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Lucano - La Pharsalia come Antieneide e Lucano come antivirgilio

latino



LATINO


Lucano

La Pharsalia come Antieneide e Lucano come antivirgilio

Diversamente da Virgilio, che aveva scelto a ragione il tema mitologico, la Pharsalia è un poema epico-storico di struttura tradizionale in esametri, originariamente in 12 libri, dei quali solo 10 sono stati portati a compimento a causa della morte di Lucano 424d33e ; le sue fonti furono repubblicane e sono: Livio (ab urbe condita), Asinio Pollione, Ennio (Annales), Seneca il vecchio, Nevio.

Si può parlare del poema di Lucano come una sorta di antieneide, e del suo autore come antivirgilio. Il poema epico, nella tradizione romana, era stato monumentum, celebrazione delle glorie dello stato e dei suoi eserciti. Nelle mani di lucano il poema epico diventa invece la denuncia della guerra fratricida e dell'avvento di un'era di ingiustizia: per Lucano Virgilio ha coperto con un velo di mistificazioni la trasformazione dell'antica res publica in tirannide, esaltando l'avvento di Augusto come una missione fatale. Se infatti il mito virgiliana esaltava la Roma delle origini, la Pharsalia può essere considerata un antimito, in quanto denuncia la caduta della libertas repubblicana. Viene poi sottolineato il trionfo del furor, che coinvolge non solo la popolazione, ma anche il princeps. Lo strumento che Lucano usa per smascherare l'inganno di Virgilio e mostrare l'ingiustizia dell'impero, è non l'uso racconti mitici, come veniva fatto da Virgilio, ma il tentativo di narrare il vero storico (è questa scelta che costituirà la motivazione per la quale Lucano non introdurrà nel suo poema l'intervento degli dei, fondamentale invece nell'Eneide, che verranno sostituiti dall'elemento magico/stregonesco), nonostante egli forzi questo al tornaconto del suo pensiero. La tecnica che Lucano adotta nel suo poema è totalmente diversa dalla tecnica virgiliana: nel suo stile ardens et concitatus, egli inserisce frequentissimi interventi personali, ricchi di commenti, grazie ai quali la voce del poeta entra nel racconto. Nel proemio non c'è più l'invocazione alle muse: questa si trasforma in un'aspra apostrofe al furor dei suoi concittadini, che hanno reso possibile la tragedia della guerra civile, con l'iperbole Bella plus quam civilia.



Altra differenza da sottolineare è l'assenza di un eroe unico e positivo: i principali protagonisti sono 3.

Cesare, visto come l'eroe nero, personaggio assolutamente negativo guidato da furor, ira et impatientia, del quale viene sottolineatala ferocia e la crudeltà, a costo di spogliarlo del suo attributo principale, la clemenza, e stravolgere così la verità storica;

Pompeo, eroe tragico e passivo, vittima della mutatio fortunae, che costituisce il prototipo dello sconfitto; è l'unico che presenta un' evoluzione psicologica nel suo percorso che gli permette di apprendere man mano consapevolezza del suo destino. Viene indicato come una "vecchia quercia con le radici poco instabili".

Catone, eroe positivo che, come un saggio stoico, soffre ma accetta il suo dolore, ne viene esaltata la Virtus.



Il Satyricon di Petronio

Il Satyricon è un'opera narrativa a carattere erotico licenzioso e avventuroso, opera di intrattenimento nella quale confluiscono cultura e pensiero dell'autore, senza però fini morali o moralistici. L'unità del racconto è data dal tono, dal rapporto autore/materia narrata - che è sempre di superiore distacco. È una rappresentazione obiettiva della società neroniana; il disordine è stilisticamente voluto per rendere meglio il senso della precarietà della vita. Lo stile di Petronio adotta diversissimi registri linguistici, da quello epico a quello rurale, da quello poplare / rozzo a quello aulico ed epico. La lingua è quindi mimetica. La parte superstite del romanzo copre stralci dei libri 14° e 16° e la totalità del libro 15°; non sappiamo di quanti libri fosse composta l'opera.

