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IL DESERTO DEI TARTARI

generale



TITOLO: IL DESERTO DEI TARTARI


AUTORE:   DINO BUZZATI


EDITORE:  ARNOLDO MONDATORI


COLLANA:    I CLASSICI MODERNI








L'AUTORE



Dino Buzzati nacque il 16 ottobre del 1906 a San pellegrino nei pressi di Belluno.

Dopo aver frequentato il ginnasio Parini di Milano, si iscrisse alla facoltà di legge, laureandosi nell'ottobre del 1928.

Qualche mese prima era stato assunto da "Il corriere della Sera" come addetto ai servizi di cronaca. Sin dalla giovinezza si manifestarono gli interessi, i temi e le pasisioni del futuro scrittore, ai quali restò fedele per tutta la vita: la montagna, il disegno, la poesia.

Durante l'estate del 1920 comincia le prime escursioni sulle Dolomiti; qui inizia a scrivere sollecitato dalle illustrazioni fantastiche di Rackham. Il suo primo testo letterario, La canzone delle montagne, risale al dicembre di quello stesso anno. Sempre nel 1920 il padre morì di tumore al pancreas.

Nel 1927  frequentò la Scuola allievi ufficiali a Milano e, da quel momento, cominciò a tenere un diario su cui annotò impressioni, motivi e giudizi fino al giorno della sua morte.

Nel 1931 iniziò a collaborare al settimanale "Il popolo di Lombardia" con note teatrali, racconti e soprattutto illustrazioni.

Il deserto dei Tartari uscì nel 1939 e venne consegnato all'amico Brambilla affinché lo portasse da Longanesi, che stava preparando una nuova collezione Rizzoli.

Nel corso della sua vita, partecipa a una spedizione in Addis Abeba come inviato speciale del Corriere, dove fu testimone delle battaglie di Capo Tuelada e Capo Matapan.

Nel 1961 viene a mancare la madre a cui dedicò, due anni dopo, I due autisti.

Il 28 gennaio del 1972, mentre fuori soffiava una bufera di vento e di neve, Buzzati muore con la dignità di un suo famoso personaggio: il colonnello Drogo de "il deserto dei Tartari.



Il genere letterario / i temi affrontati



Il romanzo è scritto in terza persona in un linguaggio semplice ed essenziale secondo lo stile realistico e giornalistico tanto apprezzato dell'autore.

Il deserto dei Tartari è reso particolarmente coinvolgente dalla presenza di atmosfere misteriose sull'orlo della fantasia e dell'assurdo e da un attesa angosciante.

La storia è incentrata su avvenimenti al limite della fantasia e dell'assurdo, ma presentati sempre  come veri.

Il libro affronta due principali temi: la solitudine e il senso di gloria che tutti gli "ospiti" della fortezza aspettavano con ansia per lungo tempo, a costo anche di sprecare la loro vita.



La trama



Giovanni Drogo, un sottotenente, viene mandato in una lontana fortezza situata sul confine dove dovrà rimanere per almeno 4 mesi. Dopo questi mesi, però, Drogo subisce il fascino del luogo e, come tutti i soldati che incontra, finisce per trascorrerci anni. Oltre le mura, a nord della fortezza, c'è un deserto sempre desolato e vuoto, mai un nemico ha cercato di attaccare in quel punto del confine, i militari ormai covano la speranza di un attacco, ma anche i più vecchi non hanno visto verso settentrione altro che chiazze di misera vegetazione. Insomma l'invasione, sempre annunciata, non avviene e così ogni giorno è sempre uguale a quello precedente e l'addestramento, i turni di guardia, l'organizzazione militare, appaiono cerimoniali senza senso. Solo le regole militari mantengono in vita la vecchia fortezza.

Quando Drogo torna in città per una promozione, si accorge di aver perso ogni contatto con il mondo e che ormai la sua unica ragione di vita è l'inutile attesa del nemico. Tornato alla fortezza, la logorane attesa si risveglia grazie alla comparsa di un lievissimo lumino che si avvicina man, mano che gli abitanti della fortezza se ne ritornano a casa. Col passare del tempo si scoprì che quel lumino apparteneva a un cantiere che si occupava della costruzione di una strada che avrebbe attraversato il deserto.

Ultimata la via d'accesso al confine, passarono molti altri anni senza che nulla accadesse e ormai il colonnello Drogo era assai invecchiato.

Giovanni si ammalò e proprio allora avvenne l'evento tanto aspettato: i Tartari avevano preso le armi e avanzavano dal deserto. Nell'emozione e nella confusione del momento, senza che lui possa prendere parte ai preparativi di difesa, Drogo viene traferito in città dove muore dimenticato da tutti.



