. In Africa, Oceania e America latina i punti più scuri sono isolati e circondati da spazi immensi: i nuclei di forte popolamento sono situati sui litorali in Australia e sul versante atlantico nell'America meridionale, mentre in Africa sono più spesso localizzati nell'interno. In Europa le colline e le pianure del Mediterraneo sono state densamente popolate fin dall'antichità, ma a partire dal XIX secolo l'ago della bilancia si è spostato verso le rive del Mare del Nord mentre in Asia la stabilità del popolamento è più marcata. In India la situazione è simile a quella della Cina: l'incremento demografico procede da secoli, senza determinare grandi sconvolgimenti: tutt'al più si può notare la valorizzazione delle regioni aride del Pengiab e del Sind grazie alla costruzione delle grandi dighe da parte degli Inglesi, ma a livello dell'intero subcontinente si tratta di ritocchi secondari. Per un lungo periodo in Estremo Oriente, in Africa e in America latina la popolazione è andata aumentando senza che il tipo di organizzazione variasse sensibilmente. In Africa il ruolo delle città era più modesto che altrove. In America la popolazione urbana era sproporzionatamente più numerosa. Nell'Europa occidentale la popolazione urbana ha iniziato ad aumentare in maniera di gran lunga più rapida che nelle campagna i centri urbani si moltiplicano si gerarchizzano. Il vantaggio che i paesi del Nord acquistano lo devono ai loro bacini minerari, alle conurbazioni, alle grandi città, ai loro porti. Con l'industrializzazione del nord Est degli Stati Uniti e l'apertura dell'interno del paese ad una economia commerciale, tutto cambia. Nei paesi di più antica colonizzazione l'esodo rurale è più precoce che in Europa. Le città si moltiplicano e si configurano in una rete regolare simile ad quella dell'Europa. Nell'Ovest le condizioni sono diverse: il popolamento avviene all'insegna della competizione per la conquista del mercato mondiale la popolazione si concentra in città molto grandi che si estendono in un paese in cui la terra costa poco. Nelle zone rimaste a lungo rurali dell'Asia meridionale, dell'Africa e dell'America Meridionale si dà il via a grandi movimenti: la popolazione si concentra in città gigantesche senza passare per la formazione di piccole città.

q   LA DIVERSITÀ DEI PAESAGGI: il paesaggio è una scoperta della fine del XVIII secolo e del XIX secolo. Se si confronta l'Ile de France di Bernardin de Saint-Pierre e la Tahiti di Bougainville si può vedere quanto la presentazione acquisti colore, precisione e vivacità. La ricerca dell'effetto letterario è più che evidente. Non basta tuttavia avere il gusto del pittoresche, il senso del colore e delle forma per rendere la specificità del paesaggio: è anche essenziale arrendersi all'oggetto, possedere una capacità di osservazione, una minuzia che sono eccezionali. La nascita del paesaggio romantico è favorita dal progresso delle scienze naturali, della mineralogia, della botanica, della zoologia; tali discipline insegnano a distinguere, nella massa del regno vegetale o animale, le piante e gli animali che conferiscono il loro carattere all'insieme, che, per usare lo strutturano. Neanche alla fine del XIX secolo i progressi nella percezione e nella descrizione dei paesaggi umanizzati si fanno decisivi. L'educazione del geografo è il fatto dell'economista, dello studioso di folklore. Allorché Arthur Young compie il suo viaggio in Francia il suo sguardo rimane singolarmente vago quando descrive il paesaggio generale., ma diventa più preciso quando parla della terra (traspare l'agronomo e l'osservazione rapida sul maggese vale per noi più delle banalità esposte altrove). Quasi un secolo doveva passare prima che la curiosità per le cose rurali si delineasse chiaramente e si arricchisse così la visione delle campagne: esempio sono i racconti dei viaggi negli Stati Uniti di de La Rochefoucald e di Volney. Il secondo è nettamente superiore quando parla dei paesaggi naturali, ma non vede la sistemazione dei campi e le siepi di abeti rossi che tanto colpiscono il primo. Con Albert Demageon ed il suo interesse per la tipologia rigorose si assiste ad un ritorno verso l'economia rurale: le piante delle abitazioni vengono interpretate in un'ottica funzionalista. All'interesse per l'abitazione di aggiunge quello per la forma dei villaggi. In questo campo sono i tedeschi (Meitzen e gli opendfield.). S'impararono a leggere nelle forme dei campi i fatti essenziali dell'evoluzione della società e della proprietà. Da una trentina d'anni a questa parte gli storici dell'urbanesimo hanno imparato a leggere nel paesaggio urbano il significato dell'architettura vernacolare dei quartieri popolari e le molteplici prospettive create dai principi in epoca barocca. La realtà sensibile costituisce un documento per scorgere l'impronta delle società del passato. In che modo classificare le forme che l'osservazione rileva? L'impronta dell'uomo (villaggi, strade, ponti.) e soprattutto il suo modo di coltivare. L'analisi del paesaggio fornisce un complemento concreto a quella della formazione delle densità.

PRINCIPI ESPLICATIVI: un nuovo mondo per raccontare e descrivere comincia ad affermarsi nel XVIII secolo, quando si afferma la moda dei racconti di viaggio e delle grandi opere di compilazione.

q   LA DIFFERENZIAZIONE REGIONALE DELLA TERRA: la geografia che si scrive allora, sulla scia dei lavori di Humboldt e Ritter, s'interessa all'uomo, ai suoi costumi, ai quadri di vita, ma non è ancora una scienza umana conscia della propria originalità. I viaggiatori, precursori degli etnologi, sono i soli a soddisfare qualche curiosità geografica del pubblico, ma non tentano di proporre una spiegazione sistematica di quanto osservano. Si trovano invece tentativi di interpretazione a partire dal XVIII secolo.

q   LA GEOGRAFIA UMANA COME STUDIO DEI RAPPORTI TRA L'UOMO E L'AMBIENTE: la geografia umana nasce quindi in un contesto che nuoce al suo ulteriore sviluppo. Essa si propone di spiegare i fatti umani a partire dall'analisi del quadro in cui questi si verificano. Non tardano le critiche: si conosce quella di Vidal de la Blache e di coloro che verranno in seguito chiamati possibilisti e che si può riassumere in: esistono dei rapporti tra l'ambiente e la società, ma essi non sono né univoci né necessari "La natura propone, l'uomo dispone". Il geografo ha appreso a misurare il peso del clima, altitudine, di ogni forma di stress sull'organismo. Egli è stato iniziato all'analisi dei regimi alimentari, ha imparato a misurare la dipendenza dell'uomo dalle altre specie viventi. Si prende coscienza del ruolo della concorrenza tra gli essere e la geografia medica diventa una branca necessaria della ricerca. In Francia il contributo più originale è il volume che Max Sorre ha pubblicato durante la guerra sui fondamenti ecologici della disciplina (effetti del clima sull'organismo e modo in cui uomo trae sui mezzi di sostentamento dall'ambiente vivente).

q   LA SCIENZA DEL PAESAGGIO: l'uomo non è che un elemento nell'insieme del mondo vivente e lo studio della ripartizione sulla terra si basa su una metodologia simile a quella usata nelle altre branche della disciplina.

q   L'INTRODUZIONE SURRETTIZIA DELLE CURIOSITÀ SOCIALI: LA GEOGRAFIA STORICA E LA GEOGRAFIA CULTURALE: le barriere ecologiche non sono sufficienti per comprendere le ripartizioni umane: è necessario affermare la logica dei rapporti sociali, valutare il peso delle abitudini, l'importanza delle rappresentazioni che guidano i comportamenti. L'esempio di Vidal de la Blache è sintomatico. In Francia questi orienta la curiosità geografica verso l'analisi delle forze sociali, di tutte le forme di relazione. Ma la posizione di Vidal non è netta: egli si mostra curioso di tutto ciò che è interazione, costume, importanza dei gruppi, ma non vuol cedere a quella che gli appare come una tentazione pericolosa: "La geografia è la scienza dei luoghi e non degli uomini". Nel paesaggio traspaiono i contrasti sociali: ecco le fattorie opulente dei grandi imprenditori e le capanne dei braccianti. La geografia è regionale. Non basta forse a cogliere l'originalità di una provincia, il colore del paesaggio, la stranezza di una forma, l'uso dei metodi che sono più atti a sottolineare l'unicità die luoghi?

q   LA NUOVA GEOGRAFIA: da più di una generazione si assiste allo sviluppo di una geografia che rompe con queste posizioni classiche. Essa mette l'accento sullo studio dei comportamenti, sulla genesi delle decisioni appoggiandosi alle discipline che cercano di spiegare la regolarità rivelata dall'analisi dell'azione: sociologia, l'economia, l'antropologia. La nuova geografia trova le sue radici in alcuni lavori effettuati nel periodo tra le due guerre mondiali. In Svezia Sten de Geer, in Germania Walter Christaller. Von Thunen agli inizi del XIX secolo raccoglie e dà un ordinamento sistematico agli studio di economia rurale; Weber compie in un periodo leggermente posteriore una sintesi dei vari lavori consacrati alla localizzazione delle imprese rurali. La geografia intesa come teoria della localizzazione mette al primo posto le considerazioni sui comportamenti economici e secondariamente su quelli sociali. Essa trae largamente materia dall'economia spaziale. La teoria della localizzazione assume nuove forme. Essa era un tempo incentrata sui meccanismi di adattamento che sono indispensabili al fine di armonizzare le decisioni degli attori e teneva in gran conto il ruolo dei mercati e dei meccanismi di distribuzione dei redditi. La geografia diventa più realistica e più sociale.

q   LA RIVOLUZIONE POST-BEHAVIORISTA: da qualche anno a questa parte la geografia torna a scoprire la soggettività ed alcuni insistono sul suo aspetto fenomenologico, ma tutti mostrano interesse per i valori che danno colore alle cose. Non ci si basa più esclusivamente su quanto rivela l'osservazione dei comportamenti: si fa parlare la gente, ci si interroga sulle pulsioni e le aspirazioni che sono all'origine del comportamento. Si ha a che fare con la "poetica dello spazio" (espressione di Bachelard). L'analisi moderna dimostra come tutto il gioco dei significati sia modellato sui miti e le invenzioni della cultura. La geografia della popolazione fornisce un quadro dei livelli ai quali si situa l'azione dei gruppi: essa permette di capire ciò che contrappone le organizzazioni territoriali delle civiltà arcaiche a quelle delle civiltà intermedie e le forme diverse che si succedono nella fase di transizione verso la società postindustriale.

LA SPECIE UMANA E L'AMBIENTE:

q   L'ORGANISMO UMANO: il sistema che costituisce il corpo non è un sistema chiuso: esso non può continuare ad esistere senza un ininterrotto scambio con l'ambiente da cui trae l'energia spesa per la regolazione interne e l'energia che gli permette di agire. L'organismo trae dall'esterno l'energia di cui ha bisogno. Gli alimenti contengono nella loro combinazione un'energia chimica potenziale che la digestione e l'assimilazione rendono utilizzabili. Dall'ambiente esterno, l'uomo trae anche l'acqua di cui ha bisogno. I fabbisogni variano anche secondo l'attività esercitata. Il livello di consumo energetico varia anche con l'età, anche se in questo campo le valutazioni sono discordi. La dieta deve apportare non soltanto un certo livello di calorie, ma anche protidi se deve assicurare il mantenimento e la crescita dei tessuti, delle vitamine e dei principi minerali. I glucidi ed i lipidi difatti sono alimenti energetici, ma non forniscono all'organismo gli elementi necessari alla costituzione dei tessuti. Tra gli amminoacidi essenziali per l'organismo, due, la lisina e la treonina, non possono essere sintetizzati dall'organismo e devono essere quindi presenti nella razione alimentare. I legumi presentano una gamma più completa di aminoacidi. La difesa dell'organismo contro le variazioni dell'ambiente esterno diventa possibile si sia in grado di trarne il complesso insieme delle sostanze indispensabili all'esistenza. La specie umana è vivipara e la durata della gestazione (nove mesi) è lunga. Durante il periodo dell'allattamento, che segue la nascita, la fecondità delle donne è spesso ridotta. Il periodo fecondo della donna è di circa trent'anni in media, dai 15 ai 45 anni. La durata dell'allattamento influisce sul tempo morto che corrisponde, dal punto di vista della fecondità, a ciascuna nascita. Se nulla viene a limitare la fecondità la discendenza di ciascuna supera gli otto figli. La mortalità risulta superiore a causa di carenze ed epidemie; la fecondità trova un limite nei decessi delle giovani donne e nelle pratiche contraccettive; l'aborto o l'infanticidio sono molto più diffusi di quanto non si riconosca.

q   I MECCANISMI DELLA RIPRODUZIONE ED IL FUNZIONAMENTO DELL'ORGANISMO: c'è un'autoregolazione dell'organismo. I sistemi riflessi assicurano l'adattamento alle aggressioni esterne indipendentemente dall'attività cosciente. Gli ormoni rivestono un ruolo essenziale nel controllo energetico degli esseri viventi. La genetica ha appreso a decifrare il modo in cui gli esseri si riproducono. I cromosomi nascondono nella loro composizione dei corpi importanti, gli acidi desossiribonucleici (DNA) le cui molecole hanno la proprietà di essere strutturate in forma di doppia elica dalle catene associate ed esattamente complementari. Le molecole del DNA costituiscono il codice che fornisce le informazioni necessarie alla realizzazione della costruzione, mentre il procedimento secondo il quale le eliche si riproducono, assicura l'identità e la permanenza delle istruzioni. Il genotipo di un individuo è responsabile di una parte importante dei suoi caratteri ed è difficile distinguere la parte attribuibile all'ereditarietà da quella attribuibile agli influssi dell'ambiente. Il genotipo dell'individuo è quindi una combinazione dei genotipi dei genitori, poiché portatore della metà dei cromosomi di ciascuno di essi. La maggior parte delle modifiche sono secondarie e senza grande significato: altre invece comportano cambiamenti importanti dell'essere: molte gli sono fatali, l'essere ne risulta debilitato e viene eliminato prima di potersi riprodurre. I progressi dell'ematologia hanno permesso di constatare che esiste un certo numero di anomalie nella struttura dei globuli rossi. Allison ha così dimostrato che la malattia delle emazie falciformi è di origine ereditaria. Quando l'individuo si trova ad essere portatore di una doppia dose viene colpito da un'anemia grave che ne provoca la morte. Un altro gene conferisce una resistenza analoga al paludismo ed è responsabile della talassemia. Per l'influenza dell'ambiente naturale o sociale può prodursi un'evoluzione dello stock genetico. Nel corso del XIX secolo, nei bacini carboniferi della Gran Bretagna, l'industrializzazione ha dato luogo alla creazione di un microclima ancor meno luminoso di quello delle campagna circostanti. Il rachitismo si è diffuso come un flagello, provocando un sensibile aumento della mortalità infantile. Il regime alimentare delle campagne circostanti non era particolarmente carente in vitamina D, poiché, grazie all'azione dei raggi ultravioletti, gli steroli naturali della pelle si convertivano in vitamina attiva. La popolazione di questi bacini viveva in perenne equilibrio con l'ambiente. Il gruppo degli Afrikaners si è stabilito nell'Africa del Sud più o meno nello stesso periodo in cui i franco-canadesi si stabilivano nel nuovo mondo e presenta un'esplosione demografica impressionante. L'1% della popolazione è affetto da una malattia ereditaria, la porfiria cutanea e sono sensibili ai barbiturici. Le ricerche fatte hanno dimostrato che il gene responsabile del morbo è stato introdotto da un solo emigrante sbarcato nel 1686! fenomeno di deriva genetica. C'è un adattamento all'ambiente: esempi sono gli Esquimesi con elevato metabolismo basale, gli indios (maggior capacità toracica).

q   L'ATTIVITÀ DELL'ORGANISMO E L'AMBIENTE: le condizioni in cui si muove l'individuo che agisce sono molto variabili e provocano reazioni psicologiche dissimili, senso di benessere o disagio. I risultati delle ricerche dimostrano che a latitudini medie, le condizioni maggiormente favorevoli si riscontrano nelle regioni oceaniche; qui le temperature si mantengono moderate e sono ben sopportate dall'organismo che si trova a suo agio perché il tasso di umidità è sempre considerevole. L'ambiente continentale è più duro da sopportare. Scendendo di latitudine le condizioni diventano a temperature uguali sempre più difficili da sopportare man mano che l'umidità cresce. Le condizioni di vita subiscono cambiamenti profondi quando l'uomo inventa nuove tecnologie. L'abbigliamento, il riscaldamento e hanno a lungo conferito ai paesi freddi un vantaggio. La climatizzazione crea oggi ambienti artificialmente temperati. La ripartizione degli uomini sulla terra dipende molto di più dal modo in cui si può sfruttare la natura per trarne ciò che è necessario al metabolismo che dall'adattamento al clima e dalle facilitazioni che questo offre al lavoro o allo sforzo.

L'UOMO NELLA PIRAMIDE ECOLOGICA: bisogna mangiare per vivere. L'uomo dipende dall'ambiente esterno per l'aria e l'acqua e per gli alimenti che consuma.

q   LA POSIZIONE DELL'UOMO NELLA PIRAMIDE ECOLOGICA: i vegetali sono gli uni essere viventi capaci di trarre vantaggio dall'irradiazione solare per accumulare energia. La terra riceve dal sole circa 13 x 1023 calorie-grammo ogni anno. Buona parte di quest'energia viene riflessa dall'atmosfera o dal suolo, Le piante terrestri e le alghe marine ne ricevono il 40% e non possono trasformarne che una parte in materia vivente. Nel mare l'irradiazione solare viene assorbita alquanto rapidamente e non può esservi sviluppo di vita vegetale sul fondo marino. Una buona parte di energia viene quindi sprecata per carenza di ossigeno e di principi minerali: si dice allora che questi sono fattori limitanti. Negli ambienti continentali la situazione degli esseri viventi è migliore: essi dispongono di un apparato sviluppato che li mette in contatto con il terreno (radici). Una volta assorbite le sostanze attraverso le radici, queste devono essere portate dalle radici alle foglie dove si svolge la fotosintesi. La fotosintesi potenziale sulla superficie della terra varia con il variare dell'illuminazione solare ed in teoria dovrebbe diminuire dall'equatore verso il polo. Il gioco dei fattori limitanti dà luogo a tutta una serie di irregolarità: la zona desertica ha più irraggiamento, ma è quella in cui la produttività netta è minore. Le piante sono l'alimento degli erbivori e gli animali non hanno dunque a disposizione che le riserve accumulate dalla pianta. Non possono assimilare tutta l'energia delle piante poiché ad esempio la lignina non è digeribile e nel complesso gli animali non utilizzano che la metà delle calorie vegetali. Il miglioramento della struttura chimica fa sì che e carni siano più digeribili dei vegetali: i carnivori sono in grado di assimilare il 70% dell'energia corrispondente al corpo degli erbivori di cui si nutrono. I carnivori trasformano in energia chimica potenziale dal 15 al 20% dell'energia che assorbono. Esiste anche uno strato di carnivori secondari che si nutrono di carnivori primari: è il caso degli uccelli. La posizione dell'uomo nella piramide ecologica varia perché egli è onnivoro. Può nutrirsi di vegetali o animali; egli così consuma la carne degli erbivori o per quanto riguarda i prodotti della pesca, quella di carnivori primari, secondari, terziari..

q   IL DOMINIO DELL'UOMO SULLA PIRAMIDE ECOLOGICA: il cibo utilizzato dall'uomo proviene da una gamma limitata di specie animali o vegetali che varia da civiltà a civiltà. Malgrado questa flessibilità la quantità di alimenti che l'essere umano preleva in una piramide ecologica è scarsa: consuma un certo numero di radici, di steli, di foglie, di grani; cattura insetti, molluschi, vertebrati. Per trarre vantaggio da un determinato supporto due sono le tattiche: 1) sostituire le associazioni naturali con associazioni vegetali o animali suscettibili di fornire all'uomo una grande quantità di calorie e 2) aumentare la produttività generale. Esistono campi in cui le opere tecniche non sono applicabili (esempio: nelle acque marine). Gli elementi fertilizzanti si dimostrano realmente efficaci. La produttività dell'ambiente dipende dall'intervento umano; se la pesca è tropo considerevole per quantità le possibilità di riproduzione della specie diminuiscono, fino a che la specie si fa rara. C'è anche uso dell'incendio periodico. Il ruolo dell'uomo si limita talvolta ad eliminare i carnivori che vivono cibandosi degli erbivori che egli sfrutta. Per aumentare il rendimento della sua attività, l'allevatore deve quindi agire sull'ambiente vegetale e può farlo ricorrendo al fuoco, ma può ance imparare a coltivare l'erba o le piante foraggiere o almeno a curare i prati ed i pascoli naturali. La messa a coltura elimina la vegetazione naturale e la sostituisce con specie scelte in funzione del loro rendimento calorico. La coltivazione o lo sviluppo dell'allevamento generalmente si traducono in un aumento della produttività lorda. La sostituzione della piramide naturale con la coltivazione della terra e l'allevamento viene generalmente spiegata con la necessità di aumentare la produzione di elementi utilizzabili per l'uomo. I sistemi ecologici creati dall'uomo sono molto meno complessi di quelli naturali , ma per Howar Odum sono più fragili (malattia della patata nel 1846). Per poter controllare i parassiti delle piante si è costretti a moltiplicare le lavorazioni del terreno o ad utilizzare i pesticidi dispendio di energia. Per trarre il massimo vantaggio dall'ambiente bisogna eliminare i fattori limitanti e frenarne gli effetti. Nelle regioni aride è sufficiente procurarsi dell'acqua per migliorare considerevolmente i rendimenti. C'è poi il maggese, di concime, di colture foraggiere. Tra gli elementi che l'uomo consuma il pane ed il latte hanno la caratteristica particolare di contenere quasi tutti gli elementi necessari alla vita. Nel caso del latte la proporzione di protidi è sovrabbondante ed apparentemente sufficiente nel caso del pane anche se non dal punto di vista qualitativo. Per quanto riguarda il pane le carenze più gravi si manifestano a livello delle vitamine, ma non bisogna dimenticare che nei paesi ad economia cerealicola si arriva a compensarle consumando frutta. La seconda variante è il livello tecnico in funzione del quale le società sono in grado di sfruttare in misura maggiore o minore l'ambiente in cui vivono. I supporto ecologico su cui vive l'umanità non è dilatabile all'infinito; se si utilizza eccessivamente si compromette l'avvenire.

q   I SUPPORTO ECOLOGICI DEI GRUPPI UMANI: si possono distinguere tre tipi di situazione: 1) La prima è quella delle civiltà tradizionali: la produttività del lavoro agricolo è scarsa che tutta la popolazione è impegnata nella lavorazione della terra. I trasporti sono difficili. Il contadino sa che deve conservare la fertilità. 2) La tecnologia è meno arretrata e una parte della popolazione può essere impegnata in attività diverse dall'agricoltura e specializzarsi in produzioni artigianali. 3) Quando le spese per il trasporto diminuiscono, quando si sanno conservare gli alimenti, la maggior parte dei prodotti necessari alla vita del gruppo cessano di essere di provenienza locale. Il supporto ecologico dei gruppi perde continuità spaziale e stabilità temporale. Gli squilibri dell'ambiente cessano di essere percepibili. 4) La ripartizione della popolazione rimane legata a quella della capacità dell'ambiente, almeno finché si rimane al primo ad al secondo livello. La concentrazione della popolazione cessa di dipendere da ragioni ecologiche nelle società che meglio dominano la distanza e possono arrivare a livelli talmente elevati che elementi considerati sino a quel momento sovrabbondanti quali l'acqua, la luce, l'aria vengono a mancare.

q   IL PIANO ENERGETICO GLOBALE DEI GRUPPI UMANI: i rapporti che l'uomo stabilisce e mantiene con l'ambiente sono rapporti di tipo energetico. Le sostanze alimentari rappresentano l'unica fonte di energia chimica che il "motore" umano è in grado di utilizzare. L'uomo trasforma il suo ambiente e per far questo ha bisogno di strumenti. Per quanto riguarda i prodotti provenienti dal sottosuolo la diagnosi deve essere più cauta: la civiltà consuma e distrugge una parte degli elementi di cui ha bisogno. I progressi spettacolari posso venire dalla riutilizzazione dei prodotti che vengono usati senza per questo essere distrutti. Il consumo di energia si è accresciuto enormemente. Bisogna trovare delle fonti di energia che possano sostituire il petrolio ed il carbone. È indispensabile il ricorso all'energia nucleare con una scelta di livello e di localizzazione che limiti il rischio che tale soluzione rappresento per l'ambiente.

