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Tempi
interessanti Si dice che uno dei criteri per valutare la cultura di un popolo
e' la sofisticazione con cui ti maledicono. Per esempio si fa notare che
correntemente un americano ti maledirebbe augurandoti "che tu possa
cascare morto!" dimostrando una base culturale quasi rudimentale. Un
beduino ti maledirebbe dicendo "che possano trovare tua figlia a giacere
con un cammello" rivelando cosi' una cultura piu' sottile che risente
dei fasti degli emirati, quando dall'Islam la cultura si diramava
nell'occidente. Una feroce maledizione yiddish e' "che ti possano cadere
tutti i denti meno uno, e che quell'uno ti faccia male!" mostrando una
profondita' culturale intrisa di creativita' e di sottile visione umoristica
della vita. La cultura cinese, per finire, e' senz'altro la piu' raffinata e
questo si evidenzia anche dalla terrificante maledizione cinese:..che tu
possa vivere in tempi interessanti!
E, interessanti per noi gli ultimi diciotto mesi lo sono stati effettivamente
costringendoci a praticare la comunicazione di crisi e la comunicazione del
rischio, senza lasciarci il tempo di scriverne con la dovuta serenita'.
Cosi' l'impegno di emettere una newsletter con cadenza trimestrale era stato
temporaneamente accantonato. Eravamo ritornati finalmente all'opera, complice
la pausa estiva, con l'obiettivo di mantenere in futuro l'impegno, anche se i
tempi non si profilavano meno interessanti...
Gli eventi degli ultimi giorni, poi, che piu' che interessanti fanno sembrare
questi tempi rivoltanti, ci hanno portato tre lezioni drammatiche:
l'informazione e' diventata virtualmente istantanea a livello globale
(partecipiamo agli eventi mentre avvengono), i nostri piani di crisi non
possono contemplare qualsiasi scenario (cio' cui non sembra razionale
prepararsi puo' verificarsi), dobbiamo aspettarci che le nostre tecnologie,
anche se sofisticate, possano non funzionare.
Chi ha avuto modo di leggere il numero precedente dedicato ai meccanismi di
percezione del rischio avra' avuto modo di considerare con attenzione la
vicenda della "mucca pazza", come si e' sviluppata nel corso dei
mesi, con le conseguenze economiche che ha comportato ed avra' avuto modo di
farsi una idea sull'atteggiamento che personaggi e istituzioni hanno assunto.
Avra' anche avuto modo di comprendere la reazione al problema delle munizioni
all'uranio impoverito, da parte di chi non aveva obiettato all'impegno
italiano in Kossovo, quando il rischio era limitato alle vecchie e care
pallottole di piombo dei cecchini serbi.
Riguardo alla vicenda BSE vale la pena di sottolineare solo due aspetti: una
vicenda iniziata alla fine degli anni settanta, si e' incancrenita, grazie al
modo in cui e' stata gestita e comunicata fino a provocare un drammatico e
prolungato cambiamento delle abitudini alimentari di un continente. Il
prevedibile primo caso di BSE in Italia e' stato vissuto con l'emozione di un
"lutto nazionale" ritorcendosi contro chi aveva proclamato
"l'assoluta sicurezza e diversita'" della carne italiana. L'afta
epizotica, problema veterinario con cui da sempre gli allevatori devono fare
i conti, e' divenuto tema da prima pagina e, sebbene non rappresenti un
pericolo per la salute dei consumatori, ha aggravato la loro propensione a
evitare il consumo di carne. Individui che fumano tre pacchetti di sigarette
al giorno sono diventati assolutamente vegetariani.
Ancora piu' recentemente, migliaia di pazienti hanno sospeso importanti 555j91f
terapie, anche se il loro farmaco non era quello al centro delle polemiche,
ancora prima di consultare il proprio medico, magari esponendosi a rischi ben
maggiori di quelli che temevano.