I riferimenti spaziali / temporali



Inizialmente la vicenda si svolge nella città d'infanzia di Drogo precisamente a casa sua,la casa che non aveva mai abbandonato e che era sempre stata per lui il simbolo della sicurezza e della tranquillità, a differenza della vecchia fortezza che dimostra essere il simbolo dei misteri e delle difficoltà della vita.

Su di tutto domina un paesaggio montanaro misterioso animato dal vento, i precipizi, le frane, le nebbie e le nubi che trasformano la vicenda verosimile in una dimensione fantastica.



Il protagonista



Possiamo dire che le caratteristiche fondamentali del nostro protagonista siano la mediocrità, l'insicurezza e la solitudine. Drogo, infatti, non ha pregi o difetti di rilievo: è uno come tanti, vittima del fascino della fortezza e della speranza di un attacco nemico; è un insicuro che spera di trovare un po' di onore o di importanza nella vita militare o magari in una guerra; è incapace di grandi affetti, insoddisfatto di sé, desolatamente solo, e la sua solitudine è sottolineata dal suo costante rapporto di antagonismo con tutti gli altri personaggi.

Gli altri personaggi



Drogo non parla molto di sua mamma, dice solamente che la sente alzarsi per salutarlo e che non trova le parole e il sorriso con cui salutarla.

Francesco Vescovi accompagna l'amico ala fortezza e Drogo racconta che  una volta erano molto amici, vissuti insieme per lunghi anni, con le stesse passioni, le stesse amicizie; si erano visti sempre ogni giorno, poi Francesco è era diventato grasso e Giovanni ufficiale.

Il capitano Ortiz è un uomo sulla quarantina dal viso asciutto e signorile ed è la prima persona che Drogo incontra sulla via per la fortezza.

Il tenente picchetto Carlo Morel, un giovane disinvolto e cordiale.

Il maggiore Matti, un uomo grassoccio dal sorriso di bonarietà eccessiva.

Il sergente maggiore Tronk, vecchia creatura della Fortezza che aveva condotto 29 uomini per la terza ridotta.

Il vice-comandante, tenente colonnello Nicolosi, un uomo che per colpa di una ferita era costretta a zoppicare appoggiandosi sulla propria spada.

Il gigantesco capitano Monti, dalla voce rauca.

Il maresciallo Prosdocimo, sarto reggimentale che alloggiava nella fortezza già da 15 anni.

Gli amici Pietro Angustina, uomo dalla carnagione pallida che sedeva sempre con la sua perenne aria di distacco, Francesco Grotta e Max Lagorio.



Alcune citazioni interessanti



La rappresentazione della morte: "la porta della camera palpita con uno scricchiolio leggero. Forse è un soffio di vento, un semplice risucchio d'aria di queste inquiete notti di primavera. Forse invece è lei che è entrata con un passo silenzioso, e adesso sta avvicinandosi alla poltrona di Drogo. Facendo si forza Giovanni raddrizza un po' il busto, si assesta con una mano il colletto dell'uniforme, dà ancora uno sguardo fuori dalla finestra, una brevissima occhiata, per la sua ultima porzione di stelle. Poi nel buio benché nessuno lo veda, sorride." (cap. XXX)

La morte solitaria: "nulla è più difficile che morire in un paese estraneo, sul generico letto di una locanda, vecchi e imbruttiti, senza lasciare nessuno al mondo." (cap. XXX)

Il luogo in cui si trovava a fortezza: "in uno spiraglio delle vicine rupi, già ricoperte di buio dietro una caotica scalinata di creste, a una lontananza incalcolabile, immerso ancora nel rosso sole del tramonto. Come uscito da un incantesimo, Giovanni Drogo vide allora un nudo colle e sul ciglio di esso una striscia regolare e geometrica, di uno speciale colore giallastro; il profilo della Fortezza. (cap. I)



Conclusioni



E' la prima volta, massimo seconda, che leggo un libro in meno di due ore; l'ansia costante che affliggeva i poveri ospiti della Fortezza, aveva colpito anche me e, nonostante la stanchezza si faceva sentire, ho continuato a leggere fino alla fine. Ho ascoltato il parere di parechi dei miei compagni e tutti, fino ad adesso, hanno detto che il Deserto dei Tartari è stato il libro più brutto e noioso di tutti. Io, sinceramente, l'ho trovato molto appassionante sebbene lungo e ripetitivo, forse perché non ho mai letto libri di questo genere, e soprattutto scritti con questa andatura quasi cinematografica. Mi aspettavo solamente una fine diversa, ossia che Giovanni avesse partecipato anch'egli alla guerra tanto attesa per cui aveva sprecato un'intera vita.




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