MINACCE BIOLOGICHE ALL'EQUILIBRIO DEGLI INDIVIDUI E DEI GRUPPI: la ripartizione degli uomini sulla terra dipende dal dinamismo proprio della specie umana e dalla sua capacità di trovare nelle piramide ecologiche naturali gli elementi necessaria sulla sua sussistenza. Se soltanto le piante o gli animali di cui una società si nutre vengono colpiti da una catastrofe biologica tutto l'equilibrio viene ad esserne sconvolto.

q   LE MINACCE ALL'EQUILIBRIO DEGLI ESSERI VIVENTI: gli esseri viventi sono sistemi più o meno omeostatici che reagiscono ad ogni perturbazione mediante meccanismo di correzione tendenti a stabilire l'equilibrio preesistente o a raggiungerne un altro. Tra gli agenti che possono alterare l'equilibrio molti appartengono alla categoria dei parassiti. Si tratta di virus, batteri, protozoi, di minuscoli vermi o di parassiti esterni assimilabili agli insetti. L'equilibrio tra ospite e parassita è reso possibili da meccanismi che limitano l'aggressione e frenano la moltiplicazione dell'ospite. Le reazioni equilibranti possono essere messe tuttavia in pericolo per molte ragioni: esse scompaiono quando l'organismo risulta indebolito da carenze. L'immunizzazione dell'organismo cessa di essere efficace ogniqualvolta appare un nuovo agente patogeno (es. in America Latina con la tubercolosi). Esistono forme di aggressione contro le quali il corpo non è in grado di difendersi (affezioni e parassitosi croniche). Con i vaccini però si può suscitare una reazione immunologica o con il siero suscitare una reazione dell'organismo. Gli interventi profilattici sono solitamente i più efficaci (trattamento delle acque., vaccino). Nei paesi industrializzati ad elevato standard di vita si moltiplicano le minacce di ordine chimico derivanti dall'inquinamento; queste si manifestano con reazioni allergiche, tossicosi.

q   LE MALATTIE DA CARENZA: soltanto nella seconda metà del secolo scorso si è svelato il meccanismo delle malattie da carenza. La loro presenza era regionale. Nel corso dei suoi viaggi Cook controllava così strettamente il regime alimentare dei suoi marinai che a bordo della sua nave non si manifestò un solo caso di scorbuto. Lo sviluppo demografico acquista il ritmo che caratterizza il Canada francese soltanto dal momento in cui la conservazione dei legumi nelle cantine permette di assicurare a tutti l'apporto vitaminico necessario in tutte le stagioni. Si ha la prova della natura dello scorbuto solo nel 1907 con i risultati dei norvegesi Holst e Frohlish. Qualche tempo dopo Szent-Gyorgi e Charles King isolarono la vitamina C. Le regioni cerealicole in cui l'alimentazione si basava su grani e farinate sono state sedi di gravi squilibri: pellagra (carenza di vitamina PP.). In Estremo Oriente la popolazione veniva colpita dal beriberi (carenza di vitamina B assente nel riso brillato). Alle malattie da carenza si sovrappongono le malattie di natura parassitaria o microbica, ancora più numerose, più facilmente propagabili e diffuse.

q   PARASSITOSI, AFFEZIONI MICROBICHE ED AFFEZIONI VIRALI: le piante soprattutto sono vittime di infezioni virali, di muffe o di insetti. Per quanto riguarda gli animali, a tutti questi mali vanno aggiunti quelli dovuti all'azione dei protozoi, dei bacilli e dei microbi. Ai parassiti esterni si aggiungono quelli interni. Avviene spesso poi che l'agente responsabile di un'affezione possa facilmente passare da una specie all'altra. Tra le malattie che colpiscono l'uomo alcune sono dovute ad agenti virali (vaiolo, influenza, morbillo..), altre alla rickettsia (microrganismi intermedi tra virus e microbi (tifo.), altre a microbi. Tra questi ultimi sono i batteri (tubercolosi, lebbra, colera, pertosse, scarlattina, peste bubbonica o polmonare). Le malattie protozoarie sono gravi: le spirochete sono responsabili delle spirochetosi, febbri ricorrenti., la malaria. Una parte delle malattie di cui soffre l'uomo è provocata da organismi di dimensioni maggiori, talvolta funghi (tumori, dermatosi.), ma più pericolosi sono i vermi. La modalità di diffusione delle malattie dipendono dalla natura dell'agente. I più piccoli, i virus filtrabili, sono in grado di attraversare tutti i meccanismi di depurazione fisica delle acque. Si trasmettono mediante il contatto, attraverso le mucose. Le possibilità di diffusione della malattia variano con il variare della densità della popolazione. Quando la trasmissione della malattia avviene mediante un vettore non umano le condizioni per la diffusione sono più complesse (es. zanzare). Il caso delle verminosi è più complesso: esse penetrano nell'organismo attraverso l'apparato digerente. La malattia dell'ecologia più complessa è certamente la malaria; ciò in ragione dell'ampia varietà di plasmodi, ma più ancora a causa della molteplicità della specie di anofele: ciascuna di queste presenta esigenze ecologiche precise che spiegano le grandi diversità tra gli ambienti in cui la malattia è presente. Si è riusciti a stroncare le grandi epidemie, mentre risulta più difficile venire a capo delle parassitosi tropicali.La geografia delle malattie è anche la geografia del contagio e delle ripartizioni di affezioni la cui trasmissione presuppone l'intervento di un numero minore di intermediari e che sono quindi maggiormente funzione di fattori umani quali la densità e il movimento delle popolazioni. I fondamenti ecologici della geografia umana mostrano quali siano i limiti che la natura impone all'espansione delle società umane.

DAL GENERE DI VITA AI RUOLI: l'uomo sfrutta sempre più a fondo le piramidi ecologiche sopprimendo i fattori limitanti e riducendo la concorrenza delle altre specie.

q   I GENERI DI VITA: nelle società arcaiche la divisione dei compiti tra i membri della comunità è inesistente: tutti devono partecipare alle medesime attività. Per descrivere la vita del gruppo è sufficiente prendere un individuo e stabilire come impiega il suo tempo ed il suo spazio. Per esempio tutta la vita dei Diola (Africa occidentale) è scandita dal lavoro della terra. Le donne lavorano e trapiantano il riso e durante il periodo del raccolto esse rimangono al villaggio. Anche i Serer (sempre in Africa, tra Dakar e Senegambia) sono portati a partecipare ai lavori dei campi. Tutti devono partecipare ai medesimi compiti, tutti usano i medesimi utensili.

q   GENERI DI VITA COMPLESSI: L'ESEMPIO DELLA VAL D'ANNIVIERS: quando gli ambienti che il gruppo sfrutta sono contrastanti, le attività sono diversificate. La Val d'Anniviers è la valle di un affluente della riva sinistra del Rodano nel Vallese. Il grosso delle attività degli abitanti della valle si svolge al di sopra di questo tratto, verso il fondo valle. La vita dell'uomo di questa valle si basa su una stretta associazione tra agricoltura e allevamento. La prima è poco redditizia, ma è rimasta indispensabile fin tanto che il gruppo è rimasto chiuso; mentre l'allevamento, la difficoltà consiste nel dover nutrire il bestiame in stalla durante la stagione fredda lunga. Nel cuore dell'inverno tutta la popolazione è riunita nel villaggio che si stende su un pianoro soleggiato sopra la valle. Quando arriva la primavera gli uomini si dividono. Alcuni scendono nella valle del Rodano per tagliare le viti e lavorare i vigneti, Altri restano al villaggio per lavorare i campi e seminarli. Quando le nevi si sciolgono si fa uscire il bestiame prima in basso e poi sale sui pianori (mayens). D'estate sale agli alpeggi. Nel mese di giugno una parte della popolazione li raggiunge dopo aver tagliato il fieno nei prati bassi. Nel mese di luglio e di agosto alcuni adulti scendono per tagliare il fieno del mayens e raccogliere i cereali. In settembre il bestiame fa tappa nel mayens e contemporaneamente una parte degli uomini è scesa nella valle del Rodano per la vendemmia. Con l'inverno uomini e animali si ritrovano al villaggio.

q   LA DESCRIZIONE DEI GENERI DI VITA NELLE SOCIETÀ INDUSTRIALI ED URBANE: UNO STRUMENTO INADEGUATO: sono diverse le attività.

q   I RUOLI: manca la familiarità con le persone della metropolitana; soliti discorsi di politica sul treno.Arrivati al lavoro i ruoli si moltiplicano, assumono un aspetto sociale. Un genere di vita è quindi una raccolta di ruoli. La geografia sociale moderna si fonda sullo studio dei ruoli, di quelli che hanno un valore molto generale e di quelli che appartengono a piccole minoranze.

q   RUOLI DI AZIONE, RUOLI DI TRANSAZIONE, ATTIVITÀ E PAESAGGI: non tutti i ruoli hanno la stessa consistenza e non tutti riguardano gli stessi aspetti dell'esistenza. Per effettuare tutte queste operazioni (agricoltura, allevamento, estrazione.) l'uomo deve disporre di strumenti ed apparecchiature: la descrizione dei ruoli d'azione deve comprendere quindi sia la scena che gli attori. Altri ruoli sono consacrati ai rapporti con gli altri: si parla allora di ruoli di transazione piuttosto che di azione (le attrezzature sono i mezzi di comunicazione). Alcuni ruoli si svolgono in solitudine o nell'ambito ristretto della cellula familiare: sono quello del padre, della madre, del figlio. Tutti questi ruoli implicano una scena fissa (casa.scuola, cinema.). Un geografo svedese, Hagerstrand, ha messo a punto una tecnica di analisi geografia dei ruoli. Egli costruisce un volume il cui fondo è costituito dalla carta della zona considerata e in cui l'altezza misura il tempo: l'esistenza di ciascun individuo viene quindi rappresentata come una traiettoria all'interno del blocco. I periodi di immobilità appaiono come delle verticali, quelli degli spostamenti come delle oblique. I momenti in cui si verificano gli incontri sono rappresentati dall'intersezione di queste diverse traiettorie. L'analisi dei luoghi è assai concreta e porta ad una conoscenza globale della realtà geografica. Essa ritrova molti degli aspetti che l'analisi tradizionale del paesaggio conferiva alla geografia. Descrive infatti ciò che si vede direttamente, i cambiamenti, i movimenti, l'agitazione degli uomini e dei luoghi che essi frequentano.

q   IL FASCIO DELLE RELAZIONI UMANE. LE ENTITÀ TERRITORIALI: se si spinge a fondo la logica di Hagerstrand è possibile raffigurare le società umane mediante schemi semplificati attraverso grafi. I nodi rappresentano i luoghi di residenza dell'uomo, i tratti i suoi molteplici spostamenti ed i flussi che le accompagnano: informazioni, affettività, potere, influenza, beni, simboli e denaro. La matassa delle relazioni può scomporsi in elementi che si pongono a livelli differenti poiché abbracciano spazi estesi: 1) la cellula locale, villaggio o quartiere, ricco di relazioni di natura affettiva, ma che implica una circolazione di denaro; 2) la cellula rappresentata dalla città e dalla piccola regione; 3) la cellula regionale e nazionale; 4) il grande spazio

I RUOLI, LA PERSONALITÀ ED I GRUPPI:

q   RUOLI, LA PERSONALITÀ DI BASE E LA PERSONALITÀ INDIVIDUALE: il padre è responsabile dell'educazione dei figli e deve dedicarsi al lavoro e contemporaneamente ai figli in modo uguale. L'individuo deve fare delle scelte. Il geografo deve spiegare la regolarità che si osserva in termini di localizzazione e di attività. Ruth Benedict si era specializzata nello studio delle civiltà amerinde degli Stati Uniti. Si rendeva conto che, da un popolo all'altro, tutta una serie variava contemporaneamente ed intuì che tali elementi erano legati gli uni agli altri. Un esempio: mentre gli Hopi che si trovavano in un ambiente ostile vivono in pace ed armonia (agricoltori), i Kwakiult sono insopportabili e passano la vita a sfidare i loro vicini in competizioni di prestigio, il potlatch. Gli americani Ralph Linton ed Abraham Kardiner, studiosi di antropologia, hanno proposto di definire la parte della personalità che viene così plasmata dalla civiltà, la personalità di base. Le differenze derivanti dal temperamento proprio di ogni individuo non sono che ritocchi apportati a questo tipo medio. In un ambiente dove la competizione è molto dura, la tendenza a vivere in gruppi compatti è meno marcata che negli ambienti in cui i valori prevalenti portano all'armonia, alla collaborazione, alla socievolezza. L'osservazione dimostra che oltre all'elemento culturale vi è un altro aspetto che plasma la personalità di base, ossia la disposizione stessa degli uomini sulla superficie della terra. In un ambiente rurale tutti si conoscono: non è possibile nascondere alcun aspetto della propria esistenza, della propria personalità. I ruoli seguono l'uomo e lo avvolgono. In un ambiente urbano e soprattutto nella grande città le condizioni di vita sono diverse: quando si cambia ruolo si cambia anche comprimario così che si è sempre conosciuti per uno soltanto degli aspetti. Dal cittadino non si esige la coerenza e la sua personalità è meno segnata dai ruoli. Essa è anche più scialba. Il contadino delle società tradizionali non è stato preparato a servirsi dei mass media. Il cittadino può sempre accedere a fonti di informazione varie e farne uso; la sua conservazione ed il suo comportamento traducono questa facoltà di adattarsi alle novità. I contadino non riesce ad esprimersi.

q   I RUOLI, LE COLLETTIVITÀ E LE CLASSI: alcune collettività risultano da differenze obiettive che si riproducono ovunque, ossia quelle determinate dal sesso e dall'età. Altre risultano dalla divisione del lavoro o da convenzioni o da istituti che reggono la vita sociale, tutti i salariati si trovano in posizione simile rispetto ai loro datori di lavoro. Altre collettività sono create dall'acculturazione e dall'iniziazione alla vita sociale: sono queste le collettività che corrispondono alla comunanza di lingua, religione, etica e filosofia. Tra tutti i membri di una comunità che ricoprono ruoli simili (operai, contadini.) e che si trovano in un momento più o meno importante della loro vita in posizioni equivalenti, esistono le condizioni perché si crei un sentimento di solidarietà, condividendo gli stessi obblighi. Non tutte le collettività danno a classi: affinché si sviluppi la solidarietà è necessario difatti che gli individui abbiano la possibilità di comunicare tra loro; la dispersione ostacola la presa di coscienza. Fino a tempi recenti, il grosso dell'acculturazione avveniva per imitazione in seno alle comunità locali, la famiglia, il clan. Ciò finiva con il fissare come limiti della collettività e di conseguenza delle classi. All'interno di questi confini ristretti, le associazioni per classi d'età, i raggruppamenti corporativi per mestiere si dimostravano molto spesso legati da una forte solidarietà. Nel complesso le società tradizionali non si presentano come società di classe nel senso che viene normalmente attribuito a questa espressione: le sole classi realmente vive sono le classi territoriali o le classi locali che si sono appena citate. Oggi le conoscenze si diffondono rapidamente (mass media.) e la facile diffusione delle idee facilita la presa di coscienza della condizione di ciascuno rispetto ai propri simili ed agli altri. La collettività dispersa è diventata una classe. Le solidarietà economiche e professionali sono quelle più fortemente sentite.

q   I RUOLI E LE ORGANIZZAZIONI: la descrizione delle collettività non costituisce un fine in se stesso: il suo interesse sta nel fatto che esse vengono mobilitate e divengono la realtà sociale fondamentale. Con l'approfondirsi della conoscenza reciproca, con l'arricchirsi del passato comune, si precisa il gioco delle aspettative e delle ricompense: il gruppo nasce dalla complementarità stessa dei ruoli e delle posizioni sociali di ciascuno e va gradualmente rafforzandosi. Le unità che vengono così a crearsi si disgregano facilmente con il sopravvenire di nuove situazioni e generalmente non hanno né fondamenta né configurazioni fisse: non hanno quindi presa sul paesaggio. Ma quando gli scambi riguardano problemi vitali, quando implicano un'azione collettiva che mette in gioco il potere, il prestigio, la ricchezza, vengono allora codificati o istituzionalizzati. Si parla adesso di relazioni societali. L'antropologo Jacques Maquet propone di distinguere 7 tipi elementari di relazioni: 1) il potere puro, 2) l'associazione, 3) lo scambio, 4) la discendenza, 5) l'alleanza, 6) il rapporto di tipo feudale o clientelare, 7) il rapporto di ineguaglianza generalizzata o di casta. Per un'analisi delle società complesse è necessario aggiungere altri due tipi fondamentali: 8) rapporto potere-autorità e 9) la burocrazia. È possibile schematizzare i due ordini di direzione: una dimensione verticale o gerarchica che partendo da un singolo individuo o da un piccolissimo gruppo lega con rapporti successivi a diversi livelli tutti i membri del gruppo. L'altra dimensione si sviluppa in senso orizzontale tra membri che si pongono su un piede di parità. Rapporti che si reggono su queste principio possono estendersi da vicino a vicino fino a molto lontano, almeno in teoria, ma non possono convenire ad imprese complesse le quali possono reggersi unicamente su strutture gerarchiche. L'associazione e lo scambio corrispondono alle forme-limite dei rapporti di tipo orizzontale. Nel primo caso ciò che li unisce è la volontà di cooperare; nel secondo si contrappongono in una concorrenza egoista. I rapporti di discendenza introducono legami gerarchici di natura biologica ed affettiva molto tenaci. I sistemi feudali o di casta introducono una gerarchia tra gli stessi gruppi familiari e possono quindi unire popolazioni assai più numerose. Essi si confanno a sistemi di produzione più evoluti. Anche in questo caso si tratta di sistemi in cui il posto di ciascuno è fisso fin dalla nascita. Nessuna società complessa e numerosa può funzionare se l'autorità esercitata dal sovrano o dai governanti non è accettata come legittima dalla maggior parte della popolazione. Il potere politico, anche se basato sul consenso, non può esistere senza lo strumento rappresentato dalle amministrazioni. Il dominio delle organizzazioni si estende incessantemente: esso comprende gli affari amministrativi, ma anche tutti i settori dell'economia, tanto è vero che le società moderne sono fatte di reti così fitte di rapporti burocratici che questi finiscono per regolare la maggior parte dei gesti della vita quotidiana. Il dominio delle organizzazioni si estende incessantemente: esso comprende gli affari amministrativi, ma anche tutti i settori dell'economia. L'impresa, l'amministrazione dello stato, la chiesa legano gli individui non in tutti gli aspetti della vita, bensì riguardo a un ruolo preciso che deve risultare articolato con quelle di altri membri della comunità. Il posto di ciascuno non dipende da privilegi di nascita, ma dalla competenza dell'individuo. Ci sono poi i legami di tipo orizzontale; tali legami soprattutto ai livelli più elevati sono di ordine tecnico e assicurano il coordinamento di operazioni complesse. La solidità dei legami e l'intensità delle comunicazioni sono tali che la sua azione può estrinsecarsi su territori molto estesi. La gerarchia sociale corrisponde sempre ad un'organizzazione gerarchica del territorio: circoscrizioni.

q   L'ARCHITETTURA SOCIALE: le differenze legate alla morfologia dei gruppi permettono di contrapporre nelle società urbanizzate, i cittadini ai contadini (si attenua con in progressi nel campo delle comunicazioni). Una società comporta un numero più o meno elevato di collettività in funzione della diversità più o meno marcata dei ruoli che vi si riveste. La divisione del lavoro moltiplica, soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale, i tipi di occupazione ed i tipi di posizione sociale nelle diverse piramidi gerarchiche che strutturano l'attività nelle società moderne. Le collettività legate all'età e al sesso seguono nel complesso la dispersione della popolazione con alcune sfumature significative: alcune regioni attraggono i pensionati; nelle campagne le donne in età giovane sono meno numerose degli uomini; le coppie giovani con numerosa prole si stabiliscono nelle cinture periferiche. C'è una grande concentrazione di lavoratori nell'industria. La diversa accessibilità ai divertimenti, alle possibilità di lavoro e di distrazione rafforza allora spesso le discriminazioni tra i gruppi ed aggrava le ingiustizie sociali. I sentimenti di appartenenza si presentano spesso sovrapposti: ci si sente membri di una comunità locale, di una regione, di una nazione. Le classi territoriali hanno avuto un ruolo pressoché esclusivo nelle civiltà tradizionali a causa della scarsità dei mezzi di comunicazione. Le solidarietà si esprimono soprattutto a livello locale. Nei paesi di civiltà industriale, le burocrazie uniscono individui provenienti da tutte le regioni e residenti in luoghi lontani attorno ad uno stesso interesse, per gli stessi compiti o le stesse produzioni. Le architetture delle società umane sono fatte di elementi che combinano in sé tutti questi diversi temi talvolta in modo armonioso, ma talvolta anche con tensioni che sottolineano il bisogno costante di adattamento e di trasformazione o con conflitti che sono dannosi alla solidità dell'insieme.

