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Età Ellenistica

greco



Età Ellenistica

Alessandro Magno salì al trono giovanissimo, dopo la morte del padre Filippo II. Alessandro Magno aveva distrutto l'Impero Persiano e aveva fondato uno stato dalle rive dell'Adriatico fino ai confini con l'India e la Cina (fonte tratta da delle epigrafi tradotte in Greco trovate in Italia).


Questa età va dal 323 a.C (morte di Alessandro Magno) al 31 a.C (battaglia di Azio con la morte di Antonio e Cleopatra e la romanizzazione dell'Egitto).

Declino della polis: non esisteva più, erano entrati in crisi i valori della cittadina. L'uomo non era più cittadino della polis, ma cittadino del mondo. Si può dire che l'ideale dis era stato proiettato in uno spazio di gran lunga più grande.

L'Impero di Alessandro venne a dividersi tra i suoi comandanti militari e venne a chiamarsi  Regno dei Diadochi (che lottarono per il potere per circa 20 anni), suddiviso poi in questo modo:



Regno d'Egitto con capitale Alessandria, governato da:

- Tolomeo I (Salvatore)

- Tolomeo II (Filadelfo)

- Tolomeo III (Benefattore)

I Tolomei diedero una grande importanza anche culturale ad Alessandria, infatti vi fondarono anche un museo.

Regno di Siria fondato da Seleuco stirpe dei Seleucidi, con capitale Antiochia

Regno di Macedonia governato da Atigono, con capitale Rapella

Regno di Pergamo sotto i discendenti di Attalo: potenza di primo piano in Asia Minore + centro culturale ed artistico e aveva una biblioteca che rivaleggiava con quella di Alessandria

Regno della Battriana: nel III sec a.C. un governatore locale si staccò dalla Siria costituendo un regno greco-orientale ma fu distrutto un seco 838f51i lo dopo.


Questa sorta di Commonwealth greco dovette fronteggiare l'ascesa di Roma, che aveva iniziato ad espandersi dopo la seconda guerra punica, conclusasi nel 202 a.C. Nel 197 a.C. il re di Macedonia Filippo V fu sconfitto e il regno divenno uno stato satellite romano. Anche il re di Siria Antioco III fu sbaragliato dai Romani che poi conquistarono anche il regno d'Egitto di Cleopatra.


Ci fu un processo di urbanizzazione: si formarono città greche con popolo greco nei nuovi regni ricchi (soprattutto in Egitto). Il risultato fu una società multirazziale e cosmopolita con una lingua comune (la koinè) e i Greci come classe dominante.

Le polis si svuotarono e persero importanza politica ed economica; importanti solo dal punto di vista culturale (Atene = solo per gli studi). Sorsero due nuove importanti città: Antiochia in Siria e Alessandria d'Egitto (fondata da Alessandro, di cui si conservavano le ceneri. Plutarco dice che Alessandro sognò il luogo dove avrebbe dovuto sorgere la nuova città e in cui avrebbe dovuto far costruire un faro. E fu ciò che fece.)

Individualismo + cosmopolitismo = sentimenti dominanti. Le filosofie ellenistiche tendono a elevare la figura del saggio a colui che è capace di bastare a se stesso e al contempo si favorì un avvicinamento tra molte culture e razze.

Deriva da questi anni la nozione di letteratura così come la intendiamo oggi: la letteratura di epoca precedente trasmetteva i valori fondamentali della società; ora invece la letteratura è solo un prodotto artistico. Scissione tra letteratura d'elite e popolare: quella d'elite è la depositaria dei valori + alti della cultura e della civiltà.

Cambiamento della committenza: ora erano i monarchi, secondo il modello di organizzazione culturale dei Tolomei. Ora il letterato non lavora per uno specifico committente, ma per se stesso e per un'umanità astratta. Tuttavia i monarchi, attraverso la committenza, intendevano controllare la cultura e affermare la preminenza della classe dominante greca.

Passaggio da cultura orale a cultura scritta La comunicazione orale perde importanza, il libro è lo strumento x affrontare le esigenze della nuova comunità allargata.

Nuovi canoni di poesia portati da Callimaco.