Questione datazione/autore

C'è una serie di questioni riguardo l'identità dell'autore e la datazione del Satyricon. Da varie fonti ci perviene che, un'opera narrativa mista fra prosa e versi, sia attribuita a un certo Petronio Arbitro. Nel 16° libro degli Annales di Tacito viene nominato un personaggio attivo alla corte di Nerone, indicato con il nome di elegantiae arbiter, che fu condannato a morte per la congiura dei Pisoni. Inoltre, nei frammenti dei libri di Petronio vi sono rimandi all'ambiente neroniano: per questi motivi, molti critici tendono ad attribuire il Satyricon a questa età, accettando quindi l'identità fra il Petronio Arbiter autore del Satyricon e il Petronio tacitiano. Se così fosse, il Satyricon è da datarsi fra il 63 e il 55 d.C. Chi invece pensa che la composizione dell'opera sia da attribuirsi ad un'epoca più tarda, fa parte del gruppo dei cosiddetti divisionisti.

Generi letterari

Non esiste un unico genere letterario entro il quale è definibile l'opera di Petronio: esso infatti si compone in una mistura di generi letterari differenti, quali l'antiromanzo, la satira menippea, la fabula milesia, la satira esametrica, il mimo, la parodia dell'odissea.

Romanzo: il tradizionale romanzo greco affrontava le traversie di una coppia di innamorati, che venivano divisi dalle avversità, e sperando avventure e pericoli si ricongiungevano coronando il loro amore. Questo era trattato con pudicizia, e i protagonisti provavano un amore serio. Nel romanzo di Petronio l'amore è visto in maniera ben diversa: non c'è spazio per la castità, e nessun personaggio è portatore di valori morali. L'argomento è infatti erotico licenzioso: caratterizzato da numerosi triangoli amorosi, spesso a sfondo omosessuale, si rifà ad una parodia dell'amore romantico che legava i fidanzati del romanzo greco.

Satira menippea: il Satyricon può considerarsi satira menippea, per l'alternarsi continuo di toni seri e giocosi. Lo stile è infatti vario, e il linguaggio, che si alterna fra colto e rustico popolare, è adattato ad ogni tipologia di personaggio.

Fabula milesia: la novella milesia, chiamata così in quanto riportate da Sisenna dal greco nella tradizione latina - erano favolette di tema erotico amoroso trattate da Aristide di Mileto - entrano a far parte del genere letterario del Satyricon, come possiamo vedere nel brano "la matrona di Efeso".

Parodia dell'Odissea e satira esametrica: sono frequenti in tutto il racconto le allusioni all'Odissea: partendo dal fatto che tutto il poema sia strutturato sul viaggio, sono presenti scene tipiche come quelle dei banchetti e dei personaggi tipici nei convitati.

Mimo: è poi mimo: infatti il Satyricon rappresenta gli strati più bassi della società nella loro quotidianità, con effetti comici.


Trama

Tutta l'azione si svolge in una Greca urbs, presumibilmente Pozzuoli, o comunque una città costiera della Campania.

I nucleo narrativo: Encolpio , giovane di buona cultura, discute con il suo maestro di retorica Agamennone il problema della decadenza dell'oratoria. Encolpio viaggia assieme ad un altro avventuriero, Ascilto, e di un bel giovanotto, Gitone; fra i tre intercorre un triangolo amoroso. I tre vengono coinvolti un rito in onore del dio Priapo da una matrona di nome Quartilla: i riti propiziatori si rivelano in realtà come un pretesto per asservire i tre giovani ai capricci lussuriosi della donna.

II nucleo narrativo: cena trimalchionis. I tre vengono invitati ad una cena da un ricchissimo liberto dalla sconvolgente rozzezza, Trimalchione: il banchetto viene descritto con minuziosa attenzione, sottolineando la teatrale esibizione della ricchezza e del cattivo gusto del liberto.

III nucleo: incontro con Eumolpo. Abbandonato da Ascilto e Gitone a causa di un violento litigio con il primo, Encolpio entra per caso in una pinacoteca, dove incontrerà un nuovo personaggio: eumolpo, un poeta anziano e insaziabile come letterato, che comincerà ad esibire le sue doti poetiche. Dopo una serie di peripezie, Encolpio riesce a recuperare Gitone e a liberarsi di Ascilto, che esce di scena. Fra Encolpio, Gitone e Eumolpo si crea un nuovo triangolo amoroso.