LA GEOGRAFIA SOCIALE GENERALE

q   LA REGOLA DELL'INDIVIDUALISMO METODOLOGICO: che cosa spiegano l'organizzazione dei gruppi e le configurazioni spaziali che questi adottano? L'osservazione sociale ha dimostrato quanto i comportamenti siano stereotipati: non è forse questa un'indicazione del fatto che l'individuo non conta? In campo sociale l'unica realtà osservabile è l'uomo.

q   LA VITA SOCIALE: vi sono due grandi modi di concepire la vita sociale: 1) il primo consiste nel vedervi l'effetto di una volontà istituente, nel leggervi un disegno e l'ambizione di fornire agli uomini vantaggi che l'individuo isolato non può conoscere. 2) altri concepiscono la società come la risultante di una predisposizione biologica e di un'evoluzione che avrebbe a poco a poco avvantaggiato i raggruppamenti aventi la struttura migliore. La prima versione si presta meglio a mettere in evidenza la logica dei raggruppamenti e giustificare l'esistenza di regole alle quali questi ultimi devono sottostare per funzionare in maniera soddisfacente. La seconda si presta meglio all'analisi delle situazioni esistenti e della loro genesi ed è per questo che si intende adottarla. Ogni società deve, per svilupparsi, svolgere determinate funzioni: deve assicurare la sostituzione degli individui, provvedere alla loro alimentazione, trasmettere la cultura, soddisfare le aspirazioni.La vita sociale affonda le proprie radici nelle necessità biologiche. Essa si sviluppata progressivamente nel corso dell'umanizzazione della nostra specie. Nasce innanzitutto dagli appetiti sessuali e dalla riproduzione. I genitori provvedono all'alimentazione dei loro figli ed è questa la prima forma di solidarietà che riveste un ruolo fondamentale in tutta la vita collettiva. I giovani hanno l'istinto dell'imitazione de apprendono così gli schemi di comportamento che sono alla base della cultura. La vita in gruppo agli individui vantaggi diversi. Essa assicurare soddisfazioni materiali maggiori dal momento che la divisione del lavoro permette di trarre miglior vantaggio dall'ambiente e di accrescere la ricchezza collettiva. La vita in gruppo offre alla persona la possibilità di realizzarsi. I vantaggi derivanti dalla vita sociale sono molto spesso all'origine delle tensioni che la contraddistinguono. Il confronto delle singole volontà minaccia l'ordine collettivo poiché rischia sempre di provocare in esso una scissione definitiva. Gli individui sono costantemente alla ricerca di un segno del successo, di un qualcosa che li distingua socialmente: si tratta della ricchezza, del prestigio o del potere. La competizione avrebbe rapidamente la meglio sulla solidarietà se non venisse mantenuta entro limiti accettabili. L'insieme di regole e di istituzioni che permettono così al gioco degli individui e dei gruppi di svolgersi in condizioni soddisfacenti viene chiamato sistema sociale o struttura sociale.

q   LO SPAZIO NELLA VITA SOCIALE: a che serve lo spazio nella vita sociale? Lo spazio è anzitutto il supporto di ogni attività: esso serve alla pesca, alla caccia, alla raccolta. Affinché le transazioni si svolgano facilmente è necessario disporre di luoghi ove riunirsi e di attrezzature per le comunicazioni a distanza. Quando la giornata di lavoro è terminata, le famiglie si riuniscono nelle case, i giovani giocano nei giardini o nei campi sportivi. La molteplice utilizzazione dello spazio è un dato fondamentale della civiltà avanzata. Tutte le attività consumano spazio e lo spazio è limitato. Per umanità molto diluite esso può apparire come un bene libero, ma quando le densità aumentano e le utilizzazioni del suolo diventano sempre più specializzate al punto che una esclude l'altra, le cose cambiano. La società deve evitare lo spreco. Quando aumenta la pressione sulle risorse, l'appropriazione collettiva appare spesso come un intralcio. La specializzazione nell'utilizzazione del suolo si aggiunge ai vantaggi derivanti dalla divisione del lavoro nella promozione degli scambi e della vita di relazione. Se gli spostamenti sono impossibili, o troppo costosi, ciascuno tenta di produrre tutto ciò di cui ha bisogno: si utilizzano quindi suoli mediocri e si lavora in piccolo, il che impedisce la realizzazione sia di un elevato grado di competenza in qualsiasi campo sia di economie di scala. La dispersione è un ostacolo alla vita sociale nella misura in cui rende difficili trasporti e comunicazioni. I mezzi di trasporto moderni implicano la costruzione di infrastrutture costose, tanto più massicce quanto più intenso è il traffico che devono sostenere. Il progresso si traduce nella comparsa di una geografia contrastata di spazi periferici e zone innervate dai grandi assi di comunicazione moderne. La dispersione rappresenta un ostacolo forse maggior per lo scambio di informazioni che per la circolazione dei beni. Ogni messaggio viene codificato da colui che lo invia, trasmesso lungo una linea e quindi decodificato. L'efficacia dell'insieme dipende al tempo stesso dall'importanza dei filtri delle due estremità, ossia al momento della codificazione e a quello della decodificazione e dalle qualità intrinseche della linea. Su quest'ultima, la distanza introduce dei disturbi che rendono il messaggio confuso e al di là di un certo limite, indistinto. Le relazioni dirette, faccia a faccia, riducono al minimo l'effetto filtro. L'acculturazione dà i migliori risultati quando i partner, adulti e bambini, sono in contatto quasi costante. Nelle società più progredite, la comunicazione faccia a faccia continua ad essere indispensabile in molti campi. E' tuttavia possibile comunicare al di là del cerchio della vita quotidiana anche in assenza di mezzi di comunicazione a distanza; per far questo è sufficiente muoversi, spostarsi. Al fine di ridurre il tempo ed il prezzo degli spostamenti, si ha interesse a situarli nel cuore della zone che servono: la formazione delle località centrali è quindi il risultato di sforzi effettuati al fine di rompere l'isolamento delle piccole cellule locali e creare trasparenza su grandi spazi. Quando un'impresa commerciale si localizza in una località centrale, in una città, essa non deve fare alcuno sforzo per attrarre la clientela che è attratta dall'insieme di servizi già esistenti. Anche in questo caso si parla di esternalità. A livello della vita quotidiana colui che vive in una città gode di più il suo giardino se ha dei vicini amabili: esternalità positiva. Perde il gusto di starvi nel caso contrario: esternalità negative. Gli scambi di informazioni possono tendere ad un'altra finalità, il controllo per esempio. I comportamenti individuali sono pienamente liberi solo qualora sfuggano totalmente allo sguardo altrui. A partire dal momento in cui l'individuo si sente osservato, questi modella la propria azione sulle aspettative. A questo si arriva in due casi: 1) nelle aree scarsamente popolate è sempre facile isolarsi, 2) nelle aree si sovraffollamento e di spostamenti intensi, di estrema mobilità, l'individuo ritrova la libertà che l'aumento di densità gli aveva tolto. Il governo deve controllare tutto ciò che avviene o farlo osservare dai suoi agenti. Lo spazio interviene obiettivamente nella vita dei gruppi introducendo un antagonismo tra le forze centrifughe (ossia derivanti dallo sfruttamento del supporto ecologico e dalla necessaria specializzazione nell'utilizzazione del suolo) e le forze centripete (ossia le forze derivanti dall'esigenza di comunicare, di formare una comunità). Per ciascun individuo lo spazio risulta colorato dall'esperienza che questi ha avuto dalla vita. I luoghi che gli sono familiari, quelli in cui è conosciuto, amato, apprezzato, quelli in cui è stato felice vengono messi in risalto. Quelli che nel ricordo evocano le difficoltà, gli ostacoli, vengono annullati.

q   PERCEZIONE, RAPPRESENTAZIONI, VALORI E CULTURA: le distanze vengono valutate in funzione della fatica che si fa a coprirle od in funzione delle informazioni che ricevono da località lontane. La carta mentale è anche condizionata dal valore che si attribuisce ai diversi luoghi: i più piacevoli sono i più desiderati ed appaiono quindi spesso più vicini. Quando si chiede a delle persone qual è il luogo in cui preferirebbero stabilirsi se fossero costretti ad abbandonare la propria residenza, la maggior parte di queste rimangono legate alla propria regione. Anche la percezione dell'ambiente sociale ha delle implicazioni geografiche. Nelle città, alcuni quartieri vengono rifiutati. Coloro che desiderano affittare un appartamento od acquistarlo rifuggono da certe zone perché l'ambiente sembra loro spiacevole; in un grande complesso, si notano fin dalla prima visita, bande di giovani con capelli lunghi che mantengono nella strada o nei cortili una certa effervescenza: basta questo per scoraggiare coloro che hanno i mezzi per scegliere. La formazione che si riceve nel proprio ambiente, a scuola, più tardi nei posti di lavoro in ufficio, conferisce o toglie importanza ai fatti, li giustifica con valori che ciascuno ha imparato ad interiorizzare e prepara la standardizzazione della percezione in immagini preconfezionate che essa trasmette.

q   LA DECISIONE: DAL CONDIZIONAMENTO ALLA SCELTA RAZIONALE: al momento della scelta è raro che l'individuo proceda ad un'analisi dettagliata delle condizioni e dei luoghi; egli fornisce piuttosto una valutazione globale dell'ambiente fisico e sociale. La scelta è sempre difficile. Perché darsi la pena di raccogliere informazioni sull'ambiente, sulle opportunità nuove offerte dall'evoluzione delle tecniche o delle condizioni di mercato quando si è contenti della propria sorte? Se ad esempio la decisione di affittare un appartamento è motivata dalla ricerca di aver una bella vista, di vivere in un quartiere piacevole, non inquinato, l'importanza dell'aspetto geografico è evidente. Ciascuno in generale spera: di assicurarsi le risorse necessarie alla sopravvivenza, di disporre di un luogo dove riposare e vivere solo o con la famiglia, di frequentare altre persone al fine di soddisfare le proprie esigenze di affettività, di frequentare altre persone al fine di beneficiare dei vantaggi derivanti dalla divisione intellettuale, di disporre di luoghi dove praticare lo sport, muoversi.

q   I MECCANISMI DI ADATTAMENTO DELLE DECISIONI: l'adattamento delle decisioni può essere concepito in tre diversi modi: po' nascere dall'interiorizzazione delle regole comuni e dall'amore per il bene collettivo (manca di efficacia) ; può derivare da un meccanismo automatico che assicura l'armonizzazione delle decisioni senza che l'individuo debba preoccuparsi di pensare alla collettività ed infine può esprimere la volontà di un coordinatore. L'adattamento delle decisioni è il risultato a volte dell'azione autoritaria di un capo il quale osserva ciò che vi è di contraddittorio nelle intenzioni individuali ed arbitra ed impone con la sua autorità la soluzione più soddisfacente per la collettività. Perché gli adattamenti automatici si svolgano senza ostacoli è opportuno che gli agenti non siano dotati né di potere né di influenza e che non vi sia alcuno di essi che sia in grado di imporre la sua volontà agli altri; reciprocamente la volontà individuale deve piegarsi alla volontà dei molti. Se si ritrovano riunite queste condizioni, basta che esistano dei sistemi di istradamento a ritroso delle informazioni, dei sistemi di feedback perché tutto funzioni bene. I venditori sono disposti a fornire la quantità richiesta dagli acquirenti soltanto se viene loro offerto un prezzo soddisfacente che però è troppo elevato per gli acquirenti, i quali riducono la domanda. Poco a poco, gli adattamenti di domanda ed offerta proseguono finché si arriva al prezzo che pareggia domanda ed offerta. Il meccanismo presuppone che le parti che si confrontano si scambino numerose informazioni in breve tempo e che possano aver fiducia l'una dell'altra. Gli antropologi hanno dimostrato che la teoria della regolazione automatica si applica ai ruoli nelle società ristrette. Perché gli individui rispondono alle aspettative riposte su di loro? Per meritare la stima degli latri partecipanti ed assicurarsi una posizione che conferisca loro considerazione e sicurezza. Esiste in campo economico un tipo di automatismo diverso: è quello della circolazione dei redditi ed è il solo che sia capace di creare una certa coerenza in seno ad un gruppo numeroso e distribuito su una vasta estensione. In campo economico la libertà di scelta degli individui è limitata dai redditi di cui dispongono. La regolazione sociale è quindi assicurata dalla circolazione del denaro in seno all'economia, dalle imprese alle famiglie, da queste al mercato ed alle imprese nuovamente; la distribuzione dei redditi obbedisce alla logica di mercato. I settori che sono caratterizzati da una domanda crescente distribuiscono redditi più elevati, danno da vivere ad un numero maggiore di individui e li fanno vivere meglio. L'esempio della circolazione dei redditi dimostra come le società di grandi dimensioni arrivino ad essere strutturate: è combinando meccanismi che nessuno è da solo capace di regolare che si creano architetture sociali di ogni dimensione.

q   L'ADATTAMENTO DELLE DECISIONI NELLE SOCIETÀ COMPLESSE E L'ARCHITETTURA SOCIALE: l'adattamento delle decisioni è soggetto a due vincoli che risultano sia dalle condizioni di vita materiali sia dal clima che regna nei gruppi nell'ambito dei quali le decisioni vengono prese. Affinché i meccanismi di adattamento risultino efficaci è necessario che venga definita una procedura per le decisioni aventi effetti collettivi. E' anche necessario che ciascuno disponga di informazioni valide sulle intenzioni e sui bisogni di tutti. Lo svolgimento pacifico della vita dipende dalle regole ammesse in materia di conciliazione delle tendenze conflittuali. La vita della società dipende dai mezzi che permettono di superare l'ostacolo della distanza e moltiplicare gli individui che la compongono: i fattori tecnici sono essenziali per comprendere la massa dei raggruppamenti. Non è tuttavia sufficiente disporre di mezzi tecnici adeguati per vincere le distanze; se non si è ancora sicuri delle informazioni che vengono trasmesse, questi mezzi servono a ben poco quando occorre agire. Le telecomunicazioni e gli spostamenti rapidi favoriscono l'instaurarsi di una buona trasparenza. La fiducia ha una dimensione ideologica: non esistono grandi stati senza una dottrina di legittimazione del potere. Una società di piccole dimensioni può appoggiarsi su rapporti di denominazione ridotti al minimo e su un numero di automatismi. Nelle culture che non rifiutano il potere, il funzionamento della società può assumere altre forme. Fintanto che le tecniche di comunicazione a distanza sono rudimentali, il problema della trasparenza rimane difficile da risolvere . Il potere tenta di limitare al massimo le informazioni e le notizie di cui ha bisogno lasciando larga autonomia alle cellule locali. Per tentare di racchiudere la comunità territoriali di base in una rete efficace di controllo, è necessario ricorrere a tutta una gamma di relazioni societali nessuna delle quali è sufficiente a strutturare grandi spazi e gruppi numerosi. Lo stato è un momento fondamentale nel sistema di regolazione. Lo stato autocratico non può tuttavia sperare di mantenere a lungo la fiducia della maggior parte dei suoi sudditi anche se si basa su ideologie pregnanti. Lo spazio rimane uno degli elementi chiave dell'architettura sociale: gli individui non vivono in un vuoto in cui sarebbero assolutamente liberi di costruire a loro gradimento il sistema che preferiscono. Il ruolo della teoria sociale, economica e politica in geografia è tracciare il quadro di queste necessarie correlazioni. La teoria sociale per spiegare i meccanismi operanti nei gruppi fa intervenire dati diversi: la fecondità dell'ambiente, lo stato delle tecniche, i tipi di architettura sociale conosciuti e le ideologie ricevute. La geografia ha per lungo tempo insistito sull'importanza di questo ambiente. La realtà è più complessa: i problemi che la società affronta nascono da squilibri che si sviluppano tra le sue componenti. La pressione demografica diviene eccessiva per l'ambiente, le tecniche offrono la possibilità di risolvere problemi fino a quel momento irrisolvibili, i sistemi di relazioni sociali non sono più in armonia con i valori accettati, con le ideologie condivise.

LA GEOGRAFIA ECONOMICA GENERALE: la ripartizione dei gruppi umani è plasmata al tempo stesso dai vincoli ecologici e dai rapporti che le società alimentano nel loro interno e con l'esterno. La geografia sociale si interessa alle configurazioni complesse di un grafo in cui i nodi rappresentano gli uomini e i tratti gli spostamenti che essi effettuano o i flussi che essi generano. La teoria spaziale è difficile da costruire: la situazione più chiara è quella in cui tutti gli operatori sono razionali, non possono esercitare individualmente alcun potere sugli altri ma sono incapaci di resistere alla pressione di un gruppo. In un mondo di questo tipo, le solidarietà affettive, quelle che altrove danno vita a classi sociali, non hanno alcuna importanza. Molti geografi hanno contestato le semplificazioni che il metodo dell'economia teorica impone, poiché non sono riusciti a capire che è sempre possibile introdurre nuovamente i dati inizialmente scartati, una volta spiegati con certezza taluni aspetti della realtà.

q   EQUILIBRO SPAZIALE, MOBILITÀ E TRASPARENZA: la geografia economica, come la geografia sociale, tenta di chiarire la morfologia dei gruppi umani ed i flussi che la caratterizzano, ma ponendosi in un contesto più semplice. Ogni uomo è di volta in volta produttore e consumatore. La dispersione del corpo sociale appare come un ostacolo alla vita di relazione , poiché nuoce alle comunicazioni, ai trasporti ed agli spostamenti. Mentre la geografia sociale deve tenere conto delle tensioni e dei periodi di crisi, di confronto e di rottura della coesione sociale, la geografia economica si pone in un contesto in cui i conflitti non possono radicalizzarsi. L'accumulazione permette l'aumento dei redditi, l'arricchimento e la differenziazione dello spazio. La localizzazione degli operatori economici non dipende dall'autorità di nessuno. Ciascuno si stabilisce in funzione dei propri desideri e dei propri mezzi. Il fine dichiarato dell'uomo economico è quello di massimizzare una funzione di utilità. L'utilità dipende dal reddito disponibile, dal tempo libero, dalla piacevolezza dei luoghi dove ci si trova. La localizzazione degli operatori avviene nel quadro della concorrenza per l'utilizzazione del suolo. L'imprenditore tenta di guadagnare il massimo scegliendo la miglior sede per la sua impresa. In definitiva è colui che può offrire il prezzo più elevato per un determinato pezzo di terra, che la otterrà. La prima tappa riguarda la diversità delle attività e delle aspirazioni dei produttori e dei consumatori. In un contesto di questo tipo, i rapporti più semplici sono quelli basati sulle informazioni. La seconda tappa riguarda universi in cui la mobilità non è più trascurabile e la trasparenza buona.

q   AUTARCHIA, UNIFORMITÀ E DIVERSITÀ: se lo sfruttamento dell'ambiente è insufficiente ciascun individuo deve disporre di un supporto ecologico molto esteso e dedicare la maggior parte del suo tempo a sfruttarlo. Le scelte a disposizione degli individui o dei gruppi sono, nella maggior parte dei casi, assai ridotte: non possedendo le tecniche della comunicazione a distanza, anche la gamma delle altre tecniche rimane limitata: gli individui risultano incapaci di analizzare l'ambiente con chiarezza sufficiente a comprenderne le molteplici possibilità di sfruttamento. In un ambiente fortemente opaco, come è possibile che si costituisca l'insieme degli strumenti intellettuali che fissano i limiti della scelta? Si possono avere tre fonti: l'invenzione o l'innovazione autonoma, la trasmissione delle conoscenze in loco, la trasmissione delle conoscenze per diffusione, per imitazione del vicino. La prima evenienza è eccezionale; esistono sempre delle piccole innovazioni che modificano progressivamente una tradizione. Il grosso delle conoscenze si apprende in loco. L'immobilità assoluta non esiste, tutti i gruppi si adattano e si evolvono, ma quelli che vivono chiusi in se stessi non possono farlo che con difficoltà nel volgere di lunghi periodi. Tra questi due estremi di configurazione vi è il caso creato dall'ondata stessa di innovazione, fintanto che gli individui ed i gruppi non conoscono le nuove tecniche, restano fedeli alle antiche; quando vengono in contatto con vicini che hanno accettato l'innovazione, possono documentarsi. Tra il momento in cui si apprende ed il momento in cui il comportamento si modifica passa un intervallo variabile.

q   I MODELLI FONDAMENTALI DELLA GEOGRAFIA ECONOMICA: gli operatori di cui si studia l'azione e la localizzazione hanno in comune il desiderio di migliorare il proprio benessere: le questione morali o spirituali li lasciano indifferenti. Si suppone inoltre che non abbiano problemi affettivi così che non si prende in considerazione il ruolo di questi ultimi nella genesi delle configurazioni. Si possono distinguere tre categorie di lavoratori: agricoltori, operai ed artigiani che trasformano la materia ed infine tutti coloro che producono servizi materiali od immateriali. Il primo vincolo imposto al sistema è rappresentato dalle esigenze di spazio dell'agricoltura. Non si può decidere di stabilirsi dove si vuole per coltivare la terra che si preferisce. La questione che l'economista si pone non è tanto sapere come e dove l'agricoltore si stabilisca, quanto di capire che cosa induca i coltivatori a scegliere una certa coltura in una certa regione. Il secondo vincolo imposto al sistema proviene dalla scarsa trasparenza dello spazio. Quando il raggio aumenta si vede aumentare il carico di funzionamento del sistema: esiste una dimensione limite al di là della quale il sistema stesso non può operare normalmente. Artigiani ed operai sono relativamente più liberi rispetto alle altre categorie, poiché molti dei materiali che essi trasformano provengono da cave ed essi sono legati agli altri dalla necessità di vendere la loro produzione. Dal momento che gli articoli che essi producono vengono scambiati sul mercato, per l'industria è questa la situazione che conta, piuttosto che quella dei consumatori. Il modello di localizzazione agricola di von Thunen: ogni ettaro di terra può essere coltivato con uno dei prodotti ipotizzati. Per decidere l'agricoltore calcola ciò che può rendergli ciascun ettaro secondo le diverse culture. Ogni prodotto è venduto ad un certo prezzo, che si stabilisce sul mercato M a seguito del confronto acquirenti-venditori. Ciò che ogni ettaro rende è uguale a P ( v per le verdure, f per il frumento, c per la carne).L'agricoltore che vive a distanza x dal mercato sa che deve detrarre, per ottenere il reddito netto di un ettaro, le spese di trasporto. Se definiamo T il costo del trasporto del raccolto di un ettaro coltivato a frumento, a verdure e a carne, i redditi netti del coltivatore residente a X saranno quindi secondo i raccolti, P-x e varieranno sia con i prezzi dal centro sia con l'ineguale incidenza delle spese di trasporto. Il frumento è meno pesante e più durevole; un ettaro rende meno se situato presso il centro, ma la diminuzione del reddito netto con l'aumentare della distanza è molto scarsa; ad una cera distanza diventa più conveniente produrre frumento. La carne rende poco all'ettaro vicino al centro, ma poiché si tratta di un prodotto che comporta spese di trasporto ridotte (le mandrie si spostano con i propri mezzi), la diminuzione del reddito netto con l'aumentare della distanza è molto scarsa. Ciò che regola il prezzo di mercato è la differenza dell'onere delle spese di trasporto sostenuto per il raccolto di un ettaro secondo i prodotti. La domanda risulta quindi superiore all'offerta stessa, determinando un aumento del prezzo delle verdure e della carne. La zona destinata all'allevamento di bestiame per la produzione di carne si amplia verso l'esterno e quindi l'aumento della domanda in M si traduce in un allargamento dell'area di produzione che ruota attorno al mercato centrale. Se gli agricoltori non dovessero pagare per l'uso della terra le cose non andrebbero certamente così. Ma essi non sono liberi. Per dimostrarlo è conveniente supporre il caso in cui tutte le terre siano in affitto. L'affitto è determinato dal ricavo netto per ettaro. Accade spesso che i proprietari terrieri abitino in città, in M, dove spendono i loro redditi in prodotti artigianali e servizi: essi forniscono così ad operai ed impiegati stipendi e salari che permettono a quest'ultimi di acquistare i prodotti alimentari dei quali hanno bisogno; è pertanto possibile il funzionamento dell'insieme dell'unità economica composta dalla città e dalla campagna. Il modello di localizzazione industriale di Weber gli impianti industriali non coprono mai una superficie molto estesa. L'ingegnere o l'economista incaricato di impiantare una nuova industria hanno un'ampia possibilità di scelta per quanto riguarda la sede: il problema è trovare la soluzione più vantaggiosa. Le materie prime provengono talvolta dai raccolti. In tali condizioni, quando il mercato era locale, come avveniva per le tele di lino, canapa, era interesse dell'artigiano lavorare vicino sia alla materia prima sia al mercato del consumo. L'industria era allora dispersa sul territorio. Talvolta era localizzata nei borghi. La dispersione era tanto più vantaggiosa in quanto non esistevano per l'assenza di meccanizzazione, economie interne di scala: l'artigiano isolano lavorava su un piede di parità con il manifatturiere. La rivoluzione industriale ha rovesciato i termini del problema. Ormai le fabbriche hanno bisogno di energia, fornita generalmente dalle miniere; è questo un settore di attività in rapida espansione. In campo tessile, si utilizzano sempre meno le materie prime locali. Trovare la localizzazione ottimale equivale a scoprire il punto il cui l'impresa guadagna di più. Se si suppone che la scala ottimale della fabbrica sia determinata dallo stato della tecnica e se la produzione affluisce interamente verso un mercato puntiforme dove il prezzo viene stabilito indipendentemente dall'azienda produttrice, la soluzione sta nel minimizzare le spese di lavorazione e di trasporto sopportate dall'impresa. Weber: si supponga che il costo della manodopera sia costante, dal momento che il costo del capitale investito (macchinario, immobili) lo è quasi necessariamente, nei grandi paesi industrializzati. Gli elementi che possono variare sono i costi di trasporto a carica dell'impresa. Il problema consiste nel minimizzare il costo dei trasporti di materie prime, energia e prodotti fabbricati. La teoria di Weber mostra che le imprese tendono ad impiantarsi vicino alle fonti di energia e di materie prime quando queste ultime sono molto pesanti e quando il prodotto perde molto peso nel corso della lavorazione. La manodopera molto costosa attrae le industrie ad alta intensità di lavoro (industrie tessili). Conviene affrontare delle spese di trasporto elevate se si può avere un'industria più potente piuttosto che accontentarsi di piccoli impianti dove la scala di lavorazione è insufficiente. Il modello delle località centrali di Christaller e Losch i servizi, in quanto attività, hanno la caratteristica di presupporre rapporti diretti tra cliente e prestatore. Nella maggioranza dei casi sono i clienti a muoversi, poiché il tempo degli specialisti è più prezioso del loro. La teoria delle località centrali si riallaccia a questo caso generale: essa pone il problema di dove debbano collocarsi i fornitori di servizi per meglio servire una popolazione dispersa. All'onorario che il cliente ha pagato si aggiunge ciò che egli ha speso in trasporto. Con l'aumentare della spesa diminuisce la quantità del servizio richiesto fino al limite in cui la domanda si annulla. Per garantire che l'intera pianura venga debitamente servita, è opportuno che in centri risultino abbastanza vicini perché non vi sia alcun punto oltre la portata limite del servizio a partire da un centro. Le specialità rare, per prosperare, devono disporre di una clientela numerosa e non possono di conseguenza essere presenti in tutti i luoghi centrali elementari. Esse si collocano in alcuni di essi e definiscono così delle reti di esagoni di dimensioni più vaste.