E' un tema, quello della comunicazione del rischio, di grandissima attualita'
e, dopo aver discusso, nella newsletter precedente, dei meccanismi di
percezione del rischio, merita affrontare, anche se non potremo farlo in modo
esaustivo, il tema di come comunicare su un rischio. In questa fragile
societa' ci confrontiamo con rischi nuovi e sconosciuti, rischi con cui
dobbiamo comunque convivere.
La
comunicazione del rischio: come comunicare (2)
I principi della comunicazione del rischio
L'U.S. National Research Council Committee on Risk Perception and
Communication ha creato nel 1989 la seguente definizione:
La comunicazione del rischio e' un processo interattivo di scambio di
informazioni ed opinioni tra individui, gruppi od istituzioni. Implica una
molteplicita' di messaggi circa la natura del rischio e altri messaggi non
strettamente connessi con il rischio ma che esprimono preoccupazione,
opinioni, reazioni ai messaggi sul rischio o ad azioni legali e
amministrative finalizzate alla gestione del rischio stesso.
Questa definizione ha il pregio di sottolineare che la comunicazione di un
rischio deve, innanzitutto, essere un processo interattivo di scambio, che
non deve limitarsi ad essere una attivita' meramente informativa, ma
coinvolgere non solo i fatti ma anche opinioni e valori, che non puo' in
altri termini affrontare solo il lato razionale e tecnico-scientifico del
rischio in questione, ma deve soprattutto affrontare il lato emotivo della
reazione degli interlocutori. E' un processo che non puo' limitarsi a
diffondere una "corretta informazione" sul rischio, ma creare un
rapporto di fiducia e di colloquio fra chi il rischio deve gestirlo e chi vi
e' esposto.
Il principale problema incontrato finora nella comunicazione su rischi e'
derivata dal conflitto culturale fra Tecnosfera e Demosfera: fra quella
comunita' di esperti e ingegneri, cioe', che tendono come prima cosa a
quantificare il rischio - il rischio di ammalarsi a causa di questo
contaminante e' di uno su un milione - e di valutarne l'accettabilita'
rifacendosi a confronti con altri rischi conosciuti - avete duemila volte
piu' probabilita' di morire guidando la vostra automobile che bevendo
quest'acqua - e la gente comune che valuta e quantifica lo stesso rischio su
base di parametri completamente diversi, come illustrato nel numero
precedente. L'insuccesso finora riscosso dalla Tecnosfera nel comunicare con
la Demosfera e l'analisi dei meccanismi di percezione del rischio hanno
portato a definire alcuni principi guida:
Accettate e coinvolgete il pubblico quale legittimo partner
Gli individui e le comunita' hanno diritto, in una democrazia, a
partecipare alle decisioni che riguardano la loro vita, i loro beni, i loro
valori. Bisogna essere convinti di cio' per impostare e realizzare un
programma di comunicazione del rischio efficace: l'obiettivo di un programma
efficace di comunicazione sul rischio non puo' essere manipolatorio, ma deve
mirare ad una consapevole e obiettiva decisione da parte della gente
coinvolta. Quando la gente partecipa al processo decisionale su un rischio,
il piu' delle volte, e' propensa ad accettare il rischio per tre motivi: -
hanno ottenuto delle modifiche che lo rendono obiettivamente piu' accettabile
- hanno assimilato il processo storico di controllo del problema e hanno
afferrato i dati tecnici sul rischio; cioe', hanno compreso perche' gli
esperti lo considerano accettabile - sono stati ascoltati e non esclusi, e
quindi possono accettare la legittimita' della decisione anche se continuano
a non condividerla.