La commedia nuova

Tra età classica e primo ellenismo:

Commedia antica arcaia del V sec a.C.: Aristofane, Eupoli, Cratino

già dalle ultime opere di Aristofane si indeboliscono i meccanismi della commedia antica: riduzione presenza coro nell'azione scenica (rinuncia alla parabasi stretta relazione tra poeta, pubblico, vita cittadina), linguaggio con tono + pacato, si smorza la libertà visionaria della trama

Commedia di mezzo mesh) della prima metà del IV sec a.C.: Antifane, Alessi

prese di posizioni politiche, coro mantiene una parte nell'azione drammatica, ruolo

centrale della parodia mitologica ereditata dall'età classica, beffa verso i cittadini

di altre regioni, approfondimento dei tipi umani influsso della scuola aristotelica

Commedia nuova nea) di Menandro

Dramma diviso in 5 atti separati l'uno dall'altro con intermezzi in cui il coro danza e canta senza legami con la trama (Aristotele li definisce embolima). Tema vicenda d'amore, carattere realistico, - fantastico. Chiusura della quarta parete: restringimento orizzonte spaziale, divisione tra spettatori e scena, pubblico non + coinvolto nella scena. Illusione = esclusione della vita cittadina x far spazio a figure fittizie. Realismo = x approfondimento psicologico e non + infrazioni spazio-temporali

Atene tenuta politicamente da classe dirigente moderata, abolizione del contributo statale per permettere ai poveri di andare a teatro (qewrikon teatro di gusto meno popolare, esprime i gusti di una classe dirig colta

Recitazione in trimetri giambici di timbro e di linguaggio medio che tendono a riprodurre il parlato. Intrigo e stratagemma = elementi che avvicinano commedia nuova a tragedia euripidea


Menandro

Nacque ad Atene nel 342 a.C. da una famiglia agiata. Forse era parente del comico Alessi. Di sicuro era parente di Teofrasto e di Falereo, che tra il 317 e il 307 istituì ad Atene una forma di dispotismo illuminato. Influì sulla sua opera anche Epicuro. Esordì in teatro nel 322 a.C. con "L'ira". Rimase sempre legato ad Atene. Morì nel 291.

Istituì la COMMEDIA NUOVA. Filosoficamente era peripatetico. Conseguì 8 vittorie in 30 anni; scrisse circa 100 commedie. Solo Omero e Callimaco influirono così tanto sulla letteratura europea. Fu copiato dai latini Plauto e Terenzio, che applicavano la contaminatio (=imitazione da + modelli).

Per quanto riguarda la conoscenza delle sue opere furono ritrovati in Egitto nel primo '900 dei papiri:

pezzi di commedie


- quasi integra il Duskolos" ("Il bisbetico/"Il misantropo")

metà dell' Epitrepontes" ("L'arbitrato")

le upoqesis, le premesse ai testi teatrali scritte in epoca alessandrina, a:

- "Perikeiromenh" ("La ragazza tosata")

- "Aspis" ("Lo scudo")

- "Misoumenos" ("L'odiato")

Menandro non superò l'epoca medievale, di lui si conservò solo una raccolta di sentenze, le "Sentenze di un verso Gnwmai Monosticon non tutte autentiche con un certo n° di versi sparsi di tradizione indiretta. Oltre alle opere sopra citate, possediamo scene isolate di altre commedie: Dis exapatwn Fasma Hrws Gewrgos


Duskolos" ("Il bisbetico/"Il misantropo")

317 a.C. commedia tra le più antiche di Menandro.

Racconta i mutamenti interiori del vecchio acido Cnemone, che viveva con la figlia e una vecchia serva. Sostrato si innamora della figlia e vuole chiederla in sposa ma il padre non ne vuole sapere. Un giorno Cnemone cade in un pozzo e Sostrato, assieme a Gorgia (il figlio della moglie di Cnemone), lo porta in salvo. Per gratitudine Cnemone adotta Gorgia che consente a Sostrato di sposare la sorellastra, ottenendo in cambio la mano della sorella di Sostrato. La commedia si conclude con il lieto fine delle doppie nozze.