q   I MODELLI DI EQUILIBRIO TERRITORIALE E DI POLARIZZAZIONE: i modelli di localizzazione presentati aiutano a comprendere come le attività siano legate nella loro sistemazione spaziale. Ricardo ha elaborato la teoria del vantaggio. Si prendano due territori molti diversi: il primo, piccolo; il secondo meno popolato. Nel paese A il fattore lavoro è abbondante, mentre manca il fattore terra; in B accade il contrario. Prima che si instaurino gli scambi, ogni tentativo deve produrre quanto è necessario. Cominciano gli scambi: ciò che può essere esportato da A sono i tessuti la cui produzione richiede un largo impegno del fattore del lavoro. Il paese B offre grano. Così facendo ciascun territorio arriva ad un livello di soddisfazione superiore a quello precedente l'inizio degli scambi. In A il fattore lavoro diventa relativamente meno abbondante poiché i prodotti che esso permette di ottenere vengono esportati. In B è il fattore terra che, relativamente, diminuisce. Si prendano ora due territori aventi dimensioni uguali, uguale popolazione ed uguali attitudini per la produzione. Si supponga anche che abbiano economie identiche, che fabbrichino lo stesso numero di prodotti in condizioni similari: non hanno alcun interesse a sviluppare gli scambi se non esistono economie di scala cosicché il loro sviluppo rimarrà identico.

q   I MODELLI DI GRAVITAZIONE E DI POTENZIALE: è opportuno moltiplicare i contatti: ciascun individuo arricchisce in ragione della sua semplice presenza dell'esistenza di coloro che possono frequentarlo. Questa attrazione è tanto più forte quanto più grande è il numero di individui presenti in un dato punto, tanto più debole quanto maggiore è la distanza che li separa. La forza di attrazione ha la seguente formula: A= MM' + Db dove M è la massa all'origine, M' la massa all'opposto, A l'attrazione, D la distanza tra M e M', b un coefficiente. Il modello di gravitazione non tiene conto delle diversità delle attività economiche: esso prende in considerazione unicamente gli individui o i gruppi ai quali conferisce il medesimo peso. Nell'ambito di un'economia, è utile farsi un'idea del complesso di attrazioni accumulate in ciascun punto dal richiamo di tutti i luoghi abitati: ciò permette di confrontare il vantaggio che offre la localizzazione in ciascun punto e di caratterizzare l'organizzazione dell'insieme dello spazio economico. Il potenziale in un punto X si ottiene effettuando la sommatoria delle forze esercitate da tutti gli altri punti. E' inutile far figurare ogni volta il fattore M/D che si ripete; è sufficiente calcolare i quozienti M'/D dove D acquista successivamente i valori di D1, D2 che separano i punti 1, 2.N di popolazione M1, M2.

LA GEOGRAFIA DELLA POPOLAZIONE: la geografia della popolazione permette di sottolineare come i fattori ecologici ed i fattori tecnici interferiscano tra loro; essa è in grado di spiegare l'esistenza di regioni caratterizzate da determinati regimi demografici e da una determinata capacità di controllare l'ambiente.

q   I REGIMI DEMOGRAFICI: si è parlato dei limiti che la natura assegna normalmente alla durata della vita umana ed alla capacità di questa di riprodursi. Nelle situazioni reali di cui si occupa la geografia, mortalità e longevità sono sempre inferiori a questi dati: la vita è minacciata dalle carenze determinate dalle lacune del regime alimentare, dalle aggressioni microbiche o chimiche. La durata della vita degli individui è quindi ridotta. Nella maggior parte dei paesi sviluppati la longevità varia solo leggermente da un periodo all'altro. Quando le guerre portano epidemie e carestie, la situazione diventa critica. Una volta passata la crisi ed al termine del periodo necessario perché gli individui recuperino il proprio equilibrio biologico, la situazione migliora. Per un periodo a volte abbastanza protratto, la durata media della vita si allunga. La longevità è limitata nella quasi totalità dei casi, da un tasso elevato di mortalità nei primi anni di vita. A partire dal 1850 grazie al miglioramento della legislazione sul lavoro e sugli alloggi, si assiste ad un aumento generale della durata media della vita, come pure al ridursi dello scarto esistente tra i vari strati della società. I detentori dei redditi più elevati non hanno necessariamente una speranza di vita tra le più lunghe (dipende dal tipo di vita che conducono). A livello degli operai generici e della massa di manovali, la situazione è peggiore. La diversa mortalità è un tratto permanente delle società, ma si manifesta in maniera ineguale secondo le situazioni ed i livelli di sviluppo. Per capire la forma particolare che assume la piramide delle età è opportuno considerare in che modo il gruppo si riproduce. Si interroghino 1000 donne che raggiungono i 50 anni (momento in cui si chiude il periodo di fecondità) e si annoti quante di loro hanno avuto un figlio e quale età. Il quadro così ricavato traccia la storia delle nascite nel gruppo considerato. Il comportamento nei confronti della vita varia secondo l'ambiente sociale e l'agiatezza economica e cambia molto da una classe all'altra. Le tavole di mortalità e fecondità ci danno la storia delle generazioni. La forma della piramide d'età riproduce il gioco complesso delle leggi di mortalità e di fecondità. Più è elevato il tasso di fertilità, più si allarga la base della piramide rispetto agli effettivi delle classi in età di procreare. Nei paesi dove la medicina è primitiva e l'igiene mediocre, la mortalità tra le classi giovani è pesante il che contribuisce a ridurne gli effettivi. Quando la medicina è efficace a tutti i livelli di età, la piramide si assottiglia più in alto; mantiene una forma rettangolare se il numero delle nascite rimane stabile per un lungo periodo. Per arrivare ad una migliore comprensione degli eventi demografici, si calcola il tasso di riproduzione . Il tasso di riproduzione netta di una generazione femminile esprime il numero medio di figlie nate da una donna preso alla nascita in una data generazione. In assenza di variazioni delle tavole di mortalità e fecondità, una popolazione caratterizzata da un determinato tasso di riproduzione tende verso una struttura per età stabile. Da un secolo a questa parte si assiste ad una diminuzione rapida del tasso di mortalità e ad una evoluzione spesso parallela del tasso di fecondità. L'abbassamento della natalità al livello in cui si assicura il succedersi delle generazioni non impedisce l'aumento continuo della popolazione e questo a un ritmo ancora rapido se il progresso igienico-sanitario è recente.

q   LA POPOLAZIONE ATTIVA: si insiste generalmente sul ruolo della arte attiva della popolazione s sul tipo di attività alla quale questa si dedica. Per creare un sistema pensionistico è necessario conoscere la struttura della popolazione impiegata in una dato settore e capire come questa evolverà nel tempo. Nei paesi europei ci si è resi cono durante questo periodo, degli svantaggi rappresentati da una popolazione anziana: l'onere che ricade su ciascun adulto è pesante. L'onere è ugualmente pesante nei paesi dove la natalità è tanto più elevata che la metà o più della popolazione è al di sotto dell'età lavorativa. Quando in una nazione la natalità si è appena abbassata, ma la popolazione non è ancora invecchiata, la nazione stessa si trova nelle condizioni ideali per realizzare un rapido sviluppo. Colin Clark ha dimostrato che tre settori erano sufficienti. La struttura attuale della popolazione attiva mondiale rivela profondi contrasti. Su scala mondiale si possono distinguere numerose situazioni. La prima corrisponde ai paesi del Terzo Mondo: la maggior parte della popolazione è impegnata nel settore primario. Il settore secondario conta più artigiani che operai. Il settore terziario consiste in attività domestiche. C'è una somiglianza tra questi e le nazioni europee verso la fine del XVIII secolo. Una seconda categoria di nazioni è costituita dai paesi il cui sviluppo industriale è già avanzato, ma rimane tuttavia elevato il numero di effettivi impiegato nel settore primario. Era questo il caso dei paesi europei del XIX secolo e fino alla seconda guerra mondiale. Nelle nazioni europee della fine del XIX secolo, come negli Stati socialisti dell'Europa orientale all'epoca attuale, la parte delle attività terziarie cresce anch'essa, ma per un lungo periodo lo ha fatto lentamente. I demografi notano che un numero notevole delle caratteristiche della popolazione variano in funzione della struttura per settore della popolazione attiva. Il livello di istruzione è basso nei paesi sottosviluppati come lo era nelle società tradizionali. Nel corso della prima fase dell'industrializzazione, l'analfabetismo diminuisce fino a scomparire, ma la maggior parte della popolazione presente in genere una scolarizzazione assai breve. Nelle società primitive i movimenti migratori avvengono in massa. Quando le società si industrializzano, le migrazioni si moltiplicano.

q   LA TEORIA DELLA FASE DI TRANSIZIONE E LA SUA GENERALIZZAZIONE: all'inizio degli anni '50 Fourastie dimostra che dal modello di Clark è possibile trarre un'interpretazione generale dell'evoluzione del mondo, a partire dalla fine del XVIII secolo. A questo scopo è sufficiente ipotizzare che nelle economie tradizionali, le molteplici esigenze dell'individuo non potevano essere tutte soddisfatte per la mancanza di tecnologie efficaci: la società viveva allora nel bisogno. In seguito le condizioni di lavoro, nel settore primario, sono migliorate. L'occupazione in questo settore continua a moltiplicasi per lungo tempo. Si creano nuovi bisogni. Arriva un momento in cui tuttavia il consumo non cresce altrettanto più velocemente della produttività. A questo punto i lavoratori slittano verso il settore terziario. La gente si preoccupa di più della propria salute. I giovani frequentano la scuola: I progressi della produttività sono tali che si approfitta dei crescenti vantaggi per aumentare il tempo libero (meno giorni lavorativi.). La società postindustriale è caratterizzata da una bassa mortalità, le epidemie letali sono sotto controllo e le carestie sono state eliminate. Lo sviluppo delle comunicazioni elimino le carestie per compensazione geografica. L'igiene migliora e l'alimentazione diventa più variata. Nel corso della prima fase di transizione il tasso di natalità non segue lo stesso andamento di quello di mortalità: esso rimane costante, anzi aumenta quando le trasformazioni sociali fanno cadere gli ostacoli (età del matrimonio diminuisce). Ma al temine di un certo periodo la fecondità comincia a ridursi a seguito della diffusione dei metodi contraccettivi. L'attuale evoluzione del mondo sottosviluppato somiglia per molti aspetti a quella che i paesi europei hanno sperimentato nel corso del XIX secolo, ma le differenze sono marcate da dare alle curve dell'evoluzione demografica un andamento diverso. La situazione drammatica in cui si trovano i paesi sottosviluppati è data dalla disoccupazione dovuta al non assorbimento di personale nel settore secondario. Con il passaggio all'industrializzazione diventano sempre meno necessarie tante persone per coltivare la terra (si sviluppano i centri urbani.). Le aggressioni di cui l'uomo rimane vittima non sono più di origine epidemica; i problemi più gravi trovano la loro origine nell'uomo stesso, dal momento che l'organismo è spesso vittima di aggressioni chimiche che facilmente si moltiplicano in un ambiente sempre meno naturale.

q   LE MIGRAZIONI DI POPOLAZIONE: la difficoltà di ogni studio sulla migrazione deriva dal fatto che arrivi e partenze sono determinate da cause tanto varie da essere suscettibili di forti mutazioni. Si può supporre che ogni individuo sia, sin dal momento della nascita, un candidato al movimento. La mobilità dell'individuo varia con l'età ed è massima in cui trova lavoro, lascia la famiglia e si sposa. Diminuisce con l'accumularsi delle responsabilità per raggiungere un massimo al momento del pensionamento. La geografia delle migrazioni dipende sia dalle condizioni reali offerte ai lavoratori nelle diverse parti del paese o in paesi esteri, sia dall'immagine che essi se ne sono fatta. La mobilità delle popolazioni varia sensibilmente secondo il grado di sviluppo.

LE ORGANIZZAZIONI TERRITORIALI: diversi sono i modi in cui i gruppi umani si inseriscono nello spazio secondo la loro capacità di controllare l'ambiente ecologico e le tecniche di trasporto e di comunicazione che hanno saputo elaborare. Con la società industriale e postindustriale , la concentrazione diventa regola. Con l'avvento delle civiltà agricole, l'umanizzazione è più completa; la natura selvaggia è relegata in settori marginali. L'organizzazione territoriale che i gruppi umani si creano non ha dunque la stessa natura, poiché questa varia secondo il livello tecnico dei gruppi stessi: ai paesaggi appena modificati delle civiltà arcaiche si contrappongono le campagne ben curate dalle civiltà intermedie e gli spazi urbani e rurali, per il riposo e per il tempo libero.

q   L'IMPRONTA DELLE SOCIETÀ ARCAICHE SUL PAESAGGIO: le società arcaiche vivono di caccia, di pesca, di raccolta e talvolta anche di agricoltura e di allevamento. A livello territoriale il ruolo dei gruppi arcaici è più importante dal momento che essi sono i soli ad abitare determinate zone al margine dell'ecumene. Ciò che caratterizza i gruppi arcaici non è soltanto la scarsa efficacia delle tecniche di cui si avvalgono per lo sfruttamento della natura, ma anche l'assenza di mezzi di comunicazione a distanza, Questi gruppi non conoscono la scrittura e ciò impedisce loro di avere una memoria collettiva fedele e di facile utilizzo e rende molto difficile la diffusione delle notizie. Le condizioni variano con le stagioni. L'acculturazione avviene per imitazione o per coabitazione, tanto che i gruppi mantengono nel tempo una cultura stabile. Si assiste al costituirsi di aree culturali contraddistinte da orientamenti tecnici simili. Se le tecniche materiali si ripartiscono per aree delimitate dalle caratteristiche ambientali, non è lo stesso per gli aspetti culturali caratterizzanti la vita religiosa o l'organizzazione della vita sociale. A questo livello, la diversità è sbalorditiva: ciascun gruppo evolve in maniera indipendente. Mentre i generi di vita si assomigliano da un angolo all'altro del continente, le usanze che regolano il matrimonio sono di una varietà straordinaria. La diversità delle istituzioni presente grande interesse per il geografo. Egli può vedere come i diversi tipi di rapporti sociali si traducano in configurazioni sociali e territoriali diverse. I gruppi sono raramente circoscritti da frontiere nette: sono isolati da zone desertiche o da barriere diverse. Nel paesaggio la diversità delle istituzioni sociali e culturali si distingue nell'organizzazione in dettagli molo diversi, mente lo scarso livello tecnico risalta dall'impronta quasi impercettibile che l'uomo imprime alla natura. Gli antenati dei Maori, in due o tre secoli, hanno appunto eliminato dalle due isole della Nuova Zelanda il moa. Le modifiche indirette del paesaggio sono quindi molto importanti mentre le parti volontariamente modificate e bonificate sono assai più ridotte. Quando le tecniche della vita materiale migliorano, quando si apprende a sfruttare meglio la terra grazie alla coltivazione o all'allevamento, le condizioni si modificano; si formano delle eccedenze grazie alle quali diventa possibile nutrire un'élite. Alcuni caratteri delle società arcaiche restano tuttavia visibili ancora negli ambienti rurali delle società intermedie.

q   LE REGIONI DELLE CIVILTÀ INTERMEDIE: le civiltà intermedie sono caratterizzate da un miglioramento delle tecniche di sfruttamento dell'ambiente e dall'uso della scrittura che crea una memoria collettiva, facilita la presa di coscienza del proprio divenire storico e permette la comunicazione a distanza. Le nuove tecniche di utilizzazione del suolo permettono la formazione di densità relativamente elevate. Quando la popolazione aumento e il rapporto tra il numero degli individui e le risorse tende a deteriorarsi, si creano le condizioni maggiormente favorevoli all'innovazione. Si instaura una certa divisione del lavoro; nelle campagne si moltiplicano gli specialisti: gli artigiani fabbricano gli utensili, li riparano, ferrano gli animali. Partecipano anche ai lavori della terra; ciò spiega come molte attività di trasformazione si localizzino nelle campagne. In ambiente rurale i giovani vengono mobilitati per i lavori della terra e quindi la popolazione rimane analfabeta. Nelle città molti imparano a leggere e a scrivere dal momento che le attività urbane richiedono spesso la conoscenza della contabilità, lo scambio di corrispondenza, la tenuta di registri o l'iscrizione di atti. Ma da una città all'altra circolano le notizie, gli ordini, le informazioni ed anche i beni di lusso. Il mondo intermedio è quindi caratterizzato da una circolazione generalizzata che è più attiva su un piano culturale e politico di quando non lo sia su un piano economico. Le regioni rurali sono popolate di contadini, di paesani; nulla mostra meglio la resistenza del mondo rurale nei confronti della società. Le idee continuano ad essere trasmesse localmente. Però esistono rapporti con il mondo esterno (attraverso i notabili). La Chiesa ha finito per cancellare dalle campagne d'Europa le ultime tracce del paganesimo. In molti casi la lingua delle città è diventata anche quella delle campagne. Su un piano intellettuale, il padroneggiamento della scrittura e gli spostamenti degli individui sono sufficienti a creare solidarietà di grande respiro: è a questo che si dedicano le elites urbane e la loro azione si riconosce nella formazione di grandi aree culturali, siano queste la Cina e l'Asia orientale, l'India e l'Asia meridionale. L'organizzazione dello spazio nelle società intermedie comporta due serie di dimensioni disomogenee: da un lato unità politiche, culturali, sociali di estensione quasi continentale e dall'altro costruzioni di dimensioni medie modellate da individui legati non soltanto dai medesimi ideali, i medesimi valori, ma anche dall'utilizzo delle stesse tecniche, della stessa gamma di forme e di strumenti. I paesi a civiltà intermedia sono caratterizzati anzitutto dalla molteplicità delle combinazioni originali dei tratti che definiscono le loro campagne, segnate profondamente dai borghi e dalle città che vi sono disseminate. Le caratteristiche dell'organizzazione dello spazio manifestatesi nei periodi intermedi sono notevolmente stabili a scala regionale. A livello elementare del paese, della regione, l'umanità è fortemente radicata e le costruzioni sopravvivono a lungo nello spirito dell'individuo anche dopo la sparizione delle condizioni tecniche che ne avevano determinato la comparsa.