Pianificate e valutate con cura i vostri sforzi
La "pubblica opinione" non esiste: vi sono invece diversi pubblici,
ognuno con I suoi propri interessi, bisogni, timori, priorita', referenti e
organizzazioni. Differenti obiettivi, interlocutori e media, richiedono
differenti strategie di comunicazione. Stabilite obiettivi di comunicazione
chiari, espliciti e precisi, quali fornire informazioni al pubblico, motivare
gli individui ad agire, stimolare reazioni alle emergenze, contribuire a
risolvere conflitti. Analizzate le informazioni disponibili sul rischio e
valutatene i punti di forza e le aree di debolezza. Segmentate e
caratterizzate le varie categorie dei vostri interlocutori. Indirizzate le
vostre comunicazioni a specifiche categorie di interlocutori. Selezionate dei
portavoce che sappiano spiegare e coinvolgere. Formate anche il personale
tecnico alle tecniche di comunicazione. Verificate prima la comprensibilita'
e l'efficacia dei vostri messaggi. Valutate attentamente i vostri sforzi e
adeguate le vostre strategie sulla base dei risultati.
Ascoltate gli specifici timori del pubblico
La gente e' spesso piu' preoccupata di cose come l'affidabilita', la
credibilita', la competenza, la possibilita' di controllare, la
volontarieta', l'equita' e l'umanita' che delle statistiche sulla mortalita'
o sui dati tecnici del risk assessment. Non date per scontato quello che la
gente sa, pensa o vuole. Verificate cosa la gente pensa: effettuate
interviste, conducete dei focus group e dei sondaggi. Fate in modo che tutti quelli
che sono coinvolti dal problema vengano ascoltati. Comprendete la vostra
audience e mettetevi nei loro panni. Accettate le emozioni della gente. Fate
in modo che la gente capisca che voi comprendete cio' che dicono, affrontando
le loro preoccupazioni oltre alle vostre. Riconoscete le "agende
occulte," i significati simbolici e le considerazioni politiche e
economiche piu' ampie che spesso sottendono e complicano la comunicazione del
rischio. Lasciate perdere statistiche e paragoni Le statistiche non riducono
la preoccupazione della gente. Le statistiche parlano di popolazioni, non di
individui: un rischio di morte di uno su un milione mi dice che se moriro'
per quel motivo altre 999'999 persone sopravvivranno; questo non toglie che
saro' morto. E' la fiducia in chi gestisce il rischio, non la statistica a
ridurre la preoccupazione della gente. E' molto difficile che analogie e
paragoni vengano accettati, anche perche' spesso queste analogie pongono a
confronto rischi che non sono simili per quanto riguarda i parametri che
influenzano la percezione. Dire che c'e' piu' pericolo all'interno di una
abitazione che all'interno di un impianto industriale, per quanto suffragato
da statistiche, e' un messaggio che viene rifiutato in quanto pone a
confronto la casa (che rappresenta il nostro rifugio, l'ambiente che noi
viviamo come piu' protettivo) con un ambiente esterno non familiare.
Riconoscete e rispondete al fattore emotivo. Accettate il fatto che la
valutazione del rischio e' essenzialmente una questione emotiva. Siate ancora
prima che un portavoce un essere umano e parlate al cuore e non solo al
cervello della gente.
Siate onesti, franchi e aperti
Illustrate le vostre credenziali, ma non pretendete o aspettatevi di essere
creduto dalla gente. Fiducia e credibilita' sono difficili da ottenere e una
volta perse e' praticamente impossibile recuperarle. Fiducia e credibilita'
sono l'asset piu' importante in un programma di comunicazione del rischio ed
e' necessario assumere un atteggiamento che consenta di conquistarle e
mantenerle. Se non conoscete una risposta o siete incerti in proposito,
ammettetelo. Date risposte alle domande della gente. Ammettete gli errori.
Divulgate le informazioni sul rischio il piu' precocemente possibile,
sottolineando ogni riserva sulla loro attendibilita'. Non minimizzate o
esagerate i livelli di rischio. Avanzate ipotesi solo con grande cautela. Nel
dubbio, esprimete le vostre propensioni condividendo quante piu' informazioni
avete, altrimenti la gente pensera' che volete nascondere qualcosa. Discutete
le incertezze dei dati, le aree di forza e di debolezza, comprese quelle
segnalate da altre fonti credibili. Identificate lo scenario peggiore in
quanto tale, e citate il campo di variazione delle stime di rischio, quando
e' il caso.