I personaggi di Menandro, come Cnemone, subiscono una evoluzione interiore che coincide col tempo di svolgimento dell'azione della commedia. Cnemone in realtà non è malvagio, anche perché il suo male logora solo se stesso ed è sufficiente un solo episodio a far innescare il meccanismo di mutamento interiore. Cnemone è tormentato da un oscuro male di vivere, una sofferenza chiusa dentro di sé che lo porta a manifestare l'odio per l'umanità tutta. Sembrerebbe una figura negativa, anche perché Menandro suole dare ai suoi personaggi le virtù radicalmente opposte (filantropia). Cnemone sa riconoscere i suoi difetti, non è totalmente malvagio, ed è per questo che si può parlare di ottimismo nelle commedie di Menandro: l'ottimismo per la natura umana, confida nella possibilità per l'uomo di comprendere i propri limiti e agire in funzione di un miglioramento e questo si può fare solo attraverso la ragione. Anche gli altri personaggi sono portatori di valori positivi, cosicché la commedia si conclude presagendo un futuro sereno per tutti. Si può notare che la commedia è frutto della produzione giovanile dell'autore per delle discontinuità del filo logico tra l'incidente e il mutamento di Cnemone. Emerge il tema dell'unione di individui di diverse classi sociali e quindi della ricchezza in quanto inconsistente, che soccombe di fronte agli ideali alti come l'amore e l'amicizia. La conquista dei valori edificanti è operata dalla nuova generazione che si contrappone al formalismo degli anziani.


Perikeiromenh" ("La ragazza tosata")

Moschione e Glicera sono abbandonati da piccoli e crescono allevati da famiglie diverse. La ragazza diviene concubina del soldato Polemone. Moschione rivede Glicera e se ne innamora. Solo Glicera è al corrente del fatto che Moschione è suo fratello. Polemone un giorno li vede abbracciarsi e per l'impeto taglia i capelli a Glicera con lo scopo di umiliarne la bellezza. Ella scappa da Mirrina (colei che ha allevato Moschione) e le racconta la verità. Polemone assalta la casa di Mirrina e interviene il vicino di casa Pateco, che scoprirà di essere il padre dei due fratelli. Glicera e Polemone si riappacificano e si sposano e Moschione trova una moglie grazie al padre.


Questa commedia manifesta una più matura consapevolezza drammaturgica e psicologica dell'autore. L'intreccio ha i tratti tipici della commedia nuova: equivoco, rivalità in amore, riconoscimento. In questo caso l'equivoco è doppio: presunta infedeltà di Glicera + l'amore che nutre per lei Moschione, suo fratello. L'unica a conoscere la verità è Glicera (cosa strana perché in genere nessuno dei personaggi conosce la verità, ma essa viene fuori attraverso il susseguirsi dei fatti). Alla fine vi è il ripristino della normalità (lieto fine: agnizione=anagnorisis) con la ricostituzione dell'unità familiare. La svolta risolutiva (vedi anche "L'arbitrato") non è una conseguenza meccanica del riconoscimento, ma è anticipata dal pentimento di Polemone. La figura di quest'ultimo sembra negativa, rappresentativa del soldato superficiale ed istintivo, ma l'apparenza è smentita dalla sua capacità di riscatto. Tempo azione comica = tempo maturazione interiore del personaggio nella forma e nel sentimento.


Epitrepontes" ("L'arbitrato")

Inizialmente vi è una situazione poco accettabile moralmente. Secondo la nea, lo svolgimento della commedia porterà al ripristino della perduta normalità (situazione secondaria: agnizione anagnorisis).


Un pastore e un carbonaio trovano un bambino in una culla con degli oggetti di valore di riconoscimento. Uno prende il bambino, l'altro prende gli oggetti e litigano. Si rivolgono ad un arbitrato che dà ragione al carbonaio, che diceva: "Gli oggetti appartengono al bambino e quindi o me li dai, o io ti do il bambino". Il carbonaio mostra gli oggetti a un amico tra cui riconosce l'anello che il suo padrone Carisio aveva perduto durante una festa, quando, ubriaco violentò una fanciulla. Sua moglie Panfile aveva appena dato alla luce quello stesso bambino, che Carisio credeva non fosse suo figlio. Egli lascia la moglie credendo di esser stato tradito.  La flautista Abrotono, finge di essere la vittima dello stupro. Carisio nel frattempo si ravvede perché sapeva che anche Panfile aveva subito uno stupro e si accorge dell'amore che nutre per lei. Così Abrotono ammette la verità e si scopre proprio grazie a lei, parziale testimone dello stupro, che la vittima dello stupro da parte di Carisio era stata proprio colei che poco dopo aveva sposato, Panfile.