q   ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO E TRANSIZIONE VERSO LA SOCIETÀ POSTINDUSTRIALE: l'aumento della produttività presuppone mezzi di trasporto più efficienti ed una maggiore trasparenza. Dalla fine del XIX secolo, poiché i sistemi allora esistenti in Europa vi hanno lasciato tracce durevoli e quindi considerare la situazione dei paesi anglosassoni dell'America settentrionale o dell'emisfero meridionale, poiché la loro struttura territoriale prefigura indubbiamente quella dell'Europa di domani. I paesi del Terzo Mondo, che iniziano con ritardo la loro trasformazione, sperimentano evoluzioni territoriali originali dal momento che le innovazioni non vi si presentano con lo stesso ordine dell'Europa occidentale del secolo scorso o dell'America settentrionale all'inizio del nostro secolo. In una prima fase la trasformazione è caratterizzata da una diminuzione della frazione della popolazione attiva che lavora la terra. I nuovi posti di lavoro nell'industria si moltiplicano nelle regioni che dispongono dell'energia necessaria al funzionamento delle macchine. Talvolta si concentrano lungo i fiumi o dove si possono sfruttare le cascate. Per le lavorazioni che esigono un minor dispendio energetico, le città si sviluppano una certa forza di attrazione poiché rappresentano buoni mercati. Per quanto riguarda i prodotti sia agricoli sia industriali, l'accorciamento delle distanza, determinato dalla rivoluzione dei trasporti, permette generalmente di toccare mercati molto vasti. I rapporti su grandi distanze sono altrettanti a livello economico che a livello politico o culturale. Il progresso scientifico facilita l'apprendimento. Le unità di grandi dimensioni ricevono da questo accorciamento delle distanze una nuova importanza: la nazione, il grande spazio economico internazionale, fa da cornice agli scambi. Il livello di consumi cresce nelle regioni in cui la specializzazione si raffina, il che contribuisce ad accentuare maggiormente la gamma di servizi richiesti dalle campagne ed i nuovi posti di lavoro creati nel settore terziario gonfiano la popolazione dei centri urbani tradizionali. Il loro sviluppo varia secondo il tipo di servizio che forniscono: la gerarchia delle città si precisa e l'organizzazione regionale delle nazioni si esprime in piramidi di città e di aree di influenza che nascono dai nuovi caratteri dell'economia. Le condizioni tuttavia si modificano a causa dello sviluppo delle zone industriali dove si formano vastissimi agglomerati. Le regione della fine del XIX secolo coincidono spesso con quella della fine del XVIII secolo; poggiano su città che erano centri locali in un mondo meno aperto, si ordinano in rapporto a metropoli il cui ruolo politico è spesso decisivo. Nelle zone rurali, il paesaggio rimane impregnato di cultura popolare, ma a poco a poco la realtà si modifica: le abilità manuali scompaiono, si perdono.Rimane tuttavia un solco profondo tra le masse urbane e le masse rurali. La città diventa il luogo dove si possono gustare nuove forme di libertà, non c'è più solidarietà, ma un'organizzazione efficiente. L'organizzazione territoriale delle società postindustriali comincia a delinearsi nelle nazione ad economia avanzata. I suoi tratti sono più facilmente osservabili nei paesi che mancano di tradizioni storiche, in quelli che si sono popolati e sviluppati dopo l'inizio della rivoluzione industriale. La parte della popolazione che rimane legata allo sfruttamento della terra si riduce talmente che il grosso della popolazione può comprimersi nelle aree urbane. Dal momento che i costi dei trasporti delle derrate alimentari sono limitai, la localizzazione delle attività industriali e dei servizi diventa indipendente da quella delle produzioni agricole. Le popolazioni si raggruppano in regioni ristrette. Si parla di crescita polarizzata. La maggior parte della popolazione è attratta nelle aree metropolitane e si ripartisce tra un numero limitato di grandi agglomerati o di città medie. Il divario tra regioni rurali spopolate ed agglomerazioni urbane dilatate al punto da costituire da sole delle piccole regioni non fa che accentuarsi dalla fine del XIX secolo. Indubbiamente l'organizzazione dello spazio è determinata in funzione delle aree forti. Nei paesi nuovi la ruralità è già scomparsa in aree dove era esistita. La stampa e l'istruzione pubblica aveva già fatto scomparire alcuni contrasti. Nel campo della formazione tecnica, i rurali non sono più legati all'ambiente circostante. Il mestiere che praticano è stato anch'esso trasformato dal progresso scientifico. Il solo particolare che continua a dare alla vita rurale una colorazione sociale differente da quella della grande città è che la dimensione del gruppo è minore, la qual cosa permette ai suoi membri di conoscersi meglio e di partecipare ad una comunità. I mezzi di comunicazione di massa delle informazioni e della conoscenze creano così le condizioni per il manifestarsi di una notevole uniformità su amplissimi spazi: le campagne perdono la loro impronta, mentre da una regione urbana all'altra ritrovano gli stessi stili.Con l'aumentare del livello di vita, si riprende coscienza dell'importanza del tempo libero, della cultura, il che rischia di introdurre una grande varietà nell'organizzazione dello spazio. Nei paesi del Terzo Mondo l'evoluzione delle configurazioni regionali si delinea lentamente. L'influenza dei paesi sviluppati era spesso indiretta. Quando le innovazioni arrivano oggi nel Terzo Mondo il loro ordine è diverso da quello secondo cui sono state messe a punto nel mondo industrializzato. Le conoscenze che penetrano più rapidamente sono quelle di più facile comunicazione, quelle trasmesse dai beni più modesti oppure dai mezzi di comunicazione di massa e questo crea forti tensioni a livello dei consumi. Si sogna di usare prodotti nuovi molto prima di avere nuovi redditi. La mortalità diminuisce prima che si verifichi un cambiamento dei comportamenti nei confronti della vita: l'esplosione demografica che ne deriva è spettacolare. I paesi sottosviluppati non riescono così a fornire lavoro alle masse giovanili, mentre la parte che rimane nelle campagne per il lavoro della terra è già di per sé pletorica. La meccanizzazione dei lavori della terra comincia spessa da quelli che richiedono maggior lavoro; e così gli ex disoccupati a tempo parziale si trasformano in disoccupati a tempo pieno. Le città più piccole non hanno attrattive per costoro; qui i mezzi di sussistenza sono altrettanto modesti di quelli delle campagne circostanti. La grande città presenta il vantaggio di possedere un settore industrializzato ed una popolazione ad alto reddito. All'improvviso lo sviluppo dei centri urbani rassomiglia più a quello dei paesi tecnologicamente avanzati. La concentrazione avviene a diretto vantaggio di un piccolo numero di grandi metropoli. Sembra quindi che i paesi del Terzo Mondo stiano per prendere una scorciatoia sulla via dell'organizzazione dello spazio. La diversità delle forme di organizzazione dello spazio è quindi strettamente legata al livello tecnico delle civiltà: si passa dai paesaggi appena umanizzati dei mondi primitivi alle regioni armoniose delle società intermedie, agli spazi specializzati delle società industriali e postindustriali.

LA CAMPAGNA: la campagna rappresenta una forma di organizzazione dello spazio comune ai diversi livelli di civiltà. Le campagne dei paesi industrializzati sono talvolta meno ben tenute di quelle di un tempo. L'analisi della campagna assume dimensioni culturali quando riguarda le civiltà intermedie.

q   FONDAMENTI ECOLOGICI DELLA VITA RURALE: le campagne hanno la funzione primaria di servire da supporto ecologico alle popolazioni umane. In questo caso, al momento del week-end o durante la bella stagione, la campagna offre spazi per il riposo. La produttività dell'ambiente dipende da numerosi fattori. Essa è proporzionale all'irradiamento solare della superficie il quale può essere trasformato dai vegetali in energia chimica potenziale tramite l'assimilazione della clorofilla. La produttività dell'ambiente dipende dall'azione dei fattori limitanti. La sintesi delle materie organiche presuppone che i diversi elementi che le compongono siano presenti in giusta misura nel terreno. La produttività dipende dall'abilità con cui si riesce ad eliminare la concorrenza, ad eliminare cioè sia le specie vegetali che non sono utili, sia le specie animali. La fertilità della terra è in larga misura una funzione dell'attività umana. Per assicurare la presenza dei principi minerali ed organici necessari alla crescita delle piante si cerca di arricchire il terreno (dry farming). Si ripuliscono i canali e la melma sparsa sul terreno lo rende particolarmente ricco. Altrove si associano agricoltura e allevamento, poiché gli animali forniscono direttamente con le loro deiezioni prodotti organici preziosi. I lavori della terra richiedono energia. La fatica degli uomini è alleviata dall'impiego di animali da tiro che tuttavia sono diretti concorrenti dell'uomo nel consumo dei raccolti. Il miglioramento della produttività agricola è stato costante da due secoli a questa parte a seguito della rivoluzione agricola de XVIII secolo ed in particolare a quelle che si sono susseguite a partire dal 1850. La campagna ha smesso di essere la base della produzione dell'energia necessaria alla vita umana.

q   LA SOCIETÀ RURALE: nelle civiltà arcaiche la società rurale forma un blocco all'interno del quale i ruoli non sono praticamente differenziati; essa possiede al massimo grado i caratteri della comunità nel senso di Toennies: i rapporti sono sempre personalizzati ed i ruoli totalmente chiusi. Diversa è la situazione della società rurale nelle civiltà intermedie. La maggior parte della popolazione che vive in campagna partecipa ai lavori della terra, ma la diversificazione comincia a farsi strada. Una parte del tempo è dedicata ad occupazioni che non sono di natura agricola. Gli artigiani rurali sono numerosi. Più frequenti sono i casi intermedi: gli operai possiedono un fazzoletto di terra. Molte delle attività che si classificano tra i servizi, vengono svolte dagli stessi contadini e questo vale per determinati ruoli religiosi, politici ed amministrativi; le collettività rurali vivono spesso ripiegate su se stesse. La società rurale dei paesi industrializzati è ancora più diversificata. Gli operai, i prestatori di servizi si sono moltiplicati e non è difficile capirne la ragione; il livello di vita dei coltivatori è aumentato e di conseguenza necessitano di specialisti che riparino le loro macchine. La campagna è allora urbanizzata in profondità, non è altro che una città dispersa; in Francia si parla di aree di popolamento urbano ed industriale per designare quegli spazi che pur mantenendo l'aspetto di campagne, sono sociologicamente e funzionalmente assai simili a città. La differenza risiede talvolta unicamente nell'importanza delle attività miste.

q   L'ECONOMIA DELLE REGIONI RURALI: nelle economie arcaiche, nelle economie intermedie, la regola è l'autarchia. La maggior parte della produzione è destinata al consumo familiare. In questo contesto, scopo dei coltivatori è di produrre tutto quanto è necessario all'esistenza. L'economia autarchica che predomina nelle società arcaiche o in quelle intermedie, porta ad una scarsa differenziazione della gamma delle colture. Quando la campagna deve fornire le sue eccedenze alle città vicine, la ripartizione delle colture comincia a cambiare; che i prodotti vengano venduti dai coltivatori oppure siano prelevati dai proprietari delle terre risiedenti in città, che li consumano o li scambiano, il risultato è più o meno lo stesso: inizia difatti a delinearsi una zonizzazione delle colture destinate alla vendita in funzione della distanza dal mercato di consumo. L'aprirsi dello spazio economico in seguito alla rivoluzione dei trasporti moderni ancora una volta la ripartizione delle colture. L'uso dei fertilizzanti fa sentir meno la differenza tra terre fertili e terre povere. La diminuzione del prezzo dei trasporti permette di organizzare determinate attività. L'economia delle regioni rurali cessa di dipendere totalmente dall'agricoltura: i salari degli operai e gli stipendi degli impiegati, i redditi dei commercianti e dei prestatori di servizi sono spesso più importanti. Nelle zone "rurbane" accade che il crescere del prezzo delle terre in seguito all'aumento della domanda da parte dei cittadini, superi il reddito che si può trarne. Si continua allora a coltivare soltanto grazie alle sovvenzioni, al fine di salvaguardare il valore estetico del paesaggio. E' necessario un certo numero di ettari per giustificare l'impiego di un lavoratore, di un tiro di animali.Quando si supera questa dimensione non si beneficia più delle economie di scala poiché ci si limita a giustapporre unità tra loro simili. La gestione dell'azienda ha tuttavia tutto da guadagnare ad esser fatta su grande scala se i prodotti vengono commercializzati e venduti lontano. La suddivisione della funzione imprenditoriale è molto frequente nel mondo tradizionale: si ritrova nel mondo feudale, nei sistemi con lavoro collettivo degli openfields. Il passaggio da un tipo di economia rurale ad un altro non è sempre facile. Quando i prezzi dei prodotti diminuiscono, dovrebbe in teoria diminuire la superficie coltivata; ma è il contrario che si verifica se il coltivatore non ha altra fonte di reddito; egli deve far fronte difatti ad obblighi esterni e per conservare la propria autonomia è pronto a lavorare in condizioni poco favorevoli.

q   LE STRUTTURE ED I PAESAGGI AGRARI: le campagne si trasformano profondamente quando si passa dalle civiltà arcaiche alle civiltà intermedie e poi alle civiltà industriali. Gli aspetti del paesaggio sono stati ritenuti più stabili di quanto non siano in realtà. La stabilità relativa delle combinazioni dipende da numerose ragioni. Le riforme agrarie contemporanee hanno generalmente finalità multiple e ciò spiega la varietà di tipi di paesaggi creati. Si passa così dagli immensi campi nudi dei paesi socialisti ad un mosaico di piccole proprietà disperse, come nelle terre di bonifica italiane. I paesaggi rurali classici hanno finito per essere classificati in un numero ristretto di tipi. Il più noto è l'openfield dell'Europa settentrionale e centrale. Il fondamento del sistema è al tempo stesso agronomico e sociale: si divide il terreno in due o tre parti che sono destinate a rotazione, a frumento d'inverno e maggese in un caso; a frumento d'inverno, cereali di primavera (marzo) e maggese dall'altro. Le stoppie ed il maggese servono da pascolo al bestiame. Nelle campagne mediterranee si ritrovano spesso sistemi analoghi a quelli descritti per l'Europa settentrionale e centrale; qua la rotazione è per lo più biennale e l'alimentazione del bestiame si attua per la maggior parte dei casi sulle terre incolte. Normalmente si contrappone il sistema del bocage a quello della champagne; niente abitati raggruppati, ma case coloniche disperse che dispongono di terre suddivise attorno agli edifici e siepi che racchiudono i campi. Il Bocage ha progressivamente guadagnato terreno in tutta l'Europa occidentale a partire dal XV secolo; ha così sostituito l'openfield. Dalla Galizia alla Norvegia, sulla costa atlantica delle isole britanniche vi sono state terre utilizzate ad infield (la zona coltivata in permanenza) e ad outfield.

LA CITTÀ: la città non si ritrova a tutti i livelli dell'evoluzione dell'umanità; essa è assente nelle civiltà arcaiche, ma assume già un ruolo importante nelle società storiche dove contribuisce a conferire coerenza ed unità ai grandi spazi, anche se presenta un numero limitato di abitanti.

q   LA DEFINIZIONE DI CITTÀ: ogni paese ha i suoi criteri per fissare i limiti di ciò che è città e di ciò che non lo è e sono estremamente vari. La città esiste nelle diverse culture. Al criterio numerico si aggiunge poi lo studio delle attività degli abitanti. Si sente che vi è qualcosa che accomuna la maggior parte degli agglomerati che hanno carattere urbano, ma non si arriva mai ad identificarlo se ci si limita a definire la città secondo i suoi aspetti morfologici (la popolazione "agglomerata"), la sua massa o la natura delle sue occupazioni. Il suo tratto comune deriva dal fatto che soltanto una minima parte delle attività presenti riguarda la produzione alimentare. Che cosa differenzia il cittadino dal contadino nelle civiltà tradizionali? Una maggior attitudine alla comunicazione, alle transazioni più diverse, una familiarità più accentuata per tutte le forme di vita di relazione.

q   LA FORMA DELLA CITTÀ: dire che i cittadini tendono a massimizzare le proprie interazioni, non significa dire che vi dedichino tutto il proprio tempo. La città comporta quindi spazi di relazione, spazi di riposo, di distensione e di divertimento. Per recarsi da casa al lavoro ed ai centri della vita sociale, sono necessari spazi di circolazione. Come disporre rispettivamente di spazi di relazione? Nel corso di una stessa giornata si incontra spesso, quando si fa vita veramente urbana, una gran numero di partner: se questi si trovano ai quattro angoli della città gli spostamenti si moltiplicano e si perde tempo. Sia per l'individuo sia per la collettività è quindi opportuno e vantaggioso concentrare tutti i luoghi di incontro, tutti i negozi, tutti i locali per gli spettacoli in uno stesso quartiere. La disposizione più soddisfacente è anche la più semplice: situando la vita di relazione al centro, si minimizza la somma degli spostamenti per l'insieme della comunità, il che significa poi che a ciascun individuo è offerto il massimo di opportunità in materia di interazione. Le cose cambiano qualora la saturazione delle strade si verifichi facilmente (si usa l'automobile). L'organizzazione ottimale consiste nell'allineare le funzioni centrali lungo le cinture autostradali; un po' ovunque, nella periferia, si moltiplicano così i centri direzionali e i centri commerciali. Il centro-città, liberato dalle funzioni che lo soffocavano, ritrova parte delle sue attrattive: offre uno scenario ricco di storia. L'accessibilità al centro crea una forte competizione per l'utilizzo del suolo: hanno la meglio le attività più suscettibili di derivare redditi elevati da una certa area. Se la città è un'organizzazione che permette di facilitare l'interazione umana, è comprensibile come abbia cessato di essere circoscritta in limiti ristretti a partire dall'inizio del nostro secolo: i mezzi di trasporto ed i mass media offrono ormai alla popolazione delle regioni suburbane, delle regioni "rurbane" ed anche della popolazione delle campagna vere e proprie opportunità in qualche modo prossime a quelle dei cittadini; la differenza rimane sensibile unicamente per alcune forme di rapporti d'affari. La città moderna soffre meno della città tradizionale di mancanza di spazio; essa si estende difatti maggiormente, lascia nel suo tessuto spazio ai parchi e alle zone di divertimento.

q   IL METABOLISMO DELLE CITTÀ: in materia alimentare la città dipende da un supporto esterno. Le limitazioni determinate dalle difficoltà di approvvigionamento sono state particolarmente sensibili. Oggi, nelle grandi città, le cose stanno cambiando; ci si accorge che l'approvvigionamento d'acqua diventa sempre più difficile e costo, che l'inquinamento sta raggiungendo livelli pericolosi e provoca un ulteriore deterioramento degli impianti. Nelle città tradizionali la città dipendeva dalle regioni vicine. Il prezzo dei trasporti era così elevato che era difficile far vivere più di 10'000 persone. La città subiva tutti gli inconvenienti del clima regionale e dato che ciò che consumava rappresentava un'eccedenza di produzione le fluttuazioni dei raccolti erano risentite più pesantemente in ambiente urbano che nelle campagne. L'approvvigionamento poneva problemi particolarmente difficili per i beni deperibili le verdure ed il latte e questo comportava carenze e deficienze che colpivano duramente i bambini. Nelle città del mondo mediterraneo esistevano allevatori di bestiame che tenevano vacche da latte in piena città per nutrire i bambini; gli animali diventavano spesso tubercolotici. La scarsità di spazio, l'esigenza di assicurare una difesa efficace portavano alla concentrazione, riducevano gli spazi verdi. Molte case non ricevevano la luce del sole. Nei paesi troppo aridi dove non si poteva contare sulla pioggia, si sapeva già canalizzare le acque e l'abitudine di convogliarle aveva ben presto portato a predisporre reti fognarie. La forte densità rendeva infine elevato il rischio di contagio. I vincoli ecologici che incombono sulle città del nostro tempo sono di natura diversa. L'approvvigionamento non pone problemi. Il dilatarsi delle città consente di costruire abitazioni più aerate. Il consumo d'acqua è aumentato. Le acque di scarico sono inquinate. Il consumo d'aria è aumentato ancor di più. Poiché gli spazi verdi non sono in grado di garantire la rigenerazione dell'ossigeno a partire dall'anidride carbonica prodotta, i gas tossici si accumulano. I vincoli ecologici appaiono così pesanti che l'ambiente urbano perde molte delle sue attrattive.

q   LA DIVERSITÀ DELLE CITTÀ: la città è fatta per permettere l'interazione, ma non ci indica di quale interazione si tratti. Le città tradizionali hanno in effetti, come le città contemporanee, ruoli più positivi: assicurano lo svolgimento delle attività amministrative riguardati le campagne, le dirigono, le controllano. Le città trasformano e producono anche beni materiali: le città medievali avevano il loro quartiere degli artigiani.Le agglomerazioni urbane moderne ospitano laboratori ed officine che impiegano buona parte della popolazione attiva ivi residente. Lo scambio e la distribuzione rappresentano alcune delle funzioni più tipicamente urbane. Una parte dell'attività dei cittadini è rivolta alla soddisfazione dei bisogni dei loro concittadini: se ne parla come del settore domestico. L'altra è destinata ad una clientela esterna e consente di pagare i prodotti acquistati: è il settore fondamentale ovvero la base economica. L'attività di base è più variabile: alcune città hanno ridotto al minimo questo settore, perché traggono i loro redditi da prelevamenti e trasferimenti: è il caso delle città parassitarie del mondo tradizionale, delle città per pensionati nel mondo contemporaneo.L'animazione è costante. Nei quartieri degli affari delle grandi città moderne, la situazione è diversa: non vi sono luoghi pubblici gradevoli ma grandi edifici. Tali città non sono fatte per l'interazione personale. Nelle città dilatate del mondo moderno, le distanze sono tali che è difficile recarsi al centro più volte al giorno.

q   LE RETI URBANE: le città non vengono mai da sole. I rapporto che le città stabiliscono tra di loro sono condizionati dalle possibilità di movimento delle persone, dalla situazione dei trasporti di beni, dalle possibilità di scambio delle informazioni, notizie e conoscenze. Le piccole città regolarmente distribuite perdono la propria ragione di essere e decadono, se non vengono trasformate dall'integrazione in seno ad un'area metropolitana. Qual è la disposizione delle città che consente meglio lo svolgersi dell'interazione?

GENESI DELLE AREE CULTURALI. GLI ASPETTI TECNICI DELLE CIVILIZZAZIONI: l'organizzazione territoriale dipende dal livello di civiltà. La storia e la geografia sono regolate dalla lenta diffusione delle tecniche.

q   I METODI DI STUDIO DELLA DIFFUSIONE DELLE INNOVAZIONI: si sa esattamente come l'hevea è passata dalle foreste amazzoniche alle terre calde ed umide della penisola malese. Non si è riusciti a conoscere la data dell'arrivo del granoturco. L'archeologia è un ottimo strumento. Il luogo in cui l'artefatto in esame compare allo strato più profondo è il luogo in esso è stato originato, mentre alla periferia della zona compare in strati che sono sempre più recenti. Ma l'archeologia non è una guida sufficiente. Alcuni manufatti non si conservano nel tempo. La maggior parte delle piante coltivate sono state profondamente modificate dall'uomo tanto che è difficile sapere da quali specie selvatiche siano derivate.

q   L'ORIGINE DELLE PIANTE COLTIVATE E DEGLI ANIMALI DOMESTICI: vasta è la gamma delle piante che l'uomo coltiva, ma sempre inferiore a quella delle specie utilizzate dai nostri antenati. Quando le tecniche diventano più sicure, l'uomo si concentra su un piccolo numero di specie particolarmente interessanti. Il frumento, l'orzo vengono dalla Mezza Luna fertile del Medio Oriente, la segale dalle regioni fresche ed umide dell'Europa nordoccidentale. Per il riso è indiscussa l'origine asiatica. Le leguminose comuni, i piselli, le fave, le lenticchie sono indubbiamente originarie del Medio Oriente e la stessa provenienza hanno alcuni alberi da frutto. La vite viene coltivata ai margini della Mesopotamia fin dalla più remota antichità. Nel mondo tropicale umido, le granaglie trovano poco spazio. I raccolti essenziali, all'infuori delle regioni destinate in Asia alla risicoltura, sono rappresentati da radici e tuberi. Da ciò è nata l'opinione che l'agricoltura sarebbe originaria delle regioni calde. Queste argomentazioni ed i ritrovamenti archeologici depongono a favore del Medio Oriente come culla delle prime coltivazioni. Il Medio Oriente è stato nello stesso tempo la culla dell'addomesticamento della specie animale: qui si trovano allo stato selvaggio la pecora, la capra.Verso il Sud, nella Nubia si trovano gli asini, mentre il dromedario viveva ai confini dei deserti meridionali ed il cammello nella Battriana più continentale. In campo agricolo, vennero utilizzai strumenti rudimentali: il bastone per piantare i tuberi, la zappa per arare e rivoltare la terra. Anche l'asino ha avuto un ruolo non indifferente nella formazione di tutti questi generi di vita. Più tardi apparvero forme più efficaci e mobili di nomadismo: il cavallo, il dromedario ed il cammello hanno dato vita al grande nomadismo. La domesticazione delle piante e degli animali, l'invenzione di utensili e generi di vita che permettono di combinare i due eventi, si sono dunque verificate nell'area che dal Danubio all'Indo. L'Africa appare invece al confine del mondo come il luogo dove la gamma delle tecniche delle piante e degli animali è rimasta incompleta. Il grande nucleo americano di domesticazione delle piante sembra essere la regione dei bacini e delle pianure del Messico centrale e della vicina America centrale. Gli agricoltori dell'America precolombiana generalmente associano al mais, sugli stessi appezzamenti, fagioli e diverse specie di cucurbitacee. Le tecniche di lavoro degli agricoltori del Nuovo Mondo erano meno diversificate di quelle in uso nel Vecchio Continente. L'addomesticamento degli animali non aveva prodotto che il cane ed il porcellino d'India. Nella Ande, il lama e l'alpaca potevano servire come animali da soma, La specie più utile era il tacchino il cui ruolo risultava fondamentale in regimi carenti di proteine.

q   LA DIFFUSIONE DELLA METALLURGIA E DELLA VITA URBANA: il passaggio alle civiltà intermedie presuppone al tempo stesso un'agricoltura o/e un allevamento efficaci e tecniche di lavorazione che siano in grado di fornire utensili resistenti; tale passaggio si manifesta con la comparsa di comunità con elites che generalmente abitano in città. Al di fuori delle regioni tropicali dove i metalli si alterano rapidamente, l'archeologia permette di ricostruire in maniera precisa le fasi d'espansione della metallurgia. Le vie seguite dalla diffusione sono state in parte determinate dalla ricerca dei minerali. Inizialmente si usa il rame; legandolo allo stagno si trova il mezzo di disporre di un metallo più duro. Al bronzo succede il ferro. Sono state ricostruite le tappe di queste successive diffusioni, ma l'innovazione principale resta la prima: passando da un metallo all'altro non si fa che ritoccare i procedimenti già sperimentati. L'uso del ferro è noto nel Medio Oriente verso la metà del II millennio; quindi si diffonde lentamente verso Ovest. Verso Est la progressione è più vivace e nel corso del I millennio in Cina si sa già come ottenere direttamente la ghisa, tecnica che sarà conosciuta nell'Europa occidentale solo due millennio più tardi, alla fine del Medio Evo. L'area di diffusione precoce delle tecniche della metallurgia coincide quindi con quella dove si sono diffuse le tecniche agricole basate sull'uso dell'aratro e dove la ruota è divenuta di uso corrente. In Medio Oriente la vita urbana compare precocemente. La città cinese ha già un aspetto originale e lo conserva per tutto il periodo feudale. Gli scavi archeologici dimostrano che presso i popoli germanici del Nord presso gli Scandinavi e gli Slavi si costituirono e si moltiplicarono habitat raggruppati, cinti di palizzate di legno (Hedeby e Birka). Verso il Sud la diffusione delle forme urbane si è verificata con ben maggior difficoltà. Fa eccezione una sola zone, la Costa del Benin dove esistono città da almeno un millennio. Alla fine del XV secolo tutti i paesi del Vecchio Mondo ad eccezione di quelli dell'Africa nera conoscono forme di vita urbana. Dal Messico centrale alla Bolivia gli Spagnoli trovano delle città. Alcune sono già morte al momento del loro arrivo (maya). Quelle civiltà che erano riuscite a raggiungere il livello delle città intermedie a seguito di uno sviluppo autonomo come nel caso delle regioni andine e mesoamericane disponevano tuttavia di una gamma di tecniche meno completa di quella dei popoli europei ed asiatici. Si spiega l'impatto delle esplorazioni europee sugli spazi periferici.