Coordinatevi e collaborate con altre fonti credibili
Cercate di non agire isolati, stabilite alleanze con terze parti, arruolate e
preparate dei portavoce esterni credibili, cercate di evitare contrasti con
altre fonti ritenute credibili. Una parte importante di un programma di
comunicazione sul rischio deve essere dedicata al coordinamento delle varie
comunicazioni sul rischio dalle varie fonti. Creare alleanze e rapporti con
le altre organizzazioni coinvolte dal tema e' un lavoro difficile, lungo e
delicato, ma determinante. Contrasti e incongruenze fra diverse fonti
ritenute credibili accrescono le preoccupazioni della gente. Utilizzate
intermediari credibili e autorevoli. Cercate di capire chi, voi o un
portavoce esterno, e' piu' indicato per rispondere a determinate domande sul
rischio. Cercate di emettere comunicazioni congiuntamente con altre fonti
credibili (ricercatori universitari, funzionari locali credibili, etc.).
Ricordatevi che i vostri dipendenti possono svolgere un importante ruolo di
ambasciatori all'interno della comunita' locale, in quanto testimoni diretti
e con un maggiore grado di "prossimita'" con la gente, possono
essere i migliori garanti del vostro impegno e della vostra affidabilita'.
Parlate in modo chiaro e umano
Ci sara' sempre chi rimane insoddisfatto per quanto voi comunichiate bene.
Mentre siete impegnati ad informare la gente sul rischio, non dimenticatevi
di riconoscere e dichiarare che qualsiasi malattia, ferita morte e' una
tragedia. Un freddo tecnocrate o scienziato, per quanto competente, sara'
sempre visto con piu' diffidenza di chi appare condividere i sentimenti
umani. "Be a person, before a spokesperson". Ricordatevi che la gente
se e' sufficientemente motivata e' capace di comprendere complesse
informazioni sui rischi, anche se non necessariamente sara' d'accordo con
voi. Utilizzate un linguaggio semplice, evitate con attenzione il gergo
tecnico. Siate sensibili alle consuetudini locali, sia nel parlare che nel
vostro abbigliamento. Impiegate immagini vivide e concrete che comunichino a
livello personale. Usate esempi e aneddoti che rendano vivi i dati tecnici
sul rischio. Evitate un linguaggio distaccato, astratto e insensibile a
proposito di morti, malattie e ferite. Accettate e reagite, a parole e nei
fatti, alle emozioni espresse dalla gente (ansia, paura, rabbia, offesa,
ecc.). Considerate, accettandoli, i parametri che influenzano l'opinione
della gente nella valutazione del rischio - volontarieta', controllabilita',
familiarita', temibilita', origine naturale o industriale, familiarita',
equita' dei vantaggi correlati, ecc. - e, nel comparare rischi, fate
confronti solo fra rischi che hanno un profilo analogo rispetto a tali
parametri. Cercate di coinvolgere la gente in una discussione sulle azioni
che sono in corso e su quelle che possono essere intraprese. Dite chiaramente
alla gente quello che non siete in grado di fare. Promettete solo cio' che
sapete di poter mantenere e assicuratevi di mantenere quello che vi siete
impeganto a fare.
Ridurre l'offesa
Come abbiamo
visto nel numero precedente di Crisis Communication, la percezione del
rischio e' fortemente influenzata dalla componente di offesa percepita
dall'individuo. Peter Sandman, l'autore dell'equazione
"risk=hazard+outrage" indica sei strategie principali di
comunicazione per cercare di ridurre la percezione di offesa connessa con un
rischio:
1. circoscrivete il problema verso i valori medi, non verso gli estremi
Gli attivisti tendono a posizionare qualsiasi problema in termini drammatici.
Qualsiasi rischio e' estremo. Per contro, industrie e istituzioni tendono a
minimizzare qualsiasi rischio. Ricordatevi che la credibilita' sta nel mezzo.
Abbiate il coraggio di posizionare il rischio in un livello medio, senza
pretendere di minimizzarlo a tutti i costi. Assumete una posizione
ragionevole e prudente. Otterrete di piu' in questo modo.