IV nucleo: la nave. Encolpio Eumolpo e Gitone lasciano la città e si imbarcano segretamente su una nave mercantile. Il padrone della nave si scopre essere un nemico di Encolpio, Lica: esso è accompagnato da una donna, Trifena, anche lei già nota a Encolpio. In quest'occasione viene raccontata la fabula milesia della Matrona di Efeso, tentativo da parte di Eumolpo che tenta una mediazione e di svagare i compagni con il racconto di questa. A questo punto interviene una provvidenziale tempesta, Lica viene spazzato via, Trifena scappa su una piccola imbarcazione, la nave cola a picco e i tre si ritrovano soli sulla riva.

V nucleo: Eumolpo scopre di essere nei paraggi della città di Crotone. Essa è dipinta come il paese dove avviene la caccia alle eredità: la città è infatti in mano ai ricchi senza eredi e ai cacciatori di testamenti. I tre realizzano così un espediente per andare avanti, nel quale Eumolpo si finge un saggio senza eredi, con Encolpio e Gitone che lo assecondano inscenando di essere i suoi schiavi, e vivendo alle spalle dei cacciatori di testamenti e dei loro favori.


PERSIO
Satire
Le "Satire", in numero di 6, in esametri dattilici, per un totale di 650 versi, sono precedute da un proemio di 14 versi "coliambi". Il suo intento morale è la critica dei costumi corrotti della società del suo tempo, infatti tramite la satira ci presenta individui deformati nel corpo e nell'anima. I "coliambi" (14 vv) hanno un vero e proprio valore programmatico: l'autore vi sostiene che il suo intento è quello di educare moralmente i suoi lettori, polemizza aspramente contro le mode letterarie del tempo, volte esclusivamente a scopo di piacere ed intrattenimento, e rivendica orgogliosamente l'originalità della sua poesia e della sua ispirazione.

Molto probabilmente il poeta aveva un ben più vasto disegno, ma la morte troncò tutto. Fu così Cornuto a ritoccare le "Satire" per l'edizione, postuma, curata da Basso, e pubblicata nel 62 d.C. I revisori provvidero - ad es. - ad eliminare alcuni versi contenenti allusioni a Nerone apertamente ostili. Nelle sue satire Persio si pone come maestro, che vorrebbe insegnare ma non riesce mai a trovare una situazione amichevole di equilibrio e parità con chi lo ascolta. È il predicatore della diatriba arrabbiato e spesso volgare, lontano dall'educazione oraziana. L'invettiva, la deprecazione del vizio e l'invito alla virtù sono i temi più caratteristici e sono tutti animati da una forte fede stoica. Eppure spesso il maestro è deriso, privo di venerazione e non trova discepoli obbedienti. il pubblico di Persio, come quello di Orazio, è selezionato, in quanto l'autore presuppone una cultura medio-alta. Si scorge anche una sorta di fastidio per il volgo e la persona comune.

Stile
Persio per definire il suo stile si serve di una metafora chirurgica. A suo parere il poeta con la poesia deve radere, defigere, revellere, vale a dire "raschiare via e incidere per asportare"

Il suo stile è spesso volutamente sentenzioso e oscuro pur usando parole del sermo humilis grazie alla iunctura acris, cioè l'accostamento insolito di termini per suscitare l'attenzione nel lettore. Tuttavia il suo stile non appare affatto sciatto.

Persio adotta nella sua satira una voce misurata ma ben definita. Queste caratteristiche rendono i testi stilisticamente originali.

Il suo è un realismo esasperato che mette in luce solo gli aspetti peggiori della società in cui vive, tende per certi versi al surrealismo.

Persio e Orazio
Orazio
- La sua satira assumeva come riferimento la cerchia di amici Persio- Se pur rivolte formalmente ad un singolo destinatario sono dirette a un pubblico generico di fronte ai quali il poeta si atteggia a censore del vizio e dei costumi Orazio- Vediamo una sorta di complicità fra autore e ascoltatore, uno poteva configurare nel testo come destinatario implicito del proprio discorso e l'altro come compagno del poeta partecipe all'elaborazione di un modello di vita Persio- All'ascoltatore è negata ogni vicinanza e ogni possibile identificazione, la parola del poeta satirico si pone su di un piano diverso di comunicazione, distaccato e più in alto. Orazio- Il modo di parlare era caratterizzato da un'indulgente comprensione per le comuni debolezze umane, quella di un maestro amichevole che rifiuta il moralismo altezzoso Persio- È presente la forma dell'invettiva, ovvero il poeta si erge a correggere gli uomini con un moralismo arcigno.







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