L'EUROPEIZZAZIONE E L'INDUSTRIALIZZAZIONE DEL MONDO

q   LE GRANDI VIE DI CIRCOLAZIONE ED IL PROCESSO DI UNIFORMAZIONE DELLE CIVILTÀ: fino al XVI secolo la diffusione delle innovazione era avvenuta prevalentemente per via continentale e non attraverso i mari e gli oceani. Vi erano coste dove la navigazione era attiva, navi ben costruite ed atte ad affrontare le condizioni atmosferiche più difficili. Si erano formati altri nuclei di vita marittima: in Occidente se ne contavano due, il nucleo mediterraneo e quello dell'Europa del Nord, attorno al Mar del Baltico, al Mar del Nord ed alla Manica. Le coste del Golfo Persico e della penisola arabica ospitavano anch'esse delle civiltà marittime che iniziarono presto ad assicurare i contatti con le cose dell'Africa e dell'India, sfruttando i monsoni. Bisogna spingersi più ad Est per trovare una zona in cui l'arte del navigare è comparsa molto precocemente. Di qui sono partite le migrazioni che hanno popolato gli arcipelaghi dell'Oceania fino alle isole Hawaii, a Tahiti. Nel Nuovo Mondo le civiltà marittime hanno avuto un ruolo molto più modesto; anche nella zona caraibica esse non hanno mai raggiunto un livello troppo elevato di sviluppo, pur assicurandosi i rapporti tra nuclei meso-americani ed andini lungo le coste del Pacifico. L'Impero Romano mantenne rapporti con la Cina degli Han lungo la via della seta. Le relazioni con l'India avvenivano sia per mare che per terra. Nel corso del Medio Evo le aree di navigazione si allargarono. In Europa i Vichinghi passano instancabilmente dal Mare del Nord al Mediterraneo ed attraverso gli arcipelaghi artici giungono fino alle coste del Nuovo Mondo. Nell'Oceano Indiano i navigatori arabi si spingono al di là dell'India fino agli arcipelaghi dell'Indonesia. In Europa la costruzione navale concepisce scafi più solidi. L'introduzione della bussola, i progressi della cartografia rendono i capitani più sicuri: a partire dal XIII secolo essi circumnavigano l'Europa occidentale per annodare rapporti tra le Fiandre e l'Italia del Nord. È ai progressi della navigazione europea che si deve la rottura dell'isolamento delle terre tropicali ed il ravvicinamento di aree di civiltà avanzata.

q   LE GRANDI SCOPERTE, IL MERCANTILISMO E GLI EFFETTI DELLA PRIMA EUROPEIZZAZIONE DEL MONDO: le tecniche navali vengono messe a punto alla fine del XV secolo: basteranno trent'anni per aprire alla navigazione europea tutti gli oceani. I pazienti tentativi dei Portoghesi nel corso del XV secolo avevano insegnato la meccanica dei venti e delle correnti nell'Atlantico settentrionale. La navigazione verso l'emisfero meridionale avviene secondo principi analoghi: per abbreviare la traversata delle zone equatoriali di bonaccia e sfruttare prima gli alisei dell'emisfero settentrionale e quindi i grandi venti occidentali delle latitudini temperate dell'emisfero meridionale non si esita ad andare a cercare la via del Campo. Nel Pacifico dopo il viaggio di Magellano si impara a sfruttare i venti orientali della zona tropicale. Le terre che la navigazione collega sono molto lontane. Quelle del mondo temperato freddo vengono trascurate. La navigazione porta a minor prezzo in Europa i prodotti forniti dagli artigiani di lusso dell'India e della Cina. In direzione dell'Africa le prospettive commerciali sono meno allettanti. La gamma dei prodotti agricoli offerta dalle terre africane è limitata e povera delle spezie tanto gradite ai palati europei. I paesi tropicali del Nuovo Mondo coltivano invece piante che gli Europei imparano presto ad apprezzare: cacao e tabacco. Il Nuovo Mondo ha anche spazi vuoti sottopopolati o spopolati dove sviluppare l'allevamento estensivo. La valorizzazione dei paesi esotici acquista un vero interesse. L'America fornisce metalli preziosi indispensabili agli Europei per saldare i loro conti con l'Asia. Il vantaggio e la debolezza dell'America risultano da un popolamento disperso accentuato inoltre dalla mortalità determinata dalla conquista. Quest'ultima è brutale. L'Africa trova allora il suo posto nel sistema mondiale fornendo manodopera abituata a vivere in condizioni difficili. La tratta degli schivi neri comincia ad essere praticata dagli inizi del XVI secolo e si sviluppa enormemente nel XVII secolo quando gli Inglesi, Francesi ed Olandesi sbarcano nell'America del Sud. I paesi dell'Estremo Oriente sfuggono al dominio diretto: ci si accontenta di porti. In Africa la politica degli Europei segue lo stesso schema: vi istituiscono avamposti commerciali. Occorre attendere la metà del XVIII secolo per vedere Francesi ed Inglesi approfittare del declino mongolo per disgregare e penetrare la massa indiana. Le trasformazioni economiche indotte dal commercio sono inizialmente favorevoli ai paesi asiatici. In Africa la presenza europea è più limitata rispetto all'Asia, ma i suoi effetti sono negativi: la tratta ha indebolito numerosi regioni; essa è stata un fattore di spopolamento. In America la mappa del popolamento, la geografia e le tecniche è risultato sconvolto. L'importanza della prima europeizzazione del mondo non è tuttavia unicamente valutabile attraverso gli effetti economici o gli sconvolgimenti demografici. Facendo passare le piante domesticate da un continente all'altro i marinai determinano una trasformazione profonda dei sistemi agricoli del mondo tropicale. Neanche l'Europa occidentale sfugge a questo tipo di mutazione: es. mais, fagiolo, pomodoro.L'allevamento porta i coloni a prendere possesso di aree fino ad allora scarsamente popolate. Cereali e bovini consentono lo sfruttamento delle zone a clima secco e temperato. Gli agenti di questa trasformazione appartengono ad un piccolo numero di paesi: Spagna, Portogallo, Olanda, Gran Bretagna, Francia. Le lingue franche che si formano nei porti dell'Oriente fanno entrare nel vocabolario dei popoli dell'Asia idee e termini europei. L'effetto di questa apertura sarebbe stato limitato se la rivoluzione industriale non avesse consentito all'Europa di prolungarne l'azione. Nel corso del XIX secolo, la seconda ondata di europeizzazione è la traduzione in termini geografici delle modifiche tecniche che si stavano verificando in Europa.

q   LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE E LA SECONDA EUROPEIZZAZIONE DEL MONDO: fino al XVIII secolo, il progresso tecnico dell'Europa è stato modesto, In molti campi i paesi asiatici utilizzavano procedimenti più elaborati. La superiorità era netta per quanto riguardava trasporti e navigazione. La nuova concezione dello stato proposta dal Rinascimento portava i paesi dell'Europa a darsi sistemi amministrativi efficaci. Le condizioni erano tali da stimolare una produzione di massa. La mentalità protestante favorisce la crescita in quando vede nel successo terreno un segno della grazia divina. Le circostanze erano quindi propizie alle mutazioni tecniche. Se ne conoscono le tappe; nell'Inghilterra del XVIII secolo si impara a meccanizzare le operazioni di filatura e tessitura, poi ad utilizzare una nuova fonte di energia, il carbone, grazie all'introduzione della macchina a vapore. In Inghilterra si moltiplicano le aree che lavorano i tessuti. La nuova industria si sviluppa in maniera costante; essa produce a costi così bassi che risulta facile eliminare dal mercato le merci tradizionali. Il gioco della concorrenza dà ai manifatturieri un vantaggio decisivo. SI rompe con il mercantilismo. L'europeizzazione del mondo assume un nuovo significato. Le parti sono ormai ineguali e la superiorità tecnica dell'Europa le consente di rovinare le produzioni artigianali del mondo esterno. La prima fase della grande transizione si basa dunque su una rapida accentuazione delle disparità del livello di sviluppo: le nazioni presviluppate dell'Estremo Oriente vedono deteriorarsi la propria posizione mentre migliora quella dell'Europa nordoccidentale e della costa atlantica degli Stati Uniti. Fortunatamente per l'Inghilterra la creazione di industrie concorrenti crea anche nuoci mercati: inizia così a vendere le macchine a vapore e le macchine tessili; e costruisce anche le prime linee ferroviarie in tutto il mondo. In Germani e negli USA la politica del libero scambio non ha mai incontrato successo. L'industria gode di una notevole protezione, La ridistribuzione dei redditi tra operai ed impiegati allarga progressivamente il mercato interno e quindi l'espansione cessa di dipendere unicamente dalla conquista di nuovi sbocchi esterni. C'è una seconda rivoluzione industriale per gli studiosi che sottolineano la diversificazione delle fonti di energia, l'utilizzazione delle cascate per la produzione di energia elettrica. Essi osservano come le lavorazioni chimiche siano diversificate e come abbia inizio la messa a punto di prodotti di sintesi che consentono l'eliminazione dei prodotti naturali. La seconda rivoluzione industriale non implicherà più quindi la ricerca di sbocchi necessariamente. Nel giro di qualche decennio l'Europa si assicura il controllo della quasi totalità del globo. Con l'occupazione dell'Australia da parte dell'Inghilterra, la conquista della Nuova Zelanda, la conquista dell'Ovest americano e canadese, la penetrazione dell'Africa del Sud tutto il mondo temperato viene penetrato. Nel mondo tropicale ciò che si cerca di fare è di accaparrarsi il mercato potenziale delle popolazioni: si vuole acquistare zucchero, caffè.Le nazioni europee si lanciano con una sorta di frenesia alla conquista del mondo tropicale. In Asia l'Inghilterra ha ormai da tempo consolidato la presa di potere sul territorio indiano. L'Olanda porta a termine il possesso dell'Indonesia. La penisola indocinese viene conquistata dai francesi e dagli Inglesi. La massa cinese e la determinazione giapponese è tale che nessuno cerca di conquistare i due paesi. Il Giappone è praticamente costretto ad aprire i suoi porti al commercio occidentale. I Russi conquistano la provincia marittima e rafforzano la propria influenza sulla Manciuria; i Giapponesi si impadroniscono di Formosa. Al congresso di Berlino i diplomatici disegnano una nuova carta politica dell'Africa. La seconda europeizzazione del mondo ha avuto meno successo della prima, ma le trasformazioni sono profonde: finisce l'artigianato.I paesi del Terzo Mondo sono stati stravolti dai loro rapporti con l'Europa: le antiche strutture sociali si sono indebolite, c'è un'elevata natalità e cala la mortalità.

LA RIPARTIZIONE E L'EVOLUZIONE DELLE AREE CULTURALI: non tutte le società hanno raggiunto lo stesso livello di sviluppo. I paesi del Medio Oriente vennero sconvolti dall'avvento dell'Islam. Le tecniche materiali si diffondono e si sostituiscono le une alle altre. I sistemi di valori si aprono e si chiudono a nuove categorie, le assorbono o le rifiutano.

q   IL MOSAICO DI AREE CULTURALI DEL MONDO TROPICALE: L'Africa sub-sahariana, l'Oceania, le regioni più impervie dell'Asia sudorientale, gli spazi non europeizzati dell'America latina, del Messico, dell'America centrale, della Bolivia presentano mosaici di aree culturali fortemente differenziate. Ci sono alcuni punti in comune. In Africa le civiltà nere presentano alcuni aspetti generalizzati. La gamma delle produzioni agricole che esse praticano è abbastanza uniforme: nelle savane si trovano le stesse qualità di sorgo e miglio, l'allevamento è importante ma spesso praticato da etnie specializzate. Nella foreste i tuberi e le radici sostituiscono i cereali. Sul piano delle istituzioni sociali l'importanza diffusa dell'organizzazione tribale nella vita dei gruppi, quella della famiglia suggeriscono scambi culturali reciproci nel corso di un lontano passato; diverse forme di animismo, i miti, i riti di passaggio e di iniziazione.Esistono forti contrasti. Le società indigene si situano a diversi livelli: i gruppi paleonegritici praticano un'agricoltura sapiente; ad essa associano l'allevamento che assicura la ricostituzione della fertilità del terreno e consente la coltivazione ininterrotta dei campi: tali gruppi sono incapaci di creare Stati strutturati. L'Africa orientale e le regioni nilotiche sono state sommerse da civiltà pastorali che sono invece meno numerose in Africa occidentale. L'Oceania offre un nuovo esempio di costellazione di civiltà imparentate. L'Oceania sfruttava lo stesso stock di piante; la varietà delle specie coltivate era sorprendente, spesso più di cento. Una delle risorse alimentari importanti è fornita da un albero che cresce spontaneo, l'albero del pane. L'alimentazione fa largo impiego di radici e tuberi (patata..). Nelle zone costiere cresce ovunque la palma da cocco ed esistono numerose varietà indigene di banani. L'allevamento di limita ai suini. Il Sud est asiatico presenta caratteri originali: le sue piante deltaiche presentano civiltà prestigiose. Gli altipiani e le montagne sono occupati da gruppi più arretrati, meno numerosi; l'insieme forma un mosaico straordinario di popoli e di lingue. Tutti presentano qualche tratto comune: dipendono dalla coltivazione del riso di montagna, sfruttano ambiente mediocri attraverso la pratica del debbio. In America latina vivono piccoli gruppi che devono la loro sopravvivenza all'associazione mais-fagiolo-cucurbitacee. In alcune zone ruolo alimentare riveste la manioca; sulle montagne invece la patata. La loro originalità sta nel fatto che praticano un'agricoltura primitiva con la zappa ed il bastone, che ignorano l'uso della ruota, che non concepiscono generalmente l'allevamento come attività capace di soddisfare tutti i fabbisogni alimentari. La scarsità dei mezzi di trasporto e l'assenza della scrittura facilitano la polverizzazione a livello linguistico.

q   LE GRANDI CIVILTÀ DELL'ASIA ORIENTALE E DELL'ASIA MERIDIONALE: la cultura cinese si forma nel III e nel II millennio nella Cina settentrionale. Fin dall'età del bronzo il cereale di base è il miglio, il potere è nelle mani di principi che abitano in città-palazzo le cui rovine hanno permesso di conoscere la vita arcaica. Al suo stadio più primitivo, il sistema associava agricoltura ed allevamento. L'agricoltura cinese utilizza da tempi remoti gli animali domestici. Tuttavia il loro impiego si è visto ben presto ridotto per mancanza di foraggio. Da allora la civiltà cinese è sempre vissuta in un clima di tensione tra questi due modi di vita che ben presto si erano dissociati: ci volle la Grande Muraglia per contenere i cavalieri nomadi, ma i risultati non furono eccellenti. Non appena il potere politica si indeboliva si presentavano nuovi invasori. Vita agricola e vita urbana si perfezionano e si diversificano con la progressiva penetrazione degli Han nel Sud. La gamma degli alberi e delle specie si arricchisce di gelso, del cotone, della canna da zucchero, dell'albero del tè. Le tecniche del mondo agricolo si sono evolute: uso del concime umano. Le forme tradizionali del culto degli antenati si sono adattate di volta in volta a diverse religioni. L'importanza del buddismo non è mai stata tale da far scomparire il taoismo ed il confucianesimo. La coesione politica e culturale del mondo cinese è notevole. Lo Stato è concepito come realtà superiore. La civiltà cinese non è stata un civiltà conquistatrice. L'unica penetrazione militare è stata verso Ovest, ma i risultati non sono stati spettacolari. Il mondo indiano è caratterizzato da una minore unità. Le antiche civiltà della valle dell'Indo con le loro città non ebbero posterità. Nel quadro di un mondo tropicale nuovo, la civiltà di questi pastori guerrieri si trasforma. Si accentua la classica divisione presente in tutte le società derivanti dal ceppo indoeuropeo e si delinea progressivamente il sistema delle caste. L'allevamento continua ad avere un ruolo essenziale. Il bestiame viene utilizzato in larga misura per il lavoro dei campi. Si passa dalla cerealicoltura di miglio o di frumento alla risicoltura. A partire dal primo millennio avanti Cristo, l'India è stata innumerevoli volte invasa da Nord-Ovest dove le montagne sono più facili da valicare e gli invasori l'hanno profondamente segnata. La meditazione buddista sconvolgerà tutta l'India tra il V secolo prima di Cristo ed il V secolo dell'era cristiana. Poi le credenze tradizionali riprendono il sopravvento. Le invasioni musulmane interrompono questa espansione e creano nella massa indiana delle fratture insuperabili. La nuova conquista fu realmente presa unicamente nelle regioni nordoccidentali, nel bacino dell'Indo.

q   L'EVOLUZIONE DELLE AREE CULTURALI INCENTRATE SUL MEDIO ORIENTE: attorno al Medio Oriente si è creata una serie di aree culturali la cui evoluzione è molto più complessa di quelle si qui esaminate. I tratti ecologici fondamentali: il Medio Oriente all'origine associa allevamento ed agricoltura in generi di vita misti. Ai piccoli nomadi si uniscono gradualmente i grandi nomadi che in seguito estendono il loro dominio fino alle regioni sahariane. A Nord, le popolazioni indoeuropee del II millennio possiedono già nel cavallo un animale in grado di conferire grandi mobilità. Le forme del nomadismo adattate agli ambienti al tempo stesso aridi e freddi dell'Asia Centrale di perfezionano probabilmente nello stesso periodo. Nelle regioni mediterranee la cerealicoltura è a base di frumento e d'orzo. La siccità delle estati limita l'importanza dell'allevamento e la ricostruzione della fertilità dei terreni è spesso imperfetta. Si pratica una rotazione biennale. Il bestiame vive sui pascoli, silva e saltus. L'arboricoltura costituisce un'assicurazione di regolarità. Nelle montagne dell'Europa centrale la vita pastorale esiste fin dal Neolitico (es. Valcamonica) e permette una graduale conquista delle alte vallate che si perfeziona nelle Alpi durante il Medio Evo con i movimenti dei Walser. Nell'Europa atlantica il ruolo dell'agricoltura è meno importante. La diffusione dell'agricoltura si completa per il bacino del Mediterraneo all'inizio dell'epoca romana. Le civiltà a base agricola e sovrastruttura urbana hanno dominato la storia dell'Antichità. Vi si scorge lo stesso tema: formazione di culture che si sentono antitetiche e si contrappongono prima di fondersi in determinati periodi. La prima dicotomia si delinea nel II millennio tra i popoli civilizzati della Mesopotamia e dell'Egitto e gli invasori indoeuropei venuti dal Nord, Ittiti ed Ixos. La conquista macedone sopprime la contrapposizione e le civiltà ellenistiche fondono in un sincretismo fecondo le due culture: da allora i popoli dell'Occidente si rifanno ad una tradizione dalla duplice origine. L'Impero di Alessandro si smembra. I Romani sono in Oriente gli eredi delle dinastie elleniche. Anche le regioni danubiano vengono inglobate. Affiorano comunque le difficoltà: la coesione economica dell'insieme viene minata da squilibri monetari, contrapposizione etniche scissione dell'Impero tra Costantinopoli e Roma (coesione nel Cristianesimo). Lo scisma del X secolo tra Chiesa d'Oriente e Roma è testimone di una incomprensione che ne viene rafforzata. Con l'Islam le cose cambiano: Bisanzio e l'Occidente medioevale restano fedeli a questo tipo di civiltà legato alla terra. I Turchi dilagheranno progressivamente nell'Asia centrale e in Persia. Nel corso del loro soggiorno in quest'ultima regione acquisiscono un complesso di tratti culturali. Le aree toccate dall'Islam si estendono fino ai confini del mondo cinese e dominano tutta l'Asia centrale, verso l'India. L'Occidente cristiano non ha subito le stesso mutazione dell'Oriente. La novità più significativa è costituita dalla graduale conversione dell'Europa del Nord al cristianesimo e dal fiorire di un'area di prosperità e di sviluppo lungo le rive del Baltico, in Inghilterra e nella Francia del Nord. Nel XVIII secolo i paesi del Nord diventano la grande culla della nuova civiltà rivoluzione industriale. L'America iberica deve la sua unità al sincretismo che vi ha creato in quattro secoli una civiltà originale: tecniche, piante, religione.Nell'America del Nord e più tardi in Australia e in Nuova Zelanda ed in Sud Africa si sono imposti i tratti dell'Europa del Nord; la Francia ha durevolmente plasmato soltanto il Quebec.

q   SIGNIFICATO ATTUALE DELLE DIVISIONI CULTURALI: le nazioni del Terzo Mondo si ingegnano ad imitare i modelli di consumo di quelle più sviluppate. Si assiste ad una rivalutazione degli aspetti intellettuali della cultura il che si traduce in sussulti nazionalistici, in esplosioni di regionalismo, nella preoccupazione di salvaguardare il patrimonio artistico o il paesaggio per quando ha di più notevole. Le nuove forme di differenziazione culturale segano sempre più profondamente la geografia politica del nostro mondo.






























APPUNTI DA "GEOGRAFIA REGIONALE" DI R. Mainardi


REGIONE E ANALISI REGIONALE, TEORIE, MODELLI E METODI DI RICERCA


Ci sono due dimensioni nella geografia definite da Varenius nel 1650, una sistematica e una regionale. La ricerca geografia implica un'alternanza tra metodo di analisi per argomenti (geografia regionale) e un metodo di analisi per spazi (geografia regionale) l'uomo produce assetti regionali diversi.