Il finale risulta essere il naturale sbocco dell'itinerario psicologico dei due personaggi principali. La riconciliazione finale ha la sua premessa nell'amore reciproco, vivo nonostante la lontananza, colui che impedirà a Carisio di avere rapporti con l'etera Abrotono. Carisio subisce 2 trasformazioni: la prima avviene quando apprende la falsa notizia che, ubriaco, aveva violentato Abrotono e concepito da lei un figlio; rimprovera se stesso per non aver saputo comprendere la sofferenza della moglie, vittima anche lei di uno stupro in passato; la seconda avviene quando scopre la verità, ovvero, che l'oggetto dello stupro era stata non Abrotono, ma la stessa Panfile, prima che lui la prendesse in moglie.

La tuch in questa commedia non è protagonista, ma interviene solo nella misura in cui determina l'occasione propizia per il riconoscimento, che ristabilisce la normalità; il risultato finale si sarebbe raggiunto ugualmente con la sola dinamica dei interiore dei protagonisti. Il ruolo accessorio della tuch fa sì che i personaggi non siano burattini inerti, ma che, anzi, di diano da fare in quanto artefici della propria sorte. Nell'agire sono dominati da altruismo e solidarietà.

Abrotono, nonostante la professione di etera e flautista, dà prova di grande generosità, atteggiamento comprensivo e altruista nei confronti di Carisio, solidarietà mostrata nei confronti di Panfile. Alla fine infatti sarà ricompensata con l'unione con Cherestrato. Abrotono è capace di stare al mondo, sa destreggiarsi, e possiede quella malizia necessaria per raggiungere i propri scopi. La professione non le ha fatto perdere l'onestà e il candore.

La finezza psicologica si può notare anche in Carisio, personaggio che, sentendosi tradito, agisce di impulso abbandonando la moglie, ma poi se ne pente, rinuncia ad avere rapporti con Abrotono. Con la scoperta della verità, il pentimento silenzioso raggiunge l'aperta confessione della propria colpa, con la quale vincerà l'amore sull'orgoglio.

Panfile, nella sua fragilità, si affida al suo irrazionale sentire, che le impedirà di tornare nella casa paterna (secondo il giusto atteggiamento morale) per ascoltare i propri sentimenti. E lo sforzo di andare oltre le apparenze è alla base della riconciliazione finale.

"Aspis" ("Lo scudo")

Il ritmo narrativo di questa commedia è più dinamico rispetto alle altre commedie di Menandro.


Il pedagogo Davo dice che Cleostrato è morto in guerra. Lo zio del morto, l'avaro Smicrine, decide di sposare la nipote, sorella ed erede del morto. La giovane è già promessa sposa di Cherea, figliastro del fratello (Cherestrato) di Smicrine. Davo inganna Smicrine, facendogli intendere che Cherestrato sia morto e che la figlia abbia così ereditato un ingente patrimonio. C'è il ritorno di Cleostrato miracolosamente vivo, le nozze incrociate tra Cherea e la sorella di Cleostrato e tra Cleostrato e la figlia di Cherestrato. Smicrine rimane deluso beffato dall'astuzia di Davo.


Rispetto alle altre commedie, si nota in questa una più spiccata cura per l'intreccio. Smicrine è il personaggio più negativo delle commedie menandree. Davo, nonostante il suo status di schiavo frigio e, dunque, l'origine straniera, è un uomo generoso e nobile, impregnato dei valori positivi della filantropia greca. E' il vero motore dell'azione drammatica, a cui si deve la creazione dell'intreccio. Incarna il tratto culturale improntato verso il cosmopolitismo dell'età ellenistica. Davo e Smicrine sono personaggi ad una sola dimensione, non si evolvono nel tempo dell'azione.