2. ammettete, ripetutamente, i comportamenti errati compiuti in passato
E' una prerogativa dei nostri interlocutori, non nostra, decidere quando
possiamo lasciarci alle spalle i nostri errori. Quanto piu' spesso
riconosciamo, scusandocene, le nostre mancanza passate, tanto piu'
rapidamente gli altri decideranno che e' tempo di parlare d'altro.
3. ammettete i problemi attuali - in modo sensazionale
Omissioni, distorsioni ed elusivita' danneggiano la credibilita' quasi
altrettanto di aperte menzogne. Il solo modo per costruire credibilita' e' di
ammettere i problemi, andando al di la' della mera "trasparenza". E
poiche' la gente non si aspetta queste ammissioni, devono avere un tono
sensazionale o nessuno le notera'.
4. discutete le realizzazioni in atto con umilta'
E' probabile che abbiate opposto resistenza al cambiamento fintanto che le
autorita' di controllo o gli attivisti non vi abbiano forzato la mano.
Abbiate adesso la grazia di riconoscerlo. Attribuire il vostro buon
comportamento alla vostra bonta' naturale genera scetticismo, attribuirlo
alle pressioni esterne aumenta la probabilita' che la gente creda che avete
realmente fatto quanto dite.
5. fate condividere il controllo della situazione a coloro che sono coinvolti
e rendete conto delle vostre iniziative
Tanto maggiore e' l'offesa, tanto meno la gente e' propensa a lasciarne nelle
vostre mani il controllo o ad accettare le vostre assicurazioni che tutto e'
a posto. Cercate dei modi per collocare altrove il controllo (o per
dimostrare che e' gia' altrove). Fate che siano altri -- autorita', abitanti
in prossimita' del sito, attivisti - a rendervi onesti e a certificare il
vostro buon comportamento
6. portate le preoccupazioni e le ansie del gruppo in superficie
Sono le preoccupazioni che le parti interessate non esplicitano quelle che
generano i maggiori problemi. Portatele con sottigliezza in superficie.
"Mi chiedo se qualcuno e' preoccupato per...", "Ho parlato
recentemente con un abitante che era preoccupato per...". E' una
tecnica, chiamata anche controproiezione, mutuata dalla psichiatria.
Qualunque
sia il problema potete ottenere di essere perdonati
E' un
grave errore pensare che il solo modo di proteggere la propria reputazione
consista nel rifiutare di ammettere che si e' commesso un errore e cercare di
trovare delle giustificazioni piu' o meno plausibili. Qualunque sia il
problema di cui siete colpevoli, avete la possibilita' di essere perdonati
dal pubblico. La gente e' propensa a perdonare anche gravissimi errori, ma
solo a determinate condizioni. Ricordatevi che potrete ottenere il perdono
dell'opinione pubblica ed avere una seconda chance se, e solo se, avrete
fatto le cinque cose seguenti:
1. Ammettere l'errore
2. Chiedere scusa
3. Rimborsare i danneggiati
4. Promettere di non farlo nuovamente
5. Fare penitenza
Orgoglio e arroganza hanno impedito a molti manager e a molte aziende di
compiere spontaneamente questi passi. Piu' preoccupati di contenere il danno
a breve, che dell'impatto a lungo termine, si sono trovati a rimborsare i
danni per ordine di un tribunale e costretti alla penitenza da una sentenza o
dal mercato stesso. Peggio ancora, si sono trovati con una stimmata che gli
viene rinfacciata ogni volta che un problema, di qualsiasi genere e portata,
viene sollevato.
Comprendere i fattori che influenzano l'atteggiamento dei media per stabilire
un rapporto di collaborazione
I media
hanno un ruolo critico nel diffondere le informazioni su un rischio e nel
portare un problema all'attenzione della gente: piu' che determinare la
pubblica opinione, i media contribuiscono a mettere "in agenda" una
questione e a divulgare le informazioni, che insieme all'esperienza
personale, alle emozioni della gente, ai diretti interessi contribuiranno a
formare l'opinione degli individui. E' indispensabile per collaborare con
loro essere coscienti delle regole e degli aspetti propri della loro
attivita'.