La regione può essere definita in diversi modi a seconda delle diverse teorie:

Determinista: spazio identificabile mediante discriminanti geomorfologiche e climatico-vegetazionali

Storicista: tratto di territorio plasmato da un determinato genere di vita, che si esprime attraverso un paesaggio e un insieme di paesaggi

Funzionalista: area dominata da un centro di polarizzazione. È funzionale lo spazio provvisto di efficace coesione tra elementi fisici ed elementi umani, mentre è marginale lo spazio dotato di debole organizzazione. Uno spazio funzionale è caratterizzato da una rete urbana gerarchizzata.

Teoria sistemica: sistema spaziale aperto: un insieme di elementi umani e fisici, interconnessi e mossi da uno stesso processo.

La regionalizzazione è l'insieme dei processi da cui è orientata l'orditura regionale dello spazio. Nella geografia classica la regionalizzazione è il riconoscimento della divisione del territorio in regioni. Per la geografia funzionalista e sistemica la regionalizzazione è l'insieme dei processi da cui è modellata la maglia regionale di un vasto spazio. In geografia applicata è l'azione tendente ad attribuire al territorio sottoposto ad un dato centro di decisioni un assetto regionale ottimale. Il pensiero funzionalista e sistemico introduce la regionalizzazione come dimensione centrale della ricerca. Il problema regionale è sentito sempre più intensamente. Nell'Encyclopedie la regione è definita come componente territoriale dello Stato, individuata in base a fattori politici o a criteri vagamente etnici. Nel 1752 Bauche si era posto il problema della scelta delle divisioni che conviene adottare nello studio della terra. I geografi del XVII e XVIII secolo utilizzavano le divisioni politiche e amministrative e non tenevano distinte la geografia dalla storia. Per Bauche va attribuita maggiore importanza ai fatti di ordine fisico. Ma la proposta non viene accolta. Dal 1560 al 1750 u collegi dei gesuiti sono la componente più efficace del sistema educativo europeo. Nel curriculum trovano spazio storia e geografia. La letteratura dei resoconti di viaggio e le relazioni dei missionari gesuiti /Cina, Giappone, India) dilatano le conoscenze dallo spazio europeo all'intero pianeta. Nel 1650 Varenius aveva pubblicato il primo manuale moderno di geografia generale (teoria dei climi è il punto debole). Tra il 1750 a il 1830 le nascenti scienze della terra producono un paradigma efficace: il concetto di regione naturale. Dall'incontro con il positivismo nasce il determinismo ambientale. Dal 1750 al 1890 il sistema sociale è stato subordinato al sistema naturale. L'attenzione era rivolta al mondo naturale. Nella prima metà dell'Ottocento la geografia si identifica con alcune personalità isolate (Humboldt, Ritter). Humboldt rientra nella tradizione razionalista del XVIII secolo. Il suo contributo è prezioso per ciò che concerne la metodologia della presentazione dei risultati, l'impiego sistematico di illustrazioni e di carte costruite per isolinee, Cosmos è un capolavoro della prosa scientifica tedesca.

Ritter fu il primo professore di geografia in una università.

La geografia dei primi decenni dell'Ottocento si interessa all'uomo ma non è ancora scienza umana. Sono spesso statistici, economisti, etnografi a fare geografia. La geografia umana si è sviluppata tra il 1870 e il 1910 con rapporti molto stretti con la geografia fisica. Negli ultimi anni del secolo scorso e nei primi del nostro secolo, un grosso sforzo è stato fatto per fondare l'unità della disciplina. Ma lo sforzo si è indebolito quando ci si è resi conto della fragilità dei primi tentativi di sintesi. Dal 1900 al 1960 la geografia umana si svilupperà senza quadro generali soddisfacenti.

Il positivismo ottocentesco sostiene che non vi è evento del presente che non sia determinato, in base a relazioni causa-effetto, da eventi del passato. La dottrina implicitamente nega la libertà dell'agire umano. Da qui la priorità accordata alla regione naturale, elemento costitutivo oggettivo e permanente della superficie terrestre. Esiste un terreno comune fra geografia fisica e geografia umana: il rapporto uomo-ambiente.

Vidal de la Blache fu il primo a tenere un insegnamento di geografia in una università francese. Utilizzò sistematicamente ciò che la mineralogia e la geologia fornivano. La nozione di geografia era ancora mal definita. Vidal utilizzò la geologia, la botanica. Moltiplicò le escursioni. Percorreva la Francia con la carta geologica e la sua formazione di storico gli permetteva di intendere gli intimi rapporti che esistono tra ambiente fisico e storia dei paesaggi agrari, forme dell'insediamento rurale. Il suo metodo geografico nacque da questa scoperta. Il grande storico Febvre aveva imparato la geografia come allievo da Vidal. La società pesa sull'uomo. I rapporti tra comportamento umano e ambiente non vengono più spiegati in termini di causalità unidirezionali che procede dal fisico all'umano. L'organizzazione del territorio è il prodotto della scelta tra possibilità alternative offerte dall'ambiente.

Morfologia, clima, struttura dei suoli, vegetazione naturale costituiscono il substrato dell'organizzazione umana del territorio. Il comportamento umano tende alla stabilità prima della rivoluzione industriale. Dall'incontro tra fattori ambientali e azione umana derivano le forme di organizzazione del territorio cui si esprimono i generi di vita. Una volta creato un genere di vita si trasforma in abitudini. Diviene un complesso consolidato di comportamenti.

Il paesaggio è una combinazione di tratti fisici e umani che conferisce ad un territorio una propria fisionomia. Il paesaggio esprime un equilibrio instabile tra condizioni fisiche e sociali del gruppo umano. Le regioni sono porzioni di spazio dominate da un tipo di paesaggio o una combinazione di tipi. Una regione può essere composta da più frammenti di paesaggi geografici diversi. È la presenza del genere di vita ad imprimere unità a un territorio facendone una regione. Il paesaggio ne costituisce la manifestazione. La regione è un territorio plasmato da un determinato genere di vita. Il paesaggio è il prodotto della combinazione dinamica di elementi fisico-chimici, biologici e antropici che generano un insieme unico e indissociabile, in evoluzione.

Per i geografi della prima metà del '900 la regione è una dato immediato e vivente. La geografia regionale storicista è un'arte che si preoccupa di far emergere delle individualità. Ci si rende conto che diventa impossibile abbracciare tutta la realtà: si può descrivere l'originalità umana di una regione in base agli elementi umani e storici, senza compiere un esaustivo studio dell'ambiente fisico. La critica moderna del concetto storicista (vidaliano) di regione ne ha reso espliciti i presupposti latenti, che ne limitano la portata applicativa. Il modello economico e sociale di riferimento è quello di una società agraria. La regione è uno spazio al cui interno si realizza un equilibrio.

Il geografo francese Armand Fremont ha proposto nel 1976 una versione aggiornata del paradigma vidaliano. Fremont distingue tre dimensioni dell'organizzazione regionale. La regione è un quadro di vita materiale: insediamenti residenziali e produttivi, tipi di uso del suolo, relazioni sociali. La regione come spazio vissuto incorpora le sollecitazioni percettive prodotte dal territorio e dalle sue forme di organizzazione. Lo spazio di vita è l'insieme dei luoghi frequentati da una persona o da un gruppo sociale. Si possono distinguere diversi tipi di regione:

Debole: è espressione di un'economia poco dotata sul piano delle tecniche e poco sviluppata in termini di organizzazione.

Radicata: è espressione delle più avanzate società contadine inquadrate da città politiche e commerciali. I gruppi umani permangono sugli stessi luoghi nel corso dei secoli.

Funzionale: organizzazione integrata e standardizzata dovuta ad un'industrializzazione avanzata.

Esplosa: prodotta dall'industrializzazione avanzata: luogo di costrizione, alienazione.

Tra le espressioni della cultura, la lingua e la religione sono quelle che creano le più solide comunità sociali e che le differenziano in maniera così forte da diventare a volte motivo di conflittualità. Ogni gruppo umano elabora la propria cultura attraverso lo scambio delle idee e delle informazioni reso possibile da una lingua comune. Il sistema produttivo ha bisogno di continui scambi di informazioni al suo interno: prezzi, quantità.Il sistema funziona meglio se queste informazioni sono comprese e trasmesse celermente. Lo stesso modo di parlare unifica i modi di pensare.

Nel periodo tra le due guerre mondiali si pongono le premesse di nuovi orientamenti. Lo sviluppo degli anni Venti e la crisi degli anni trenta impongono all'attenzione di tutti i fenomeni della moderna economia industriale.

Pionieri come Christaller elaborano un nuovo approccio allo studio delle realtà regionali. Nella concezione determinista ad attribuire oggettività alla regione è il substrato fisico. Nella concezione possibilista la regione è una combinazione organica tra la cultura di un dato gruppo umano e l'ambiente fisico. Nella concezione funzionalista la regione è l'area di irraggiamento di effetti, di attrazioni e diffusione, generati da una concentrazione di elementi dotati di vigore polarizzante. Il funzionalismo è un atteggiamento scientifico imperniato sullo studio delle funzioni prodotte dagli elementi di una struttura. Nella regione funzionale l'unità dello spazio è fondata su relazioni dinamiche tra fenomeni appartenenti a luoghi diversi.

La teoria della localizzazione industriale aveva considerato le propensioni delle industrie a localizzarsi in determinati punti del territorio in base all'ubicazione dei fattori produttivi e in base all'attrazione esercitata dai mercati di consumo. Lo spazio compreso fra i punti in cui sono ubicati i fattori di produzione e i mercati di consumo forma un "campo di variabilità localizzativa". Lo spazio economico è costituito da centri da cui emanano forze centrifughe e dove si dirigono le forze centripete. Le economie esterne sono l'insieme delle relazioni interindustriali. La polarizzazione è il processo mediante il quale la crescita di un'attività economica motrice provoca quella di altre attività economiche, attraverso il canale delle economie esterne. La regione polarizzata è lo spazio organizzato da un insieme di poli economici che stabiliscono relazioni intense con un polo di ordine superiore. L'interrelazione tra funzioni è uno degli elementi fondamentali della polarizzazione: fornisce opportunità alle singole attività, definisce la fisionomia delle economie esterne, dà luogo a raggruppamenti, condiziona l'intera efficienza.

La vocazione principale di una città è quella di essere il punto centrale di un territorio. Le aree gravitazionali poste in essere da località centrali di ordine inferiore sono contenute in aree gravitazionali di località centrali di ordine superiore. La regione è un complesso di spazi serviti da località centrali ed integrati in una struttura.

LA REGIONE COME SISTEMA COMPLESSO E DINAMICO: l'analisi dei fenomeni di polarizzazione industriale e terziaria, lo studio delle gerarchie e reti urbane si è sviluppato negli anni Cinquanta e Sessanta. Ogni organizzazione sociale produce una propria orditura regionale e un certo modo di intendere la regione. La regione regionale di Vidal del la Blache era ispirata al paesaggio agrario francese. L'idea funzionalista di regione nasce da una società che va industrializzandosi e urbanizzandosi nel contesto di un'economia competitiva di mercato. La regione è una realtà che emerge dall'incontro dell'organizzazione sociale con il territorio. Il miglioramento delle condizioni di vita e sanitarie provoca una forte diminuzione della mortalità che si traduce in un'esplosione demografica (retroazione negativa).

La crescita cumulativa è un insieme di catene di relazioni che investono un gruppo di elementi, provocando una crescita accelerata e uno squilibrio tra la componente considerata e le altre componenti del sistema. Le risorse naturali hanno una localizzazione stabile; le forze del lavoro e i capitali sono espressi da un sistema sociale regionale; le informazione percorrono distanze modulate dalla permeabilità sociale.

In ogni sistema chiuso cresce il livello di disorganizzazione e degradazione. L'entropia aumenta irreversibilmente; le sue variazioni sono sempre positive (aumento del disordine). Nei sistemi aperti l'entropia può crescere (degradazione) o può diminuire (miglioramento). La regione per sua natura possiede un comportamento che si oppone all'accrescimento dell'entropia (negentropico): la comunità sociale, infatti, tende a conseguire migliori condizioni di organizzazione del territorio e quindi accrescere l'energia globale del sistema. Quanto più il livello è elevato tanto più il sistema produce una sinergia, cioè un'energia superiore a quella producibile dalla somma delle sue parti isolatamente considerate. Determinati elementi della struttura regionale acquistano peso crescente fino a diventare dominanti nella gerarchia attraverso cui si organizza la regione. È un comportamento che produce allometria, cioè un tasso di crescita degli elementi protagonisti più forte della crescita dell'intero sistema.


L'EVOLUZIONE STORICA DEGLI SPAZI DI RELAZIONE:


L'organizzazione dello spazio mura radicalmente nel passaggio da un'economia agro-industriale, in cui l'agricoltura contadina assorbe ancora il 40-50% della popolazione attiva, ad un'economia industriale avanzata. Merita poi un'attenzione specifica il ruolo della grande città. Lo spazio poco differenziato è proprio di popolazioni a bassa densità, che vivono in un'economia di sussistenza. Le densità di popolazione sono molto basse, le tecniche rudimentali, gli scambi assai poveri. La capacità di azione sull'ambiente è ridotta. La debolezza delle tecniche rende difficili i lunghi spostamenti e le comunicazioni a distanza. Gli spazi di residenza, di lavoro, di scambio e di gioco si confondono. La spazio è "associativo". I luoghi sono spazi che legano gli appartenenti ad un gruppo umano e che appaiono carichi di valori psicologici. I rapporti tra gli uomini e i luoghi sono mutevoli. Il carattere dominante dell'organizzazione regionale è la "fluidità". La regione fluida implica deboli densità. Il territorio è occupato in modo incompleto. Nei casi estremi la natura sembra schiacciare la presenza degli uomini.

GLI SPAZI RADICATI DELLE SOCIETÀ CONTADINE A INQUADRAMENTO URBANO: ai diversi generi di vita corrispondono forme assai diverse di popolamento e di organizzazione dello spazio. Nella società contadina la logica di organizzazione dello spazio si fonda sull'addomesticamento del territorio, lavorato senza sosta. Queste società attribuiscono una grandissima importanza alla durata (la famigli) e al rinnovamento della vita (figliolanza numerosa). L'organizzazione dello spazio è fondata sul radicamento. Sino al 1850 città e campagne costituivano un sistema in simbiosi: l'autoconsumo della popolazione contadina, il mercato urbano. La città è essenzialmente il luogo dove si esercita l'autorità.

NUOVI RAPPORTI TRA CITTÀ E CAMPAGNE: nella seconda metà dell'Ottocento le campagne di organizzavano in piccole aree di mercato che associavano un certo numero di villaggi ad un borgo, sede di mercato. Nella geografia amministrativa francese questa cellula elementare ha un riconoscimento: il cantone. Tre o più borghi venivano a loro volta polarizzati da una piccola città con cui formavano un distretto. Le borghesie di questi poli urbani hanno acquistato terre, lanciato innovazioni agricole, edificato fabbriche. L'organizzazione regione si fonda su una gerarchia di livelli : il villaggio, il borgo, la piccola città, la città media, la metropoli. La città ha conquistato i suoi immediati dintorni. Le città divengono "poli di sviluppo" e lo spazio si articola in regioni gravitanti su una metropoli. L'economia e la società urbana impegnano le campagne più vicine come fa una macchia d'olio periferia. Si disseminano le strutture di pubblica utilità che la città non può più contenere: impianti del gas. Ma la periferia ha anche la funziona di produrre derrate fresche e deperibili. Il mercato di rifornimento urbano diventa nazionale o internazionale.

LA CITTÀ, PUNTI FOCALI DELL'ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO: il lavoro agricolo e pastorale richiede vaste superfici e si esercita all'aria aperta. Il lavoro industriale si installa al riparo di un ambiente del tutto condizionato dalla tecnica: la fabbrica. I luoghi di attività terziaria (negozi, uffici) sono collegati gli uni agli altri. Le teorie economiche dello spazio attribuiscono alla città un ruolo essenziale nell'organizzazione delle regioni. La regione è "funzionale". Benché enormemente rafforzato negli ultimi due secoli, il ruolo delle città come centro coordinatore è antico e svolge un ruolo privilegiato nella strutturazione dello spazio.

La gerarchia delle attività nella loro ripartizione fra città grandi, medie e piccole, si basa su quattro variabili interdipendenti: il numero dei punti di vendita e dei servizi, la qualità dei servizi, vincoli interni, rarità di uso dei determinati servizi. Non tutte le città hanno esattamente le stesse funzioni economiche. Lo sviluppo economico comporta flussi di popolazione, di merci, di informazione che passano per la rete delle città. La capitale è alla testa di tutte le relazioni.

GLI SPAZI FUNZIONALI DELLE SOCIETÀ INDUSTRIALI AVANZATE: lo sviluppo industriale comporta non soltanto un enorme incremento della produzione e degli scambi, ma anche una società di lavoratori-consumatori e imprenditori. L'agricoltura rimane un'attività essenziale. La distribuzione dei lavoratori fra agricoltura, industria e servizi condiziona l'intero paesaggio economico e sociale. Il gioco delle forze e dei sistemi economici è nel XX secolo i fondamento delle strutture regionali. Anche nelle zone rurali lo spazio si polarizza intorno ai borghi, alle piccole città, alle città medie dimensioni. La società industriale assume come valori primari l'efficienza. I mezzi tecnici disponibili divengono sempre più potenti. La società industriale ha creato rapporti nuovi fra luoghi, funzioni e uomini. La divisione sociale del lavoro provoca una dissociazione dei luoghi. Mentre la città divora la regione, la regione si identifica con la città. L'habitat si è addensato lungo gli assi di comunicazione, serviti da trasporti pubblici o accessibili alla circolazione di massa. La forma di queste espansioni suburbane si modella sul sistema dei trasporti. Nella fascia suburbana sopravvivono solo le apparenze della campagna. Il centro non coincide più con la chiesa, ma con la piazza degli autobus o la stazione ferroviaria. Le "città nuove" sono un tentativo di canalizzare la crescita delle grandi regioni urbane mediante la creazione di organismi urbani completi all'interno di una campagna conservata. La campagna vera non la si percorre più. L'automobile a disposizione di ogni lavoratore-consumatore conferisce una grande autonomia di spostamento. Per accogliere le seconde case, la campagna deve attrezzarsi alla maniera della città, con la costruzione di reti di tutti i tipi: la distribuzione dell'acqua, la raccolta dei rifiuti.Le campagne perdono la loro originalità e l'atmosfera. Le nuove relazioni modificano l'organizzazione dello spazio. L'area o la regione metropolitana diviene la parte essenziale dello spazio economico. Le alte densità delle regioni urbane spingono i cittadini a cercare in un altrove sempre più lontano quella libertà di spazi e quella qualità ambientale di cui sono stati privati. Grazie alla televisione l'immagine diffusa con la parola diventa accessibile a distanze quasi illimitate. Le distanze fisiche sono completamente trasformate. Una nuova élite di viaggiatori percorre il globo.


UOMINI E LUOGHI NELLA LUNGA DURATA


Vidal de la Blache ha definito la regione come prodotto della lunga durata. Ogni regione di denso e antico popolamento è come la Lombardia un immenso deposito di fatiche.

IL PESO DELLA STORIA NELLA FORMAZIONE DEGLI SPAZI REGIONALI. IL CASO DELLA LOMBARDIA: la capacità del lavoro umano di trasformare l'ambiente naturale in spazio ordinato varia enormemente con il livello tecnico e organizzativo delle singole società. La prima vera umanizzazione dello spazio inizia più di 5'000 anni fa, con la rivoluzione neolitica. La civiltà urbana è frutto di un'acculturazione violente che riorganizza la società tribale degli Insubri e dei Cenomani. La conquista militare e la penetrazione commerciale e culturale a nord del Po precedono di quasi due secoli l'organica urbanizzazione e pianificazione del territorio dell'età di Augusto. Nuovi centri di controllo del territorio (monasteri.) sembrano lacerare i quadri territoriali dei municipia romani. La ripresa demografica dei secoli X e XI inizia nelle campagne. Dal XIII secolo agli inizi del XIX il capitalismo mercantile costituisce il livello più avanzato di organizzazione economica e sociale. Il ritmo del tempo storico accelera bruscamente nei secoli XIX e XX: è l'età delle rivoluzioni industriali. La seconda rivoluzione industriale promuove la regione al rango di area forte dello spazio economico europeo. La terza rivoluzione industriale è caratterizzata da brusche inversioni di processi.

LA PADANIA CENTRALE NEL MONDO ANTICO: attraverso il processo di "neolitizzazione" le popolazioni padane acquisiscono le tecniche dell'allevamento, della ceramica.Durante il IV millennio gli insediamenti sfruttano nel modo più idoneo ambienti geografici diversi, utilizzando tecniche costruttive molteplici. Inizia la frequentazione dei laghi prealpini che saranno intensamente abitati soprattutto nell'età del bronzo. Nel secondo quarto del III millennio inizia l'età del rame. Nel II millennio le attività agricole ricevono un impulso notevole, grazie all'applicazione di tecniche e strumenti nuovi. Si generalizza l'uso dell'aratro. L'età del bronzo media e recente (XVI-XII secolo a.C.) si caratterizza per lo sviluppo demografico e i progressi della metallurgia. Nel XII secolo si ha una contrazione demografica. La crisi perdura sino all'avanzata età del ferro, quando compaiono gli Etruschi. Nell'età del ferro la Padania è zona di contatto tra un'area culturale mediterranea e una continentale europea. I corrispondenza dell'arco alpino e delle vie di comunicazione tra Nord e Sud si formano focolai protostorici di civiltà, come la cultura lombardo-piemontese di Golasecca. Il mondo celtico europeo tra la fine del V secolo e l'inizio del IV secolo appare tutto in movimento: si verificano spostamenti di popoli che coinvolgono anche l'Italia. I celti dilagarono in Italia nei primi anni del IV secolo spingendosi fino a Roma. Gli Insubri si fermarono nel territorio dell'attuale Lombardia, dove nel 396 cadde Melpum. Verso est i Celti si arrestarono prima dell'Adige e non entrarono nelle terre venete. Le città etrusche decaddero e si spopolarono, tranne quelle situate a ridosso dei veneti, come Mantova. L'occupazione celtica si arrestò ai piedi delle Prealpi. La fascia di pianura divenne etnicamente e politicamente celtica. Prima delle bonifiche effettuate dai Romani nel I secolo a.C. la pianura era coperta di paludi a sud, mentre a nord prevalevano i terreni asciutti. Nella Bassa dominava il trasporto per via d'acqua e nell'alta pianura si era organizzata una rete di piste. Il capoluogo degli Insubri dimostrò nel IV-III secolo a.C. una notevole capacità espansionistica. A nord sottomise i Comenses, ad est contese il confine ai Cenomani.

I Romani fondarono nel 268 a.C. la colonia militare di Rimini, Cinquanta anni dopo vengono fondate Piacenza e Cremona. I due primi decenni del II secolo a.C. sono la fase culminante dell'operazione di conquista. I romani si imbattono nella pianura padana in un mondo nuovo e realizzano una vasta politica di urbanizzazione e di lavori pubblici. I centri urbani a nord del Po vengono ampliati. Nel lungo periodo di pace che va da Augusto al 160 d.C. la condizione dell'Italia padana è quella di una prospera "provincia". La classe dirigente è composta da magistrati e ufficiali e ha come base economica la media e grande proprietà terriera. C'è l'allevamento ovino e la lavorazione della lana. Il III secolo segna la fine della pace imperiale e la rimilitarizzazione della valle padana. A Milano si insediano le amministrazioni imperiali preposte al reclutamento e alla fabbricazione di armi. Nella riorganizzazione dell'impor ad opera di Diocleziano Milano diventa capitale.