Samia" ("La ragazza di Samo")

Moschione, figlio adottivo di Demea, durante una festa violenta Plangone, figlia di Nicerato, che ha partorito un figlio. Il figlio viene affidato a Criside, concubina di Demea, e finge di esserne la madre perché Moschione non vuole rivelare la propria paternità. Sospettando un tradimento di Criside con Moschione, Demea manda via Criside col bambino, che si rifugia da Nicerato. Moschione decide di raccontare la verità a Demea. Moschione e Plangone si sposano.


E'la commedia degli equivoci, che si succedono l'uno dietro l'altro. Dalle convenzioni scaturiscono gli scontri delle contraddizioni. Ogni personaggio si crede ingannato e offeso, tradito, eppure non è vero; ognuno poi riconosce, ricorrendo alla ragione e alla filantropia, che le ragioni degli altri hanno pure un senso. L'etera Criside (la ragazza di Samo) è capace di lealtà e di profondi sentimenti e di tacere e subire offese senza tradire il compito di solidarietà femminile. La commedia ripropone in termini nuovi il tema della lotta tra classi d'età.



In Aristofane la commedia era incentrata sulla polis, Menandro, invece, punta sul piano delle relazioni familiari. Tutti e due gli autori, tuttavia, comportano un rinnovamento del rapporto individuo-collettività, in un ambito ristretto in cui i personaggi operano in nome del recupero di una stabilità affettiva. In Menandro, alla fine, tutto deve essere ricomposto e tutti gli elementi di scandalo e di disagio sociale devono essere rimossi.

Il valore della sua commedia sta nella predisposizione a costruire dei caratteri, nell'evoluzione interiore dei personaggi all'interno dell'azione comica.

L'influenza di Euripide si nota anche in alcune caratteristiche formali:

- il prologo espositivo separato dall'azione che delinea gli antefatti

- ricerca di intrecci elaborati e ricchi di colpi di scena

- uso del monologo per approfondire la psicologia dei personaggi

I modelli sono standardizzati nel teatro comico, ma in Menandro nessuno è tanto tipico da essere uguale a se stesso. Sull'evoluzione dei personaggi opera l'influsso degli altri; gli individui hanno sofferto e hanno imparato a conoscere se stessi e l'umanità. Per questo sono personaggi moralmente positivi. Sviluppa i grandi temi della filantropia (solidarietà) e della reciproca comprensione, comuni alle correnti filosofiche contemporanee al commediografo. Il realismo di Menandro sta nell' analisi dei personaggi e nella capacità di inserirli in scena; sono realistici dal punto di vista psicologico, che operano nei codici morali ben consolidati come la temperanza. 

Menandro rappresenta l'umanità "media", consapevole dei propri limiti e la loro verosimiglianza sta nell'essere partecipi di una sensibilità comune.

La figura dell'innamorato, ad esempio, è emblema di un uomo insicuro, per il quale l'amore è malinconico, un sottile tormento: è dominato da un desiderio di essere amato, compreso e ricambiato ed appare di una delicatezza estrema.

Le disuguaglianze tra uomo e donna si annullano: non sono portatori di culture contrapposte, ma provano gli stessi sentimenti. Si attenua anche di molto la disuguaglianza tra giovani e anziani: padri e figli trovano comunque un modo d'intendersi e condividono lo stesso orizzonte morale.

Da un lato traspare una società fragile, dominata dalla credenza nel fatto che la vita umana sia dominata dal caso; i personaggi non osano agire uscendo dai propri limiti, ma preferiscono ripiegare sul mantenimento di una felicità individuale, espressione del momento di crisi della polis.

Dall'altra parte però vi è un sostanziale ottimismo, che consiste nella fiducia nelle capacità umane che consentono all'uomo di evolversi dopo aver compreso se stessi.

La lingua di Menandro si colloca ad un livello medio: non c'è l'inventiva verbale di Aristofane (tipica della commedia Antica), non ama metafore audaci, non conia parole nuove. Ha uno stile piano e colloquiale, ripulito tuttavia di ogni venatura popolaresca e volgare (opera una pulizia formale, che si confà alla natura elevata del teatro menandro che induce alla riflessione); usa la lingua del pubblico cittadino e ben educato; usa uno stile realistico nella misura in cui si adatta al carattere del personaggio.