I media sono piu' interessati all'aspetto politico e sociale delle questioni
e non agli aspetti tecnici del rischio; amano la semplicita' rispetto le cose
difficili e sono interessati alle situazioni di pericolo e non alla
sicurezza. Vi sono poi degli elementi che rendono particolarmente
"sexy" una storia dal punto di vista dei giornalisti, la presenza
di alcuni degli elementi elencati nella tabella seguente da' la certezza che
la storia avra' una particolare visibilita':
Elementi che rendono una storia "sexy" per i
media
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Vi
e' qualche colpa o responsabilita'
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Vi
sono segreti, coperture o tentativi di insabbiamento
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Vi
e' un "fattore umano" emotivamente rilevante (sono identificabili
chiaramente eroi, colpevoli, mascalzoni, gonzi, babbei, oppure vittime)
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Esiste
un legame con fatti rilevanti o personalita' rilevanti
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Vi
e' un conflitto, una controversia
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La
storia avra' un seguito interessante o coinvolgente
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La
vicenda coinvolge molte persone e queste appartengono alla categoria
"dell'uomo comune" o del "vicino di casa"
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La
vicenda ha un forte impatto visivo (la sofferenza si tocca con mano)
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La
storia e' collegata a faccende di sesso o sangue
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E i giornalisti, nel trattare l'argomento cercano di scoprire questi elementi
che rendono la storia piu' attraente per i loro lettori. I giornalisti
riportano i punti di vista, non le verita'. E' compito del giornalista
riportare tutte le opinioni, non solo quelle suffragate da veridicita'
scientifica. La controversia, le diverse angolazioni sono l'elemento
ricercato dal giornalista.
L'articolo sul rischio viene quasi sempre semplificato in una dicotomia: o e'
pericoloso oppure e' sicuro. Il giornalista non si addentra in sofisticati
distinguo e in sottili analisi. I giornalisti tendono a personalizzare gli
articoli sui rischi: le testimonianze dirette di chi e' coinvolto danno un taglio
di interesse per i lettori. I dati di rischio sono piu' notiziabili di quelli
sulla sicurezza: "Pericoloso al 20%" e' piu' notiziabile di
"sicuro all'80%".
Ricordatevi che i giornalisti fanno il loro lavoro con un'esperienza limitata
e poco tempo a disposizione. I giornalisti sono dei generalisti non dei
tecnici, hanno delle scadenze estremamente ristrette, che devono per forza
rispettare e non possono permettersi di dedicare tempo a studiare gli aspetti
tecnici o a cercare di capire. Voi potete semplificare il loro lavoro,
fornendo informazioni, chiare, semplici e facilmente utilizzabili, oppure
complicarglielo dandogli del materiale di difficile comprensione, che
richiede di essere tradotto in un linguaggio adatto ai lettori,
Siate aperti e disponibili alle esigenze dei reporter. Rispettate i loro
tempi e fornite informazioni sul rischio "tagliate su misura"
sull'audience del programma; preparatevi in anticipo alla trasmissione e
tenete pronto materiale illustrativo sulla crisi in atto. Cercate di stabilire
relazioni di fiducia a lungo termine con reporter ed editori.
Quattro regole per il coinvolgimento del pubblico
Coinvolgere
il pubblico, farlo partecipe del nostro processo di gestione del rischio, e'
un obiettivo critico per fargli accettare la situazione e ottenere la
condivisione delle azioni intraprese per gestire il rischio stesso. Solo se
coinvolti in questo processo e nella corretta valutazione del rischio, la
componente emotiva si ridurra' e si potra' aspettarsi una corretta
valutazione del problema. Il pubblico pero' non e' omogeneo. Si segmenta per
atteggiamenti culturali (alcuni sono egualitaristi e pretendono una
partecipazione collettiva ai processi decisionali, ma altri sono
individualisti e vogliono essere loro a decidere per se stessi rifiutando
ogni delega, altri ancora hanno bisogno di regole precise e gerarchie cui
demandare le responsabilita' ed altri sono fatalisti). Anche il livello di
attenzione ad un determinato problema varia da soggetto a soggetto: su
qualsiasi tema la gente puo' essere divisa in quattro categorie:
1. I Fanatici, per i quali l'argomento rientra nei 2-3 temi di maggior
interesse personale e sul quale studiano tutto cio' che possono.