LA LOMBARDIA MEDIEVALE: oltre che capitale imperiale Milano nel IV secolo è metropoli religiosa. Sotto la guida del vescovo Ambrogio la cristianizzazione penetra in profondità nel corpo sociale. Il centro della pieve era costituito dall'edificio sacro (basilica e chiesa) e dal battistero. Questo nuovo contesto sociopolitico fece sì che venissero formandosi nuovi centri di vita religiosa: le parrocchie. Nel VI secolo le infrastrutture territoriali (canali, strade.) e l'organizzazione amministrativa locale sono in piena disgregazione. Comincia a nascere la città medievale. La città ritrova anche una vocazione di porto fluviale. Gli abitanti nobili andarono a stabilirsi nelle campagne. Nelle campagne le foreste occupavano immense estensioni di territorio. Nei terreni coltivati il paesaggio agrario era dominato dalla "piantata padana": campi inquadrati da filari di olmi a sostegno delle viti. Il tracciato delle strade romane cominciava a scalzarsi. La nuova società medievale nacque così sulle rovine della civiltà antica. L'incolto si dilata dalle montagne alle pianure. In questo paesaggio regredito e impoverito nascono nuovi centri. L'VIII secolo longobardo e l'età carolingia vedono moltiplicarsi le fondazioni di monasteri e abbazie con l'assegnazione di enormi estensioni di boschi.Nel IX e X secolo il crollo dello stato carolingio e le incursioni ungare provocano il fenomeno dell'"incastellamento". L'economia viene riorganizzandosi nei secoli VII-IX su basi signorili e curtensi.

Nei secoli IX e X si era finalmente instaurato un equilibrio positivo fra popolazione e risorse: il basso livello delle tecniche agricole era compensato dallo scarso numero delle persone da nutrire. La popolazione ricominciò a crescere. La crescita demografica rendeva necessario procedere alla estensione della superficie coltivata e alla distruzione dell'incolto. I dissodamenti e i disboscamenti che creano il nuovo paesaggio agrario del basso Medioevo si sviluppano nell'arco di molti secoli. Aumenta la popolazione, diminuiscono gli spazi incolti. Si ridefinisce in termini nuovi la ripartizione del territorio lombardo in: montagna, zona collinare e di alta pianura, bassa pianura. Milano è un grande centro di produzioni realizzate in laboratori artigianali. Si fabbricano ferri di cavallo, armi e armature, lana. C'è diffusione del commercio milanese. Nella prima metà del Duecento c'è l'apertura dei passi del Gottardo e del Sempione.

Alla metà del Trecento inizia a Milano una trasformazione architettonica: nasce il tipico palazzo milanese a pianta quadrata. Galeazzo Visconti conquistata Pavia nel 1362 trova una città impoverita e spopolata; fonda l'Università. Gian Galeazzo inaugura la sua presa di potere con l'avvio dei lavori del Duomi di Milano. La peste nera del 1347-50 pone fine alla crescita demografica, ma non si arresta quella commerciale. Si introduce la coltura del riso, del gelso, del lino, allevamento di suini e ovini, aumenta quello dei bovini.

CITTÀ E CAMPAGNE NELL'ETA MODERNA: una forte crescita demografia ed economica aveva caratterizzato la Lombardia sforzesca nella seconda metà del Quattrocento. La politica culturale di Ludovico il Moro aveva fatto di Milano un polo del primo Rinascimento. I tempi torbidi delle guerre d'Italia interrompono questo trend ascendente che riprende con forza nella seconda metà del Cinquecento e si prolunga fino alla peste manzoniana. Le campagne lombarde raggiungono un massimo storico di popolazione. Milano è una delle grandi metropoli. Il decennio 1620-30 è un punto di svolta: rapida perdita dei mercati di esportazione dei manufatti milanese, la Lombardia si ruralizza.

Per quattro secoli, dal 1200 al 1600 il grande commercio e le manifatture di esportazione avevano costituito il livello superiore della vita economica lombarda. Nei tre secoli successivi fino all'Ottocento la Lombardia si riconverte a regione a dominante agricola. Cresce nei villaggi una borghesia rurale e molte produzioni artigiane da Milano si trasferiscono in borghi come Monza, Busto Arsizio.Milano è comunque nelle mani di "privilegiati".

Nel Settecento l'economia europea conosce una fase di espansione. Ha un'importanza ancora secondaria l'attività industriale che tuttavia comincia ad apparire con il sorgere a Milano e a Como di alcune "fabbriche". La borghesia mercantile e professionistica delle città si sviluppa con l'accrescersi del commercio. Base dell'accumulazione rimane l'agricoltura (sistema del grande affitto). Nella bassa ci sono le iniziative di imprenditori capitalistici (aumento della produzione ma peggioramento condizioni dei contadini). Le riforme di Giuseppe II sopprimono i particolarismi locali. Napoleone riporta Milano come capitale. L'amministrazione napoleonica potenzia l'apparato burocratico e crea un esercito italiano.

LA GRANDE TRASFORMAZIONE DEL XIX E XX SECOLO. UN TARDIVO DECOLLO INDUSTRIALE: la Lombardia aveva già raggiunto nel 1880 una densità che l'Italia ha raggiunto solo nel 1960. Questo aumento della popolazione era sostenuto da un'economia agricolo-commerciale, ricca di capitali, fortemente aperta al mercato, ma i cui prodotti fondamentali erano la seta, i formaggi, il riso. La seta à il principale articolo di esportazione. Milano ha la colonia straniera più importante d'Italia, composta da agenti dei setaioli lionesi. Dal 1830 abbiamo mutamenti economici importanti. Le riviste economiche lombarde dedicano una grandissima attenzione alla rivoluzione industriale. Al momento dell'Unità, Milano è il polo amministrativo e commerciale della più ricca regione d'Italia. È un'economia agricolo-mercantile. Realizzata per decreto l'unificazione doganale, la concreta formazione del mercato nazionale richiederà alcuni decenni e sarà affidata soprattutto relativamente rapida costruzione della rete ferroviaria. Milano diviene la capitale commerciale e finanziaria dell'industria cotoniera. L'industria urbana milanese diventa la fornitrice dei merciai. La crisi agraria determina una caduta dei profitti e ancora di più delle rendite agricole. In una prima fase i capitali che abbandonano l'agricoltura alimentano soprattutto la speculazione edilizia e finanziaria, ma anche l'industria comincia a richiamare l'attenzione. Le fabbriche meccaniche hanno come luogo privilegiato di insediamento non più le zone rurali popolose ma la grande città. Un secondo fatto nuovo è la fine del monopolio del carbone. Sono così poste le premesse per lo sviluppo della siderurgia. Il 1908 è l'anno dell'avviato decollo della grande industria milanese (Falk, Breda, galleria del Sempione). La Lombardia ha bruciato in un arco di tempo relativamente breve la transizione attraverso i successivi stadi di sviluppo agricolo-industriale. Anche il regime demografico ha visto succedersi in tre generazioni livelli molto diversi di mortalità. A periodi di prevalente emigrazione (1881-1925) hanno fatto seguito periodi di forte richiamo migratorio dal Veneto e dall'Italia meridionale (1925-40, 1955-70). Progressivo ampliamento e crescente diversificazione della base industriale. Gli anni Cinquanta e Sessanta segneranno una seconda fase di grande espansione industriale. Nella Bassa Lombardia l'assetto del territorio ha conservato la tradizionali dicotomia tra poli isolati nella campagna e spazio rurale. La montagna lombarda è oggi un'area con caratteristiche insediative ed economiche peculiari. Lo spazio lombardo continua ad essere un mosaico di aree nettamente differenziate per densità di popolamento e dinamismo economico. Milano ha più volte mutato base economico e struttura sociale alternano o cumulando nelle diverse epoche i ruoli di metropoli religiosa.


GLI SPAZI POLITICI E AMMINISTRATIVI


Nel linguaggio politico il concetto di regione è strettamente associato a quello di Stato. L'età moderna e più ancora l'età contemporanea sono state caratterizzate da un processo di sempre più forte competizione fra organismi politici, da cui è emerso vincitore sino al 1914 lo Stato europeo occidentale e nella fase successiva lo Stato nordamericano.

L'ORGANIZZAZIONE POLITICA DELLO SPAZIO: lo Stato moderno ha reso possibile un così intenso impiego di risorse umane, che ogni altro tipo di organizzazione politica è stato eliminato. Alcuni Stati hanno forme di organizzazione più equilibrate e più efficaci di altri. La capacità di organizzazione e di sviluppo è bassa. Individui capaci non sono in grado di realizzare pienamente le loro doti potenziali. Raggruppamenti politici primordiali o temporanei possono funzionare per mezzo di relazioni personale poco organizzate. Per diventare uno Stato, una comunità umana deve stabilizzarsi nello spazio e nel tempo. Soltanto vivendo e lavorando insieme in una data area, un gruppo può sviluppare i modelli di organizzazione essenziali per la costruzione di uno Stato. Città e Stati hanno ben presto preso coscienza di quanto fosse necessario avere rapporti reciproci. Gli Stati si sono a lungo concentrati sulla guerra, lasciando quasi tutte le attività rimanenti ad altre organizzazioni. Gli Stati che traevano le loro risorse dai tributi erano strutture opprimenti e violente, ma al tempo stesso deboli rispetto agli Stati territoriali. Gli imperi sono militarmente forti, ma riescono a coinvolgere solo una piccola parte dei loro abitanti nel processo politico. Le attività politiche sono di carattere militare e fiscale, senza pretesa di controllo degli altri aspetti della vita sociale. Le città-stato fanno un uso dei loro abitanti di gran lunga più efficace: tutti i cittadini partecipano attivamente. Sono Stati territoriali quelli che governano regioni geograficamente contigue per mezzo di strutture centralizzate. Negli ultimi secoli gli Stati territoriali hanno sempre più occupato la scena mondiale. Popolazione che non sono organizzate in Stati rivendicano il diritto all'indipendenza. L'Europa non può essere l'insieme delle sue regioni. Può essere solo l'insieme dei suoi Stati nazionali. La popolazione di un determinato Stato ha in comune qualità che ne fanno una collettività (popolo, nazione). Il senso nazionale è il risultato della fruizione, da parte di un'ampia popolazione. Un'identità nazionale, una lingua comunque facilita le comunicazioni. La costituzione dello Stato (lo Stato territoriale moderno) precede la costituzione della nazione. Lo Stato nazionale è il modello di organizzazione politica che ha creato la potenza e la capacità di espansione dell'Europa. Gli Stati formano sistemi di reciproche interazioni: dal momento che nascono da competizioni per il controllo del territorio e della popolazione essi appaiono sulla scena a gruppi.

I compiti del potere politico sono: eliminare il ricorso alla violenza, difendere una società. Il potere politico aspira al monopolio dei mezzi di coercizione nella società. L'obbedienza detta solo dalla paura è instabile ed avara. Da qui l'autorità. Il potere di comprimere o annullare l'esistenza altrui è il nocciolo duro del potere politico. Il potere politico efficace gode di una netta supremazia rispetto ad altre forme di potere (economico, religioso, culturale). Questi due compiti possono essere svolti male: una certa gestione del potere può generare proprio quel disordine che pretende di voler arginare. Per Hobbes è nella natura degli esseri umani la propensione alla violenza e all'inganno. La dimensione "orizzontale" è data dal convergere dei cittadini in luoghi e occasioni. Il potere coercitivo interviene poi a rendere vincolante l'esistenza sociale e difendere l'esistenza della collettività. La politica è un presupposto della morale privata.

DALLA FRAMMENTAZIONE FEUDALE ALLO STATO TERRITORIALE: gli stati europei che emergono dopo il 1100 sono abbastanza estesi e potenti da sopravvivere. Su tutta la terra si imporrà il modello europeo di Stato. Nell'Europa occidentale dei secoli dal V al VII, i regni germanici avevano un basso grado di continuità nel tempo e di stabilità nello spazio. Il re esisteva per affrontare le situazioni di emergenza. Il regno franco dell'VIII e IX secolo e il regno anglosassone del X e XI secolo si fissarono sul territorio e durarono. Il re assume una responsabilità generale nel mantenere la pace e rendere giustizia. Gli interessi e i legami di fedeltà erano essenzialmente locali. Gli ufficiali regi tendevano a divenire capi di comunità locali autonome, piuttosto che agenti dell'autorità centrale. La loro autorità fu a sua volta erosa da visconti e castellani. Questa frammentazione del potere politico è un aspetto qualificante del feudalesimo. Nell'Europa cristiana molti avevano scarsi contatti con la Chiesa. Dopo il 1000 i principali regni sopravvissuti alle bufere del IX e X secolo (regno d'Inghilterra, dei franchi orientali) divennero la matrice di spazi politici capaci di mantenere elementi di continuità nell'evoluzione dei secoli successivi. Maggiore sicurezza e controlli più stretti aumentavano le rendite del sovrano. In molte signorie feudali si sviluppò un forte sentimento di fedeltà verso il signore. Nei secoli XI e XII nell'Europa occidentale aumentarono la produzione agricola, la popolazione, il commercio con terre lontane. Gli uomini si interessarono maggiormente sia alla religione che alla politica. I due poteri, temporale e religioso, si erano sovrapposti. Il movimento riformatore premeva per l'indipendenza delle autorità temporali e una centralizzazione della Chiesa sotto l'autorità del papa. La lotta per le investiture iniziata da Gregorio VII ebbe conseguenze non previste: la Chiesa indirettamente costrinse la cultura della cristianità ad elaborare una nuova concezione del potere politico. Il concetto gregoriano della Chiesa implicava l'invenzione del concetto di Stato. L'Europa occidentale assunse un assetto multistatuale. I re non condividevano più la responsabilità della guida e del governo della Chiesa. Durante il XII secolo vi fu un rapido incremento nel numero di uomini colti. La supremazia teorica del sovrano divenne sempre più effettiva. Furono create istituzioni permanenti per la giustizia, le tasse. Le unità politiche più importanti furono Milano, Venezia, Firenze. Così l'Inghilterra e la Francia svilupparono i modelli statali europei di più larga influenza. L'idea di rappresentanza è una delle grandi scoperte dei governi medievali. In Inghilterra dopo il 1260 il re consultava i sudditi convocando un Parlamento, manca la burocrazia e l'amministrazione locale era affidata a notabili non retribuiti. Filippo Augusto sottraendo al re inglese e annettendo al dominio regio molte province dell'Ovest fu il vero fondatore del regno di Francia. La Francia era uno Stato mosaico (province autonome). I secoli XIV e XV furono difficili: depressione economica, instabilità politica. L'Inghilterra conquistò il Galles, ma non la Scozia. La Francia annetté la Guienna e la Bretagna, ma non le Fiandre. L'espansione economica riprese nella seconda metà del Quattrocento. Il successo dello Stato del XVI secolo deriva dal ritorno alla cooperazione fra governanti e sudditi. Gli Stati moderni del Cinquecento legiferavano di più e la loro legislazione toccava una gamma di attività più vasta rispetto agli Stati medievali. Gli stati europei seguirono percorsi evolutivi diversi (coercitivo, capitalista, misto). Si affermano corpi costituiti di vario genere: la nobiltà, enti ecclesiastici, associazioni di mestiere.I ceti possiedono e gestiscono risorse e facoltà di governo. Il sistema di governo basato sui ceti operava sullo sfondo di una tradizione secolare (di matrice feudale).

Lo stato assolutista si costituisce nel XVI e XVII secolo operando su due fronti: verso l'alto contro ogni autorità sovranazionale e verso il basso contro la dispersione delle prerogative politiche che il sistema cetuale di governo aveva ereditato da quello feudale. La fedeltà personale al sovrano raggiunse il culmine nella dottrina del diritto divino. Lo Stato assolutista con gli intendenti sovrappone ai poteri autonomi locali una rete di funzionari. Nello "Stato di polizia" che si afferma in Prussia nel Settecento e nell'impero asburgico con Maria Teresa e Giuseppe II il sovrano si fa carico di promuovere lo sviluppo del paese per il benessere della popolazione. Della Statistica, intesa come arte del buon governo, diventa componente importante l'aritmetica politica: la raccolta sistematica di informazioni sulle strutture demografiche e le attività economiche di ogni provincia.

LO STATO LIBERAL-DEMOCRATICO: nel XVIII secolo gli Stati che si facevano guerra divennero sempre più popolosi e ricchi. La guerra continuò a cambiare. I monarchi assolutisti tentarono prima di ridurre e poi di eliminare i vincoli imposti al prelievo fiscale dal sistema di governo fondato sui ceti. In Inghilterra il tentativo fallì e la sovranità passò, già nel 1690, dal re al Parlamento. In Francia l'assolutismo si affermò tra 1650 e 1750 per poi controllare sotto il peso della bancarotta provocata dalle due guerre con l'Inghilterra del 1756-63 e 1778-83. Nella Prussia e nell'Austria strutture autoritarie di governo trovarono un compromesso con le rappresentanze dei ceti medi e popolari. Sconfitti nel 1918 i regimi autoritari di Germania, Austria e Ungheria si ricostituirono negli anni Trenta per essere poi spazzati via dalla seconda guerra mondiale. In Russia la tradizione autocratica supera ogni crisi. Nel 1917 sostituisce alla religione ortodosso il marxismo come ideologia di Stato e alla nobiltà un nuovo ceto privilegiato, la nomenklatura, di estrazione popolare e piccolo-borghese. Nel 1985 il sistema tenta una riforma dall'alto, che fallisce provocando la disgregazione territoriale, una crisi il cui è sbocco è all'inizio del 1994.

La crescita economica del Settecento rafforza la fiducia nelle capacità di sviluppo e autoregolazione della società. La teoria liberale opera un'inversione del rapporto: lo Stato è uno strumento dello sviluppo della società un governo "temperato" che risponde ad un Parlamento. Le rivoluzioni americana e francese promossero la causa del governo rappresentativo. (processo elettorale). La nazione è la sede della sovranità. La costituzionalizzazione del processo politico cominciò in seguito a produrre effetti positivi anche per altri gruppi sociali, grazie all'ampliamento e al rafforzamento della sfera pubblica che ne risultava. L'industrializzazione, l'urbanizzazione, l'alfabetizzazione permettevano ad un numero crescente di individui di entrare in contatto al di fuori del contesto della famiglia e del vicinato e di determinare quali interesse avessero in comune. L'ingresso nella politica di masse popolari sempre più vaste poteva venire promosso e gestito solo da partiti organizzati. Questi vennero creati e diretti da un personale politico di tipo nuovo: professionisti e "imprenditori". I componenti del nuovo personale politico dei partiti di massa erano per lo più costretti dalla propria posizione economico-sociale a ricavare il loro reddito dalla politica. Il processo di democratizzazione avrà così l'effetto indesiderato di scatenare dopo il 1960 un'avida caccia al successo.

Nel XX secolo è compito dei governi nazionali assicurare investimenti adeguati che rafforzino la base industriale. Esiste un legame forte tra la democrazia e il benessere. La modernizzazione ha rafforzato la razionalità della società. L'economia moderna ha comportato il distacco spaziale e istituzionale dell'ambiente domestico da quello produttivo. Sul mercato, la determinazione dei prezzi è il prodotto automatico di processi puramente economici. La modernizzazione economica ha avviato un processo accelerato di innovazione produttiva e un'espansione massiccia delle possibilità di consumo delle masse popolari. La portata crescente dell'azione statale è il principale meccanismo integrativo delle società moderne. Nella democrazie liberale la sfera pubblica si traduce in ordinamenti e pratiche sociali che consentono ai cittadini di discorrere apertamente in merito ad affari pubblici. Le chiese, le organizzazioni religiose costituiscono uno dei tipi più antichi e ancora oggi efficace di rete a vasto raggio di produzione e diffusione capillare di messaggi culturali. La proprietà privata dei mezzi di produzione crea all'interno della società un reticolo di punti di autonomia, di immunità da interferenze da parte dello Stato. L'azione amministrativa quasi sempre preleva nuove risorse, assume nuovo personale, si articola in nuovi enti. Lo Stato si compenetra con il corpo sociale. Le richieste provenienti dal corpo sociale sono molteplici. Il processo elettorale determina la composizione del Parlamento. Le pubbliche amministrazioni hanno rapporti privilegiati con ambienti non statali. Ne risultano privilegiate le parti sociali a cui è concesso partecipare. Prevalgono gli interessi organizzati i cui esponenti hanno in comune con le élite amministrative l'estrazione sociale, la mentalità, il linguaggio, le preferenze.

L'intervento pubblico in economia è stato esaltato da alcuni come benefico.

GLOBALIZZAZIONE E LOCALISMI: la crisi dello Stato democratico-liberale ha molteplici aspetti. Due sono connessi ai temi che trattiamo: l'impatto della mondializzazione sullo Stato nazionale, la vitalità dei localismi.

La metà del XX secolo è un punto di svolta nella storia del mondo: l'Europa perde i suoi caratteri di sistema autoregolato di Stati sia i suoi privilegi di centro del sistema globale. Una serie di sistemi regionali di Stati sovrani copre ormai tutto il pianeta. La maggior parte dei processi sociali, culturali ed economici si svolge entro unità territorialmente delimitate. Quando le attività che valicano le frontiere tra gli stati sono controllate da accordi interstatali, solo in un senso debole del termine si può parlare di "società mondiale".

Il territorio costituisce per lo Stato la base fisica della sua identità. Gli Stati competono gli uni con gli altri per indurre le imprese multinazionali a fare investimenti sul proprio territorio. L'industria culturale con basi negli USA, contribuisce a formare i quadri mentali degli individui. Attraverso il controllo dell'immaginario e dell'informazione i centri di potere economico che hanno investito nei media hanno acquisito anche un potere normativo. Dal 1945 gli Stati hanno cercato di ridefinire se stessi facendo valere i loro compiti non militari.

Nel XIX secolo la spazio nazionale è il risultato di una suddivisione di primo ordine della superficie terrestre.

L'articolazione di uno Stato in regione, la "regionalizzazione", può avvenire in due modi. Si ha regionalizzazione dal basso quando porzioni di territorio dotate di individualità geografica, storica, culturale, rivendicano ampi spazi di autonomia nella gestione degli affari locali ed ottengono il riconoscimento di tali rivendicazioni da parte del governo centrale. Si ha una regionalizzazione dall'alto quando è il governo centrale a suddividere il territorio statale in regioni. La rete delle provincie rappresenta un caso di regionalizzazione dall'alto. I liberali rivendicano alle comunità locali ampi spazi di autonomia e di autogoverno. Alla fine degli anni Cinquanta e all'inizio degli anni Sessanta il regionalismo rinasce in forma rinnovata. La regione diviene lo strumento con cui intervenire sui problemi. Nelle aree forti che attirano popolazione e investimenti la regione deve frenare i fenomeni di gigantismo. Nelle aree di esodo le aree deboli che subiscono le conseguenze della forza di attrazione delle aree forti occorre provvedere con opportuni interventi alla rianimazione della vita economica locale. La regione funzionali è una porzione della superficie terrestre le cui parti sono collegate da flussi di relazioni. Le grandi città sono quindi i nodi intorno ai quali si coagulano le regioni funzionai e si organizza la circolazione delle merci.






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