Callimaco

Nacque a Cirene nel 305 a.C. da una famiglia nobile. La sua città gravitava attorno al regno d'Egitto dei tolomei. In giovane età si trasferì ad Alessandria dove presto fu introdotto a corte in qualità di giovane paggio. Nel 283, con la salita al trono di Tolomeo II, entrò nell'entourage del principe e si distinse per i suoi lavori grammaticali e filologici, come il Pinakes, catalogo complessivo di tutta la letteratura greca. Divenne poeta di corte dei re alessandrini. Con la salita al trono di Tolomeo III, il suo ruolo divenne ancora più importante ed ebbe rapporti ancora più stretti con la corte. La dimostrazione di questo sta nell'elegia "La chioma di Berenice". Di tutta la sua produzione, stranamente, restano per intero solo 6 inni agli dei (conservati nel corpus della tradizione innografica e religiosa antica) e 60 epigrammi (che confluirono nella "Antologia Palatina").

Le opere maggiori sono:

"Aitia"

"Giambi"

"Ecale" (epillio=breve composizione di argomento mitologico in esametri)

"Epigrammi"

E compose anche carmi d'occasione, come epinici per le vittorie sportive, il poemetto polemico "Ibis" e altre opere poetiche ed erudite.

Callimaco fu: poeta professionista, che compone per committenza e letterato erudito, proiettato verso la diffusione libresca.


"Aitia"

il significato del titolo è "Cause". E' una raccolta di elegie in 4 libri. L'opera può essere considerata il manifesto del nuovo modello di poesia. Andò probabilmente perduta nella conquista crociata di Costantinopoli del 1204. Nella prima edizione (che era costituita di 2 libri, che nella seconda edizione divennero 4), l'opera iniziava con un sogno del poeta stesso, nel quale incontrava le muse che soddisfavano la sua curiosità erudita riguardo le ragioni di usi e abitudini insoliti e rari. Il pretesto del sogno è il tessuto connettivo dell'opera. Il modello seguito da Callimaco in questo era Esiodo. A sua volta Callimaco influenzò i latini Ennio e Orazio, che utilizzarono il tòpos del sogno poetico. L'opera in realtà è una sequenza di spezzoni elegiaci di varia estensione, una successione di testi autonomi ciascuno concluso in se stesso volto ad descrivere eruditamente costumi e racconti antichi senza un rapporto di consequenzialità. Quest'opera è il primo esempio di poesia eziologica che si sforza di trovare la causa prima di un rito o di una tradizione. L'erudizione in Callimaco diventa poesia e l'opera in questione è la prima manifestazione dell'operare di un poeta doctus, la prima manifestazione dell'arte per l'arte.


"Giambi"

L'opera è una raccolta di 13 composizioni in dialetto ionico letterario emulando i giambografi arcaici.

I. Ipponatte ritorna dall'Ade per convocare i filologi alessandrini e tenere un sermone in cui sottolinea l'importanza della non-invidia; racconta la favola dei 7 sapienti per esporre la sua morale (nessuno dei 7 sapienti si riteneva degno di ricevere la coppa, che infine andò nelle mani di Talete che la consacrò ad Apollo).

II. Favola degli animali che mandano ambasceria a Zeus per mettere al bando la vecchiaia.

III. Costituisce una critica all'epoca a lui contemporanea in cui il denaro ha la meglio sulla virtù.

IV. Allegorica contesa letteraria tra l'alloro e l'ulivo che tentano di far valere ognuno i propri meriti;    interviene un cespuglio di rovi che tenta di mettere pace tra i due.

XIII. Callimaco si giustifica per la varietà dei suoi componimenti invocando Ione di Chio (poeta tragico e lirico del V sec).


Con quest'opera Callimaco dà una nuova forma a un genere letterario antico, quello di Archiloco e Ipponatte, che utilizzavano il giambo come strumento di biasimo. La poesia di Callimaco è più che altro uno strumento di diffusione, di carattere moralistico, caratterizzato da una varietà di tempi e metri. Si fa ricorso alla fiaba o all'allegoria; uso di riferimenti ai miti e ai costumi rari; uso di glosse e parole rare celate dall'ingannevole semplicità del verso.



"Inni"

I 6 inni fanno parte della tradizione della poesia religiosa.