2. Gli Attenti, per cui rientra all'incirca nei primi dieci problemi
prioritari, e che leggeranno un intero articolo di giornale sull'argomento.
3. I Superficiali, per cui rappresenta uno di 100-200 temi di
interesse e che leggeranno il titolo e le prime due frasi dell'articolo sul
problema.
4. I Disattenti, che non sono interessati e che lasciano a fanatici e
attenti il compito di dedicare, se lo vogliono, la propria attenzione.
Quattro categorie e quattro regole importanti da tenere a mente nel
pianificare e verificare il proprio programma di coinvolgimento del pubblico:
Regola N.1 Lasciate perdere i disattenti, tanto non vi presteranno
ascolto.
Regola N.2 Per raggiungere i superficiali, e in una certa misura gli
attenti, usate i media. I media sono pero' uno strumento di comunicazione a
una via. Dovete affermare ripetutamente gli aspetti basilari perche' i
superficiali possono cogliere solo un frammento alla volta. Anche quando
ritenete che TUTTI dovrebbero conoscere i dati fondamentali, continuate a
ripeterli. I superficiali sono il principale target dei media.
Regola N.3 Il vostro pubblico piu' importante e' rappresentato dai
fanatici. Non potete trasformarli in superficiali: dovete gestirli per quello
che sono.
Regola N.4 La chiave del coinvolgimento del pubblico e' la
permeabilita' dei confini fra le quattro tipologie. Un buon programma di
coinvolgimento del pubblico aiuta la gente ad attraversare questi confini. Se
potete ammorbidire i fanatici, coinvolgendoli come controllori e affrontando
con attenzione e rispetto le loro percezioni e i loro sentimenti offesi,
potrete abbassare il loro livello di sfiducia a quello di un attento. Per
contro, trattando inadeguatamente gli attenti, potreste trasformarli nel
vostro piu' assiduo gruppo di fanatici.
Conclusioni
Comunicare
sul rischio non e' un processo facile e non vi sono ricette miracolose. Le
aspettative che ci si puo' porre rispetto alla comunicazione del rischio
devono essere realistiche: e' questo un campo in cui i miracoli sono
particolarmente difficili... Soprattutto e' un processo delicato, che ottiene
risultati gradualmente, che e' tanto piu' efficace quanto piu' e' precoce.
Avviato quando l'opinione pubblica ha raggiunto il culmine dell'offesa, un
programma di comunicazione sul rischio richiede sforzi e tempi di gran lunga
maggiori, e con minori speranze di riuscire a smorzare l'ondata emotiva. La
gestione della comunicazione e' d'altra parte un elemento critico nella
gestione di situazioni di rischio: se inadeguata puo' vanificare investimenti
e interventi "tecnici" e creare danni irreparabili. Non c'e'
scelta: e' necessario comunicare per conquistare la fiducia del pubblico,
senza la quale non c'e' soluzione che tenga. Il nocciolo della comunicazione
sul rischio si racchiude in un obiettivo: creare fiducia. I suoi tre elementi
fondamentali devono essere: considerare l'aspetto emotivo, condividere le
preoccupazioni del pubblico, mostrare impegno ad affrontare e gestire il
problema. Scoprirete che la gente non pretende il rischio "zero",
pretende di potersi fidare e credere in chi ha il compito di gestire il
rischio ed e' propensa ad accettare un rischio quando percepisce che c'e'
impegno a ridurlo progressivamente.
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