I. "Inno a Zeus": parto della madre Rea che lo protesse dagli istinti cannibaleschi del padre Chronos. L'inno si conclude con un elogio del protettore del poeta (come voleva la tradizione cortigiana).

II. "Inno ad Apollo": esordio con suggestione. Elogio del dio attraverso riferimenti eruditi a riti e luoghi di culto. Parla dei legami con Cirene (città natìa). Apollo=protettore della poesia, elogiatore della poesia callimachea raffinata e breve.

III. "Inno ad Artemide": riferimento rituale fittizio. Artemide bambina. Conclusione con erudite digressioni su luoghi e culti della dea.

IV. "Inno a Delo": celebrazione dell'isola che è sacra ad Apollo. Peregrinazioni di Latona che deve partorire, ma è perseguitata dalla gelosia di Era. Delo la accoglierà e darà alla luce Apollo e Artemide.

V. "Per i lavacri di Pallade": cerimonia annuale in cui si lavava la statua di Atena nel fiume. Il nucleo è la storia dell'accecamento di Tiresia, punizione per aver visto per sbaglio Atena fare il bagno nuda ad una fonte; ebbe però dalla dea stessa il dono della profezia.

VI. "Inno a Demetra": cerimonia a Cirene per Demetra. Ampia divagazione mitografica sul sacrilegio di Erisittone che aveva abbattuto il bosco sacro della dea e fu punito con una fame insaziabile ( registro grottesco).

Callimaco ha un modo speciale di rivisitare la tradizione, nonostante gli inni mitologici appartengano alla letteratura tradizionale. Uso letterario del mito + allusioni erudite + intreccio tra realtà e mitologia = danno forma al gusto ellenistico.


"Ecale"

Epillio in cui l'estetica callimachea della poesia dotta e raffinata trova la sua massima espressione.

Narrazione di un mito locale ateniese: Teseo, chiamato per catturare il toro di Maratona, viene ospitato da una vecchietta di nome Ecale nella sua povera capanna dove vive sola e dove Teseo decide, dopo una bufera, di trascorrere la notte prima della prova. Cenano insieme (oscura popolana VS chiaro eroe) e Ecale racconta la sua vita, un tempo felice e ora misera. Il giorno dopo Teseo uccide il toro e lo porta ad Atene. Viene a sapere che il giorno stesso è morta Ecale, forse di crepacuore perché temeva che Teseo fosse stato ucciso. Teseo onora la vecchia con una festa e dà il nome Ecale ad un villaggio dell'Attica.

L'attenzione è concentrata sull'evento marginale dell'incontro tra Teseo e Ecale (racconto raro) che è il vero nucleo artistico del racconto.


"Epigrammi"

60 epigrammi attribuiti a Callimaco riuniti nella "Antologia Palatina". Molti riguardano l'ambiente del simposio, cornice di avventure amorose e colloqui intellettuali; altri sono di natura funeraria o di contenuto epidittico o di polemica letteraria.

Callimaco=poeta della raffinata brevità oligosticih Epigrammi sono concisi, allusivi, variati grazie all'intreccio e alla mescolanza di diversi livelli, secondo la tendenza tipicamente ellenistica della fusione di più generi. Registro espressivo che si muove da arte semplice e lucida alla capacità di esprimere concisamente un variegato tessuto di emozioni.


Arte allusiva = caratteristica fondamentale dell'età ellenistica. Rimandi formali che rimandano la memoria alle opere passate.


Callimaco sì può definire il primo "poeta moderno" che concepisce la poesia come arte raffinata fatta di sottili giochi stilistici, destinata ad un pubblico ristretto e colto.

Callimaco è sojos , non perché la poesia era chiamata a trasmettere il patrimonio tradizionale della civiltà (come il sapiente dell'età arcaica), ma perché aveva una completa padronanza degli strumenti espressivi e una raffinata erudizione preclusa alla massa.

Pur adottando un tono stilistico medio, riesce ad essere difficile per le scelte lessicali: le parole rare (glosse), espressioni dotte, allusioni erudite con le quali rende pieni di trabocchetti i suoi versi, in apparenza levigati.

Il tono dominante è l'humour, è un poeta che gioca sulla poesia dando l'impressione di freddezza e distacco dalla materia trattata.







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